Psicologia360

Psicologia360 ⭕️ Psicologia, mindfulness e coaching online.
(1)

Qui tutte le curiosità sul cervello e sulla mente umana prendono forma:

Divulgo psicologia e soprattutto benessere.

🔥 Per info e consulenze contattatemi in privato🔥
linktr.ee/psicologia360

A volte sembra impossibile dirlo senza scatenare polemiche, ma lo ripeto comunque:la violenza non nasce nel vuoto.E non ...
01/12/2025

A volte sembra impossibile dirlo senza scatenare polemiche, ma lo ripeto comunque:
la violenza non nasce nel vuoto.
E non si spiega soltanto con “problemi psicologici individuali”.

Negli ultimi mesi ho scelto di non parlare più di questi temi.
Non perché non fossero importanti, ma perché su Instagram — più che ascoltare — si pretende che i professionisti dicano esattamente ciò che vogliamo sentirci dire.

Se parli di attaccamento → c’è chi ti accusa di essere “maschilista”.
Se spieghi la bidirezionalità nei conflitti → sei “femminista radicale”.
Se citi le ricerche → ti dicono che “la scienza non conta niente”.
Se fai una vignetta clinica → diventa una guerra di commenti.

E in tutto questo, la complessità sparisce.

📌 Il punto è semplice:
non stiamo più cercando di capire.
Stiamo cercando qualcuno che ci dia ragione.

Sui vaccini, sul gender, sull’ADHD, sul narcisismo, sulla violenza…
se il professionista non conferma la narrativa della nostra bolla, allora “sbaglia”.
E questo è un problema enorme: umano, culturale e democratico.

Perché la scienza — nei suoi limiti — ha un pregio:
non decide in base a chi urla di più, ma in base a ciò che sappiamo davvero.

E ciò che sappiamo davvero sulla violenza è chiaro, da decenni:

Esistono livelli diversi che si intrecciano: psicologico, relazionale, culturale, sociale, politico.
Se guardi solo uno, ti perdi il fenomeno per intero.

Sì, c’è disregolazione emotiva.
Sì, ci sono stili di attaccamento insicuri.
Sì, esistono donne autrici di violenza, coppie LGBT ad alto rischio, bidirezionalità nei conflitti.
Tutto vero

Ma è altrettanto vero che:
la violenza grave, coercitiva, letale — quella che isola, controlla, minaccia — non è simmetrica.
Questo non è “ideologia”: è epidemiologia, criminologia, psicologia, OMS, ISTAT, UN Women.

Ed è proprio su questo punto che voglio essere chiarissimo, perché so già che qualcuno commenterà “ma non è il 90%, sono poche decine all’anno”.
Sì: le vittime letali sono “poche decine”.
Ma questo vale per qualsiasi reato grave.
Il numero assoluto non cancella il dato percentuale, né tutto ciò che non arriva ai giornali:

(Continua…⬇️)

A volte non è quello che dici a ferire l’altro.È quello che l’altro sente attraverso la sua storia emotiva.E succede più...
28/11/2025

A volte non è quello che dici a ferire l’altro.
È quello che l’altro sente attraverso la sua storia emotiva.

E succede più spesso di quanto immaginiamo: una frase neutra può suonare come un rimprovero, una richiesta può sembrare un attacco, un bisogno può essere interpretato come rifiuto.
Non perché uno è “sbagliato”, ma perché ognuno ascolta dall’interno delle proprie ferite.

Nelle relazioni non reagiamo davvero alle parole dell’altro.
Reagiamo a ciò che quelle parole risvegliano in noi: paure antiche, modelli appresi nell’infanzia, schemi emotivi che si riattivano nei momenti critici.
E quando questo accade, ci è molto più facile difenderci che ascoltare.

Il risultato?
Incomprensioni che si accumulano, distanza, e due persone che provano a parlarsi… ma attraversano due mondi diversi.

