Dott.ssa Federica Mugneco - Psicologa

Dott.ssa Federica Mugneco - Psicologa Psicologa-Psicoterapeuta iscritta all'Albo dell'Emilia Romagna, n°10133
�Modena
federica.mugneco@gmail.com

🌿 Skill del giorno ☁️
07/09/2025

🌿 Skill del giorno ☁️

“Forse potrei aspettare ancora un po’…”Se te lo sei detto, questo post è per te.
03/09/2025

“Forse potrei aspettare ancora un po’…”
Se te lo sei detto, questo post è per te.

In Sicilia, "a tavola" è il luogo di condivisione per eccellenza.E, proprio a tavola, quante frasi, stereotipi e pregiud...
19/08/2025

In Sicilia, "a tavola" è il luogo di condivisione per eccellenza.
E, proprio a tavola, quante frasi, stereotipi e pregiudizi ho sentito sulla mia professione… sin dai primi anni di università, quando ero ancora lontana dall’essere psicoterapeuta.

Qualche giorno fa, sempre a tavola, mi è stato detto:

“Se non vivi questa situazione tu, in primis, come fai ad aiutare i tuoi pazienti?”

Beh… non è proprio così. Anzi: non è per niente così!
Condividere esperienze personali simili può facilitare l’empatia, certo.
Ma non è, di per sé, condizione sufficiente.
Anche perché, se solo bastasse, sareste tutti un po’ più psicologi di quanto già non tendiate ad esserlo 😏

La competenza di uno psicoterapeuta, oltre all’empatia, sta nella capacità di ascolto attivo, nell’osservazione e nell’avere un bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche fatto di strumenti, tecniche e modelli validati scientificamente.
Tutto questo serve a comprendere i processi mentali e a costruire un piano di trattamento personalizzato, mirato a interventi efficaci per promuovere il cambiamento e il benessere.

Quindi no: non è necessario vivere in prima persona ogni situazione per poter aiutare.
Se dovessi aver vissuto tutto ciò di cui mi occupo in terapia, il mio lavoro sarebbe limitato e io stessa sarei privata della curiosità e dell’apertura verso la straordinaria varietà di esperienze che incontro ogni giorno.

Lì dove la mente tace e i sensi parlano.
14/08/2025

Lì dove la mente tace e i sensi parlano.

“Io mi adatto.”Così è iniziato un lungo confronto qualche giorno fa.E poi, se ci penso, quante volte anche io ho rispost...
13/08/2025

“Io mi adatto.”
Così è iniziato un lungo confronto qualche giorno fa.

E poi, se ci penso, quante volte anche io ho risposto: “Per me è uguale”, convincendomi di essere semplicemente capace di adattamento. Quasi come fosse un pregio, una qualità.

Per ca**tà, adattarsi può essere una risorsa.

Dipende.

Esiste un adattamento sano: la capacità flessibile di modificare comportamenti, strategie o atteggiamenti per rispondere alle esigenze di una situazione, mantenendo coerenza con i propri valori e bisogni.
Parole chiave: consapevolezza di sé e del contesto, scelta intenzionale, allineamento con i propri valori.

Diverso è l’adattamento passivo o compiacente, che spesso nasce per evitare conflitti, disapprovazione o emozioni interne spiacevoli.
Parole chiave: paura del rifiuto o dell’abbandono, senso di colpa, bisogno di approvazione. Qui l’azione è automatica, non scelta e i confini personali sono sottili o inesistenti.

E poi c’è il polo opposto: chi non si adatta mai, per principio. Perché nella sua storia adattarsi è stato sinonimo di sottomettersi.

Nelle relazioni, queste modalità si intrecciano e si amplificano.
Riconoscerlo è indispensabile per il cambiamento.


Che poi, il problema non è ciò che provi.Il problema, spesso, è come reagisci a ciò che provi.Magari eviti o rinunci a u...
12/08/2025

Che poi, il problema non è ciò che provi.
Il problema, spesso, è come reagisci a ciò che provi.
Magari eviti o rinunci a un’esperienza, un’attività, un progetto. Ti spegni.
Oppure ti rifugi in comportamenti che ti fanno male: ti tagli, ti abbuffi, bevi, ti fai, giochi d’azzardo, cerchi sesso occasionale.
A volte insulti, colpisci, controlli.
Altre volte ti annulli.

Sono reazioni automatiche: a volte scelte consapevolmente, altre senza nemmeno accorgertene.

Eppure, c’è margine di scelta. Anche se, in certi momenti, sembra impossibile.

Per iniziare, serve un presupposto: riconoscere l’emozione, prima che guidi la reazione.
(Ed ecco perché la validazione emotiva è così importante!)

Osservare ciò che accade in quell’attimo tra emozione e reazione è il passo necessario per smettere di agire in automatico.
Ed è proprio lì, in quel piccolo spazio, che la psicoterapia può fare la differenza.

Nel momento dell’anno in cui la mente (la mia almeno) dovrebbe essere sgombra da pensieri, mi ritrovo invece a fare i co...
11/08/2025

Nel momento dell’anno in cui la mente (la mia almeno) dovrebbe essere sgombra da pensieri, mi ritrovo invece a fare i conti con un bombardamento di riflessioni.
Nascono dai più piccoli trigger: una canzone, un messaggio, uno scambio di parole.

