25/10/2022
I FATTI DI LATINA, IL SENSO DEL LIMITE, IL VALORE DELLA REGOLA E LA FRAGILITA’ DI NOI ADULTI
A Latina accade che una 14enne si rifiuti di consegnare lo smartphone all’insegnante, come prescrive il regolamento della sua scuola, che, perciò, le dà una nota. A questo punto la famiglia della ragazza interviene contro il dirigente scolastico con modalità che generano un clamore nazionale intorno alla notizia. La famiglia, in questo caso, si allea con la ragazza, contro le regole della scuola. La fatica di diventare grandi in questo tempo complesso è tutta fotografata in questa vicenda. Ogni cosa sembra essere diventata relativa: ormai anche il concetto di regola lo è. Tu fai la regola, ma se io non la condivido, ho tutto il diritto di non rispettarla. Per chi cresce, trasgredire una regola è fatto comune. Però non è un diritto. E quando la trasgressione viene intercettata, ci dovrebbero essere delle conseguenze. Nel caso in questione si è trattato di una nota. Il mondo adulto solitamente si allea al proprio interno per ribadire con i ragazzi (ma anche per i ragazzi) che le regole esistono non per volontà sadica (non vengono proposte con lo scopo di far soffrire), ma perché rispondono ad un bene superiore, che magari il ragazzo in quel momento non valuta come tale. Ma dietro ad una regola, di solito, c’è sempre un perché. Nel caso di Latina la regola della scuola viene contestata dalla famiglia. Ne deriva un conflitto che si sposta dal livello docente/studente al livello docente/famiglia. E quando questo accade, l’unica conseguenza è il caos. Tutti contro tutti. E’ questa la peggiore delle dinamiche in cui si può trovare un minore: ovvero quella in cui gli adulti si mettono a litigare perché la trasgressione del minore è valutata in modo diverso da chi si occupa del suo progetto educativo. In questo tempo, spesso, noi adulti pecchiamo di un eccesso di protezione verso chi cresce. Lo difendiamo anche quando non serve. E soprattutto, non comprendiamo che quel figlio non ha bisogno di adulti che lo tutelino quando trasgredisce. Bensì dell’esatto contrario: a lui serve capire che tutti gli adulti di riferimento hanno una visione comune della sua trasgressione. La considerano tale e perciò si aspettano che non venga ripetuta. Quando questo accade, la trasgressione non viene estinta, il ragazzo potrà cercare di rimetterla in atto anche in futuro. Ma di certo, impara a non considerare “normale” la sua trasgressione. E automaticamente, la metterà in atto con minore frequenza, comprendendo anche il motivo profondo per cui c’è una regola che definisce un comportamento come trasgressivo, e quindi non lo normalizza. Solo con questa chiarezza nel mondo adulto, il senso del limite può essere percepito in modo altrettanto chiaro da chi cresce, perché l’adulto ne è un testimone coerente. E così facendo rimane autorevole. A Latina, per parere mio, ciò che è stato sconfitto è il concetto di adultità. Un ragazzo si chiede sempre chi è l’adulto che gli sta davanti e quando osserva genitori e docenti che confliggono intorno al rispetto di una regola non capisce più nulla. Si rende conto, infatti, che entrambi, all’apparenza vogliono tutelarlo e proteggerlo. Ma hanno idee contraddittorie. Ne deriva il caos. Questa è la fragilità di noi adulti oggi, quella fragilità in base alla quale spesso siamo costretti a parlare di emergenza educativa.