05/05/2019
IL MAESTRO DI CANTO di Claudio Giombi
Secondo me, esistono tre tipi d’insegnante di canto oggi in Italia.
L’ex celebrità che raggiunti i limiti spesso vocali indispensabili alla propria carriera rivolgono le loro attenzioni e i loro interessi ai giovani. Poi ci sono i numerosi neo licenziati dai Conservatori che s’improvvisano in un campo di cui conoscono a malapena qualche elemento. Infine i Maestri diplomati in pianoforte che per arrangiarsi prodigano consigli musicali e di tecnica vocale di cui sono all’oscuro.
Nel primo caso, il giovane principiante viene escluso, considerato una “perdita di tempo” e l’interesse va a chi paga profumatamente le lezioni private, oppure alle numerose master dove ci si sbriga velocemente con qualche “consiglio”.
Il principiante è quello più sfavorito, poiché impostare una voce non è un problema secondario, spesso viene affrontato con una scandalosa approssimazione ed incompetenza. Se l’insegnante è bravo, si trova a combattere su molti fronti, l’impreparazione degli allievi, la calunnia di alcuni colleghi, la concorrenza spietata di persone disoneste; difficilmente può vantarsi di avere cantanti celebri, poiché appena una voce ha un minimo di preparazione viene subito attratta dalle celebrità, o da persone senza scrupoli, che spesso l’allontanano dal proprio insegnante con subdole illusioni.
Le voci più belle a volte, dimenticano il lavoro noioso dell’imposto, per appropriarsene, ignorando l’insegnante che tanto si è prodigato e rischiato. Tutto il merito va alla celebrità che se la cava con qualche dimostrazione vocale ormai chiaramente fuori corso e l’allievo che cerca d’imitare più i difetti che le qualità. Ho assistito a lezione tenute da celebri cantanti che insegnavano esattamente l’opposto di quanto avevano fatto durante la loro carriera.
Se osserviamo i finalisti dei diversi concorsi di canto italiani e non solo, osserviamo che cantanti nostrani sono pochissimi e non ci si chiede mai perché i conservatori sono pieni di studenti di canto, dove finiscono e come questi giovani a volte incoscienti che pretendono d’affrontare una carriera così difficile con una impreparazione tecnica e soprattutto artistica che difficilmente li farà cantare forse in qualche parrocchia a Natale.
Per i pochi fortunati che arrivano a vincere qualche concorso poi iniziano i veri problemi. Spesso sono avviati verso repertori sbagliati,
con registi e direttori incompetenti dei problemi vocali, prodighi a consigli errati, che spesso pregiudicano la tecnica così sudata imponendoti acrobazie vocali gratuite. Poi la lotta alle sonorità orchestrali amplificate al massimo, le Agenzie che si guardano bene dal creare un’inflazione con l’avvio di concorrenti che porterebbero ad abbassare i cachet dei propri valorosi elementi.
In questa desolazione io vorrei dare qualche consiglio a quei giovani abbagliati dal miraggio del canto e cioè prima di affrontare il canto provate a recitare andate a teatro a vedere non solo opere ma anche i classici della prosa. Affrontate un monologo recitatelo e registratelo, se vi piacete come attori allora
Affrontate lo studio mai dimenticando che siete attori e poi musicisti. Qualsiasi cosa voi fate pubblicamente dovete sempre avere la sensazione di aver coinvolto il pubblico, che non è quello di amici e parenti, ma di persone sconosciute, che dovete conquistare con ogni mezzo. Non usate mai gli occhiali quando cantate, né in pubblico né a lezione, poiché immobilizzate i muscoli facciali indispensabili all’espressività. Non irrigiditevi mai e mantenete il diaframma morbido ed elastico come la gola. Attenzione alla mascella che dev’essere rilassata e la gola (le fauci) sempre aperta come pure la bocca. Completate lo studio con le tecniche Yoga che vi faranno capire meglio i movimenti di ogni muscolo. Quando affrontate le note più ardue non irrigiditevi e cercate di lavorare con il movimento della gola che spesso viene bloccata come il diaframma dalla paura. Vogliate perdonarmi per tutto quello che non vi ho detto e per quello che vi ho detto, ma l’ho fatto soltanto con lo scopo di darvi qualche consiglio utile in mezzo a le tante cose inutili di cui siete circondati.