In terapia lo vedo spesso: prima ancora di “comunicare meglio”, serve capire da dove arrivano quelle reazioni.
Nello spazio individuale si può esplorare ciò che ci irrigidisce, i bisogni non detti, le paure che influenzano il modo in cui interpretiamo il partner.
E quando i tempi sono maturi, anche la terapia di coppia può aiutare a costruire un linguaggio nuovo: più chiaro, più rispettoso, più vicino alla realtà e meno alle ferite.

A volte questo permette di ricucire.
A volte consente di capire che è meglio separarsi con dignità.
In ogni caso, è un processo di consapevolezza che libera.

Scrivimi nei commenti come questo carosello risuona per te.
Condividilo a chi fa fatica a “sentirsi” nella coppia.
E salva il post se vuoi ricordarti queste parole.





28/11/2025
A volte non ti accorgi che stai perdendo qualcuno.Ti accorgi solo che stai perdendo te stesso mentre cerchi di trattener...
27/11/2025

A volte non ti accorgi che stai perdendo qualcuno.
Ti accorgi solo che stai perdendo te stesso mentre cerchi di trattenerlo.

È un dolore silenzioso, quasi invisibile…
ma è quello che segna di più.

**

Se ti è capitato di restare accanto a qualcuno anche quando la distanza era già iniziata,
se hai sentito quel “vuoto” che pesa più di qualsiasi litigio,
se hai continuato a chiederti cosa hai sbagliato tu,
questo carosello parla esattamente di quel momento lì.

Quello in cui non sei più in una relazione.
Ma non riesci ancora a lasciarla andare.

**

Approfondimento clinico
Quando l’altra persona si spegne, l’assenza diventa una minaccia:
il sistema nervoso entra in allerta, l’ansia sale, la mente cerca spiegazioni.
E se nella tua storia affettiva la distanza è sempre stata pericolosa,
ogni piccolo segnale viene percepito come un rischio di perdita.

È per questo che si resta:
non per debolezza,
ma perché il corpo reagisce prima della mente.

La svolta arriva quando lo sguardo torna verso di te.
Quando smetti di chiederti perché l’altro non c’è più,
e inizi a chiederti perché tu resti ancora dove non vieni visto.

È lì che comincia la guarigione:
riconoscere i tuoi bisogni,
ascoltare la tua voce,
scegliere chi sceglie anche te.

**

In terapia impari a:
• leggere quei segnali sottili che il corpo registra prima della mente
• distinguere la tua responsabilità da quella dell’altro
• ricostruire sicurezza dentro di te, non nella reazione dell’altro
• uscire dalla dinamica di inseguimento e iper-vigilanza
• riorientarti verso ciò che ti fa bene, non ciò che temi di perdere

Non si guarisce rincorrendo chi si allontana.
Si guarisce tornando verso di sé.

**

Se ti sei riconosciuto anche solo in un frammento…
🔖 Salva questo post per ricordartelo nei giorni difficili.
💬 Scrivi “MERITO PRESENZA” nei commenti.
🔁 Condividilo a chi sta vivendo un amore che si spegne in silenzio.



A volte non so se parlarne o no.Perché quando si tocca l’educazione si accendono schieramenti, identità politiche, tifos...
27/11/2025

A volte non so se parlarne o no.
Perché quando si tocca l’educazione si accendono schieramenti, identità politiche, tifoserie.
Ma proprio questo è il motivo per cui oggi ne parlo.

Negli ultimi giorni ho letto semplificazioni, slogan, posizioni opposte.
E mi sono chiesto: quando discutiamo così, dove finiscono i bambini?

Qui non c’è solo una storia nel bosco.
C’è qualcosa che ci riguarda tutti: la difficoltà di stare nella complessità.

Da un lato chi difende “la libertà dei genitori” come fosse assoluta;
dall’altro chi vede solo lo Stato.
In mezzo la realtà: fatta di rischi, valutazioni difficili, bisogni evolutivi reali.

E poi il tema sempre rimosso: l’educazione affettiva nelle scuole.
Ci indigniamo per la cronaca, ma ci dividiamo quando si parla di prevenzione, psicologi, educatori, alfabetizzazione emotiva.
Come se proteggere davvero i bambini fosse una minaccia, non un diritto.

