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    di:Michele De Maio La torta italiana di Madonna per il suo compleanno è un Labubu giganteLe star non vanno troppo su...
19/08/2025

di:Michele De Maio
La torta italiana di Madonna per il suo compleanno è un Labubu gigante
Le star non vanno troppo sul sottile quando si tratta di festeggiamenti. Se la classe non è sempre la firma delle e dei VIP al momento di spegnere le candeline, l’originalità è di certo un fil rouge che ha accompagnato anche la celebrazone della 67° primavera di Madonna. La regina del pop ha scelto la Toscana per festeggiare il grande giorno, portando una ristretta cerchia di amici e parenti a Siena, dove il 16 agosto – giorno del compleanno della cantante – si è svolto il celebre Palio. A siglare la parte gastronomica della festa, la firma dello chef Luca Ciaffarafà e una torta di compleanno che segue le mode del momento.

La cena di compleanno di Madonna
“I sogni si realizzano davvero”, scrive Madonna sulla sua pagina Instagram, condividendo i momenti salienti del suo compleanno festeggiato a Siena in occasione del Palio. Veronica Ciccone si è goduta la storica manifestazione dall’alto di palazzo Pannocchieschi d’Elci in Piazza del Campo, prima di passare alla parte gastronomica dei festeggiamenti.

La cantautrice statunitense ha scelto di trascorrere la serata del suo 67° compleanno presso il Grand Hotel Continental della cittadina toscana. L’albergo cinque stelle lusso ha accolto lei e i suoi ospiti (tra cui i figli Rocco Ritchie e David Banda, il compagno Akeem Morris, e il cantante Sting) per un’elegante cena sulle note di un pianoforte, presieduta dallo chef Luca Ciaffarafà.

A ospitare l’evento il sontuoso e affrescatissimo Salone delle Feste, al cui lungo tavolo, secondo le indiscrezioni, sarebbero stati gustati piatti come il risotto all’ortica e scaglie di tartufo estivo mantecato con olio evo e formaggio di anacardi, e la sinfonia di zucca e zucchini, ricotta vegana e confettura di finocchi.

Tutto abbastanza sobrio? Fino all’arrivo della torta, forse: un dessert di puro rosa su cui troneggiava un gigantesco Labubu, i pupazzetti per cui il mondo sta inspiegabilmente impazzendo. A completare il dolce, la scritta “Happy Birthday Madudu”, un gioco di parole fra il nome dell’artista e quello dei pelosi personaggi cinesi.

     di: Michele De Maio Gerry Scotti su Baudo: «La mia Ruota della fortuna è stata il primo incontro: rimasi a Mediaset...
19/08/2025


di: Michele De Maio
Gerry Scotti su Baudo: «La mia Ruota della fortuna è stata il primo incontro: rimasi a Mediaset per lui. Gli dedicherò una puntata»
Perfezionismo e onnipresenza sono la sua eredità. Aveva le caratteristiche per essere uno snob eppure per tutti era il Pippo Nazionale
Pure Gerry Scotti. Nella lunga coda dei personaggi inventati da Baudo, c’è (quasi) anche lui, il conduttore di Mediaset che potrebbe essere tranquillamente e baudianamente un volto Rai.

La sua sliding door l’ha aperta proprio Baudo.
«Era in uno dei periodi da lui stesso definiti più tormentati della sua vita, ovvero quando venne per un anno a fare il direttore artistico a Mediaset e poi se ne andò. In quel periodo ero uno dei ragazzi di DeeJay Television, legata a Mediaset. Nella mia testa, visto il famoso apprezzamento che mi aveva rivolto il Cavaliere ("sembra il mio ragioniere") ero convinto che non avessero grandi piani nei miei confronti».
suo telespettatore e un suo ammiratore che ha avuto la fortuna di incontrarlo».

Tredici Sanremo, record.
«Sanremo è Sanremo perché Pippo Baudo è Pippo Baudo. Il Sanremo moderno è ancora il Sanremo di Baudo: dei grandi conduttori classici è stato il più moderno e il più innovatore in assoluto».

Fiorello dice che dovrebbero dedicargli una statua a viale Mazzini.
«Sono d’accordo, al posto del decrepito cavallo, è molto meglio il Baudo Rampante».

Fu accusato di essere nazionalpopolare: all’epoca un insulto, ma grazie a lui è diventato un vanto.
«Aveva tutte le caratteristiche per essere uno snob, addirittura un intellettuale. Eppure per tutti era il Pippo nazionale, proprio perché, anche se in certi frangenti poteva avere un carattere forte e un certo egocentrismo, non se l’è mai tirata».

