Gianfranco Ricci - Psicologo

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WINNICOTT E IL “FALSO-SÉ”Donald Woods Winnicott è stato uno degli psicoanalisti britannici più influenti. Esterno ai con...
22/09/2025

WINNICOTT E IL “FALSO-SÉ”

Donald Woods Winnicott è stato uno degli psicoanalisti britannici più influenti. Esterno ai conflitti che hanno diviso i seguaci di Anna Freud e Melanie Klein, Winnicott ha saputo costruire una posizione autonoma nell’ambito della psicoanalisi dell’infanzia e dello sviluppo.

Tra i suoi concetti più interessanti occupa un posto di grande rilievo il “falso-Sé”.
Di cosa si tratta?
Nel contatto con il mondo esterno, il bambino svilupperebbe la propria soggettività maturando una sorta di “scorza”, di “corazza” per proteggersi dal conflitto costante tra interiorità, pulsioni e mondo esterno.

Con “falso-sé” si intende questa sorta di barriera che separa in maniera determinante il mondo interno psichico da quello esterno.

Questa sorta di barriera può essere di diversa “profondità psichica”, influenzando la soggettività dell’individuo: come ogni barriera, se permeabile, essa permette il contatto tra le due dimensioni che separa; dall’altra, se diviene, come un “esoscheletro”, il vero supporto della soggettività, essa dà luogo ad una “forma ordinaria di follia”.

In “Gioco e realtà”, Winnicott distingue tra due diverse forme di psicosi:
da una parte le psicosi straordinarie, caratterizzate dalla perdita di realtà; in questo caso osserviamo una separazione del soggetto dalla realtà ordinaria, una dissoluzione che si traduce in una visione delirante del mondo e dei suoi confini, spesso con fenomeni elementari ed allucinatori;
dall’altra le forme di psicosi che non prevedono un allontanamento del soggetto dalla realtà esterna ma da se stesso, dal proprio inconscio e dalla propria interiorità.

Su cosa si fonda la vita del soggetto? Sulla propria spinta interiore o sull’esoscheletro dell’altro sociale?

Winnicott racconta di pazienti incapaci di entrare in contatto con le proprie emozioni, con la loro parte creativa e con la propria interiorità; la dimensione dell’inconscio è abolita a favore di un radicale attaccamento alle regole del mondo esterno, alle convenzioni sociali e ai costumi che determinano comportamenti e possibilità espressive codificate.

Si tratta di quella che Recalcati definisce “clinica dell’identificazione solida”.

In questo caso, la psicosi non si manifesta nella forma di una “rottura con la realtà”, ma come eccesso di assimilazione conformista, di una prevalenza totale del discorso comune a sfavore del discorso soggettivo.

Questi soggetti vivono un’esistenza apparentemente ordinaria, compatibile con il resto della società e con le sue regole. È proprio all’Altro sociale che questi individui domandano costantemente di essere guidati e orientati, senza più alcuna forma di contatto con la propria dimensione interiore.

La profonda alienazione dal proprio inconscio si traduce nell’impossibilità di fare propria l’esperienza del desiderio.
Tutto questo determina la perdita del “sentimento stesso della vita”: l’esistenza di questi soggetti è infatti caratterizzata da un profondo senso di vuoto e di apatia, di una sorta di “morte vivente” fatta di una routine sempre uguale e ripetitiva.

Molti analisti hanno cercato di descrivere le peculiarità di questo funzionamento psicotico: Lacan la chiamava “psicosi ordinaria”; Bollas invece utilizza l’espressione “personalità normotica”.
Al di là della definizione teorica, tutti questi analisti sottolineano l’effetto mortifero della separazione del soggetto dalla propria vita interiore, esito estremo della sottomissione ai dettami della civiltà.

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Per approfondire:
Donald Winnicott – “Gioco e realtà”;
Massimo Recalcati – “L’uomo senza inconscio”;
Robert Rodman – “Winnicott. Vita ed opere”.

Donald Woods Winnicott è stato uno degli psicoanalisti britannici più influenti. Esterno ai conflitti che hanno diviso i seguaci di Anna Freud e Melanie Klein, Winnicott ha saputo costruire una posizione autonoma nell’ambito della psicoanalisi dell’infanzia e dello sviluppo.

Tra i suoi concetti più interessanti occupa un posto di grande rilievo il “falso-Sé”.
Di cosa si tratta?
Nel contatto con il mondo esterno, il bambino svilupperebbe la propria soggettività maturando una sorta di “scorza”, di “corazza” per proteggersi dal conflitto costante tra interiorità, pulsioni e mondo esterno.

