Dott.ssa Marinunzia Fanelli - Psicologa

Dott.ssa Marinunzia Fanelli - Psicologa Sono la Dott.ssa Marinunzia Fanelli, Psicologa dello sviluppo, spec.da in psicoterapia sistemico-relazionale. Ricevo a Milano, in zona Dateo, e a Matera.

Buongiorno a tutti ☀️ Oggi parliamo del nuovo film di Luca Guadagnino, “Challangers”, in uscita lo scorso aprile. Sin da...
13/05/2024

Buongiorno a tutti ☀️
Oggi parliamo del nuovo film di Luca Guadagnino, “Challangers”, in uscita lo scorso aprile.
Sin da subito emerge questo triangolo “sportivo-amoroso”, che si intreccia a momenti di romanticismo e di dramma, in linea con le pellicole del regista.
Nel guardarlo è stato inevitabile pensare alle coppie.
Nella stanza di terapia ho la fortuna di accompagnare le giovani (e meno giovani) anime che seguo nei loro legami e, spesso, riflettiamo insieme su tre parole senza le quali la coppia non può esistere: la progettualità, orientata al futuro, il legame, che sottolinea quanto non si possa fare a meno di stare insieme e la vicinanza fisica, che è fatta di intimità e passione.
Non tutte le coppie sono uguali, naturalmente, ma delle caratteristiche di base sono essenziali per definire la coppia come tale. Ancora, ragioniamo spesso su quando un rapporto possa definirsi “sano”: quando si può sopravvivere senza l’altro (separarsi è doloroso, ma non è morire), quando il benessere della coppia dipende dalla coppia stessa e dalle dinamiche che si co-costruiscono insieme, quando c’è un buon attaccamento, che pone l’altro come importante punto di riferimento e quando c’è un PATTO di coppia, un accordo che può essere implicito, ma è sempre consapevole, un qualcosa di cui entrambi i membri della coppia sono consapevoli.
Nel guardare questo film è stato inevitabile pensare a quanto, seppur anch’io, come immagino tanti, sia stata risucchiata dal vortice dell’ intrigo e della passione, in nessuno dei due casi, nè nella coppia Tashi - Art, nè in quella Tashi - Josh, abbia visto una vera e propria coppia. Non soltanto, in tale rappresentazione cinematografica, la diade non è autoreferenziale, ma tutto si gioca intorno allo sport: la progettualità, il legame, la vicinanza. Non vi è amore, nella pellicola, che non dipenda dai movimenti della pallina oltre la rete. Ed ecco che, nel caso della coppia di Tashi (Zendaja) e Art (Mike Faist) sia inevitabile pensare al concetto di INCASTRO più che di patto. Si tratta di una situazione tacita in cui l’altro entra a far parte della propria vita esclusivamente in risposta ai propri bisogni personali e non perché l’altro lo si ama in quanto altro. Il partner, dunque, si sceglie per la funzione che può avere per sè, non per amore. Inevitabile pensare che la protagonista si leghi a Mike con l’obiettivo di portare avanti, per proiezione, il proprio sogno, attraverso la figura del marito, allenandolo… Peccato le cose non vadano come si aspettava. Per quale motivo, dunque, parlo di incastro di coppia?
Leggi il post per saperne di più 🌷

Amare significa rispettare la diversità dell’altro e farla propria, senza controllo e senza potere sulla sua individualità.
E voi, cosa ne pensate?

Vorrei che oggi fosse un giorno come gli altri.Vorrei che la “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza ...
25/11/2023