    Tutti i pro ed i contro di chi decide di farsi pubblicità da solo. ..Fatevi una lettura amicidi Michele De Maio Pubb...
13/08/2025


Tutti i pro ed i contro di chi decide di farsi pubblicità da solo. ..
Fatevi una lettura amici
di Michele De Maio

Pubblicità fatta in-house (direttamente dall'azienda):

Vantaggi:
Controllo diretto: L'azienda ha il pieno controllo creativo e strategico, potendo decidere ogni aspetto della campagna.
Costi potenzialmente inferiori: Inizialmente, potrebbe sembrare più economico gestire la pubblicità internamente, evitando i costi dell'agenzia.
Maggiore conoscenza dell'azienda: L'azienda ha una conoscenza profonda del proprio business, dei propri prodotti e del proprio target.
Svantaggi:
Mancanza di competenze specifiche: L'azienda potrebbe non avere le competenze necessarie per creare campagne pubblicitarie efficaci, come la scrittura di copy persuasivi, la creazione di immagini accattivanti o la pianificazione di una strategia di marketing completa.
Tempo e risorse limitate: Gestire la pubblicità internamente può richiedere molto tempo e risorse che potrebbero essere destinate ad altre attività aziendali.
Rischio di errori e inefficienze: Senza esperienza e competenza specifiche, è più facile commettere errori che possono compromettere l'efficacia della campagna.
Pubblicità affidata a un'agenzia:
Vantaggi:
Esperienza e competenza: Le agenzie pubblicitarie hanno team di professionisti specializzati in diverse aree, come creatività, strategia, media planning, ecc.
Approccio strategico: Le agenzie sviluppano piani di marketing completi, tenendo conto degli obiettivi dell'azienda, del target di riferimento e dei risultati desiderati.
Accesso a risorse e strumenti: Le agenzie hanno accesso a strumenti e tecnologie avanzate per la creazione e la misurazione delle campagne pubblicitarie.
Imparzialità e obiettività: Le agenzie possono offrire una prospettiva esterna e obiettiva sulla pubblicità, evitando i pregiudizi che potrebbero derivare da una gestione interna.
Svantaggi:
Costi potenzialmente più elevati: I servizi di un'agenzia hanno un costo, che può essere più elevato rispetto alla gestione interna.
Meno controllo diretto: L'azienda potrebbe avere meno controllo diretto sulla campagna, dovendo affidarsi alla competenza dell'agenzia.
Possibile difficoltà nel trovare l'agenzia giusta: È importante scegliere un'agenzia che sia adatta alle esigenze specifiche dell'azienda e che abbia un portfolio di successo.
In sintesi, la scelta tra fare pubblicità internamente o affidarsi a un'agenzia dipende dalle risorse, dalle competenze e dagli obiettivi dell'azienda. Se l'azienda ha le risorse e le competenze necessarie, può gestire la pubblicità internamente. Tuttavia, se l'azienda cerca risultati più efficaci e duraturi, affidarsi a un'agenzia specializzata può essere la scelta migliore.

    la verità che nessun Telegiornale dirà mai....di:Michele De Maio Crollo di presenze sulle spiagge, la crisi del ceto...
12/08/2025

la verità che nessun Telegiornale dirà mai....
di:Michele De Maio
Crollo di presenze sulle spiagge, la crisi del ceto medio che i gestori non hanno capito
È un peccato che i gestori di stabilimenti balneari italiani, a dicembre scorso, non abbiano letto il cinquantottesimo rapporto Censis. Sarebbe stato uno strumento utile prima di fissare i prezzi di ombrelloni, lettini e insalate capresi. Non è detto, ma forse con un bagno di realismo avrebbero evitato il crollo di presenze sui bagnasciuga tra il 20 e il 30 per cento, tendenza da pandemia agostana di cui si è molto discusso in questi giorni, accompagnata, pare, da una riscoperta della montagna.
Ma in Italia, si sa, l'informazione è sottovalutata. E, di conseguenza, si fanno scelte sbagliate. Quel rapporto certificava le difficoltà della classe media, che è poi quella che fa la differenza nei consumi di massa, visto che il 60,5 per cento degli italiani si sente tale. Ora, questa amplissima fascia di popolazione avverte un senso di declassamento sociale.
Il problema è il reddito reale, che si sta progressivamente indebolendo, nonostante quello nominale sia in crescita.
Gli aumenti contrattuali non hanno recuperato l'inflazione, la pressione fiscale è ancora significativa, il potere d'acquisto è un po' come le spiagge di questi tempi: depresso.
Gli esodi dell'Italia del boom sono ormai preistoria, ma anche le lunghe, grasse estati degli anni Novanta e le invasioni (spesso barbariche) dei primi Duemila.
È la legge del mercato: piuttosto stabile in basso, nel senso che chi è davvero povero non si pone il problema della villeggiatura, e ovviamente in alto, perché chi è davvero ricco non bada ai rincari e continua a frequentare i lidi esclusivi da 400 euro al giorno. In mezzo si decidono le sorti dell'economia, ed è talmente vero che da almeno due anni il governo cerca di dare sollievo al ceto medio. Una strada lunga e impervia: le risorse in manovra sono quelle che sono.