Con “falso-sé” si intende questa sorta di barriera che separa in maniera determinante il mondo interno psichico da quello esterno.

Questa sorta di barriera può essere di diversa “profondità psichica”, influenzando la soggettività dell’individuo: come ogni barriera, se permeabile, essa permette il contatto tra le due dimensioni che separa; dall’altra, se diviene, come un “esoscheletro”, il vero supporto della soggettività, essa dà luogo ad una “forma ordinaria di follia”.

In “Gioco e realtà”, Winnicott distingue tra due diverse forme di psicosi:
da una parte le psicosi straordinarie, caratterizzate dalla perdita di realtà; in questo caso osserviamo una separazione del soggetto dalla realtà ordinaria, una dissoluzione che si traduce in una visione delirante del mondo e dei suoi confini, spesso con fenomeni elementari ed allucinatori;
dall’altra le forme di psicosi che non prevedono un allontanamento del soggetto dalla realtà esterna ma da se stesso, dal proprio inconscio e dalla propria interiorità.

Su cosa si fonda la vita del soggetto? Sulla propria spinta interiore o sull’esoscheletro dell’altro sociale?

Winnicott racconta di pazienti incapaci di entrare in contatto con le proprie emozioni, con la loro parte creativa e con la propria interiorità; la dimensione dell’inconscio è abolita a favore di un radicale attaccamento alle regole del mondo esterno, alle convenzioni sociali e ai costumi che determinano comportamenti e possibilità espressive codificate.

Si tratta di quella che Recalcati definisce “clinica dell’identificazione solida”.

In questo caso, la psicosi non si manifesta nella forma di una “rottura con la realtà”, ma come eccesso di assimilazione conformista, di una prevalenza totale del discorso comune a sfavore del discorso soggettivo.

Questi soggetti vivono un’esistenza apparentemente ordinaria, compatibile con il resto della società e con le sue regole. È proprio all’Altro sociale che questi individui domandano costantemente di essere guidati e orientati, senza più alcuna forma di contatto con la propria dimensione interiore.

La profonda alienazione dal proprio inconscio si traduce nell’impossibilità di fare propria l’esperienza del desiderio.
Tutto questo determina la perdita del “sentimento stesso della vita”: l’esistenza di questi soggetti è infatti caratterizzata da un profondo senso di vuoto e di apatia, di una sorta di “morte vivente” fatta di una routine sempre uguale e ripetitiva.

Molti analisti hanno cercato di descrivere le peculiarità di questo funzionamento psicotico: Lacan la chiamava “psicosi ordinaria”; Bollas invece utilizza l’espressione “personalità normotica”.
Al di là della definizione teorica, tutti questi analisti sottolineano l’effetto mortifero della separazione del soggetto dalla propria vita interiore, esito estremo della sottomissione ai dettami della civiltà.

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Per approfondire:
Donald Winnicott – “Gioco e realtà”;
Massimo Recalcati – “L’uomo senza inconscio”;
Robert Rodman – “Winnicott. Vita ed opere”.

IL ROMANZO “DOPPIO SOGNO” TRA FREUD E JUNG“Doppio sogno” è un romanzo pubblicato nel 1926 dallo scrittore e medico austr...
18/09/2025

IL ROMANZO “DOPPIO SOGNO” TRA FREUD E JUNG

“Doppio sogno” è un romanzo pubblicato nel 1926 dallo scrittore e medico austriaco Arthur Schnitzler. Si tratta di un racconto molto breve ma dal grande impatto emotivo, capace di immergere il lettore in atmosfere suggestive, oniriche e misteriose.

Questo romanzo mette al centro l’evoluzione della vita di coppia e sentimentale in un’epoca di profonde trasformazioni: i due protagonisti, due giovani borghesi, hanno una vita apparentemente ordinaria e tranquilla; alcuni episodi, tuttavia, metteranno alla prova la sincerità dei due e la loro unione.

Il giovane medico Fridolin incontra un vecchio amico ed una giovane pr******ta che lo condurranno in un luogo segreto, nel quale ha luogo un’inquientante festa in maschera. Tutti i partecipanti possono accedere solo conoscendo una parola segreta.

Fridolin viene alla fine scoperto come un estraneo dai lussuriosi partecipanti mascherati; gli viene chiesto di rivelare la propria identità e corre il rischio di essere persino ucciso.

La giovane pr******ta, che Fridolin stava inseguendo, si sacrifica proprio per salvargli la vita e il giovane medico viene cacciato. Una volta tornato a casa, la moglie Albertine racconta un lungo ed inquietante sogno nel quale si ripete una scena molto simile a quella che Fridolin ha vissuto proprio quella stessa notte.