Vorrei che oggi fosse un giorno come gli altri.
Vorrei che la “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” si estendesse per le ore passate e quelle a ve**re. Ore macchiate di sangue, costantemente. Forse è questa l’unica vera scia che resta. Sì, perché i dati mostrano che sono 89 al giorno le donne vittime di reati di genere in Italia e nel 62% dei casi si tratta di maltrattamenti in famiglia.
Questo è un post molto lungo, discorsivo, me ne scuso. Eppure, c’è una ragione ben precisa: sono stanca della comunicazione sterile e sintetica che spesso leggo sui social riguardo questi temi. I racconti mediatici che, pur di centrare il punto, tagliano via parole e concetti importanti. E le parole, lo sappiamo, sono importantissime. Basta parlare di “gelosia”, “raptus”, “depressione” per togliere l’alibi a chi, “semplicemente”, o “banalmente”, come direbbe Hannah Arendt, commette il male.
Chiamiamo le cose con il loro nome e questo può avve**re solo analizzando, studiando, dialogando… imparando, a volte drammatizzando. Tornando alle radici. Sì, le famose radici, di vario tipo: familiari, sociali, culturali.
Il primo mantra da interiorizzare è che “NO, non è amore se…” e a questo seguono una lunga serie di affermazioni e negazioni che occorre considerare campanelli di allarme e non lusinghe, forme di attenzioni, complimenti.
Se l’amore dell’altro ci fa soffrire, no, non è amore. Se agisce su di noi i suoi malumori, la sua cattiveria, la sua arroganza, la sua indifferenza, no, non ci sta amando. Se non ci sentiamo al sicuro, se non siamo a nostro agio, non siamo nel posto giusto.
Un semino non può crescere in un terreno che non è fertile. Se senti che il terreno che ti contiene non è morbido, umido, confortevole… non è il terreno giusto.
E se non è amore, cos’è? Leggi il post per saperne di più.

Donne, sorelle, mie gemelle. L’augurio per oggi è: siate feroci, ma non in senso letterale. Non siate crudeli, atroci, spietate. Come direbbe Massimiliano Kolbe “l’odio non serve a nulla, solo l’amore crea”.
Siate feroci nel senso etimologico… da “ferus”, selvaggio. Aprite le vostre stanze interiori e accedete al vostro io più profondo. Spalancate il vostro cuore alla consapevolezza… è l’unico bosco in cui valga la pena di perdersi.
Uomini, fratelli, tutti. Che il terreno sia fertile anche per voi 🌷

“Vuoi guadagnare più di tuo padre!? Questo non sarà mai possibile. Finché non scendi da sta c***o di ruota di famiglia, ...
12/09/2023

“Vuoi guadagnare più di tuo padre!? Questo non sarà mai possibile. Finché non scendi da sta c***o di ruota di famiglia, ti sentirai sempre un fallito. Cosa vuoi dalla vita? Non voglio sapere quali sono i sogni che ti hanno cucito addosso da bambino, voglio sapere cosa vuoi te!”

“A casa tutti bene - La serie”, in uscita a maggio 2023. Una sintesi perfetta di tutto l’universo mucciniano ( ) persone che strillano, crolli emotivi dietro l’angolo, conflitti… di quelli con la C maiuscola.
Tutto narrato, con una esplosione e una carica emotiva fortissima, attraverso la storia della famiglia Ristuccia, famiglia romana rinomata, molto conosciuta per il ristorante San Pietro, da sempre amato da tutti, ma che inizia ad attraversare momenti di grande fatica, soprattutto dopo la morte del suo fondatore, che lascia la proprietà ai suoi figli, a sua sorella e suo nipote.
Ogni personaggio dovrà fare i conti con i propri familiari, ma soprattutto, con se stesso. Non tutto è come sembra, questo risuona chiarissimo fin dalla prima puntata della prima stagione (premiata con Nastro d’Argento).

La frase del post è rivolta a Carlo Ristuccia (F. Scianna), il primogenito. Il suo è un destino faticoso, poiché per tutta la vita ha speso le sue energie per dimostrare quanto valga al padre, fallendo miseramente. Il non essere considerato all’altezza, insieme alle continue critiche, lo porta, all'oscuro di tutti, a fare una scelta estrema: investire una grossa somma prelevata dai fondi del ristorante di famiglia per la costruzione di un prestigioso resort in Sardegna, cosa che manda su tutte le furie il padre, che morirà di lì a breve è che creerà non pochi motivi di attrito col resto della famiglia.

