Marcello Florita Psicoterapeuta

Marcello Florita Psicoterapeuta Psicologo, Psicoterapeuta Psicoanalista relazionale, riceve a Milano in zona Missori e Conciliazione

Sono uno Psicologo e Psicoterapeuta ad indirizzo analitico relazionale. Autore di numerosi pubblicazioni scientifiche internazionale e nazionale, e di due saggi sulla psicoanalisi ("L'intreccio" e "Alice, il porcospino e il fenicottero"). Svolgo principalmente l'attività libero professionale in vari studi e sono consulente dell'Ospedale San Raffaele. Visita il mio sito per visionare il mio CV e raccogliere altre informazioni. http://www.marcelloflorita.it/Psicologo_Milano/Psicologo_Milano_Curriculum.html

Ragusa è una città poetica. Camminare tra i vicoli di Ibla avvolti dalle musiche natalizie dà una sensazione soffice, su...
15/12/2025

Ragusa è una città poetica. Camminare tra i vicoli di Ibla avvolti dalle musiche natalizie dà una sensazione soffice, surreale. Galleggiavo come un ramo: fluttuante, ma anche avvolto. A pensarci non è un caso. Il mare è proprio qualche km più in là. Ne parlavo proprio con un taxista. Ragusa non è solo Ibla, cioè l’entroterra storico, ma è anche Ragusa marina. Senza indugi, mostra la mappa. “Vede” dice “spesso in Sicilia c’è la città storica all’interno, e poi, a qualche chilometro c’è la parte sul mare. L’entroterra esiste perché, il mare è fantastico, ma nascondeva insidie come pirati o mareggiate. Ragusa è tutta dall’entroterra alla costa”. Poco prima una bravissima collega mi raccontava di genitori che non sostavano mai in TIN, se non per qualche foto al bimbo. Era dispiaciuta, avrebbe voluto vederli più coinvolti: “è colpa nostra se non riescono a stare vicino al bimbo in incubatrice!”. Riflettevo sulla loro colpa e poi ho pensato al taxista. Ragusa è sia quella città magica dell’entroterra, che quella accarezzata dal mare, foriero di insidie. La genitorialità di un bambino nato pretermine è piena di insidie, mareggiate, e pirati che ti possono portare via tutto! Quei genitori hanno bisogno dell’entroterra magico, al riparo dai pirati, ma anche della salsedine del mare. Loro sono, come Ragusa, l’INSIEME di ENTRAMBE le cose: sogno e paura. E’ importante che operatori come la collega vogliano portare verso il mare questi genitori, questa attitudine è una risorsa. Però è anche utile pensare a quei genitori come a Ragusa. Loro sono lo stare al sicuro e l’affrontare le insidie di tanto in tanto. Non vanno spinti ad essere quelli in riva al mare. Pensare che sono entrambi significa accoglierli in ciò che vivono, non forzarli e accompagnarli nella difficoltà che provano nello stare a portata di mareggiate. Significa non avere colpe, solo occasioni per non farli sentire da soli in questo travaglio. E poi, come diceva Minolli un mio maestro, “quando vivi vicino al mare, non riesci più a farne a meno”.

Ringrazio gli organizzatori, Omaira e Nuccia, per l’invito e l’occasione di scoprire Ragusa. Ringrazio tutti gli uditori per gli scambi post-congresso: tante strette di mano, qualche grazie, tante buone parole e alcune dolci lacrime.
Nati per Crescere
Nuccia Pace
SIPRe - Società Italiana Psicoanalisi della Relazione

Il potere enorme e inconfondibile delle relazioni. Lo raccontano episodi di vita, incontri, scambi, sguardi, parole dett...
10/12/2025

Il potere enorme e inconfondibile delle relazioni. Lo raccontano episodi di vita, incontri, scambi, sguardi, parole dette, o non dette, e ricerche scientifiche. Tra poco ne uscirà una svolta in collaborazione con l’Università Vita & Salute San Raffaele, dove abbiamo scoperto che, nonostante la nascita pretermine, nonostante i livelli di cura e assistenza in alcune Terapie Intensive Neonatali (TIN) siano molto bassi, nonostante non ci siano soldi e spazi affinché i luoghi siano accoglienti, QUANDO il personale costruisce rapporti di qualità con i padri di questi bambini ricoverati, i padri vivono l’esperienza della paternità meglio. Sensibilmente meglio. E non c’è miglior fattore neuroprotettivo per un bambino gravemente pretermine di un genitore che sta e partecipa alla cura del suo bambino.
Domani parlerò di questo studio, di relazioni, di sviluppo, ma sopratutto degli esseri umani a Ragusa nel convegno “La genitorialità nei primi 1000 giorni di vita” patrocinato dalla regione Sicilia.