Dunque, non è che gli italiani siano diventati improvvisamente montanari, colpiti dalla sindrome di Sinner (che, tra l'altro, risiede a Montecarlo, dove il tema è il prezzo di un posto barca, non di un ombrellone). È che un buon imprenditore dovrebbe annusare la domanda e adeguarsi, possibilmente con un po' di creatività.
Invece, niente: hanno fatto come se il ceto medio fosse ancora quello di dieci o vent'anni fa, abituati alle vacche grasse, con servizi spesso scadenti, tanto la gente al mare ci sarebbe andata lo stesso. Sorpresa: non è così. Mai sottovalutare la gente con il portafoglio ad assetto variabile.

Ora che le vacche magre sono scappate, qualcuno prova a correre ai ripari con listini scontatissimi, addirittura inserendo nell'abbonamento lo psicologo in spiaggia – immaginiamo per affrontare le crisi esistenziali dei rari avventori.
Ma è chiaramente tardi. L'estate sta finendo, un anno se ne va, e il prossimo purtroppo non è quello in cui verranno messe a gara le concessioni. Per vedere applicata la Bolkestein e sperare negli effetti balsamici della concorrenza (se ci saranno), bisognerà aspettare giugno 2027.

Piccolo inciso: con questo andazzo, se gli indennizzi per i gestori uscenti saranno eccessivamente onerosi, prevediamo che le gare faranno la fine dei lidi – rimarranno deserte.

Intanto, tra guerre e dazi, dubitiamo che il ceto medio si sarà ripreso il potere d'acquisto, e quindi bisognerà inventarsi qualcosa.
Ad esempio, migliorare l'accesso e la qualità delle spiagge libere e, per le altre, rimuovere alcuni vincoli da monopolisti, a cominciare dal divieto di consumare negli stabilimenti il cibo portato da casa.
Altrimenti Tutti al mare resterà la colonna sonora di un’Italia perduta.

    9 Agosto presentazione ufficiale dell'ultimo nato.di: Michele De MaioCi sono poche cose che potrebbero rendere ancor...
08/08/2025