Il giovane medico, disperato, si lancerà in una ricerca senza esito per scoprire chi fosse quella donna che ha sconvolto la notte precedente e forse la sua vita.

Questo romanzo, pubblicato a puntate nei primi anni 20, è stato letto da Sigmund Freud che in una lettera Schnitzler scrive:

“Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo – la Sua penetrazione delle verità dell'inconscio, della natura istintiva dell'uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l'adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare.”

Vero e proprio testimone dell’evoluzione della coscienza del proprio tempo, Schnitzler osserva:

“Non è nuova la psicoanalisi, ma Freud. Così come non era nuova l'America, ma Colombo”

Da un punto di vista freudiano, il romanzo mette in scena il conflitto intrapsichico tra la coscienza e le difese dell’Io, che si oppongono all’emergere dell’inconscio. Come osserva lo stesso Schnitzler, il romanzo ha luogo in:

“una specie di territorio intermedio fluttuante tra conscio e inconscio. […] Tracciare quanto più decisamente è possibile i limiti fra conscio, semiconscio e inconscio, in ciò consisterà soprattutto l'arte del poeta.”

Il desiderio di sapere del giovane medico, simbolo della coscienza e della ragione, viene frustrato dall’incontro mortale con le difese, simbolizzate dalle figure mascherate, pronte a tutto pur di impedire il contatto diretto tra conscio ed inconscio.

L’emergere dei desideri più inquietanti dell’animo umano è ostacolato dalle difese per impedire l’impatto traumatico con il magma dell’inconscio.

L’apparenza ordinaria e formale della famiglia borghese viene quindi tutelata dalla separazione e dalla maschera come elemento che cela l’identità del soggetto, proteggendolo dal fare i conti con i propri desideri repressi.

Il rapporto tra i due protagonisti, Fridolin e Albertine, si consolida a partire dalla promessa di confessarsi tutto, compresi i propri sogni: è evidente che i due adottino una regola molto simile a quella che Freud chiamava “regola fondamentale dell’analisi”, cioè riferire ogni pensiero senza censurarlo.

L’elemento centrale del racconto è la maschera, fondamentale per celare l’identità di coloro che partecipano alla festa segreta, permettendo l’emergere dei desideri più scabrosi.

Carl Gustav Jung sottolinea quanto nella vita ordinaria ognuno indossi una sorta di maschera per vivere la propria esistenza senza svelare completamente la propria intimità. Quanto nascosto dalla maschera risulta inconscio al soggetto stesso. Nel romanzo la maschera permette l’emergere dei desideri più inquietanti, nella vita ordinaria servirebbe per nasconderli.

Per questo, scopo dell’analisi sarebbe liberarsi della maschera inconscia che indossiamo per incontrare il vero animo che ci caratterizza.

Il romanzo doppio sogno di Schnitzler è stato a lungo studiato dal regista Stanley Kubrick per realizzare il film “Eyes Wide Shut” (1999), con protagonisti Tom Cruise e Nicole Kidman.

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Per approfondire
Art Schnitzler – “doppio sogno”;
Salomon Resnick – “il teatro del sogno”;
Menarini – “Nuovi orizzonti della psicologia del sogno e dell’immaginario collettivo”.

IL BUCO NERO DELLA MENTENel corso dei decenni, la psicoanalisi post-freudiana ha dedicato sempre maggiore attenzione all...
15/09/2025

IL BUCO NERO DELLA MENTE

Nel corso dei decenni, la psicoanalisi post-freudiana ha dedicato sempre maggiore attenzione alla "dimensione primitiva" e "prelinguistica" della vita psichica.

In particolare, la tradizione che fa riferimento al lavoro di Melanie Klein e alla psicoanalisi delle relazioni oggettuali ha cercato di esplorare come le precoci, esperienze psichiche e relazionali del bambino plasmino la possibilità stessa di dare origine al pensiero.

Cosa succede nel caso di esperienze eccessivamente frustranti o di grave deprivazione sul fronte della cura e della relazione?

Lo psicoanalista Agostino Recalbuto sottolinea la profonda distanza che separa la capacità di “sentire” da quella di “rappresentare”.

Egli ipotizza l’esistenza di un nucleo psichico originario di natura psicosomatica, chiamato “affettività sensoriale primaria pre rappresentativa”: secondo Recalbuto l’assenza di confini psichici tra dentro e fuori, se ed altro, corporeo e psichico, si traduce in una profonda sensazione di confusione degli affetti.