Molti giovani mi scrivono chiedendomi consigli ma è difficile concederli senza l'ascolto diretto. E difficile classificare qualche volta una voce soprattutto se, come spesso accade e ben camuffata. I maestri della mia "era" dicevano: "Canta come parli", ma oggi questo slogan non si può più dire perchè la maggior parte degli allievi, come ho scritto in un altro mio intervento, PARLANO MALE. Non servono oggi, nemmeno i corsi di dizione, che insegnano a produrre un suono radiofonico artificioso e spesso sussurrato che nuoce al cantante, che deve allenare le sue corde vocali a fare un movimento di adduzione, mentre oggi i registi di prosa e quelli cinematografici, amano le voci depresse ovvero stimbrate. Come fare allora?
Ascoltando le voci di vecchi film potete rendervi conto di quanto dico. Notate la differenza timbrica e la perfetta dizione, mentre oggi degli attori cinematografici italiani si fa fatica a capire quello che sussurrano.
Ricordo in teatro le voci di Cervi, Benassi, Ruggeri, quelle della Maltagliati, Morelli, Brignone e così via...i loro pianissimi che si sentivano da ogni parte del teatro
mentre oggi urlano tutti e devono usare i microfoni per farsi sentire.
Non mi stanco di consigliare ad un giovane cantante di esercitarsi con la prosa oltre al canto. Parlare sul fiato a voce alta ovvero usare la DECLAMAZIONE, che oggi nessuno usa più.
Parte degli insegnanti di canto proviene da quella categoria che ha professato più o meno lungamente la carriera artistica e che si improvvisa maestro sulla personale esperienza vissuta, come nel mio caso.
Ora dipende molto dall’esperienza vissuta e da come è stata vissuta.
Ho sempre individuato il cantante lirico come un attore con la voce e quindi avendo svolto per molti anni il filodrammatico, ho dato importanza alla prosa fin dall’inizio, assecondato dal mio maestro di canto. Sono partito dal “reecitar cantando”, ovvero dalle stesse origini del melodramma. Ho sempre dedicato la vocalità alla interpretazione del personaggio. Ho sperimentato poi questo metodo osservando che per QUEI RARI ALLIEVI INTELLIGENTI, funzionava perfettamente e ci riportava al canto dell’inizio novecento. Naturalmente a questo era anche unita l’esperienza della perdita vocale dovuta ad un errore dentistico. Troppo arsenico e pochi merletti…per un otturazione. Dovendo mantenere una famiglia non potevo ritirarmi come suggerito da diversi foniatri, ma cercare di riattivare la MUSCOLATURA LARINGEA paralizzata dall’arsenico. Questo mi ha spinto alla conoscenza fisiologica laringea e anche grazie all’incontro con lo Yoga, ad un viaggio in India, alla scoperta di esperienze incredibili, ma per me fondamentali, sono giunto alla conclusione che la VOCE è un mezzo per arrivare alla spiritualità e non solo, ma per riattivare energie dimenticate.
Questo spesso il cantante alla ricerca del successo individuale lo ignora e usa la voce solo per una personale affermazione, ma qui il discorso diventa complicato. L’egocentrismo è in lotta con la spiritualità e quindi con l’energia che ne scaturisce che diventa mezzo di crescita individuale e sociale. Peccato, io credo che molti cantanti potrebbero unire le loro energie per aiutare l’oscurantismo che ci circonda, ma viviamo un’epoca individualistica dove ognuno è alla ricerca del successo individuale spesso pagato a caro prezzo.
Scusatemi questo intermezzo, non oso sperare che lo apprezzerete ma vorrei leggere la vostra opinione .
Aggiungo ancora che un foniatra può accertare se le corde vocali sono in buon stato oppure arrossate o addirittura ipotoniche, ma non lo credo capace di riconoscere la differenza tra baritono e tenore o baritono- basso. come tra soprano e mezzosoprano. Questo compito aspetta all'orecchio del maestro di canto, ma sono ben pochi gli orecchi in grado di riconoscere questo e soprattutto una maestra difficilmente è in grado di accorgersi delle differenze abituata alle voci femminili , un'insegnante donna come può mostrare all'allievo come appoggiare il suono? In passato c'erano soltanto maestri di canto, poiché l'uomo è in grado di indicare con il falsetto le posizioni della voce di soprano, ma una donna come può mostrare ad un basso come scendere nelle note profonde
del registro di petto?
