Massofisio milano

Massofisio milano Studio di

Massofisioterapia
Osteopatia
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Riflessologia Plantare

Un piccolo studio studio professionale, che da ormai 10 anni é un piccolo punto di riferimento della zona. Composto da Osteopati, Massofisioterapisti, Massoterapisti e Posturologi, si occupa di ogni patologia legata all'apparato muscolo scheletrico. All'interno troverete un ambiente serio e professionale, sarete al centro dell'attenzione e faremo di tutto per darvi una mano.

La finestra terapeutica, nelle terapie manuali, indica il periodo di tempo dopo l’applicazione di una tecnica manuale in...
07/10/2025

La finestra terapeutica, nelle terapie manuali, indica il periodo di tempo dopo l’applicazione di una tecnica manuale in cui si osserva una riduzione significativa dei sintomi (ad esempio dolore, rigidità o limitazione funzionale) e il paziente è più recettivo a ulteriori interventi terapeutici, come esercizi riabilitativi o educazione motoria. In questa fase, l’effetto neurofisiologico indotto dalla terapia manuale (ad esempio modulazione del dolore, miglioramento della mobilità articolare, riduzione della sensibilità nocicettiva) crea condizioni ottimali per massimizzare i benefici di altri trattamenti integrativi.

La finestra terapeutica non ha una durata standardizzata, poiché dipende dal tipo di tecnica utilizzata, dalla risposta individuale del paziente e dal quadro clinico. Studi recenti sottolineano che i cambiamenti neurovascolari, neurologici e biomeccanici indotti dalla terapia manuale sono spesso transitori e possono essere sfruttati per ottimizzare la sequenza degli interventi riabilitativi. È quindi fondamentale che il fisioterapista o il medico pianifichi le attività successive (come esercizi attivi o rieducazione funzionale) all’interno di questa finestra per ottenere il massimo effetto terapeutico.

In sintesi, la finestra terapeutica rappresenta un concetto chiave nella pratica delle terapie manuali, utile per integrare e potenziare l’efficacia dei trattamenti multimodali, come evidenziato dalla letteratura sulle risposte fisiologiche e sui meccanismi d’azione della terapia manuale.


Fonti:

1. The Mechanisms of Manual Therapy: A Living Review of Systematic, Narrative, and Scoping Reviews. Keter DL, Bialosky JE, Brochetti K, et al. PloS One. 2025;20(3):e0319586. doi:10.1371/journal.pone.0319586.

2. Unraveling the Mechanisms of Manual Therapy: Modeling an Approach. Bialosky JE, Beneciuk JM, Bishop MD, et al. The Journal of Orthopaedic and Sports

Concetto spiegato benissimo! By  🙌🏻👏🏻Per chi volesse approfondire il concetto: Il concetto di meccano-trasduzione in ter...
10/09/2025

Concetto spiegato benissimo!

By 🙌🏻👏🏻

Per chi volesse approfondire il concetto:

Il concetto di meccano-trasduzione in terapia manuale si riferisce al processo biologico mediante il quale le cellule e i tessuti convertono stimoli meccanici, come pressione, trazione o mobilizzazione, in segnali biochimici che modulano la funzione cellulare, la riparazione tissutale e l’espressione genica. In pratica, le forze applicate durante la terapia manuale vengono percepite da strutture cellulari come integrine, canali ionici sensibili allo stiramento e la matrice extracellulare, attivando vie di segnalazione che influenzano la proliferazione cellulare, la sintesi di proteine e la modulazione dell’infiammazione.

Nel contesto della terapia manuale, la meccano-trasduzione è il principio fisiologico che spiega come interventi manuali (mobilizzazioni, manipolazioni, massaggi) possano indurre adattamenti biologici favorevoli, promuovendo la guarigione e il rimodellamento dei tessuti muscoloscheletrici. Studi recenti evidenziano che la risposta meccano-trasduttiva coinvolge una rete complessa di segnali che agiscono a livello cellulare, tissutale e sistemico, con effetti su neurotrasmettitori, mediatori dell’infiammazione e processi di rigenerazione.