9 Agosto presentazione ufficiale dell'ultimo nato.
di: Michele De Maio
Ci sono poche cose che potrebbero rendere ancor più felici i giorni – già felici - dell’estate. Ma tra queste, di sicuro, c’è un nuovo MoonSwatch. Il perché lo sappiamo bene. E allora prepariamoci, perché come avevamo previsto con quel teaser sospetto, che in realtà era pieno zeppo di indizi, il prossimo 9 agosto, un nuovo MoonSwatch potrà essere aggiunto alla nostra lista dei desideri, mentre i più fortunati lo avranno direttamente al polso. La conferma ufficiale del nuovo orologio è arrivata nella notte tra domenica e lunedì, quando nella nostra casella di posta è giunto l’annuncio ufficiale che stavamo aspettando. Com’è il nuovo MoonSwatch? Una bomba: ambizioso, ma decisamente cute. Innanzitutto il nuovo Mission to Earthphase – Moonshine Gold sarà one shot, ovvero sarà disponibile solo ed esclusivamente il 9 agosto, giorno della luna piena, e come sempre solo nei negozi Swatch selezionati di tutto il mondo. Uomo avvisato, mezzo salvato …
E poi sarà caratterizzato dall’ultima innovazione Swatch in fatto di fasi terrestri, un indicatore di fase lunare impreziosito con l’Omega MoonshineTM Gold, e illustrazioni tratte dal mondo di Snoopy, perché l’idea di questo modello - come racconta la nota stampa - è quella di ricordarci che l’immaginazione e il coraggio di sognare in grande sono il primo passo per andare oltre i limiti del possibile. E ci sembra proprio un bel messaggio, e un incoraggiamento da fare proprio
Una complicazione innovativa introdotta lo scorso anno da Swatch, la fase terrestre mostra come appare la Terra vista dalla Luna. Proprio come le fasi lunari, le fasi terrestri seguono un ciclo di 29,5 giorni, ma al contrario. Quando c’è la luna piena vediamo la Terra nuova e quando c’è la luna nuova abbiamo la fase di Terra piena. Questa relazione inversa significa che la Terra sulla fase terrestre si muove in senso antiorario, opposta alla direzione della Luna che si trova sull’indicatore di fase lunare. È un’interpretazione poetica della funzione retrograda presente in alcuni segnatempo di alta gamma. E ci fa volare!
Sotto l’indicatore della fase terrestre c’è un’illustrazione di Snoopy, l’amato beagle e famoso asso dell’aviazione, affiancato dal suo fedele amico e copilota Woodstock, seduto sulla Luna, ed insieme ammirano lo spettacolo incantevole della Terra, il pianeta più bello di tutti. L’illustrazione presenta una frase che appare solo alla luce UV, un giocoso omaggio allo spirito pionieristico di Moonwatch, il primo orologio sulla Luna, e un tributo a coloro che per primi hanno immaginato le cose in modo diverso. Il nuovo Mission to Earthphase – Moonshine Gold ha inoltre un indicatore di fase lunare nel quadrante secondario a ore 2, ed è caratterizzato da due luminose lune piene, una delle quali disegnata nello stile distintivo del mondo di Snoopy, ed entrambe rivestite di Omega MoonshineTM Gold, questo indicatore di fase lunare si ispira alla luna dello storione, la luna piena che apparirà nel mese di lancio di questo orologio. In un giocoso riferimento alle origini del nome della luna piena, una delle lune sull’indicatore è ricoperta da un motivo a rete.
Come per tutti i modelli della collezione Bioceramic MoonSwatch, anche il nuovo arrivato è realizzato in Bioceramic, l’innovativa miscela brevettata da Swatch composta da due terzi di ceramica e un terzo di materiali biosourced ricavati dall’olio di ricino. L’orologio è caratterizzato da un colore creato in esclusiva per questa collezione, un caratteristico blu navy scuro che evoca le infinite profondità dello spazio. Vanta inoltre molte caratteristiche iconiche del leggendario Speedmaster Moonwatch di Omega, tra cui la cassa asimmetrica e i caratteristici quadranti secondari Speedmaster incassati. Anche in questo caso i loghi di Omega e Swatch campeggiano quadrante e sulla corone, mentre l’intento della missione è inciso sul retro della cassa. Il copribatteria presenta un design ispirato alla Terra, il cinturino è in caucciù velcro blu navy.
Con un prezzo superiore rispetto ai consueti MoonSwatch, ma con una serie di accortezze in più che hanno fatto alzare l'asticella al nuovo arrivato, il MoonSwatch Mission to Earthphase – Moonshine Gold costerà 385 euro, ma siamo certi li vale tutti.

       -Osimhen finita!Quest’uomo Ha venduto   al  40 milioni subito35 milioni tra 1 anno+ 5 milioni di bonus se segna p...
27/07/2025


-Osimhen finita!
Quest’uomo Ha venduto al
40 milioni subito
35 milioni tra 1 anno
+ 5 milioni di bonus se segna più di 10 gol
+ 10% sulla rivendita
Divieto vendita ai club italiani per 2 anni

Bisogna solo alzarsi in piedi e applaudirlo.
Questo signore può essere antipatico ma è il numero 1 dell’impresa del calcio

Il lato oscuro del calcio

  storie vere👟🚗 “Ho iniziato a vendere scarpe da ginnastica dal bagagliaio della mia auto…e ho finito per costruire uno ...
26/07/2025

storie vere
👟🚗 “Ho iniziato a vendere scarpe da ginnastica dal bagagliaio della mia auto…
e ho finito per costruire uno dei marchi più grandi del pianeta.”

Non avevo milioni. Nessuna eredità.
Solo un’idea f***e: portare scarpe da corsa giapponesi economiche negli Stati Uniti e venderle a un prezzo più basso dei grandi marchi.

Mentre gli altri cercavano lavori stabili, io ho puntato tutto su qualcosa di cui nemmeno io ero sicuro che avrebbe funzionato.

L’ho chiamata Blue Ribbon Sports e ho passato ore a guidare su e giù per la costa, il bagagliaio pieno di scatole, sperando che qualcuno — chiunque — comprasse un paio. 💼🥵

Uno dei momenti più difficili?
La compagnia giapponese con cui lavoravo mi ha tagliato fuori — da un giorno all’altro.
Nessun preavviso. Nessun supporto. Svaniti.
Ero di nuovo a zero.

Ma non mi sono arreso. Mi sono reinventato.
Con l’aiuto di un amico e solo 35 dollari, abbiamo pagato uno studente di design per creare un logo.