La mente del neonato farebbe cioè esperienza di “stati indifferenziati” difficili da contenere e da dotare di significato. In questo senso svolgerebbe una funzione decisiva, chiamata “rêverie”, la figura che si prende cura del neonato.

Il contenimento dell’altro risponderebbe a quella che Winnicott chiama l’angoscia di “andare in pezzi”, favorendo l’integrazione delle pulsioni, del sé e degli oggetti che il bambino incontra.

Progressivamente le cure favorirebbero l’emergere di un senso di sicurezze e fiducia verso l’altro, tale da permettere un solido investimento sul proprio corpo e sull’attività psichica aperta al mondo.

Nel caso invece di permanenza eccessiva in uno stato di fusione, di contatto corpo a corpo, la conoscenza lipidica e rappresentativa del mondo e rimarrebbe vincolata ad una modalità sensoriale e non rappresentativa.

L’impossibilità di separarsi implicherebbe un fallimento nel processo di strutturazione delle rappresentazioni, con l’affetto che prende il posto della rappresentazione, come sottolinea Green.

A livello psichico, diventa allora impossibile pensare il dolore, simbolizzare l’eros e accedere alla parola come strumento nella elaborazione dei vissuti emotivi e del lutto.

Nella psiche è come se dominasse una sorta di buco nero legato alla dimensione traumatica dell’impatto reale delle sensazioni non mediato dalle rappresentazioni.

Secondo quest’ottica, il processo analitico permetterebbe di maturare un “apparato per pensare i pensieri” e superare il tutto indifferenziato del buco nero della psiche.

Ogden definisce questo funzionamento psichico patologico “posizione contiguo autistica”, sottolineando la natura primitiva di un pensiero primario privo di rappresentazione.
Senza rappresentazione, conclude Recalbuto, verrebbe meno il senso stesso del confine tra mondo interno e mondo esterno.

Nella mente troviamo, invece di quello che viene definito "l'apparato per pensare i pensieri", un vero e proprio buco nero psichico, fatto dell'insieme caotico e magmatico dei vissuti ridotti a mera sensazione non rappresentabile.

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Per approfondire:

Agostino Recalbuto – “Tra il dire e il fare”;
Ogden – “Il limite primigenio dell’esperienza”;
Schafer – “aspetti dell’interiorizzazione”.

LECTIO PHILOSOPHICACome la psicoanalisi, anche la “filosofia” oggi sembra essere divenuta una pratica “fuori moda”. Cosa...
12/09/2025

LECTIO PHILOSOPHICA

Come la psicoanalisi, anche la “filosofia” oggi sembra essere divenuta una pratica “fuori moda”. Cosa significa “filosofare”? chi è oggi il “filosofo”?

Praticare la filosofia significa, già dell’etimologia del nome, mettere in gioco il proprio “amore per il sapere”. Cosa significa “amare” il sapere?

L’amore è un’esperienza centrale della vita umana e mette in gioco il soggetto da ogni punto di vista: l’emotività, la fisicità, la relazione, la parola e il pensiero.

È semplice cogliere tutte queste possibili espressioni dell’amore quando esso ha a che fare con l’altro. Cosa accade invece quando il posto dell’amato è occupato da un sapere?

Una strada per vivere pienamente l’amore per il sapere è la “lectio philosophica”, per come l’ha articolata lo studioso e psicoanalista Romano Madera, tra i più eminenti studiosi di Carl Gustav Jung.

Il sapere può essere incontrato nella figura di un Maestro, oppure di un oggetto, come un libro.

Madera si ispira alla pratica in uso nel Medioevo, nei monasteri e nelle università.
Lo studioso è chiamato ad un rapporto “corpo a corpo” con il testo, che non si tratta di “semplicemente” studiare, bensì di interrogare in modo serrato.

Di quali fasi si compone quindi la “lectio philosophica”?

I primi passi sono ovviamente l’incontro con il testo, la sua lettura e l’analisi del contesto nel quale il testo è stato scritto. Contestualizzare un testo è un’operazione delicata, che richiede una profonda conoscenza dell’autore, della sua storia e del suo ruolo nel “cosmos” in cui è inserito.

Il lettore poi si “lascia giudicare dal testo”, a partire dal sapere che coglie e che lo colpisce. In seguito, a partire dalla propria esperienza, il lettore giudica il testo, cogliendone l’utilità e gli elementi essenziale.

Segue la pratica della “disputa interiorizzata” tra le diverse polarità che il testo evoca, le suggestioni che alimenta e gli effetti di sorpresa o rifiuto che esso genera.