Il rapporto con il mio primo maestro di canto è stato anche rapporto di padre e figlio, ma forse perchè non ho mai avuto un padre vicino e lui a diciassette anni, fu il mio primo tutore, con lui ho ricordi bellissimi come ho giù scritto in altre occasioni. Andavamo alla ricerca delle "osmize" triestine, ci portava al mare, e soprattutto ci faceva cantare in ogni occasione per renderci consapevoli di quanto facevamo. Io il maestro lo vedo solo così, qualcuno a cui possiamo e dobbiamo concederci in tutto e per tutto, ad una barista non lo farei certo e nemmeno con tanti amici ma con il maestro si, certo lui poi non deve ricattarci, come spesso avviene, deve rimanerci accanto per tutto il tempo possibile e sarà l'unico ad accorgersi se la nostra voce comincia a dare segno di stanchezza. Spesso chi arriva non vede l'ora di staccarsi da quel cordone ombelicale e qui che i cantanti poi sbagliano e credono di farcela da soli, mentre non si accorgono di accumulare difetti su difetti e solo quando ormai ò troppo tardi ricorrono a inutili ripari. Io sono un maestro vecchio stampo e ho notato che sono rarissimi gli allievi che si affidano oggi all'insegnante. Forse a ragione ma certo in questo modo non c'è più un ponte che li collega ma uno levatoio che da una parte o dall'altra viene ritirato troppo in fretta. Un maestro che ha fatto una certa carriera in teatro avrà molte cose da dire all'allievo rispetto chi non è mai salito su un palco0scenico. Tu sbagli a distinguere l'amico dal maestro se quest'ultimo ti offre l'opportunità della sua amicizia. Ma questa dev'essere reciproca e sincera e anche nell'amicizia possiamo sempre mantenere una certa deferenza per chi sa più di noi. Importante che abbia la generosità e la capacità di offrirci la sua conoscenza non sopra un piatto d'argento come accade spesso, ma casualmente in ogni circostanza.
Fui molto ingiusto con il mio maestro, mi arrabbiai con lui perchè s'intrometteva nelle mie storie d'amore.
Avevo posato gli occhi su una sua allieva molto bella e con una splendida voce e il desiderio giovanile superava di gran lunga la responsabilità dello studio. Lui cercava in tutti i modi di metterci i bastoni tra le ruote e aveva ragione, dovevamo dare tutto noi stessi allo studio e non potevamo permetterci di affondare tutto in una relazione sentimentale. Ma non lo capivo e così lo piantai. Rimase molto addolorato e il nostro divorzio durò più d'un anno, io sentivo molto la sua MANCANZA e la voce pure, ma non volevo cedere. Avevo conosciuta una giovane triestina che sostituì presto la passione per la cantante e decidemmo di fidanzarci, fu lei a convincermi di telefonare al mio vecchio maestro e dopo tanto fissai una lezione con lui. Al telefono fu molto cordiale e dimostrò piacere di vedermi.
Mi recai alla lezione del giovedì, quando c'era anche la pianista e si cantava tutti insieme concertati duetti, terzetti, atti d'opera. Mi recai con la nuova fidanzata e tutto era come se ci fossimo lasciati la sera prima. Iniziammo il terzo atto di Bohème, io ero il suo unico baritono come lo era stato lui, ad una frase di Marcello: "Mimì è tanto malata....la povera piccina è condannata..." Si alzò dalla sedia per farmi sentire come dovevo affrontare quel "fa". Lo eseguì in voce nonostante i suoi settant'anni suonati, come spesso faceva ma quella volta s'interruppe, barcollò e cadde a terra con l'infarto. Morì qualche giorno dopo e in me rimase sepolto per tutto questo tempo un senso di colpa, era per mostrarmi una NOTA che s'interruppe la sua vita.