Quel logo? Lo Swoosh.
Quella compagnia? Nike. ⚡💪

La strada è stata dura.
Per poco non ho perso tutto per le tasse.
Ho ipotecato la mia casa, ho combattuto con i fornitori, ho dovuto licenziare amici stretti.
Ma non ho mai perso il fuoco.

Credevo così tanto in quella visione che ero disposto a rischiare tutto pur di non mollare.

Oggi Nike non è solo un marchio —
è la prova che alcune delle più grandi corse iniziano nel fango. 🏁🔥

“Non devi avere tutto per iniziare —
ma devi avere il coraggio di continuare quando tutto sembra crollare.”
— Phil Knight

    di:Michele De Maio Moreno Torricelli: «Mia moglie tagliava i capelli a Del Piero, dopo la sua morte ho lasciato il c...
04/07/2025

di:Michele De Maio
Moreno Torricelli: «Mia moglie tagliava i capelli a Del Piero, dopo la sua morte ho lasciato il calcio. Oggi monto finestre e ristrutturo un alpeggio».
L'ex terzino, che la Juventus prese dai dilettanti e che in bianconero ha vinto tutto, ripercorre il dramma della moglie Barbara, morta a 40 anni: «I medici furono chiari, ma dissi la verità solo 10 giorni prima che se ne andasse. Non volevo che lei e i nostri figli perdessero le speranze».

Le manca il calcio?
«Giocarlo sì, quello in tv meno. Tutti i giorni una partita… ormai è diventato nauseante».
Moreno Torricelli rappresenta il sogno di qualsiasi bambino che inizia a rincorrere un pallone. Oggi ha 55 anni, ma quando ne aveva 22 la Juventus lo prese dai dilettanti della Caratese. Faceva il falegname, la mattina dopo si svegliò in serie A. In quattro stagioni vinse tutto, in Italia e nel mondo.

Che fine ha fatto?
«Durante il Covid mi sono rimesso a impregnare i balconi in legno. Quando avevo bisogno di macchinari, chiedevo a Carlo, artigiano da tre generazioni di Lillianes, il piccolo comune da 400 abitanti in Valle d’Aosta in cui mi sono trasferito. “Guarda, sono solo e ho molto lavoro. Perché non vieni a darmi una mano?”, mi ha chiesto dopo la pandemia. Se c'è da mo***re delle finestre vado».
Perché il falegname?
«Ho iniziato a 13 anni. Non mi piaceva andare a scuola, a differenza di mio fratello Claudio sempre chino sui libri. Volevo guadagnare dei soldini per essere indipendente e nel mio paese il 90% delle aziende erano mobilifici, trovare lavoro non fu difficile».

Per Baggio era Geppetto.
«Estate 1992, era appena arrivato in ritiro dopo il tour in America con la Nazionale. Aveva letto di me sui giornali e mi diede quel soprannome».
Le era appena cambiata la vita.
«Mi ero fatto notare fra i dilettanti e un dirigente mi segnalò a Furino, allora responsabile del settore giovanile della Juventus. Vengo convocato per giocare un’amichevole con loro. Non ricordo niente, solo un temporale fortissimo. A fine partita mi ferma Trapattoni: “Abbiamo tre test in una settimana, prendi ferie e vieni a Torino”. Gli piaccio, parto per la tournée in Giappone, torno e firmo il contratto sul cofano di una macchina. Passo da uno stipendio di due milioni di lire a 80».
Il primo regalo?
«Una Lancia Thema. Ero rimasto senza auto, me la rubarono durante una di quelle amichevoli con la Juve».
Che coppia con Del Piero.
«Arrivò a Torino un anno dopo di me, di lui avevo letto già tanto, era il nuovo fenomeno del calcio italiano. Stavamo spesso insieme, eravamo i più giovani. Veniva a casa mia a mangiare, mia moglie parrucchiera gli tagliava i capelli».

Già, Barbara.
«L’ho conosciuta a 15 anni. Lavorava con mia cugina, un giorno decidono di pranzare insieme. Mentre ero a fare i caffè al bar dei miei genitori, entra mio zio. “Corri a casa, dammi retta”. Monto sulla bici, la vedo. Mi innamoro».
È morta nel 2010 a 40 anni, leucemia.
«La malattia si manifestò poco prima di Natale. Era sempre molto stanca, aveva una febbriciattola costante: “Fra poco andremo in vacanza in montagna e starai meglio, vedrai”, le dicevo. Invece non migliorava. Torniamo a casa, fa gli esami del sangue. La ricoverano subito».
La situazione appare subito grave.
«Dopo tre settimane di test e analisi i medici mi parlano chiaro: “C'è solo il 2% di possibilità di guarigione per ogni anno dal trapianto di midollo”. Non dissi niente, né a lei, né alla sua famiglia e neanche ai nostri tre figli. Non volevo che perdessero la speranza».
E l'ha mai persa?
«In quei casi vai avanti giorno per giorno, non programmi. Per lei il trapianto dopo tre cicli di chemio in cui la malattia non andava mai in remissione fu già come una vittoria. Per un mese e mezzo riuscì a tornare a casa. La riportai in montagna, ma dopo l'ennesimo controllo ci dissero che la malattia era tornata».
Come ha fatto a non dire niente a nessuno?
«Gestire le emozioni fingendo allo stesso tempo che andasse tutto bene è stata la cosa più difficile di un calvario lungo 10 mesi. Ho detto la verità a tutti solo negli ultimi giorni ed è stata una liberazione. Ho pianto solamente lì».