Il lettore si dedica poi alla pratica della “prosoché”: l’attenzione viene focalizzata su un punto preciso dell’opera; a partire da questo “ancoraggio”, il lettore lascai fluttuare la propria attenzione, osservando il proprio pensiero e interrogandosi sulle ragioni nascoste dietro alla suggestione alimentata da certi elementi divenuti più salienti di altri. Che rapporti hanno questi elementi salienti con l’opera nel suo complesso?

Il lettore esplora il proprio vissuto, interrogandosi sulle “trasformazioni”, sui movimenti psichici e di sapere che i passi emersi inducono nella sua conoscenza di un certo argomento: in che modo cambia il mio modo di vedere un concetto o una pratica a partire da quanto sto imparando?

La “lectio philosophica” si conclude con la pratica della “decisione”, che pone al centro la declinazione da imprimere al sapere incontrato: cosa farne? Che posto dare a quanto colto nella nostra vita?

La pratica della “lectio philosophica” imprime un potente movimento trasformativo in chi la mette in atto; nella sua natura non prevale la dimensione dell’esegesi, bensì della contaminazione del lettore. È il lettore ad essere toccato dal testo, ad incontrarlo e ad aprire alle sue suggestioni le porte della propria interiorità.

Questa pratica si inserisce appieno nella concezione filosofica di Madera, che fa dell’incontro tra analisi e filosofia la base dell’analisi biografica a orientamento filosofico (ABOF).
L’ABOF è volta alla consapevole “presa in cura dell’esistenza dell’analizzante”, mettendo al centro la dimensione sempre “incarnata” del sapere.

Al centro di ogni domanda di sapere, infatti, abbiamo la storia singolare di chi si rivolge all’analista filosofo.

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Nell’immagine: Colantonio - “San Girolamo nello studio” (1445 – 1446)

Per approfondire:
Indelicato – “Per una filosofia del tragico”;
Madera – “Carl Gustav Jung”;
Madera – “Pratiche filosofiche”.

ADDIO, DOTTOR LACAN!Il 9 settembre 1981, a Parigi scompare Jacques Lacan.“Di certo dopo il 9 settembre Lacan è ormai sig...
09/09/2025

ADDIO, DOTTOR LACAN!

Il 9 settembre 1981, a Parigi scompare Jacques Lacan.

“Di certo dopo il 9 settembre Lacan è ormai significantizzato.

Ciò vuol dire precisamente che all’appello di questo nome non risponde più nessuno.

Erano in molti a rivolgersi a Lacan. D’altronde era questa la sua professione: accogliere tali appelli per farne quel che la sua professione comporta.

Ma d’ora in avanti, quando pronunciano il nome di Lacan, non vuol più dire la stessa cosa.”

Così Jacques-Alain Miller, inaugurando il suo Seminario, commenta la scomparsa di Jacques Lacan, il 9 settembre 1981.

Cosa resta, a 40 anni dalla scomparsa di Lacan?

Resta un insegnamento, capace di mettere al lavoro.

Un Lacan-significante, capace di assumere per ciascuno, una significazione diversa, isomorfa al proprio inconscio.

Per questo, oggi, vale ancora di più il motto di Lacan: “Fate come me, non imitatemi!”

ATTUALITÀ DI FREUDOggi la psicoanalisi è sotto attacco. Accusata di essere “vecchia”, “fuori moda”, un residuo della “Be...
08/09/2025

ATTUALITÀ DI FREUD

Oggi la psicoanalisi è sotto attacco.

Accusata di essere “vecchia”, “fuori moda”, un residuo della “Belle Époque”, l’analisi è confinata in un “recinto” sempre più stretto, simile alle “riserve” nelle quali sono costretti a vivere i popoli nativi americani.

L’imperativo sociale della prestazione oggi è il faro della clinica medica e psicologica: l’obiettivo del trattamento deve essere la cancellazione del sintomo, in tempi rapidi e attraverso protocolli standard, uguali per ogni paziente.

Lo spazio per la soggettività, per il singolare e l’eccezione scompare sotto la pressione del conformismo imperante dietro l’insegna della “normalità”.

Molti dicono: “Freud è morto quasi 100 anni fa. Cosa c’è di attuale oggi nella psicoanalisi?”

È una critica figlia del nostro tempo e dei suoi ideali, alla quale gli psicoanalisti devono rispondere.

Da una parte posiamo dire che molti autori hanno condotto la psicoanalisi nel nuovo secolo, interrogando le scoperte di Freud, alcuni rinnegandolo, altri sottolineando la centralità della sua “rivoluzione”.

