06/09/2025
Molte tra le vittime della pagina “MIA MOGLIE” non hanno le risorse economiche per interrompere la relazione con chi le ha violate sistematicamente esponendole sui social media senza il loro consenso.
Ciò che sta emergendo in queste ultime ore non riguarda solo la violenza dell’esposizione pubblica non consensuale – già di per sé un atto gravissimo e lesivo della dignità delle donne coinvolte – ma tocca un nodo ancora più profondo e sistemico: l’impossibilità, per molte, di interrompere relazioni tossiche o apertamente abusive perché prive di autonomia economica.
Il dato che alcune donne dichiarino di non poter “andarsene perché non hanno soldi” è devastante e fotografa con precisione il legame indissolubile tra dipendenza economica e sottomissione psicologica. In troppe situazioni, la dipendenza materiale diventa una gabbia che amplifica il potere dell’uomo e rende di fatto impraticabile ogni via d’uscita.
È qui che si manifesta la radice culturale di un problema che ancora non abbiamo voluto affrontare con la necessaria determinazione: il messaggio, trasmesso sin dall’infanzia e rinforzato socialmente, secondo cui per una donna “stare con qualcuno” significhi automaticamente “essere qualcuno”. Una narrazione ingannevole e letale, che priva molte donne della capacità di percepirsi come soggetti autonomi, competenti, perfettamente in grado di governare la propria vita senza bisogno di appoggiarsi a una relazione come unico pilastro identitario ed esistenziale.
Questa mentalità castra alla radice la possibilità di sviluppare un sé adulto, libero e autodeterminato, consegnando intere generazioni di donne a una condizione di sudditanza che diventa non solo psicologica ma anche economica.
Se non invertiamo la rotta su questo fronte, continueremo ad assistere a scene di esposizione, umiliazione, controllo e violenza che troveranno sempre terreno fertile proprio nella dipendenza e nella vulnerabilità.
Serve un cambio di passo culturale radicale: occorre insegnare fin dalla tenera infanzia – alle bambine e ai bambini – che l’amore non è possesso né annullamento di sé, ma scelta libera e reciproca tra individui autonomi. E occorre investire concretamente nell’educazione, nella formazione, nel lavoro femminile, per spezzare il circolo vizioso della dipendenza economica che ancora oggi è il miglior alleato della violenza di genere.
Non è solo violenza digitale. È il riflesso di una realtà ancora più brutale: troppe donne non riescono a lasciare chi le umilia, le espone, le annienta… perché non hanno i mezzi per farlo.
La dipendenza economica diventa catena. La sudditanza psicologica diventa gabbia.
E quel messaggio tossico – “stare con qualcuno vuol dire essere qualcuno” – continua a mutilare l’autonomia femminile alla radice.
Occorre spezzare questo schema fin dall’infanzia: educare alla libertà, all’autodeterminazione, all’indipendenza.
Perché solo una donna libera è davvero al sicuro.