Tre figli, Alessio, Arianna e Aurora: si sono mai arrabbiati per la sua "bugia"?
«Avevano 10, 11 e 16 anni. Non hanno mai saputo la verità, non ho avuto la forza di dirgliela neanche dopo. La leggeranno per la prima volta qui».
Dopo la morte di sua moglie smette col calcio.
«Allenavo il Figline, durante la malattia passare due ore al campo era un sollievo, lì potevo essere me stesso. Ma poi è cambiato tutto. Ricevo un'offerta dal Crotone in serie B, la rifiuto. In quel momento non potevo costringere i miei figli a lasciare casa. La perdita della mamma per loro è stata una mazzata incredibile. La famiglia è donna, l'attenzione e la pazienza che le mamme hanno sono totalmente differenti da quelle degli uomini».
Il calcio le ha fatto vivere una favola, poi il destino si è rifatto con gli interessi.
«La vita ti può dare tutto e far mancare tutto. Te la scegli tu, cerchi di essere la persona migliore possibile ovunque, a casa e a lavoro. Poi però ci sono le malattie e non ci puoi fare niente. Con Barbara ho vissuto 20 anni bellissimi, abbiamo avuto tre figli stupendi, due dei quali mi hanno reso nonno. Poteva durare di più? Certamente. Ma il viaggio è stato bello».

Si è più innamorato?
«Ho una compagna, si chiama Lucia. È stata molto importante, mi ha distolto dalla tragedia, mi ha fatto tornare a stare bene, mi ha riacceso la luce dentro. Quando ti batte il cuore tutto diventa più bello e colorato. Con i miei figli è stata molto delicata. Non era semplice, per loro la mamma resterà solo una».
Ha ancora dei sogni?
«Che figli e nipoti possano stare bene e realizzarsi nella vita. E poi finire l'alpeggio di proprietà di Lucia. Lo sto rimettendo a posto, ho messo giù il parquet, fatto le pareti del bagno e la cucina. Ci sto lavorando da tre anni, se non mi spiccio mi butta fuori di casa».
Continua ad andare nelle scuole?
«Da sette anni faccio parte di "allenarsi per il futuro", un progetto di orientamento e alternanza scuola-lavoro che coinvolge studenti di diverse età e che cerca di trasmettere loro passione, impegno e responsabilità prendendo spunto dal mondo dello sport».
E cosa consiglia?
«Di cogliere l'attimo, come ho fatto io». (Fonte: Simone Golia per Corriere della Sera)

  di:Michele De Maio "Ero un ragazzino di Montaldo di Mondovì, un paesino dove d’inverno c’era solo neve a catinelle e d...
03/06/2025

di:Michele De Maio
"Ero un ragazzino di Montaldo di Mondovì, un paesino dove d’inverno c’era solo neve a catinelle e d’estate il nulla. Mio padre e mia madre erano entrambi insegnanti, e io sono finito ad avere entrambi come professori. Mia madre era dolce, comprensiva, ma mio padre... mi bocciò. Diceva che doveva dare il buon esempio, ma secondo me voleva solo dimostrare chi comandava. Lì ho capito che nella vita o fai da solo o ti fanno fuori.

Da ragazzo facevo il bookmaker per le scommesse al bar, guadagnavo più lì che con qualsiasi lavoretto. Dopo il diploma da geometra, la vera svolta è stata l’indipendenza. Il regalo più grande che ho fatto ai miei genitori è stato non dover dipendere più da loro. Ho fatto errori, certo. Ne ho fatti tanti. Ma se c’è una cosa che ho imparato, è che bisogna correggere subito il tiro. E andare avanti.

In Formula 1 ci sono arrivato per intuito, non certo per titoli o università. Ho scommesso su Alonso quando tutti volevano Button. E ho avuto ragione. Un manager che prende decisioni vere, importanti, è sempre solo. E se sbagli, ti massacrano. Ma se vinci, hai scritto un pezzo di storia.