In sintesi, la meccano-trasduzione rappresenta il fondamento molecolare e cellulare dell’utilità della terapia manuale, collegando l’applicazione di forze meccaniche a risposte biologiche che contribuiscono al recupero funzionale e alla riparazione dei tessuti.

https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC2662433/

Si, l'immagine é la stessa, ma il concetto deve essere chiaro! Diamo per scontato che siano i pazienti ad aver capito ma...
04/09/2025

Si, l'immagine é la stessa, ma il concetto deve essere chiaro!
Diamo per scontato che siano i pazienti ad aver capito male, ma cerchiamo di chiarire questo concetto!

- L'osteopata fa rientrare le ernie? NO!

La letteratura medica conferma che le ernie sono condizioni strutturali che non possono essere risolte con trattamenti manuali, manipolazioni o esercizi fisici; la chirurgia rimane l’unica opzione curativa!
Ovviamente le terapia manuali e l’esercizio fisico possono migliorare la qualità di vita, ridurre il dolore e ottimizzare la funzionalità nei pazienti con ernia, ma non modificano la presenza anatomica dell’ernia stessa.

- L'osteopata muove le vertebre? NO!

Le manipolazioni vertebrali, incluse quelle osteopatiche, producono piccoli movimenti articolari fisiologici e oscillazioni di breve entità, ma non determinano uno spostamento strutturale o una “riposizione” delle vertebre fuori sede. Gli effetti osservati sono principalmente di tipo neurofisiologico, con riduzione del dolore, miglioramento della mobilità articolare e modulazione della funzione muscolare, piuttosto che modifiche permanenti della posizione vertebrale.

Perciò! Con ste cazzate da santoni, potremmo anche finirla nel 2025!

Fonti:

1. Manipulative Therapies: What Works. Smith MS, Olivas J, Smith K. American Family Physician. 2019;99(4):248-252.

2. Spinal Manipulative Therapy and Somatosensory Activation. Pickar JG, Bolton PS. Journal of Electromyography and Kinesiology : Official Journal of the International Society of Electrophysiological Kinesiology. 2012;22(5):785-94. doi:10.1016/j.jelekin.2012.01.015.

3. Mechanism of Action of Spinal Mobilizations: A Systematic Review. Lascurain-Aguirrebeña I, Newham D, Critchley DJ. Spine. 2016;41(2):159-72. doi:10.1097/BRS.0000000000001151.

Si parla di pause attive sia nel campo lavorativo sia in quello scolastico. In ufficio, gli adulti che lavorano consecut...
01/04/2025

Si parla di pause attive sia nel campo lavorativo sia in quello scolastico. In ufficio, gli adulti che lavorano consecutivamente per lungo tempo, soprattutto se svolgono un lavoro sedentario, hanno bisogno di un break, anche solo di 10 minuti, per riprendere poi l’attività con la giusta concentrazione; introdurre delle pause attive nell’orario di lavoro aiuta a migliorare la produttività, rappresenta un momento di relax da cui ripartire meno stanchi e stressati, prevenendo fattori di rischio quali stress, depressione o dropout. A scuola, gli studenti, che rimangono seduti al banco per 4/6 ore, necessitano non solo “dell’ora di merenda”, ma anche di brevi interruzioni di 6/8 minuti per riconquistare la giusta attenzione che potrebbe aver subìto un calo fisiologico.

Dalle ricerche scientifiche emerge anche un netto miglioramento della postura globale ed una significativa riduzione dei "dolori da ufficio".

Gli active breaks, oltre a migliorare la concentrazione immediatamente successiva alla pausa, possono anche rappresentare una valida strategia per stimolare all’attività motoria le persone incidendo positivamente sullo stato di sedentarietà, che negli ultimi anni sta aumentando proprio tra i giovani in età scolare, cioè dai 6 ai 19 anni.