Un maestro non dev'essere un esempio di vita, ma di esperienza. Quando un maestro vede delle possibilità di carriera nell'allievo può permettersi di metterlo in guardia verso le numerose tentazioni e distrazioni che possono allontanarlo dallo studio e dall'applicazione indispensabili al confronto con gli altri e quindi l'innamoramento agli inizi di carriera è purtroppo fonte di grosse distrazioni, spesso d'impedimento alla carriera stessa. Molti maestri non sono maestri di vita, poichè non ne hanno approfittato per loro stessi rimanendo vincolati alle loro carriere professionali e basta, altri invece hanno spaziato nel mondo assimilando conoscenze indispensabili ad aumentare le proprie capacità cognitive e quindi capaci di notare gli squilibri nell'allievo indispensabili a farlo uscire dalla mediocrità e quindi mi sembra doveroso elargirle, ma spesso sono gli allievi stessi non dotati di acume, per afferrare queste cognizioni e farne tesoro, rimanendo convinti che solo il possesso della voce è cosa primaria. L'onestà dovrebbe essere al primo posto nell'insegnamento e quindi dire quello che si pensa, La franchezza mi ha dato qualche volta dei guai. Ho fatto notare quando era il caso l'inutilità dello studio ad allievi che spendevano un patrimonio per mantenersi lontani da casa seppure non dotati, mai nessuno ha detto: "Grazie Maestro, ritorno a casa": Tutti se ne sono andati da un altro insegnante dicendo che io non capivo le loro qualità. Così oggi ho rinunciato a dare lezioni, ma faccio solo audizioni e spesso gratis, solo aspettando di sentire qualcuno veramente dotato, ma quelli spesso vanno dalle celebrità per poi essere rovinati. C laudio GiombiFui molto ingiusto con il mio maestro, mi arrabbiai con lui perchè s'intrometteva nelle mie storie d'amore. Avevo posato gli occhi su una sua allieva molto bella e con una splendida voce e il desiderio giovanile superava di gran lunga la responsabilità dello studio. Lui cercava in tutti i modi di metterci i bastoni tra le ruote e aveva ragione, dovevamo dare tutto noi stessi allo studio e non potevamo permetterci di affondare tutto in una relazione sentimentale. Ma non lo capivo e così lo piantai. Rimase molto addolorato e il nostro divorzio durò più d'un anno, io sentivo molto la sua MANCANZA e la voce pure, ma non volevo cedere. Avevo conosciuta una giovane triestina che sostituì presto la passione per la cantante e decidemmo di fidanzarci, fu lei a convincermi di telefonare al mio vecchio maestro e dopo tanto fissai una lezione con lui. Al telefono fu molto cordiale e dimostrò piacere di vedermi.
Mi recai alla lezione del giovedì, quando c'era anche la pianista e si cantava tutti insieme concertati duetti, terzetti, atti d'opera. Mi recai con la nuova fidanzata e tutto era come se ci fossimo lasciati la sera prima. Iniziammo il terzo atto di Bohème, io ero il suo unico baritono come lo era stato lui, ad una frase di Marcello: "Mimì è tanto malata....la povera piccina è condannata..." Si alzò dalla sedia per farmi sentire come dovevo affrontare quel "fa". Lo eseguì in voce nonostante i suoi settant'anni suonati, come spesso faceva ma quella volta s'interruppe, barcollò e cadde a terra con l'infarto. Morì qualche giorno dopo e in me rimase sepolto per tutto questo tempo un senso di colpa, era per mostrarmi una NOTA che s'interruppe la sua vita.
Un maestro non dev'essere un esempio di vita, ma di esperienza. Quando un maestro vede delle possibilità di carriera nell'allievo può permettersi di metterlo in guardia verso le numerose tentazioni e distrazioni che possono allontanarlo dallo studio e dall'applicazione indispensabili al confronto con gli altri e quindi l'innamoramento agli inizi di carriera è purtroppo fonte di grosse distrazioni, spesso d'impedimento alla carriera stessa. Molti maestri non sono maestri di vita, poichè non ne hanno approfittato per loro stessi rimanendo vincolati alle loro carriere professionali e basta, altri invece hanno spaziato nel mondo assimilando conoscenze indispensabili ad aumentare le proprie capacità cognitive e quindi capaci di notare gli squilibri nell'allievo indispensabili a farlo uscire dalla mediocrità e quindi mi sembra doveroso elargirle, ma spesso sono gli allievi stessi non dotati di acume, per afferrare queste cognizioni e farne tesoro, rimanendo convinti che solo il possesso della voce è cosa primaria. L'onestà dovrebbe essere al primo posto nell'insegnamento e quindi dire quello che si pensa, La franchezza mi ha dato qualche volta dei guai. Ho fatto notare quando era il caso l'inutilità dello studio ad allievi che spendevano un patrimonio per mantenersi lontani da casa seppure non dotati, mai nessuno ha detto: "Grazie Maestro, ritorno a casa": Tutti se ne sono andati da un altro insegnante dicendo che io non capivo le loro qualità. Così oggi ho rinunciato a dare lezioni, ma faccio solo audizioni e spesso gratis, solo aspettando di sentire qualcuno veramente dotato, ma quelli spesso vanno dalle celebrità per poi essere rovinati.
Claudio Giombi