Sicuramente tutti gli analisti condividono la necessità di mantenere la nozione di “inconscio”.
Ma cos’è l’inconscio? Cosa c’è di attuale nella concezione freudiana di inconscio?
Come rendere possibile l’esperienza dell’inconscio?

Secondo lo psicoanalista Massimo Recalcati, “l’esperienza dell’inconscio freudiano è innanzitutto un’esperienza di verità”.

La verità che Recalcati evoca è sempre in fuga e si coglie sempre come rimossa, irriducibile all’io o alla rappresentazione identitaria che il soggetto ha di sé.

Nell’inconscio cioè facciamo esperienza di una verità che è allo stesso tempo intima, personale, ma scabrosa e “sempre in fuga”.

L’incontro con la verità dell’inconscio produce un effetto di “discontinuità nella trama costituita del discorso universale”. Questo significa fare i conti con la massima freudiana “l’Io non è padrone in casa propria”.

Anzi, il rapporto con questa verità implica necessariamente la rinuncia all’universale come unica forma del sapere, per dare spazio alle “espressioni apparentemente più infine e scabrose del soggetto”.

Inoltre, l’esperienza dell’inconscio è “un’esperienza del desiderio”. Irriducibile alla volontà, il desiderio si manifesta come una forza indistruttibile, tanto da non lasciarsi mai padroneggiare dall’Io.

Piuttosto, l’esperienza dell’analisi produce un “assoggettamento”, un passo indietro dell’Io rispetto al primato del desiderio inconscio, vera forza motrice della vita psichica del soggetto.

Davanti alla ricerca della prestazione e dello “standard” come misura della soggettività umana, l’esperienza dell’inconscio è sempre “fuori standard”, radicalmente soggettiva, unica soggetto per soggetto.

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Per approfondire:
Massimo Recalcati – “L’uomo senza inconscio”;
Sigmund Freud – “Compendio di psicoanalisi”;
Bolognini e Nicolini – “Freud e il mondo che cambia”.

Che bello essere stato ospite di "MitiCu!", Festival del Mito e della Cultura Greca, grazie al GAL Terre Locridee, a Fra...
07/09/2025

Che bello essere stato ospite di "MitiCu!", Festival del Mito e della Cultura Greca, grazie al GAL Terre Locridee, a Francesco Riccio per l'amicizia, la magnifica opportunità e la splendida ospitalità di Locri!

Ci siamo!Mancano poche ore all'inizio della terza giornata di MitiCu! a Locri.Alla Corte del Palazzo di Città, alle 18, ...
06/09/2025

Ci siamo!

Mancano poche ore all'inizio della terza giornata di MitiCu! a Locri.

Alla Corte del Palazzo di Città, alle 18, inaugurerò il panel "L'eredità di Dioniso: da Nietzsche a Pasolini", con l'intervento dal titolo
"La nascita della tragedia tra Apollineo e Dionisiaco".

Tutti gli interventi di questi giorni sono registrati e saranno disponibili sul sito di GAL, Terre Locridee.

A tra poco!

DESTINO, DESIDERIO E SURREALISMOIl movimento surrealista ha avuto un profondo impatto sull’arte e la cultura europea nel...
03/09/2025

DESTINO, DESIDERIO E SURREALISMO

Il movimento surrealista ha avuto un profondo impatto sull’arte e la cultura europea nella prima metà del Novecento. Profondamente influenzati dalla rivoluzione psicoanalitica, intellettuali ed artisti surrealisti hanno dato vita ad un vivace dibattito sul rapporto dell’uomo con il desiderio, l’erotismo e la sessualità.

In una serie di colloqui attentamente stenografati, il gruppo surrealista vicino ad André Breton, tra il 1928 e il 1932, si è confrontato su molteplici aspetti della vita intima, amorosa e relazionale dei partecipanti.

Lo stesso Breton, nel 1924, ha pubblicato il “manifesto del surrealismo”, facendosi alfiere del movimento.

Tra coloro che hanno animato questo dibattito surreale e “surrealista” spiccano i nomi di Pierre Unik, Jacques Prévert, Marcel Noll, Paul Eluard e Marcel Duhamel. Tra i più vivaci, provocatori ed audaci animatori del dibattito vi era proprio André Breton.