L’altro giorno ho ricevuto un messaggio e oggi, inaspettatamente, un altro ancora. Entrambi hanno aperto uno spazio di riflessione.

Ieri parlavo di (in)validazione emotiva e di quanto sia importante riconoscere, legittimare e regolare i propri stati emotivi.
Questa capacità ci permette di soddisfare un bisogno umano innato: cercare cura, aiuto e conforto quando viviamo pericolo, solitudine o dolore, fisico o emotivo.

Per farlo, serve aver interiorizzato l’idea di un altro disponibile a rispondere a quel bisogno.
Se invece le esperienze passate sono state di invalidazione (disinteresse, rifiuto, critica) è probabile che dentro di noi si sia formato un altro interiorizzato disinteressato, rifiutante, critico.

Il risultato?
Ci aspettiamo che, quando chiederemo aiuto, la risposta sarà la stessa di un tempo.
E allora smettiamo di chiedere.
Oppure reagiamo in modi che sembrano difensivi… ma che, in realtà, mantengono o aggravano la sofferenza.

Se mi sento sola e prevedo disinteresse, difficilmente farò una richiesta di supporto (e così la solitudine cresce).
Se penso che l’altro “dovrebbe occuparsene” senza che io dica nulla, finirò per non ricevere ciò che mi aspetto (nessuno legge nella mente altrui) e covare rabbia. Rabbia che allontana, alimentando la solitudine.

A volte, il primo a non riconoscere e dare dignità alle mie emozioni… sono proprio io.
E se non lo faccio io, come potrei credere che qualcun altro possa farlo?

E quindi? – sento già la domanda dei lettori più coraggiosi.
Tutto questo ha conseguenze profonde: solitudine, fatica, rabbia… e un effetto estenuante su di sé e sulle relazioni.

Riconoscerlo è il primo passo per muoversi verso un destino diverso.
Un destino che non è scritto fuori, ma dentro: nel copione interiorizzato.

A distanza di una settimana lontana dalle mura (metaforiche) di quello che spero sia uno spazio sicuro per chi ha scelto...
10/08/2025

A distanza di una settimana lontana dalle mura (metaforiche) di quello che spero sia uno spazio sicuro per chi ha scelto di affidarsi a me, mi sono ritrovata immersa più del solito in contesti sociali e conviviali.

E, puntualmente, non mi è mancato di sentire frasi di invalidazione emotiva.

Frasi che spesso non nascono da un’intenzione malevola… ma che finiscono per peggiorare lo stato emotivo di chi le riceve:

“Non devi spaventarti così”
“Sei troppo sensibile”
“Non devi piangere”
“Stai soffrendo troppo”
“E allora per le cose più gravi che fai?”
"C'è chi sta peggio di te e non si lamenta"

Parole che, soprattutto in giovane età, quando non c’è ancora una struttura interna solida, possono radicarsi fino a diventare convinzioni dolorose: che provare emozioni sia “troppo” o “sbagliato”, che piangere significhi essere deboli, che la paura vada soffocata, che il dolore sia qualcosa da nascondere. Con tutte le conseguenze che questo ha (e avrà) sul riconoscere, comprendere, legittimare gli stati emotivi (propri e altrui) e imparare a regolarli.

Le emozioni sono parte naturale del nostro essere umani. Ci segnalano ciò che è importante per noi. Ci parlano della distanza tra ciò che viviamo e ciò che desideriamo.

Riconoscerle e legittimarle ci permette di avvicinarci a ciò che conta per noi…
oltre a risparmiarci un bel po’ di sofferenza "in più".

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 9/10➡ Si può fare per non fermarsi a sentire.Quando il fare diventa fuga, perdi di vi...
30/07/2025

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 9/10
➡ Si può fare per non fermarsi a sentire.
Quando il fare diventa fuga, perdi di vista i tuoi bisogni.
La terapia può aiutarti a rallentare e riconnetterti con ciò che è importante per te.

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 10/10➡ La rabbia è un'emozione primaria.Ma può anche proteggere da emozioni più sgrad...
30/07/2025

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 10/10
➡ La rabbia è un'emozione primaria.
Ma può anche proteggere da emozioni più sgradevoli:
tristezza, paura, vergogna, senso di colpa...

Più impari a riconoscere cosa c’è sotto,
più diventa possibile vedere il bisogno frustrato
e muoverti per provare a soddisfarlo.

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 8/10➡ Quando sei abituato a correre, fermarti può far paura.Fermarsi significa stare....
22/07/2025

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 8/10
➡ Quando sei abituato a correre, fermarti può far paura.
Fermarsi significa stare.
Stare significa sentire.
E sentire può essere scomodo.
È anche per questo che spesso preferiamo "andare avanti".

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 7/10➡ Ogni cambiamento implica una perdita.Lasciare abitudini, ruoli o legami può far...
21/07/2025

🌿 Cose che ho imparato a mie spese 7/10
➡ Ogni cambiamento implica una perdita.
Lasciare abitudini, ruoli o legami può far male, anche quando non ti fanno più stare bene.
Ma anche restare dove sei ha un prezzo.
Che prezzo sei disposto a pagare?

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