In tutto il mondo da sempre si conducono ricerche riguardo a strategie e tecniche per migliorare l’apprendimento, dal contesto-ambiente alle metodologie più innovative; in Europa, specificatamente in Germania, Scozia, Finlandia e Svizzera, si stanno conducendo diverse ricerche sull’apprendimento intervallato, spaced learning, metodo studiato dalle neuroscienze cognitive riguardo all’apprendimento e ai processi di memorizzazione.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35788249/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37403403/


Osteopatia e Odontoiatria: un valido approccio integratoL’odontoiatria è sempre più chiamata in causa nel trattamento di...
04/12/2024

Osteopatia e Odontoiatria: un valido approccio integrato

L’odontoiatria è sempre più chiamata in causa nel trattamento di condizioni cliniche extra-stomatognatiche; apnee respiratorie notturne, bruxismo, disturbi dell’ATM stress-correlati, patologie sistemiche associate a parodontite, quesiti posturali in relazione all’occlusione.

In questi ultimi anni, si è creata una stretta collaborazione. Ciò è dovuto al fatto che la bocca ed i denti non possono essere considerati a se stanti, ma facenti parte di un’unica entità.
L’osteopatia, disciplina sanitaria ormai riconosciuta, attraverso la diagnosi palpatoria e posturale e la terapia manuale agisce:

- sul sistema osteo-articolare del cranio del paziente in età evolutiva e quindi sulla postura mandibolare, facilitando il trattamento ortodontico delle malocclusioni. E’ possibile iniziare un percorso pre-ortodontico nello studio dentistico attraverso il trattamento osteopatico nella prima infanzia.
- sul sistema miofasciale del rachide cervicale e del torace coinvolti nelle respirazioni e nella deglutizione per il trattamento delle OSAS
- sul sistema neurovegetativo orto e parasimpatico (asse dello stress) attraverso il trattamento del cranio e della colonna vertebrale nelle patologie dell’ATM e nelle parodontiti stress-correlate
sulla mobilità cranio-cervicale nelle disfunzioni tra occlusione-postura

Si possano individuare i criteri soddisfacenti per una collaborazione tra odontoiatria e osteopata nei seguenti casi: Sindrome ATM, Cross bite, Malocclusioni di II e III classe, Protesi e Implantologia.

Nella ricerca di un approccio “globale” ai problemi della bocca, ovvero di un approccio rispettoso delle componenti extra-stomatognatiche, l’osteopatia rappresenta un irrinunciabile ausilio.

Infatti l’osteopatia ha tra i suoi principi l’unità di struttura e il sistema stomatognatico non fa eccezione a questo concetto.

Una bocca in salute è una bocca che assolve correttamente a tutte le sue molteplici funzioni: masticazione, deglutizione, fonazione, respirazione, funzione cognitiva-emotiva.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28029069/


Cos'è un linfedema?É definito come un accumulo anomalo di liquido ricco di proteine nello spessore dell’interstizio, ass...
13/11/2024

Cos'è un linfedema?
É definito come un accumulo anomalo di liquido ricco di proteine nello spessore dell’interstizio, associato a un quadro infiammatorio cronico ed a fibrosi tessutale. Questo può derivare da un’asportazione chirurgica di linfonodi oppure da un loro funzionamento scorretto.

In relazione alla genesi si distinguono:

- LINFEDEMI PRIMITIVI o congeniti,

- LINFEDEMI SECONDARI a interventi chirugici, radioterapia, traumi (es. ustioni), incidenti stradali, punture d'insetti, ecc.

E’ una patologia frequente e diffusa in tutto il pianeta, con eziologia differente nei diversi Paesi: nel mondo circa 90 milioni di persone sono affette da linfedema causato da parassitosi (filariasi), circa 10 milioni presentano linfedema secondario ( da chirurgia per carcinoma mammario e pelvico, chirurgia vascolare, infezioni ricorrenti e traumatismi).
Se aggiungiamo a questi dati coloro che presentano una insufficienza vascolare cronica i casi stimati salgono a 300 milioni.
Quanto ai casi pediatrici, in cui il linfedema si presenta come congenito, si stima che nel mondo sia diagnosticato solo il 10% dei casi presenti.
Questo a causa di difficoltà nell’accesso alla diagnosi e alla terapia.
Si può quindi definire il linfedema come una epidemia nascosta.
La riduzione del drenaggio linfatico si associa a un processo infiammatorio cronico che stabilisce pertanto una condizione patologica con cui il paziente convive per tutta la vita. Vengono interessati perlopiù gli arti e questo inficia notevolmente la qualità di vita delle persone.

