
29/06/2025
Girasoli🌻. Ho scelto questa foto perché l'ho scattata ieri, ed esprime la capacità poco considerata di movimento delle piante. Pensiamo che le piante siano immobili, incapaci di movimento. Invece si muovono eccome. Vale a dire, che le nostre categorie di pensiero creano limiti che non ci sono ma noi continuiamo a vedere. In questo post parlerò di normalità, disabilità, sintomi e funzionamento, occhio perché davvero lungo!
Di recente mi sono appassionata molto al tema della . Per quanto riguarda il mio lavoro, studiare alcune neurodivergenze mi ha portata a mettere a fuoco l' aspetto del funzionamento delle persone.
È chiaro che le diagnosi sono fenomeni categoriali, che identificano ciò che è 'normale' da ciò che non lo è. Per normalità tuttavia ci si riferisce ad un concetto statistico (la maggior parte delle persone esprimerà una data caratteristica all'interno di un range). Vedi ad esempio il QI o quoziente intellettivo.
Il quoziente intellettivo, con tutti i limiti che questo costrutto può avere, si esprime su un continuum ed i punteggi si distribuiscono statisticamente su una curva gaussiana detta anche normale. I limiti sono definiti in modo arbitrario in termini di deviazione standard dalla media statistica.
Andiamo insomma a misurare la popolazione per definire la normalità, che viene in un secondo momento ad assumere quel significato colloquiale usato tutti i giorni.
Ecco quindi che è questa normalità a definire l'anormalità. E la .
Cosa c'entra questo con il delle persone che seguo in terapia? Parecchio, nel momento in cui tengo ben a mente che una qualunque caratteristica presa in esame e 'lamentata' dalla persona può esprimere una caratteristica di funzionamento; se è così devo tenerlo bene a mente nello stabilire un contratto terapeutico.
Ad esempio, se una persona con elevata sensibilità emotiva ('fuori dalla norma') mi chiede di divenire più indifferente a certi stimoli e meno sensibile ed impressionabile, non posso e non devo accogliere questa richiesta. Semmai posso proporre di accompagnarla a comprendere ed accettare questa caratteristica, e ad individuare delle strategie per conviverci, valorizzandone anzi i punti di forza.
Spesso la psicoterapia rischia di cadere, a mio parere, nel 'se vuoi, puoi': possiamo, anzi, a dire il vero dobbiamo, essere tutti forti, socievoli, produttivi. E certamente possiamo esserlo, ma non tutti allo stesso modo.
Non tutti quelli che sembrano sintomi sono, insomma, da guarire; alcuni aspetti sono caratteristiche di funzionamento, o tratti di personalità, che vanno accolti e valorizzati, e con i quali possiamo imparare a convivere traendo e anche dei vantaggi.
Esempio. Gli interessi assorbenti di una persona nello spettro autistico sono una fonte di piacere e ricarica energetica, e possono anche diventare base di un'attività lavorativa, o di adesione ad un gruppo di appassionati con il quale condividere interessi e fare attività piacevoli.
Laddove non ci sia un posto valido per una persona con determinate caratteristiche, abbiamo un malattia della società e non dell' individuo.
Vedi l'importanza dei movimenti di orgoglio come il Pride, che hanno l'obiettivo di creare una società che accolga tutte le persone nella loro diversità.
E non dev'esserci inclusione. Una persona con disabilità non va inclusa. Non dovrebbe porsi proprio la necessità dell' inclusione. Dovrebbe esserci semplicemente accoglienza per ogni propensione e capacità. Dovremmo guardare a ciò che la persona esprime ed alle capacità che ha, e non ha quelle che non ha.