Perché guardare questa serie?
Scorri il post per scoprirlo 🍿📽️

Questo film mi ha fatto ve**re in mente una frase di Laing, che dice “La famiglia può essere immaginata come un fiore, una ragnatela, una prigione, o come un castello”.
Cosa significa? Che la visione di questo sistema tanto complesso muta a seconda della propria esperienza. Sulla scia di tali riflessioni… tu? Come la immagini la tua famiglia?

Buona giornata 🌷

Buongiorno a tutti, oggi vorrei partire da un’esperienza di vita concreta e da questo meraviglioso disegno, realizzato d...
30/06/2023

Buongiorno a tutti, oggi vorrei partire da un’esperienza di vita concreta e da questo meraviglioso disegno, realizzato da uno dei bimbi che ho seguito in ospedale. L’uso di questo strumento, nella stanza di terapia, lo trovo davvero utile, perché ha una valenza simbolica fortissima. È una via di accesso all’inconscio insostituibile e ho imparato ad usarlo, negli anni, non solo con i bambini ma anche (e soprattutto) con gli adulti, perché richiama alla luce quel bambino interiore, radicato nella propria (in)coscienza, che chiede di essere accolto e ascoltato.
Ma torniamo a noi… negli ultimi quattro anni, l’esperienza in ospedale, mi ha permesso di approfondire la fragilità del mutismo selettivo, attualmente collocato, nel DSM-V tra i disturbi d’ansia. Ebbene sì. Non si tratta di un atto intenzionale, bensì di una risposta rigida di auto protezione nei confronti di situazioni sociali temute. L’assenza della parola è un modo per stare nel proprio guscio.
Ho seguito A. per due anni. Mi è arrivato così piccolo e indifeso (6 anni) nella stanza di terapia e, semplicemente, abbiamo iniziato a giocare tanto e a conoscerci. Ad esplorarci, a scoprirci, a ridere insieme. Scopro nel tempo che il mutismo di A. ha una radice traumatica, che risiede nella storia familiare, un racconto indicibile.
Sua madre sentiva di non poterne parlare, di non poterlo condividere, così anche lui.
Non sapendo cosa si potesse dire e cosa no, A. ha smesso di parlare, per proteggere se stesso e la sua famiglia.
È stato un percorso faticoso e doloroso, dove io e A. abbiamo cercato di comunicare, al meglio delle nostre possibilità, attraverso il gioco, il disegno, i gesti e la scrittura. Dopo alcuni movimenti importanti nella vita di A. (grazie anche e soprattutto all’intervento del TM), che hanno riguardato altresì il sistema familiare, il bambino ha iniziato pian piano a parlare. Prima con alcune persone al di fuori del contesto scolastico (perfino con l’assistente sociale!!), poi con le insegnanti, infine con i bambini. Il 19 maggio ha sussurrato con la gioia in volto alla sua insegnante “hai visto maestra, ce l’ho fatta”.
Le emozioni che si vivono nella stanza di terapia sono tantissime e posso dire, come persona e professionista, che è davvero inevitabile portarsele a casa.
Il mio percorso in ospedale terminerà a luglio e questo martedì ho avuto l’ultimo incontro con A. Un incontro in cui abbiamo potuto nominare e vivere insieme la tristezza della separazione.
Adesso A. parla con tutti tranne che con me e i professionisti dell’ospedale. Questi perché il suo percorso non è ancora finito, la strada è ancora molto lunga. Ho potuto nominare anche questa fatica martedì e alla domanda “secondo te come mai non parli con me?” Lui risponde “non sono pronto”.
Avevo le lacrime nel cuore. L’ho guardato e gli ho detto che andava bene così e che era stato bravissimo a comunicare il suo bisogno. Per anni A. ha dovuto accondiscendere e subire. Oggi è in grado di ascoltarsi, comprendere e comunicare in varie forme.
Ed ecco che arriviamo al disegno. Alla mia presenza e a quella della nuova terapeuta, A. realizza un disegno spontaneo. Rappresenta una prima lumachina al centro, in aria, mentre la terapeuta disegna il groviglio rosso sulla sinistra e io la spirale gialla sulla destra. È un disegno cui partecipiamo tutti e tre, per sancire questo passaggio che ci rende tutti testimoni. La terapeuta interviene e disegna il terreno sotto la lumachina, spiegando ad A. che ha un terreno su cui poggiare. Acquisita la fiducia A. disegna la seconda lumachina sulla sinistra, si ferma, mi guarda, poi disegna la terza sulla destra.
La mia spirale si unisce con il groviglio della nuova terapeuta, nella speranza di fare un corretto e ordinato passaggio di consegne. A. disegna la casetta della lumachina come la mia spirale, comunicandomi che il nostro percorso è diventato la sua nuova casetta.

