25/01/2023
Della serie “potevo essere io”. Quante volte mi sono addormentata coi bambini alla puppa, e quante volte mi sono svegliata terrorizzata e poi ripresa quando vedevo che era tutto apposto e dormivamo tutti beati! È vero, non si fa, lo sapevo, ma quando allatti a richiesta e sei stanca, e oltre alla cura del piccolo, ne hai da fare-pensare mille può succedere. Invece che additare le mamme stanche, perché non costruirgli attorno una bella “rete”? Ma fatta di vera solidarietà e umanità!
Al primo Bambino, al rientro a casa dall’ospedale, trovai la mia nonna e nonna Lida, la nonna dei miei cugini, ad aspettarmi per farmi dormire un po’. Parole testuali “ora ti devi riposare, per allattare e crescere un bambino ne hai bisogno, dormi più che puoi, non pensare alle faccende o al telefono che suona, ci siamo noi qui”.
Al secondo figlio, in ospedale, dopo una gravidanza difficile e un bambino di 4 anni da accudire a casa, la notte subito dopo il parto, rimase con me mia mamma ad aiutarmi ma io ero stremata, ogni ora ero sveglia perché il bambino aveva da fare dei controlli e quindi poi puppa. All’ennesima volta chiesi a mia madre di andare con le infermiere e alla mia richiesta “ho bisogno di dormire, dategli qualcosa di aggiunta perché è alla puppa fisso” mi fu risposto da una giovane ostetrica “le è già venuto a noia?”, ero stanca ma ancora lucida e dissi “no, sono solo stanca ma ce la posso fare “. Ecco, quella frase mi ha inseguito per mesi, anni. Meno male ero al secondo e avevo a casa persone accoglienti che si sarebbero prese cura del mio dolore e del mio essere ancora madre. E forse meno male sono anche psicologa e conosco queste frasi. Ma nessuno si deve più permettere di far sentire in colpa una mamma che è giustamente stanca e che ha bisogno necessariamente di riprendere le energie.
La salute mentale, delle mamme e dei figli, si costruisce in quei primi giorni, ricordiamocene!!
L’autopsia dirà se il bimbo di Anna, nome di fantasia, è morto davvero per soffocamento. Saranno i giudici, invece, a dire se qualcuno ha colpe specifiche per la sua morte. Quello che resta di questa storia, però, è lo squallore di una pratica ospedaliera fredda, scostante, affidata a protocolli che servono più alla tutela legale del personale sanitario che alla salute dei pazienti.
Dobbiamo dire di nuovo, da psicoterapeuti, e con più forza, fino a farci sentire da tutti, che la nascita di un bambino è ogni volta un evento insieme miracoloso e pieno di rischi. Che una partita importante per la salute mentale del bambino e di sua madre si gioca nelle prime ore e nei primi giorni di vita. Che la costruzione di un ambiente umano adatto alla importanza dell’evento dovrebbe essere una priorità assoluta per i luoghi del parto e del puerperio. Che la condivisione col padre e con i famigliari dovrebbe essere favorita con entusiasmo e non subita da un personale stanco ed inaridito dai protocolli. Che la presenza di psicologi e assistenti sociali dovrebbe essere assicurata per tutte le situazioni difficili. Che medici ed infermieri dovrebbero essere educati, nelle Università, a rendersi conto del fatto che negli ospedali non si ha a che fare con dei pazienti ma con delle persone. E’ una cultura psicologica e psicoterapeutica quella di cui c’è sempre più bisogno nelle nostre strutture sanitarie. Anche se gli amministratori e i politici non se ne sono ancora accorti.