Di seguito uno dei passaggi più interessanti:

Ernst: siete monogami? Ossia pensate che esista una donna che vi sia destinata, a esclusione di qualsiasi altra donna?
Breton: certamente.
Ernst, Sadoul, Noll: Sì, senza dubbio.
Unik: Sì (dubbioso).
Queneau: No, mai. Nessuna donna potrà mai soddisfarmi, né rendermi monogamo. E, poi, mer*a!
Breton: Protesto contro quest’ultima parola.
Ernst: Anch’io!
Breton: Ritengo equivalga a negare l’amore nel modo più assoluto.
Péret, Noll, Ernst: Sono d’accordo.
Queneau: Non vedo perché.
Breton: Affari vostri. E con ciò rispondo alla vostra interiezione.
Alexandre: Ho amato una sola donna nella mia vita e amo una sola donna nella mia vita.
Péret: Prévert?
Prévert: Assolutamente, completamente, si sottolinei, monogamo.
Ernst: Preciso. Monogamo significa: “Innanzitutto, credete in un destino?”. Se siete surrealisti, credete in un destino.
Breton: Protesto contro quest’ultima frase.
Alexandre: Si potrebbe dire con maggior chiarezza: “Avete incontrato una donna che vi era destinata?”. Io l’ho incontrata.
Duhamel: Credo che sia impossibile rispondere.
Tutti: Perché?
Queneau: Sino ad ora non ho incontrato nessuna donna con cui si possa vivere. Forse potrà anche accadermi, ma sono assolutamente certo che non l’incontrerò mai.
Prévert: Nessuno può protestare contro questa affermazione.
Breton: Io! Non so se ho incontrato questa donna. Se l’ho incontrata, per me non è perduta. Altrimenti, sono sicuro di incontrarla.
Alexandre: Ho incontrato questa donna, sono sicuro che l’ho perduta.
Péret: Non l’ho incontrata, ma spero con tutte le mie forze di incontrarla.
Queneau: Complimenti per l’ottimismo di Péret.
Breton: Rammarico per il pessimismo di Queneau.
Péret: È l’unico ottimismo che io abbia.
Noll: Sono assolutamente sicuro di incontrarla. Tutti i miei atti sono motivati da una simile speranza.
Sadoul: Credo di aver incontrato questa donna e di averla perduta. La mia unica speranza è di ritrovarla in un’altra.
Alexandre: Facendo seguito a quello che dice Noll, tutti i miei atti sono motivati da tale perdita.
Ernst: Mi chiedo per qual motivo certuni ancora in vita, Queneau per esempio; regalerei loro volentieri un pezzo di corda.
Queneau: Morirei volentieri per l’amore o per la rivoluzione, ma so benissimo che non incontrerò né l’uno né l’altra.
Breton: È il tipico discorso contro – rivoluzionario, ed è il tipico discorso contro l’amore.
Unik: Non credo che si possa parlare di positivismo a proposito di quello che dice Queneau.
Queneau: Una qualsiasi fiducia nei confronti della vita mi pare antisurrealista.
Breton: A queste condizioni, sono contro il surrealismo come lo intende Queneau.
Péret: Sono del tutto d’accordo con Breton: è l’unico senso che attribuisco al surrealismo.
Alexandre: Penso il contrario di quello che pensa Queneau.
Breton: La questione è mal posta. Non si tratta di aver fiducia nella vita. In qualche modo, ne risponde il nostro non – conformismo; tuttavia, nella vita c’è solo una cosa che non ci sia sbarrata e interdetta, ed è l’amore.

La conclusione di André Breton eleva l’amore al rango dell’esperienza che permette all’uomo di superare le angustie dei propri limiti e dei propri difetti. Rispetto al destino evocato dai surrealisti, l’amore costituisce la forza che scompagina l’ordine esistente, riscrivendolo.

L’articolo completo, con intervento di Artaud, è disponibile sul sito.

Per approfondire:
-Archivio del surrealismo – “Ricerche sulla sessualità”;
-Gauthier Xaviere – “Surrealismo e sessualità”;
-Desmond Morris – “Le vite dei surrealisti”.

Cari Amici,sabato 6 settembre sarò a Locri, ospite di MitiCU!, Festival del Mito e della Cultura Greca.L’edizione di que...
01/09/2025

Cari Amici,
sabato 6 settembre sarò a Locri, ospite di MitiCU!, Festival del Mito e della Cultura Greca.

L’edizione di quest’anno è dedicata al dio “Dioniso, il doppio”.

Interverrò alle ore 18, nel panel dal titolo: “L’eredità di Dioniso: da Nietzsche a Pasolini”.

Avrò l’onore della lectio inaugurale, dedicata alla “Nascita della tragedia tra apollineo e dionisiaco”.

PLATONE E IL MITOPlatone è stato una delle figure più rilevanti della cultura occidentale. Il suo impatto sul pensiero è...
28/08/2025

PLATONE E IL MITO

Platone è stato una delle figure più rilevanti della cultura occidentale. Il suo impatto sul pensiero è tale che il lo studioso Whitehead ha affermato: “la filosofia è una serie di note a pié di pagina Platone”.