ecm tin paternità
Full Congress

«Scusi posso vederla?». «Ora no, rimanga in sala d’attesa». Sì, perché quando dei bambini nascono così presto, non è un ...
16/11/2025

«Scusi posso vederla?». «Ora no, rimanga in sala d’attesa». Sì, perché quando dei bambini nascono così presto, non è un miracolo, ma un indicente, un impiccio. Un impiccio dal quale loro devono districarsi e con il quale bisogna fare i conti. Loro erano in una saletta, proprio a due passi dalla sala d’attesa, piena di medici e infermieri pronti a misurare i parametri corporei, a inserire cannulette e tubicini e, molto banalmente, a cercare di far respirare tuo figlio, o, nel mio caso, i tuoi figli. (...) Condividiamo lo stesso ospedale, lo stesso reparto e la stessa aria, che io respiro, e loro forse. Quel respiro, che quando entri nella stanza dopo dieci minuti abbondanti, capisci che Francesca non sta facendo, perché l’aggeggio al quale è attaccata continua a pulsare con dei bip rossi fuoco. Ed è in quel momento che li vedi per la prima volta, piccoli, minuscoli. Sono i tuoi cuccioli. Fino a un istante prima non pensavi che un cucciolo potesse essere grande quanto un palmo di mano. Definiti in ogni piccolo dettaglio, come fanno solo le migliori case automobilistiche tedesche, come solo la natura sa fare. La natura che li ha fatti nascere e che forse non li farebbe sopravvivere se solo non ci fossero macchine, aggeggi, cannule, tubetti, scatole calde, incubatrici, esperti, medicine, ma non abbracci. Quelli ora non servono, quelli ora non li posso dare."(tratto da "Come respira una Piuma" di M.Florita)

Il 17 novembre è la giornata Mondiale della Prematurità ( ) un pensiero a tutti i bambini senza abbracci e a tutti i genitori che non li possono dare.
Per questo motivo il lavoro che c’è da fare in questi reparti è enorme, perché non riguarda solo le complicatissime e vitali faccende mediche, ma anche le complessissime questioni affettive e relazionali.

("Il nostro primo abbraccio: Francy ed io" foto di M.Florita)

“Gaia è morta. La vicina d’incubatrice di Francesca se n’è andata, la notte, tra i bip del- la TIN e le lacrime dei su...
15/10/2025

“Gaia è morta. La vicina d’incubatrice di Francesca se n’è andata, la notte, tra i bip del- la TIN e le lacrime dei suoi genitori. Penso che non abbia neanche senso spiegarvi o raccontarvi cosa aveva, a che settimana è nata, a chi somigliava, da quanto tempo era ricoverata, quanti altri figli aveva la madre, che giorno è nata, se aveva il centrale o il sondino, la C-PAP o la tracheotomia, perché comunque Gaia è morta. (...)
Ricordo di aver letto che uno scrittore messicano, Octavio Paz, sosteneva che la morte è una parola da non pronunciare mai per un abitante di New York, Parigi o Londra perché brucia le labbra. «Mentre» scriveva Paz «il messicano la frequenta, la prende in giro, l’accarezza, dorme con lei, la festeggia, la considera uno dei suoi giocattoli preferiti, e il suo amore è duraturo».
In Messico si onora il morto lasciando sull’altare i cibi e le cose preferite (come le si*****te), affinché il defunto gusti e festeggi il proseguimento a una nuova vita. Tanto è vero che nessuno li assaggia, o li mangia, perché tutti sanno che sono stati già impoveriti dei sapori e degli aromi dal morto festante, che se li è goduti, prima della sua nuova avventura nell’aldilà. Ebbene quali sono i gusti di Gaia? Che cibi o giocattoli vorrebbe a fianco a lei? Forse perfino Paz, o un messicano qualsiasi, avrebbe difficoltà a festeggiare questa morte, perché non c’è un proseguimento a una nuova vita, ma solo la privazione di una vita precedente mai vissuta. Non ha mai visto il sole, né conosciuto i suoi gusti e le sue preferenze!”. Gaia è morta e le labbra bruciano così tanto da non riuscire a dirlo. (“Come respira una piuma” di Marcello Florita ).