Come si cura?
Le linee guida internazionali riconoscono valida la terapia combinata costituita da:

- Drenaggio Linfatico Manuale
- Bendaggio linfologico
- Esercizio terapeutico

In tal modo è possibile gestire il linfedema fino a che si raggiunge la riduzione volumetrica ottimale per l’arto in trattamento, seguita dal confezionamento di una guaina di contenzione elastica, mantenendo i risultati ottenuti con il trattamento.
Se ciò non bastasse, interverrebbe la via chirurgica con l'autotrapianto linfonodale.

https://www.centrolinfedema.it

Un aumento del dolore dopo una seduta di terapia manuale oppure in seguito ad un trattamento osteopatico può essere dovu...
09/09/2024

Un aumento del dolore dopo una seduta di terapia manuale oppure in seguito ad un trattamento osteopatico può essere dovuto a un aumento temporaneo dello stato infiammatorio del tessuto.

L’infiammazione è un meccanismo di difesa che il nostro corpo mette in atto in caso di ferite, presenza di agenti patogeni o traumi. Cosa succede in questi casi?

Quando una struttura è infiammata a livello biochimico vengono rilasciate delle sostanze particolari (mediatori chimici dell’infiammazione, come le prostaglandine) in grado di modificare la permeabilità dei vasi sanguigni e la loro dilatazione oltre ad esercitare un’azione irritante sulle terminazioni nervose della sensibilità scatenando il dolore.

Un meccanismo che non solo serve come campanello d’allarme (ci avvisa che qualcosa non va) ma che predispone il corpo stesso a combattere contro la causa.

Nel momento in cui il terapista imposta un trattamento finalizzato al movimento della regione colpita dal trauma, cosa succede?

Il movimento potrebbe aumentare la circolazione sanguigna incrementando la messa in circolo di queste “sostanze irritanti” e generando così nuovamente il dolore, che ovviamente sarà transitorio e limitato alle prime sedute.

Altro motivo? Le aderenze!

Un altro motivo è invece riconducibile alle aderenze.

I traumi spesso costringono il medico a consigliarvi riposo assoluto, spesso associato a gesso, fasciatura rigida o tutore: nei periodi di immobilità l’organismo tende a creare delle aderenze.

Le aderenze sono dei collegamenti collaterali non voluti tra diversi strati di tessuto (ad esempio un tendine che crea collegamenti tra sé stesso e la sua guaina, dove normalmente dovrebbe scorrere).

Cosa succede con le terapie manuali?

Noi, inducendo il paziente al movimento, andrà a rompere tali aderenze cercando di ripristinare il movimento fisiologico: la rottura delle aderenze verrà recepita dal corpo come  un evento“pericoloso” provocando uno stato infiammatorio associato al dolore.

Si tratta ovviamente di un dolore temporaneo che dura massimo 1/2 giorni dopo la seduta..

Il trattamento osteopatico cerca la causa scatenante questa infiammazione ponendosi la domanda:Perché li? Perchè adesso?...
25/07/2024

Il trattamento osteopatico cerca la causa scatenante questa infiammazione ponendosi la domanda:

Perché li?
Perchè adesso?
Qualche altra struttura nell’arto superiore lavora male ed aggrava la sintomatologia?

Dopo avere raccolto dati anamnestici che possono ricondurci ad un fattore predisponente, l’osteopata va alla ricerca palpatoria delle strutture interessate nell’evento infiammatorio; essendo presente un pacchetto di più muscoli nell’arto superiore, soprattutto nell’avambraccio, è bene andare a valutare tutta la catena muscolare estensoria/flessoria/supinatoria e pronatoria.

Una volta valutata interamente la catena, si valuta la qualità articolare sia a livello prossimale (del polso) che a livello inserzionale (gomito) questo perché molto spesso la sofferenza e il mal funzionamento del muscolo scaturiscono da una limitazione della mobilità delle articolazioni.

Le articolazioni si muovono meno, il muscolo ed il tendine lavorano più del dovuto e si affaticano. Eliminando la causa di sofferenza di quel muscolo se ne ottimizza l’efficacia. A questo punto di effettua un lavoro manuale di rilascio delle fibre muscolari e del connettivo circostante così da riequilibrarne le tensioni e se necessario si consigliano esercizi di rinforzo.

