Maria Teresa Ruggiero - Psicologa Psicoterapeuta

Maria Teresa Ruggiero - Psicologa Psicoterapeuta Psicologa e psicoterapeuta, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia. Abilitazione all'esercizio della professione di psicoterapeuta.

Sostegno psicologico e psicoterapia in diverse aree: materno/infantile, coppia, genitorialità, handicap, dipendenza, psichiatria, Alzheimer. Referente per Monza e Brianza di "Cà Maman", Associazione di Psicologhe di promozione sociale a sostegno delle donne, della maternità e della famiglia. Libera professionista, svolge attività clinica con adulti, coppie, adolescenti. Si occupa del sostegno alla

genitorialità, alle madri durante la gravidanza e dopo il parto e nei casi di lutto perinatale e interruzione volontaria di gravidanza. Si interessa anche delle nuove forme del disagio in età evolutiva, con particolare attenzione ai disordini del comportamento alimentare in età pediatrica, ai nuovi contesti familiari e alle logiche di funzionamento dei nuovi genitori.

26/03/2025
07/06/2024

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01/01/2023

Un monito quello di cui si fa portavoce Marco Mengoni ❤️

C’è necessità di soffermarsi in atti di educazione, piuttosto che di arroganza, perché se iniziamo ad essere disponibili verso chi ci circonda, anche la vita può sembrare meno complicata di quello che è. Una lezione che ci ricorda quanto sia importante ricordarsi del fatto che il comportamento di una singola persona, può sempre fare la differenza.

Una lezione che dobbiamo ricordarci ancora più il giorno di Natale, che coincide con il compleanno del cantante, auguri Marco e buone feste a tutti ✨

30/11/2022

Un cambiamento epocale. Così lo descrive il New York Times usando le parole di Cynthia Phelps, prima viola, con la Filarmonica dal 1992. Fondata nel 1842, la New York Philharmonic per la prima volta ha un numero maggiore di musiciste donne rispetto agli uomini: 45 contro 44. Una maggioranza risicata, ma comunque significativa, soprattutto se si pensa che per 180 anni la più antica orchestra degli Stati Uniti è stata una roccaforte maschile. Al momento della sua fondazione, le donne non solo erano scoraggiate dal perseguire una carriera musicale, ma era raro che partecipassero a concerti serali a meno che non fossero accompagnate dagli uomini. [..]

Nel 1970, poi, molte orchestre cominciano a modificare i criteri di ammissione e le regole per le audizioni, nel tentativo di rendere il processo più democratico possibile. Nascondere l'identità del musicista sotto audizione è un tentativo di rendere il meccanismo più oggettivo possibile, in quelle che vengono definite audizioni cieche. In queste, i musicisti - o le musiciste - suonano nascosti dietro a un paravento, costringendo di chi deve giudicarli a focalizzarsi solo sul talento, senza sapere età, sesso, caratteristiche fisiche. [..]

Il processo funziona: se nel 1970 la New York Philharmonic ha solo cinque donne, nel 1992 ne ha 29. Rappresentazione non vuol dire però fine della discriminazione o del sessismo. Le posizioni principali che sono anche quelle meglio pagate, sono ancora in maggioranza degli uomini e spesso, anche a parità di ruolo, le musiciste sono pagate meno dei musicisti.

Ne parla Simona Siri su La Stampa

05/11/2022

"È stato un duro momento. Io ero modella, avevo un corpo bellissimo. Poi sono rimasta incinta con una gravidanza problematica. Appena nato Isal ho ripreso subito a lavorare, allattavo, ero prosperosa, ma non mi aspettavo tanta cattiveria sui social, soprattutto da parte delle donne. I maschi sono più semplici. Le donne possono essere perfide, maliziose e aggressive. E quando non c’è sorellanza su questi temi o non vogliono semplicemente allearsi con te, diventano pericolose e possono farti tanto male... Da giovane ci stavo male, ora i commenti negativi li salto. Sono aperta alla critica costruttiva, non a quella gratuita. Del resto ci sarà sempre chi critica: con me lo hanno fatto quando vedo qualche chilo in più. Ma se perdo venti chili quelle stesse presone diranno che sono diventata anoressica. Ma sono e sarò sempre una guerriera. So quello che voglio, ho le idee chiare su quello che mi piace"...