Mi hai insegnato tanto. La tua fragilità e insieme il tuo coraggio sono fonte inesauribile di gratitudine. I percorsi di terapia sono il chiaro segno del fatto che, come direbbe Jung, se una relazione ci ha fatti ammalare, una relazione può farci guarire… ❤️‍🩹

Buongiorno a tutti…Oggi parliamo di un tema molto caro quando si parla di somatizzazione: il controllo.Non si tratta, di...
24/03/2023

Buongiorno a tutti…
Oggi parliamo di un tema molto caro quando si parla di somatizzazione: il controllo.
Non si tratta, di per sè, di qualcosa di negativo: da sempre rappresenta per l’uomo una strategia di adattamento e sopravvivenza 🌷

Eppure, in alcuni momenti, quello che appare come uno strumento funzionale e vitale, può dive**re nocivo! ☠️

Quando, dunque, il controllo è negativo?
Leggi il post per saperne di più! 📩

Con queste piccole riflessioni, nella ripresa delle vostre routine, vi auguro un buon inizio di giornata con una citazione di Jason Kiddard, con l’augurio che possa essere di ispirazione anche per voi 🌷

“Tutto quello che non riesci a controllare ti sta insegnando a lasciar andare”

Che queste giornate di primavera possano portarvi a lasciar vivere ciò che deve vivere e a lasciar morire ciò che deve morire.

Buona giornata 🌷☀️

Buongiorno a tutti 🎄☀️Voglio iniziare questa giornata parlandovi dei benefici nell’uso di film e serie tv nella stanza d...
12/12/2022

Buongiorno a tutti 🎄☀️
Voglio iniziare questa giornata parlandovi dei benefici nell’uso di film e serie tv nella stanza di terapia, elementi solo apparentemente sconnessi tra loro, che, tuttavia, in un lavoro sinergico e integrato possono dare tanto 🎬🍿
Il cinema, le serie tv, le immagini audiovisive hanno un potere incredibile: sono capaci di proporre scenari immaginari che possono attivare colui che le guarda.
Possono entrargli dentro, scavare a fondo e, lì, seminare spunti di riflessione unici.
Lo spettatore può identificarsi e, insieme, proiettare nei personaggi tutta una serie di emozioni che, in realtà, lo riguardano.
Ci si può sentire accolti, capiti, all’interno di uno spazio che può restituire emozioni proprie altresì bloccate da tempo.
Mi è capitato spesso nella stanza di terapia di sentirmi dire “in effetti mi sono sentit* come il protagonista”, oppure “la mia storia assomiglia alla storia di quel personaggio”.
L’evoluzione processuale della pellicola cinematografica, poi, facilita proiettivamente anche la propria pellicola personale, visiva e contemporaneamente emotiva.
La persona arriva a veder scorrere dentro di sè la propria storia, in un turbinio di emozioni e sensazioni che possono tornare molto utili nel percorso terapeutico.
In questo post, dunque, provo a spiegare quando questi strumenti possono essere utilizzati nel percorso terapeutico.

E voi? Cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti! ❤️

L’augurio per questo lunedì ve lo lascio attraverso una meravigliosa citazione tratta dal film “L’attimo fuggente” ❤️🎬

"Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva".

Indirizzo

Via Camillo Hajech 10
Milan
20129

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 17:00
Martedì 09:00 - 17:00
Mercoledì 09:00 - 17:00
Giovedì 09:00 - 17:00
Venerdì 09:00 - 17:00

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