Viviamo in un’oscillazione continua tra due estremi:
idealizzare la tecnologia e viverci dentro,
oppure romanticizzare la natura come soluzione totale.
Ma nessuno dei due funziona da solo.

E c’è un ultimo nodo: confondere potestà genitoriale e possesso.
Non è “sono figli miei e decido io”: la libertà educativa ha un limite preciso, ed è la tutela del minore.
Quando quel limite viene superato, interviene la comunità.

L’educazione è sempre un equilibrio:
tra casa e mondo, libertà e confini, natura e società.
Ed è questo il motivo per cui ho voluto raccontarla nel carosello: senza tifoserie, provando a guardare ciò che il dibattito evita.



Se questo tema ti riguarda:
• salva il carosello
• condividilo con chi lavora nell’educazione
• partecipa con rispetto: ci serve un dibattito adulto



27/11/2025

Quante volte hai sentito dire: “La CBT resta in superficie” o “La psicodinamica sta nel passato”?
E ogni volta ti chiedi in che anno siamo rimasti. 🙃

Chi lavora davvero in clinica lo sa: nessuno arriva con un “sintomo da correggere”, ma con storie, ferite, parti interne, memorie somatiche, coping, relazioni, aspettative e paure.
E oggi nessun approccio serio può ignorarlo.

La psicoterapia contemporanea (in tutte le sue forme) si è evoluta.
Non è più la CBT rigida degli anni ’80, né la psicoanalisi monolitica dei manuali.

Oggi molti modelli integrano:
– attaccamento
– regolazione emotiva
– trauma
– parti interne
– storia relazionale
– processi cognitivi
– corpo
– valori/direzioni
– mentalizzazione
– sistemi motivazionali
– comportamenti e contesti
– costruzione del sé

Per questo parlare di “chi scava” e “chi non scava” non ha più senso: dipende dal terapeuta, non dall’etichetta.
Come un kohutiano, uno junghiano o un relazionale lavorano in modi diversissimi, così anche la CBT moderna non è quella di prima o seconda generazione.

Non è vero che un approccio “ignora il passato”: conta lo sguardo clinico, non il nome della scuola.

E questo (qualunque sia il modello) richiede competenza, tecnica, esperienza, aggiornamento continuo.

E aggiungo una cosa importante:
restare solo nel passato, solo nel presente o nel futuro rischia di perdere pezzi fondamentali.
C’è chi deve capire da dove arriva ciò che vive,
chi ha bisogno di gestirlo adesso
e chi deve immaginare dove vuole andare.
Ridurre tutto a una sola dimensione rischia di diventare una terapia a metà.

La terapia funziona quando tiene insieme passato, presente e direzioni future.
Quando non si limita a spiegare, ma permette di trasformare.

-

💬 Qual è il pregiudizio più assurdo che hai sentito sulla psicoterapia?
🔁 Condividilo se vuoi trasmettere il messaggio ai colleghi, qualsiasi approccio abbiano.
❤️ Doppio tap se hai alzato gli occhi al cielo per un commento del genere.
📌 Salvalo per ricordarti il valore del tuo lavoro.

📌 Non basta la passione. E nemmeno l’illusione.Oggi mi sento di ripeterlo ancora.Perché è una di quelle cose su cui ho d...
26/11/2025

📌 Non basta la passione. E nemmeno l’illusione.

Oggi mi sento di ripeterlo ancora.
Perché è una di quelle cose su cui ho discusso tanto, anche quando mi occupavo di politica professionale.
Scegliere questa strada è bellissimo, ma non può essere un salto nel buio guidato da una ferita travestita da vocazione.

Ogni anno ci sono migliaia di nuovi iscritti a psicologia.
Eppure, chi ne parla lo fa spesso con toni motivazionali, idealistici, a volte perfino ingenui.
❌ Non si raccontano mai i numeri reali.
❌ Non si offre una panoramica seria sul mercato del lavoro.
❌ Non si aiuta chi è in dubbio a orientarsi, davvero.