Vanessa Incontrada

25/10/2022

I FATTI DI LATINA, IL SENSO DEL LIMITE, IL VALORE DELLA REGOLA E LA FRAGILITA’ DI NOI ADULTI

A Latina accade che una 14enne si rifiuti di consegnare lo smartphone all’insegnante, come prescrive il regolamento della sua scuola, che, perciò, le dà una nota. A questo punto la famiglia della ragazza interviene contro il dirigente scolastico con modalità che generano un clamore nazionale intorno alla notizia. La famiglia, in questo caso, si allea con la ragazza, contro le regole della scuola. La fatica di diventare grandi in questo tempo complesso è tutta fotografata in questa vicenda. Ogni cosa sembra essere diventata relativa: ormai anche il concetto di regola lo è. Tu fai la regola, ma se io non la condivido, ho tutto il diritto di non rispettarla. Per chi cresce, trasgredire una regola è fatto comune. Però non è un diritto. E quando la trasgressione viene intercettata, ci dovrebbero essere delle conseguenze. Nel caso in questione si è trattato di una nota. Il mondo adulto solitamente si allea al proprio interno per ribadire con i ragazzi (ma anche per i ragazzi) che le regole esistono non per volontà sadica (non vengono proposte con lo scopo di far soffrire), ma perché rispondono ad un bene superiore, che magari il ragazzo in quel momento non valuta come tale. Ma dietro ad una regola, di solito, c’è sempre un perché. Nel caso di Latina la regola della scuola viene contestata dalla famiglia. Ne deriva un conflitto che si sposta dal livello docente/studente al livello docente/famiglia. E quando questo accade, l’unica conseguenza è il caos. Tutti contro tutti. E’ questa la peggiore delle dinamiche in cui si può trovare un minore: ovvero quella in cui gli adulti si mettono a litigare perché la trasgressione del minore è valutata in modo diverso da chi si occupa del suo progetto educativo. In questo tempo, spesso, noi adulti pecchiamo di un eccesso di protezione verso chi cresce. Lo difendiamo anche quando non serve. E soprattutto, non comprendiamo che quel figlio non ha bisogno di adulti che lo tutelino quando trasgredisce. Bensì dell’esatto contrario: a lui serve capire che tutti gli adulti di riferimento hanno una visione comune della sua trasgressione. La considerano tale e perciò si aspettano che non venga ripetuta. Quando questo accade, la trasgressione non viene estinta, il ragazzo potrà cercare di rimetterla in atto anche in futuro. Ma di certo, impara a non considerare “normale” la sua trasgressione. E automaticamente, la metterà in atto con minore frequenza, comprendendo anche il motivo profondo per cui c’è una regola che definisce un comportamento come trasgressivo, e quindi non lo normalizza. Solo con questa chiarezza nel mondo adulto, il senso del limite può essere percepito in modo altrettanto chiaro da chi cresce, perché l’adulto ne è un testimone coerente. E così facendo rimane autorevole. A Latina, per parere mio, ciò che è stato sconfitto è il concetto di adultità. Un ragazzo si chiede sempre chi è l’adulto che gli sta davanti e quando osserva genitori e docenti che confliggono intorno al rispetto di una regola non capisce più nulla. Si rende conto, infatti, che entrambi, all’apparenza vogliono tutelarlo e proteggerlo. Ma hanno idee contraddittorie. Ne deriva il caos. Questa è la fragilità di noi adulti oggi, quella fragilità in base alla quale spesso siamo costretti a parlare di emergenza educativa.

03/09/2022

Espellerei i genitori dalle scuole, a loro non interessa quasi mai della formazione dei loro figli, il loro scopo è la promozione del ragazzo a costo di fare un ricorso al Tar.
Lo scenario è diverso, devono imparare a vedere che cosa sanno fare senza protezione. Se la protezione è prolungata negli anni, come vedo, essa porta a quell’indolenza che vediamo in età adulta. E la si finisca con l’alternanza scuola lavoro, a scuola si deve diventare uomini, a scuola si deve riportare la letteratura, non portare il lavoro. La letteratura è il luogo in cui impari cose come l’amore, la disperazione, la tragedia, l’ironia, il suicidio. E noi riempiamo le scuole di tecnologia digitale invece che di letteratura? È f***e.
Guardiamo sui treni: mentre in altri Paesi i giovani leggono libri, noi giochiamo con il cellulare. Oggi i ragazzi conoscono 200 parole, ma come si può formulare un pensiero se ti mancano le parole? Non si pensa o si pensa poco se non si hanno le parole.

[Umberto Galimberti]

08/08/2022

📍2 agosto 1942, nasce a Lima una delle autrici più conosciute e amate della letteratura ispanoamericana contemporanea: Isabel Allende

11/06/2022

"Espellerei i genitori dalle scuole, a loro non interessa quasi mai della formazione dei loro figli, il loro scopo è la promozione del ragazzo a costo di fare un ricorso al Tar, altro istituto che andrebbe eliminato per legge. E alle superiori i ragazzi vanno lasciati andare a suola senza protezioni, lo scenario è diverso, devono imparare a vedere che cosa sanno fare senza protezione. Se la protezione è prolungata negli anni, come vedo, essa porta a quell’indolenza che vediamo in età adulta. E la si finisca con l’alternanza scuola lavoro, a scuola si deve diventare uomini, a scuola si deve riportare la letteratura, non portare il lavoro. La letteratura è il luogo in cui impari cose come l’amore, la disperazione, la tragedia, l’ironia, il suicidio. E noi riempiamo le scuole di tecnologia digitale invece che di letteratura? È f***e. Guardiamo sui treni: mentre in altri Paesi i giovani leggono libri, noi giochiamo con il cellulare. Oggi i ragazzi conoscono duecento parole, ma come si può formulare un pensiero se ti mancano le parole? Non si pensa o si pensa poco se non si hanno le parole”

Umberto Galimberti

10/06/2022

“Educare vuol dire condurre qualcuno all’evoluzione, dall’impulso all’emozione, dall’emozione al sentimento. Un ragazzo che ha sentimento non brucia un migrante che dorme su una panchina, non picchia un disabile. Se queste cose accadono è perché la scuola non ha educato. Per educare bisogna avere a che fare con la soggettività degli studenti, che oggi è messa fuori gioco. Se è vero che al posto dei temi si fa la comprensione del testo scritto, si è spostata la valutazione dalla soggettività alla prestazione. A questo punto è chiaro che anche la scuola è serva del modello tecnico. I ragazzi non contano più come soggetti ma solo nelle loro prestazioni [...] La realtà è che siamo passati da una scuola umanistica a un’educazione anglosassone, perdendo un’infinità di valori della prima.”

Umberto Galimberti

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