15 ottobre giornata mondiale del lutto perinatale.
Non lasciamo che le labbra brucino, parliamone!

Si può divenire   mentre si è ancora figli? Dopo aver letto alcuni libri e visionato dei film, ho pensato che il tema de...
29/09/2025

Si può divenire mentre si è ancora figli? Dopo aver letto alcuni libri e visionato dei film, ho pensato che il tema della transizione alla genitorialità in fosse veramente affascinante perché rappresenta una sfida evolutiva multipla e complessa. La costruzione della propria identità, separata ed autonoma, s’intreccia con il bisogno di accogliere un’altra identità, diversa, ma anche profondamente dipendente. E’ possibile attivare il sistema di accudimento mentre si è ancora bisognosi di accudimento? L’adolescenza e la gravidanza sono due momenti di sviluppo, di crescita e di rottura, che in modi diversi muovono aspetti evolutivi come il rapporto con il proprio schema corporeo, l’immagine di sé, la relazione con i pari, l’identificazione o separazione con i genitori. Nel pensare al convegno e nell’invitare gli ospiti mi sono ritrovato in mano un prisma dalle molteplici facce. Di chi occuparci? Dei neonati e di come accudirli, delle neomamme ragazzine e al loro diritto di vivere la giovinezza, dei genitori degli adolescenti ancora tanto genitori, doppiamenti genitori, e poco nonni, oppure dei padri ragazzini spesso frastornati e in fuga?Il 22 novembre 2025 ci sarà il convegno internazionale di psicologia e, devo ammettere, che ancora più di altre volte, non vedo l’ora! Avremmo grandi relatori come Massimo Ammaniti, Romina Coin e Claudia Ravaldi, ma anche un riferimento italiano sul tema come Cristina Riva Crugnola. Ma non solo, perchè ci sarà anche una ragazza keniota che ha fondato una comunità per mamme adolescenti, una ricercatrice britannica, una antropologa, psicoanalisti e tante vignette cliniche dagli ospedali italiani. Vi aspetto numerosi!


SIPRe - Società Italiana Psicoanalisi della Relazione Corso di Psicologia e Neuropsicologia Perinatale Spazio IRIS

Partiamo dalla fine: farò parte di un Gruppo di Lavoro (GDL) sulla Perintalità del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi....
22/09/2025

Partiamo dalla fine: farò parte di un Gruppo di Lavoro (GDL) sulla Perintalità del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi. E’ partito tutto da un incidente di percorso: i miei bimbi nati al 6° e mezzo di . Tanta terapia intensiva, dolori e fazzoletti umidi. Poi è arrivato il tempo del pensiero: il bisogno di decifrare, comprendere e guardarsi attorno. Cosa è successo? Che me ne faccio? Dopo è arrivato il desiderio di non essere più impotente, di migliorare le cose laddove leggessi un bisogno e delle falle. Ho studiato e lavorato nel perinatale con convegni, riflessioni e confronti, dopo 5 anni di progetti con OPL, ora mi si presenta l’ennesima grande occasione: far parte di un GDL a livello nazionale. Nelle formazioni ho sempre sostenuto che la lamentazione è uno dei fardelli nelle istituzioni: è uno peso ed un grande alibi. Le cose non funzionano, allora si sta davanti al caffè a covare rancori. Ahimè, la lamentazione ci fa crogiolare in una dimensione di perenni figli (delle istituzioni) incompresi, spesso passivi verso il mondo e talvolta aggressivi. Il mio compito in formazione è stato, ed è, quello di trasmettere che i cambiamenti non sono solo TOP-DOWN, cioè dall’alto di chi comanda al basso. Noi tutti possiamo essere un fattore di cambiamento, anche nelle istituzioni mastodontiche. Dobbiamo credere nel nostro GIGANTESCO piccolo contributo che è la con gli utenti/pazienti/persone e con i colleghi, partendo da noi. Questo, lentamente, può cambiare la qualità dell’istituzione, del servizio, e del nostro starci. Una faccenda enorme! Ora ho una grande responsabilità con il GDL del : sarò più vicino ai vertici. Potrò lavorare dall'alto sulla cultura del perinatale: cultura fa rima con prevenzione. Avrò l’occasione di dialogare non solo con chi sta dentro le istituzioni o ne usufruisce, ma anche con chi ne sta a capo, decide. Ora tocca anche me, a noi, del GdL sulla e spaccarci la schiena per introdurre una sensibilità psicologica nel , dialogando con i piani alti. Ora posso lavorare su 2 livelli: Top-Down e Down-Top.