Dovremmo essere proprio noi, come psicologi, i primi a distinguere tra scelte dettate dai valori
e scelte guidate da schemi, ferite, illusioni.

Spesso si confonde l’entusiasmo per la psicologia con il bisogno di “curare” parti di sé.
O con il desiderio di aiutare per sentirsi utili o abbastanza.

Negli anni ho visto colleghi che hanno rinunciato, altri che hanno resistito.
Altri ancora si sono adattati facendo gli educatori, i docenti, i volontari.
Non per mancanza di passione…ma per mancanza di prospettive.

⚠️ Il problema non è studiare psicologia.
È farlo senza sapere a cosa si va incontro.
Senza informazioni, senza consapevolezza, senza alternative.

Il “Se vuoi, puoi” è un messaggio in codice.
Che spesso si traduce in:
👉 se non ce la fai, è colpa tua
👉 se sei sfinito, non hai creduto abbastanza
👉 se non riesci, sei uno str… incapace

E no.
Io non ci sto.

Preferisco un’altra strada:
✔️ informare chi ci sta pensando
✔️ normalizzare la fatica
✔️ sostenere scelte consapevoli, lucide, realistiche

📍 Studiare psicologia è un viaggio bellissimo.
Ma va fatto con i piedi per terra, non sulle ali di una frase motivazionale

💬 Ti sei mai sentito anche tu così? Raccontamelo.
📌 Salva questo post se ti ha fatto riflettere.
🔁 Condividilo con chi ha bisogno di sentirlo.

25/11/2025
A volte sembra impossibile dirlo senza generare polemica, ma lo ripeto:la violenza non nasce nel vuoto.E non si spiega s...
25/11/2025

A volte sembra impossibile dirlo senza generare polemica, ma lo ripeto:
la violenza non nasce nel vuoto.
E non si spiega solo con “problemi psicologici individuali”.

Ne ho parlato tante volte: disregolazione emotiva, attaccamento insicuro, tratti di personalità. Ma negli ultimi mesi vedo una tendenza pericolosa:
una semplificazione brutale della violenza.
Ridotta a “problema di coppia”, a patologia o a impulsività.
E la dimensione culturale viene derisa o minimizzata.

👉 Quando parliamo di educazione affettiva, patriarcato o cultura del possesso, molti immaginano uno scontro “uomini contro donne”.
Non è questo. È più profondo.

Vuol dire riconoscere come abbiamo educato per decenni:

– che educare = comandare
– che volere bene = controllare
– che la durezza è autorevolezza
– che il ceffone “non fa male”
– che chi ha più forza decide e l’altro obbedisce

E questa cultura non pesa solo sulle donne: plasma tutti noi.
Ognuno ne paga il prezzo, in modi diversi ma reali.

La psicologia individuale nasce dentro questa cultura.
La disregolazione, l’attaccamento insicuro, l’impulsività… non spuntano dal nulla: si formano in ambienti che normalizzano il potere sull’altro.

E quando lo dici, alcune pagine “anti-femminismo” o movimenti confusi attaccano professionisti e istituzioni.
L’ho visto di persona.

Ed è qui che serve chiarezza:

🔴 La violenza è anche culturale.
🟠 La prevenzione passa dall’educazione.
🟡 Parità significa protezione.
🟢 Senza educazione affettiva replichiamo gli stessi modelli.
🔵 Ignorarlo ci tiene fermi dove siamo.

La violenza è psicologica, culturale, sociale e politica.
Sempre.
Chi lo nega vede solo un frammento del problema.

Parlarne salva vite.
E la cultura del rispetto nasce nei gesti quotidiani.



❤️ Se credi che serva parlarne ancora:

🔖 Salva questo post
💬 Lascia un cuore
🔁 Condividilo: la prevenzione passa anche da te









Indirizzo

Milan

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Psicologia360 pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Psicologia360:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram