30/04/2025
Sottoscrivo completamente questo pensiero della Clinica Mangiagalli di Milano.
Credo che tutti, in primis i politici che governano la nostra Sanità pubblica, dovrebbero leggere attentamente queste parole!!!
Perchè un conto fare il medico nel privato, un conto è farlo per l’SSN.
“Siamo tutti consapevoli delle difficoltà che il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sta attraversando e non passa giorno senza che ci venga ricordato quante risorse addizionali sarebbero necessarie e come i tentativi di accorciare le liste d’attesa siano solo parzialmente efficaci.
Tuttavia, a volte si ha la sensazione che nel rapporto tra cittadini e SSN si valuti esclusivamente l’offerta di salute, dando per scontato che la domanda sia comunque e sempre giustificata. Ma sia l’adeguatezza delle risorse sanitarie, sia la lunghezza delle liste di attesa sono sostanzialmente influenzate anche dall’appropriatezza prescrittiva e quindi dal rapporto domanda/offerta. Se vengono prescritti esami poco utili o se vengono poste indicazioni chirurgiche dubbie, le risorse del SSN non saranno mai sufficienti e difficilmente le liste di attesa si accorceranno.
I fenomeni definiti “overdiagnosis”, “overtreatment” e, più in generale, “medical overuse”, sono ormai entrati a far parte del lessico di ogni medico aggiornato anche se oggi non sembrano più essere oggetto dell’attenzione ricevuta in un recente passato, quando nacquero le iniziative “Less is more”, di JAMA Internal Medicine e “Too much medicine”, del BMJ.
Nondimeno, l’attenta prescrizione di indagini e farmaci e la corretta indicazione chirurgica potrebbero permettere importanti risparmi da dedicare al miglioramento dell’offerta di salute senza ulteriori aggravi delle finanze dello Stato. Non solo, ma l’effettuazione di indagini non indispensabili può comportare evitabili danni diretti (vedi il recente studio pubblicato su JAMA Internal Medicine sugli effetti della tomografia computerizzata https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/2832778) e indiretti, con effetti a cascata quali procedure invasive e interventi chirurgici che non ottimizzano gli outcomes clinici.
La ginecologia non è esente dal rischio di “low-value care”, ad esempio quando si persegue ossessivamente la normalizzazione anatomica senza un affidabile bilancio tra i potenziali benefici e i potenziali danni delle procedure correttive suggerite. Per capire l’entità dell’impatto degli interventi per patologie ginecologiche benigne è sufficiente considerare che la chirurgia conservativa e demolitiva per fibromi uterini è numericamente seconda solo al taglio cesareo, non solo in ostetricia e ginecologia, bensì in tutto l’ambito medico in generale”
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