Ebbene, ringrazio tantissimo chi mi ha dato questa opportunità e ha creduto nella mia ostinazione nel voler sensibilizzare sul tema (come direbbe Roth "L'ostinazione, non il talento, ha salvato la mia vita"), nello specifico Valentina DiMattei (grazie!!), ed ora rimbocchiamoci le maniche!

"Tornerai a trovarci?" disse. Si spostò per un attimo fuori dal mio punto cieco perché la potessi vedere. La mia non ris...
18/09/2025

"Tornerai a trovarci?" disse. Si spostò per un attimo fuori dal mio punto cieco perché la potessi vedere. La mia non risposta, prendere le scale, fu rimettercela dentro, e farlo per sempre.O forse quella che mi fece non era una domanda, ma il modo in cui l'istinto materno le consentiva di scavalcare un'affermazione che mai e poi mai avrebbe potuto nemmeno pensare: salvati, lasciami per sempre. (...) Non ho mai veramente premeditato di non tornare più a vedere i miei genitori. (...) Piuttosto il pensiero, che così esposto si configura come un abbandono, apparteneva al novero degli atti non formulabili. Si possono abbandonare i genitori? E condannarli a vivere il resto dei propri giorni con un arto fantasma?(L'anniversario di Andrea Bajani)

Si possono abbandonare i propri genitori? si possono condannare a vivere i propri giorni con un arto fantasma.Spesso si parla dell'abbandono dei figli, di genitori che non ce la fanno ad essere tali e di culle lasciate davanti agli ospedali. C'è un violento stigma sociale legato all'abbandono della creatura che si è generata. Ci sono dibattiti inferociti, urla, frasi fatte e solidarietà. Il tema dell'abbandono del genitore è molto più sottile, silenzioso e strisciante. Subdolo, sgusciante e pervasivo. E' quasi un tabù, anche se simbolicamente è un tema che affrontiamo tutti. Sempre e mai. In quella domanda c'è il tabù, il senso di colpa, la morale, ma c'è anche il "ce la posso fare!?" "è sostenibile", "posso essere anche altro e non solo il loro arto!?". E' molto di più di un gesto, un'azione; è un collocarsi, un occuparsi delle coordinate, degli assi e della struttura. Le sentite l'eco?..."Si sono abbandonare i propri genitori?"

Barry White Jr è un insegnante del NorthCarolina ed è noto per un fatto apparentemente banale, forse persino folkloristi...
02/09/2025

Barry White Jr è un insegnante del NorthCarolina ed è noto per un fatto apparentemente banale, forse persino folkloristico. Barry ha un saluto personalizzato per ogni suo studente: a qualcuno batte il cinque e fa un giro su sé stesso, a qualcun altro dà il pugno e ancheggia, ad un altro dà la mano e fa un balletto. Ognuno viene accolto in classe con il Suo saluto, che Barry ricorda e che Barry usa per accoglierlo in classe.
E voi direte, cosa c'è di interessante in questo insegnante ballerino?
Quei saluti raccontano di un qualcosa di molto più profondo: un'attenzione rigorosa e seria all'unicità dell'altro. In un'epoca in cui si parla di ragazzi con bisogni speciali, Barry, con i fatti, trasmette in modo eloquente che ogni ragazzo ha bisogni speciali. Ognuno ha competenze diverse, limiti e preferenze. Ognuno va osservato e accolto nella sua unicità.
L'educazione e la cura dovrebbero passare da questo presupposto ontologico: ogni essere vivente è diverso, unico e come tale dovrebbe essere osservato e trattato, solo così si può sentire accolto.
Barry non è un maestro bizzarro che ancheggia in modo ridicolo, ma è un cultore del rispetto della diversità e quindi di una cura dell'altro personalizzata. Vale per studenti, pazienti o i nostri figli che siano.
Ecco, forse definire i ragazzi con disagi o diversità come soggetti con "bisogni educativi speciali" è un modo sottile per stigmatizzare le "diversità". E' così che la diversità diventa "non normalità". Ecco, tutto ciò risulta fuorviante. I soggetti sono diversi, unici e, in ogni sistema educativo o di cura che sia, la diversità non va stigmatizzata, ma accolta come un dato ontologico dell'essere vivente.
Barry non è solo un insegnante, è molto di più: una persona tra persone, un paradigma della cura.