Nel corso della sua lunga vita, Platone si è dedicato a molteplici aspetti del sapere, compresa la politica, la mitologia, il bene e la giustizia. Tra gli allievi prediletti di Socrate, il filosofo ha visto il suo maestro ve**re processato e condannato a morte.

Dopo aver vissuto in prima persona l’esperienza drammatica della lunga guerra del Peloponneso, conclusasi con la sconfitta di Atene, sua città natale, Platone ha dato corpo ad una ricca riflessione sul tema del governo della città.

Il concetto di “εὐνομία”, buon governo, è centrale nel pensiero di Platone. Secondo il filosofo, l’unica possibilità per avere il buon governo nella città, evitando abusi di potere e le degenerazioni della corruzione, è affidare la guida della città ai filosofi.

Platone ha fatto sia l’esperienza dell’Atene democratica, dominata dalle emotività dell’assemblea popolare e guidata dal primato di Pericle, sia ha studiato il sistema aristocratico che per breve tempo ha governato la città, nei momenti di maggior difficoltà militare durante la guerra.

Nella politica platonica è centrale il ruolo del mito: secondo il filosofo, chi governa la città deve porre grande attenzione ai miti che circolano tra i giovani; il rischio è di indurre la corruzione, il conflitto, per la circolazione di miti che invece di esaltare la virtù mettono al centro i vizi.

Attraverso la voce di Socrate, Platone si chiede se non siano proprio certi miti ad alimentare nei giovani il timore, la debolezza, la fragilità dell’essere umano.

Per questo Platone afferma:

“Non direi proprio che sia materia da doversi senza problemi raccontare ai giovani ancora immaturi. Penserei, anzi, che andrebbe, in linea di massima, tenuto segreto, e se proprio non si potesse fare a meno di dirlo, che andrebbe riferito sotto il vincolo del silenzio…

E tantomeno andranno riferiti a un giovane, perché in tal modo egli si sentirebbe ripetere che non c’è nessuno scandalo a commettere iniquità, anche le più gravi, che neppure ce ne sarebbe a punire con qualsiasi mezzo il proprio padre quando le abbia commesse, perché in tali cose non farebbe che seguire l’esempio dei primi somme dèi.

E poi, se davvero vogliamo che i futuri custodi della città ritengano assolutamente negativo l’azzuffarsi fra loro per futili motivi non bisogna neppure sostenere che gli dèi si combattono e tramano l’uno contro l’altro, alimentando reciproche contese. E inoltre facciamo di tutto per evitare a loro racconti o rappresentazioni di gigantomachia, o di esempio in cui dèi ed eroi si dimostrano ostili a propri congiunti o parenti.”

Platone, “Repubblica”

Platone ha cercato più volte di dare concretezza ai propri progetti filosofici: più volte il filosofo si è recato nella Sicilia e nella città di Siracusa, nel tentativo di dare corpo al governo filosofico che immaginava potesse finalmente dare il buon governo ai greci.

Perché il filosofo è così ostile alla libera circolazione dei miti?

Sottolinea Platone:
“in effetti i giovani non sono in grado di distinguere il significato allegorico da quello letterale, e d’altra parte l’opinione che si fa quell’età, risulta poi immodificabile difficile da correggersi. Per questo motivo sarebbe della massima importanza che i primi racconti che recepiscano siano finalizzate alla virtù, quanto meglio è possibile.”

Il filosofo non riuscirà tuttavia mai a dare corpo al propria progetto politico; più volte respinto e allontanato, si ritirerà nella sua scuola.
Nella sua esperienza possiamo cogliere, come sottolinea Indelicato, un “sentimento tragico”:

“la tragicità della rinuncia a un programma perfetto pertanto irrealizzabile in questo mondo, la tragicità nel comprendere che spesso mancano le premesse, le fondamenta, pertanto bisogna rinunciare ai propri desideri, riassestando la propria serenità a partire dalle condizioni preesistenti reali.
In questo senso, il mito descrive la realtà e la tragicità dell’esperienza e, forse non è un caso che Platone, proprio a cavallo di questa argomentazione tra educazione dei giovani circolazione e diffusione dei miti, farà dire a Socrate: “ho l’impressione di essere un maestro buffo, confuso”.”

L’articolo completo è disponibile sul sito.

Per approfondire:
Platone – “Repubblica”;
Indelicato – “Per una filosofia del tragico”;
Grecchi – “Il filosofo e la politica”.

Indirizzo

Naples
80131

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