In Italia? Nessuno mi ha mai aiutato. Anzi. Il caso Force Blue è l’emblema: ti portano via lo yacht, fanno l’asta due settimane prima dell’assoluzione, e tu rimani lì con il cerino in mano. Per fortuna lo ha preso Bernie, almeno l’ha tenuto 'in famiglia'. Ma l’amarezza resta. Come in Sardegna: ho portato lavoro, turismo, un marchio come il Billionaire. E mi hanno osteggiato. Non hanno capito che lì non vendevamo solo champagne, ma sogni. Alla fine ho venduto i muri, non il marchio. Quello resta mio.

Vivo a Monaco, ma non per le tasse. Vivo qui perché ci faccio business. Lo stesso vale per Dubai, per Riad, per la Spagna. Ma in Italia abbiamo ancora investimenti. Solo che lì si fa fatica. È un Paese fermo, pieno di Gattopardi: tutti vogliono cambiare, ma nessuno vuole che cambi davvero qualcosa. Io ho ricevuto più gratitudine dal Principato di Monaco, dove mi hanno fatto Goodwill Ambassador, che dall’Italia dove ho dato lavoro, idee, visione.

Crazy Pizza è il mio marchio del momento. Non vendo pizze, vendo esperienze. La mia preferita è la Margherita, semplice, mozzarella di bufala, 18 euro. Ma chi viene da noi non viene per risparmiare, viene per vivere un’emozione. Anche Twiga l’ho lasciato in buone mani, al gruppo Del Vecchio, perché garantivano i posti di lavoro. Io dovevo tornare in pista, come sempre.

Con Elisabetta, la madre di mio figlio Falco, abbiamo fatto una cosa rara: abbiamo messo nostro figlio al primo posto. Non stiamo più insieme, ma siamo genitori uniti. Falco oggi è in Svizzera, parla quattro lingue, conosce tutti i dipendenti dei nostri ristoranti. Gli do 500 euro di paghetta, non è facile non viziarlo, ma sta crescendo bene.

La politica italiana? Una tragedia. Apri un giornale, guardi un telegiornale, e vedi solo litigi. Le prime cinque pagine sono risse, polemiche, fumo. Nessuno parla dei giovani, nessuno costruisce futuro. L’Italia avrebbe un potenziale enorme, ma la politica non è all’altezza. Quando mi criticano penso sempre: chi lo fa è più sfigato di me. I soldi non danno la felicità, ma ti danno una cosa fondamentale: la libertà.

Alla fine non ho rimpianti. Nemmeno per quella condanna da giovane. C’è stata l’amnistia, ho rimborsato tutti. Ma anche quello ha fatto parte del mio percorso. Tutto è servito a scrivere la mia storia. E io la mia storia, nel bene e nel male, l’ho scritta da solo."

- Flavio Briatore

      di:Michele De Maio Gli Agnelli scendono in campo: acquistato il colosso che fa tremare il mondo intero, anche Elon...
25/05/2025


di:Michele De Maio
Gli Agnelli scendono in campo: acquistato il colosso che fa tremare il mondo intero, anche Elon Musk
Gli Agnelli adesso fanno sul serio: così parte la sfida a Musk, acquistato il colosso. Ecco che cosa sta succedendo.
Il nome della famiglia Agnelli è da sempre legato all’industria dei motori e in particolare alla FIAT, da oltre un secolo tra le attività della nota famiglia di imprenditori piemontesi. Oggi è John Elkann, erede designato dal nonno Gianni Agnelli, a portare avanti l’impero di famiglia, inclusa la casa automobilistica torinese, nel frattempo diventata azienda sempre più aperta verso il mercato globale e oggi parte del gruppo Stellantis.
La holding si trova a vivere una fase davvero complicata per l’automotive europeo, alle prese con la difficile sfida della transizione elettrica e con la concorrenza sempre più spietata delle aziende che arrivano dalla Cina (e che possono proporre prezzi nettamente più bassi rispetto a quelli dei colossi europei). Anche le aziende di Stellantis hanno investito sempre di più verso l’elettrico e la produzione di modelli a batteria. Per riuscire a reggere il passo con le aziende rivali è però necessario abbassare quanto più possibile i costi di produzione e stringere quanto più possibile relazioni che possano aiutare nello sviluppo delle nuove tecnologie e nella crescita delle aziende di Stellantis. Il gruppo in questo senso ha chiuso un importante accordo.