Furono giorni allucinati di attraversamento. Vagavo per casa la notte, mordevo il cuscino per non urlare e placare così ...
29/08/2025

Furono giorni allucinati di attraversamento. Vagavo per casa la notte, mordevo il cuscino per non urlare e placare così l'inferno che sentivo dentro. La donna che avrei sposato mi offriva quello che poteva. Lasciava che tremassi poggiandomi una mano sulla spalla, o un abbraccio che però il volume dei due corpi non permetteva di rendere completo. (...)
Di quel tempo sospeso nella stanza, ricordo soprattutto le luminarie sui balconi, la scrivania vuota, e una pagina che lessi da un trattato che sfilai dal suo scaffale, scritta da un ragazzo, un poeta, che si era ammazzato un secolo prima. E che diceva, all'incirca, che ogni cosa, cadendo, continua a cadere, anche quando ormai ha toccato il suolo. Perchè in ogni cosa, in fondo, conta il peso.
("L'anniversario" di Andrea Bajani)

Ci sono dolori che hanno pesi profondi. Pesi che rimangono dentro e non smettono mai di cadere. In quei dolori ci può essere condivisione, compartecipazione, ma quegli "abbracci" non sono mai completi. Non è possibile renderli completi. Il corpo lo esplicita chiaramente: non è possibile arrivare ad una piena comprensione e compartecipazione del dolore e dei pesi dell'altro. Nonostante le aspettative - nella coppia, in famiglia e o nelle amicizie - ci portino spesso a desiderare di essere compresi e accolti a pieno e ci portino spesso a rimanere delusi per l'altro che non ci capisce o empatizza abbastanza, il volume di due corpi non permette mai di rendere completo un abbraccio. Non si può mai comprendere (dal latino cum-prehendere, afferrare insieme) a pieno.

Torneremo insieme su questo intensisso romanzo e su altri spunti profondi che lascia.

Li scorgi fin da lontano. Sono teneri ma, al contempo, sprigionano la potenza del loro sussister-si. Ricurvi su loro ste...
04/08/2025

Li scorgi fin da lontano. Sono teneri ma, al contempo, sprigionano la potenza del loro sussister-si. Ricurvi su loro stessi e sull’altro, sono appoggiati l’un l’altra su un punto impercettibile tra le spalle e la testa.
Sono in una nota località ligure e, come tutti i paesini sulla costa, ha un’ampia passeggiata frequentata da bagnanti alla ricerca delle spiagge, famiglie con bambini che portano enormi materassini eccentrici, coppie che passeggiano mano nella mano pronte per il selfie pittorico dell’estate, adolescenti chiassosi con stereo portatili che ruggiscono al mondo, venditori ambulanti assonnati, mamme con carrozzine, e poi ci sono loro due.
Due anziani, accartocciati su loro stessi, fiacchi e vestiti con abiti datati e ingialliti Forse erano paffuti, perché indossano capi ben più larghi del loro corpo avvilito. Procedono con passo lento, stanco, ma al contempo deciso. Seppur l’incedere sia dimesso stando andando là, la loro intenzione è chiara, qualsiasi sia il là. La cosa incredibile è che entrambi sono gobbi, una scoliosi clamorosa che li fa pendere l’uno sull’altro, poggiati come castelli di carte. Mi viene un dubbio: starebbero in piedi senza l’altro? Due archi sostenuti a vicenda, quasi a formare una thíṗi, quelle tende da indiani, triangolari e paffute, sorrette da pali che s’intrecciano sull’apice. Thíṗi nella lingua Lakota, i nativi americani, consiste di 2 elementi: thí, significa “abitare”, e ṗi, che sta per “essi abitano”. Da fuori si vede che ognuno di loro sorregge e sostiene l’altro nelle sue storture. Invece immagino che, come in tutte le coppie, tra di loro litighino e bisticcino per le loro posture. “Sei tutta gobba!”, “..ma è possibile che sei curva dal lato opposto al mio”, “i nostri corpi vanno in direzioni opposte!”, “potevo sceglierne uno dritto”.
Come spesso capita nelle coppie, si vivono le storture dell’altro come un limite, un affronto, una fonte di disagio. Se poi ci si osserva bene, dal di fuori, si vede che quello scegliersi non è casuale, ma è un reciproco sostenersi nelle proprie storture: sussister-si. Thipi è la casa, come spesso la è il luogo che mi permette di sussistere nelle mie posture.

Così riflettevo, e il Padiglione d'oro mi sembrava un elegante vascello sul mare del tempo. (...) Oltre il sentiero di g...
29/07/2025

Così riflettevo, e il Padiglione d'oro mi sembrava un elegante vascello sul mare del tempo. (...) Oltre il sentiero di ghiaia scorreva un canale d'acqua chiara, e bianche ninfee vi scivolavano silenziose. (...) Fra la fresca verzura, le tegole del tetto del tempio risplendevano come se sopra all'edificio fosse posato, aperto, un gigantesco libro rilegato. Che mai poteva significare la guerra in quel momento? In certi luoghi, in certi attimi mi sembrava che la fosse un oscuro incidente immaginario esistente soltanto nella coscienza degli uomini.
("Il padiglione d'oro" di Yukio Mishima)

Leggendo degli attacchi a Gaza, delle bombe a grappolo dell'Iran, delle guerre in Yemen ho avuto la medesima sensazione. Quando siamo di fronte alla bellezza di ciò che ci circonda, la guerra sembra veramente un'incidente lontano dai luoghi e dal tempo. Un'incidente non casuale perché forse intimamente radicato nell'animo umano. Certo, ci sono gli interessi economici, ma poi cos'altro. Torniamo al romanzo. Il Padiglione d’oro, cioè il tempio Kinkaku-ji a Kyoto, uno dei simboli del , è stato incendiato da un monaco il 2 luglio 1950. Il fine era distruggerlo, disintegrarlo. Il romanzo di galleggia sapientemente tra un fatto reale e il mondo interno del famoso monaco.
Forse c'è una relazione tra la e la guerra? Di primo acchito sembrano due estremi opposti, ma chissà non siano legati da un filo invisibile che li collega.
La bellezza può essere qualcosa che ci rimanda alle nostre imperfezioni, ai nostri limiti. Il monaco, nella storia di Mishina, è balbuziente e socialmente impacciato. La sua percezione d'infermità lo rende incapace di vivere con naturalezza i rapporti con gli altri e di esprimersi: ciò che è semplice per gli altri (parlare, amare, desiderare) per lui diventa un tormento. Ogni volta che si confronta con la bellezza (del Padiglione), questa sua inadeguatezza diventa più evidente e dolorosa.
-ji Foto di Marcello Florita.

Vi segnalo un evento sulla    dove interverrò.🎬   all’aperto di mare📅 Martedì 1 luglio, piazza Cenni di Cambiamento🎥 Pro...
27/06/2025

Vi segnalo un evento sulla dove interverrò.
🎬 all’aperto di mare

📅 Martedì 1 luglio, piazza Cenni di Cambiamento
🎥 Proiezione: “Papà ha brucato i biscotti” di Jeffrey Zani

Diventato padre, Jeffrey scivola in un’inattesa spirale di crisi e si sente senza vie d’uscita: reagisce prendendo in mano la telecamera e realizzando un video diario personale come tentativo di auto terapia.

Marcello Florita, psicoanalista SIPRe e autore del romanzo “Come respira una piuma” sulla paternità in condizioni complesse.

🕤 Ore 20:45 – Presentazione del film
A cura di Germogli Urbani, un progetto nato dalla collaborazione tra SIPRe Milano e Psicologo al Parco, per coltivare benessere psicologico e relazioni nei contesti urbani.

🎧 A seguire, proiezione del film in cuffia.

🎟️ Biglietto online €5 (+ prevendita €1) oppure in cassa la sera dell’evento a €5
Acquistalo qui 👉 https://link.dice.fm/i80de6f6e692

Vi aspettiamo!
Corso di Psicologia e Neuropsicologia Perinatale
SIPRe - Società Italiana Psicoanalisi della Relazione

Indirizzo

Via Caravaggio N 4
Milan
20144

Orario di apertura

Lunedì 08:30 - 20:45
Martedì 08:30 - 20:45
Mercoledì 08:30 - 20:45
Giovedì 08:30 - 20:45
Venerdì 08:30 - 20:45
Sabato 08:30 - 13:30

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