È generalmente consigliato il riposo, ma non il fermo assoluto. Nel giro di qualche seduta si ottiene una risoluzione nel breve termine, ma anche nel lungo periodo in quanto i fattori predisponenti sono stati eliminati e si può tornare alla normale attività.

Visto il caldo degli ultimi giorni....Disidratazione: quali sono i sintomi?I primi segnali di disidratazione includono:-...
15/07/2024

Visto il caldo degli ultimi giorni....

Disidratazione: quali sono i sintomi?

I primi segnali di disidratazione includono:

- mal di testa
- perdita di appetito
- pelle arrossata
- stordimento
- bocca secca
- sensazione di affaticamento e debolezza muscolare
- secchezza oculare
- sensazione di bruciore allo stomaco
- presenza di urine scure
- stitichezza

In genere, è consigliabile bere almeno 2-2,5 litri di acqua al giorno, al fine di recuperare i liquidi eliminati con le urine, le feci e il sudore e dare alle cellule la quantità di acqua corretta.

In vero, però, il giusto dosaggio di acqua va calcolato in base alle proprie attività quotidiane e al proprio peso corporeo.

Bere a piccoli sorsi, possibilmente nell’arco della giornata senza eccedere durante i pasti principali, consente una migliore idratazione e facilita la digestione. È importante ricordarsi di bere senza aspettare di avvertire la sete: si tratta infatti di uno stimolo che è già di per sé sintomo di disidratazione.

IntervenireIl modo migliore per porre fine alla suzione del pollice è intervenire quando tuo figlio è in azione. Spiega ...
09/07/2024

Intervenire
Il modo migliore per porre fine alla suzione del pollice è intervenire quando tuo figlio è in azione. Spiega loro che succhiarsi il pollice è una cattiva abitudine e che deve cessare, in modo che possano sviluppare una bocca sana.

Adottare un approccio famigliare
Non puoi essere ovunque contemporaneamente, quindi utilizza l’aiuto della tua famiglia per liberare tuo figlio dalla cattiva abitudine! Assicurati che tutti utilizzino lo stesso linguaggio e la stessa tecnica di intervento in modo che tuo figlio abbia una comprensione coerente del motivo per cui ha bisogno di rompere l’abitudine.

Dirottare la sua attenzione
Un diversivo è un altro ottimo metodo per superare quest’abitudine. Se sorprendi tuo figlio a succhiare il dito, prova a distogliere la sua attenzione con il suo peluche o giocattolo preferito, qualcosa che coinvolga la sua attenzione e le sue mani, per convincerlo a smettere subito.

Coprire i pollici
Puoi anche rendere i loro pollici meno appetitosi avvolgendoli con cerotti o stoffa. Questo metodo sorprendentemente semplice funziona bene e incentiva i bambini a riavere i pollici scoperti il prima possibile.

Fare una visita di controllo
Succhiare il pollice è una cattiva abitudine orale che può essere risolta con una conoscenza adeguata e abitudini sane. Fissa un appuntamento con il nostro studio in modo da poter insegnare a tuo figlio i benefici di un sorriso sano e come ottenerlo grazie a una buona igiene orale una dieta sana.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32310572/

Come alzare il livello del proprio esame visivo sfruttando le conoscenza della neurofisiologia oculare? Il corso Avanzat...
08/07/2024

Come alzare il livello del proprio esame visivo sfruttando le conoscenza della neurofisiologia oculare? Il corso Avanzato di Neuro Optometria è il primo corso in presenza con 32 ore totali di formazione frontale all’interno del quale capirai come e perchè alcuni test sono più efficaci e significativi di altri!

• Nell'ultimo modulo, Anamnesi osservazionale congiunta tra optometrista ed osteopata e analisi delle componenti Viscerale, Emotiva e Neurologica!

Mi sono proprio divertito!

Grazie a tutti!


Indirizzo

Via Taramelli 58
Milan
20124

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 20:30
Martedì 08:00 - 20:30
Mercoledì 08:00 - 20:30
Giovedì 08:00 - 20:30
Venerdì 08:00 - 20:30
Sabato 08:30 - 12:30

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