Elkann investe in Catl
Per la fornitura delle batterie dei propri modelli elettrici Stellantis ha già da tempo stretto un accordo con Catl, colosso cinese principale produttore al mondo di batterie e grande rivale della Tesla di Elon Musk nel settore dell’elettrico. Ora Elkann e Stellantis hanno deciso di fare un ulteriore step: dopo l’accordo per avviare la produzione di batterie in Spagna entro il 2026, che già aveva gettato le basi per una collaborazione più estesa tra le due realtà, il gruppo ha infatti deciso di partecipare all’IPO (offerta pubblica iniziale) per la quotazione a Hong Kong e di investire ben 30 milioni in Catl.
Questa decisione conferma da un lato la volontà di Stellantis di puntare all’elettrico e di volere rafforzare la propria posizione per quanto riguarda le nuove tecnologie, dall’altro apre il terreno per una maggiore presenza di Catl nel continente europeo, molti dei fondi raccolti (da Stellantis come da altri investitori illustri) puntano proprio ad aumentare le risorse dell’azienda sul continente europeo e da facilitare la fornitura ai tanti clienti di Catl. Non resta che aspettare e vedere quali saranno gli effetti a lunga distanza di questo investimento.

    di:Michele De Maio Benetton chiude 400 punti vendita: il franchising è davvero in crisi?Benetton, simbolo dell’abbig...
20/05/2025


di:Michele De Maio
Benetton chiude 400 punti vendita: il franchising è davvero in crisi?
Benetton, simbolo dell’abbigliamento italiano e pioniere del franchising, ha annunciato la chiusura di oltre 400 negozi nel 2025. La decisione riflette difficoltà profonde del marchio, un tempo celebre per campagne pubblicitarie iconiche e una forte identità di marca. Il caso solleva domande sul futuro del franchising, un modello che per anni ha rappresentato un punto di partenza per molti imprenditori.

Benetton chiude 400 negozi: crisi del franchising o errore strategico?
Benetton ha dominato il settore dell’abbigliamento prêt-à-porter negli anni ’80 e ’90 grazie a una comunicazione innovativa, firmata Oliviero Toscani. Campagne su temi universali come inclusività e diritti umani avevano dato al marchio una voce unica. Tuttavia, secondo Enrico Tosco, CEO di Reting, Benetton ha perso quella distintività. Un brand senza un’identità chiara fatica a costruire connessioni durature con i consumatori, lasciando spazio ai competitor.

Anche il modello di franchising adottato da Benetton ha contribuito alla crisi. Tosco sottolinea che il marchio ha imposto condizioni contrattuali rigide ai franchisee, come obblighi di riassortimento e costi elevati per arredamenti standardizzati. Queste regole, decise centralmente, ignoravano spesso le specificità dei mercati locali, causando insoddisfazione tra gli affiliati e una serie di chiusure.

Il panorama del mercato ha reso la situazione ancora più complessa. Brand come Zara, H&M e Primark hanno rivoluzionato il settore con modelli basati sulla velocità e sul basso costo, mentre Benetton è rimasto in una posizione ambigua tra il fast fashion e i marchi premium. Questa mancanza di una strategia chiara ha penalizzato ulteriormente il marchio.

L’impatto della pandemia e il ritardo nel digitale
La pandemia ha accelerato i cambiamenti nel settore retail, evidenziando l’importanza dell’e-commerce. Molti brand hanno investito in strategie omnichannel, integrando negozi fisici e vendite online. Benetton, invece, è rimasto indietro, perdendo terreno in un mercato in rapida trasformazione. La scarsa presenza digitale ha privato il brand di una quota di mercato crescente, composta da consumatori sempre più orientati agli acquisti online.

Secondo Tosco, questa crisi rappresenta un’opportunità di riflessione per l’intero settore del franchising. Un modello di business sostenibile richiede un equilibrio tra franchisor e franchisee, con supporto reciproco e attenzione alle esigenze locali.

Il caso Benetton: lezioni per il futuro del franchising
Il caso Benetton offre insegnamenti utili per chi opera nel settore. Tosco evidenzia alcuni punti chiave:

Identità forte e distintiva: un marchio deve trasmettere valori autentici e riconoscibili per restare rilevante.
Partnership equilibrate: il franchising deve essere basato sulla collaborazione, non su regole unilaterali che penalizzano gli affiliati.
Adattamento al mercato: un posizionamento chiaro e una comunicazione costante sono fondamentali in un contesto competitivo.
Investimenti nel digitale: la presenza online non è più facoltativa, ma una necessità per il successo a lungo termine.
Tosco conclude che, pur essendo in crisi, Benetton ha le basi per un rilancio. Un ritorno all’innovazione e una strategia solida potrebbero far rinascere il brand. Per il franchising, invece, la vicenda sottolinea la necessità di evoluzione e sostenibilità.

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