Dott. Andrea de Lise - Psicologo

Dott. Andrea de Lise - Psicologo Sono uno psicologo e psicoterapeuta in formazione. Svolgo la mia attività professionale tanto dal vivo, a Napoli e a Boscoreale, quanto online.

Tutte le persone che si rivolgono a me vogliono stare meglio: è sempre mio interesse raggiungere questo risultato nel miglior modo possibile e nel minor tempo possibile. Sono disponibile eventualmente anche a dei colloqui domiciliari nella città di Napoli, da definire di volta in volta. Contattatemi per maggiori informazioni e per definire un appuntamento, anche serale in caso di consulenza online.

Carissimi,partendo dal presupposto che ogni gruppo umano, di qualsiasi natura, possa essere equiparato a un organismo vi...
30/08/2025

Carissimi,
partendo dal presupposto che ogni gruppo umano, di qualsiasi natura, possa essere equiparato a un organismo vivente, anche una realtà sociale organizzata come una città può a pieno titolo essere considerata tale.

La ricerca che sto conducendo, all'interno della cornice di una tesi dedicata allo studio dei gruppi sociali come organismi viventi, ha l'obiettivo di indagare lo "stato di salute" della città di Napoli.

Se volete aiutarmi a scoprire qual è lo stato di salute della città potete compilare questo questionario, e magari anche condividerlo in giro con altri napoletani, de iure o de facto (cioè chi ormai frequenta da tempo attivamente la città)

Grazie mille!
E per qualsiasi dubbio, domanda, curiosità, tanto sulla ricerca così come sulla tesi, il mio Messenger è sempre aperto!

Gentile partecipante, partendo dal presupposto che ogni gruppo umano, di qualsiasi natura, possa essere equiparato a un organismo vivente, anche una realtà sociale organizzata come una città può a pieno titolo essere considerata tale. La ricerca che sto conducendo, all'interno della cornice di un...

Vivere le esperienze sensoriali ci permette di provare un grande piacere.Ci sono situazioni nelle quali, però, le esperi...
17/07/2024

Vivere le esperienze sensoriali ci permette di provare un grande piacere.

Ci sono situazioni nelle quali, però, le esperienze vissute non danno alcuna soddisfazione né appagamento.

Parliamo in questo caso di anedonia, un termine coniato alla fine dell'Ottocento proprio per descrivere un'insensibilità al provare piacere.

L'anedonia è un sintomo e non un disturbo a sé stante. Accompagna infatti altre patologie e disturbi, ma non lo è a sua volta.

È bene inoltre sottolineare come l'anedonia possa essere completa o parziale, quando ad esempio l'assenza di piacere è confinata a un solo ambito specifico. Inoltre, può essere una condizione temporanea o costante nel tempo, ma questo dipende dalla problematica cui questa sintomatologia è associata.

L'anedonia quindi può appiattire le emozioni, in parte o completamente, con ripercussioni significative nelle attività quotidiane. L'anedonia è spesso associata a:
🔹 rabbia
🔹 tendenza a isolarsi
🔹 irritabilità
🔹 indifferenza per ciò che accade interno
🔹 tristezza
🔹 malinconia

Per curare l'anedonia è prima di tutto necessario delineare un quadro completo delle condizioni della persona, individuando le condizioni a cui questo sintomo è legato.

Lo stress fa "ve**re" i capelli bianchi?A tutti sarà capitato almeno una volta di imbattersi nella frase "mi sono venuti...
11/07/2024

Lo stress fa "ve**re" i capelli bianchi?

A tutti sarà capitato almeno una volta di imbattersi nella frase "mi sono venuti i capelli bianchi per lo stress", o per chi usa i social da diversi anni in un meme ormai meno ricorrente ma che generalmente recita qualcosa tipo "lavorare non è stressante, lo dice Pinco Pallino, 25 anni" con l'immagine di un uomo anziano.

La connessione fra stress e invecchiamento è ormai dimostrata scientificamente, quindi alla domanda possiamo rispondere di sì.

Momenti di forte stress - come la perdita di una persona cara, il troppo lavoro, la rottura di una relazione, l'eccessiva responsabilizzazione, una malattia invalidante, ecc. - possono causare un invecchiamento precoce.

Gli studi epigenetici hanno dimostrato come esperienze stressanti possono modulare l'espressione dei geni e quindi l'età biologica, e possono farlo anche nel giro di poche settimane o mesi.

Tutto ciò predispone un circolo vizioso nel quale si è maggiormente predisposti alle malattie, e queste vanno ad amplificare lo stress, contribuendo a renderlo cronico e/o ad ampliarne e rafforzarne la cronicità.

Tuttavia, c'è una buona notizia: è anche possibile rallentare e preve**re l'invecchiamento biologico. Ed è possibile farlo anche tramite percorsi psicocorporei, per i quali mente e corpo sono strettamente interconnessi tanto nella manifestazione sintomatologica o patologica tanto nel processo di guarigione.

Questi percorsi non vanno però visti come sieri per l'immortalità o elisir di lunga vita, ma semplicemente come strategie e strumenti che consentono di preve**re potenziali fattori di rischio e vivere una vita più piena, sana e funzionale.

Probabilmente chiunque di noi si sarà sentito almeno una volta scoraggiato all'idea di dover ritornare a lavoro dopo un ...
20/06/2024

Probabilmente chiunque di noi si sarà sentito almeno una volta scoraggiato all'idea di dover ritornare a lavoro dopo un piccolo periodo di vacanza o di pausa (fosse anche solo un weekend, soprattutto se un po' più lungo o diverso dal solito).

L'idea di rientrare nella classica routine di giornate tutte uguali, orari rigidi, e poco tempo a disposizione è sicuramente molto stressante.

La routine di per sé può avere degli elementi positivi, quando si fanno ripetutamente cose che fanno stare bene, ma altre abitudini invece sono spesso imposte, e a lungo andare possono diventare molto dannose.

La routine lavorativa può generare quella che dal 2007 viene chiamata boreout (dall'unione dei termini boredom - noia - e burnout), ovvero un esaurimento di noia che può avere delle forti conseguenze sul benessere e sulla salute di qualsiasi individuo.

I sintomi del boreout sono molto simili a quelli del burnout, fra cui depressione, insonnia, svogliatezza e tutta una serie di ripercussioni fisiche come vertigini, mal di testa, maggior predisposizione alle infezioni e disturbi gastrointestinali.

È sempre bene ricordare che il boreout non è pigrizia: questa condizione è principalmente causata da un'eccessiva rigidità lavorativa, sia dal punto di vista metodologico che orario.

Per risolvere alla radice la problematica del boreout è necessario prima di tutto modificare e migliorare una cultura del lavoro tossica, dove ancora permane l'idea che il tempo del lavoratore sia proprietà dell'azienda e che il tempo impiegato nel lavoro sia in qualche modo indice di produttività.

Questo tipo di routine meccanicizza il lavoratore, a prescindere dal ruolo ricoperto in azienda, disumanizzandolo e facendolo sentire unicamente parte di un meccanismo più grande, non così diversi dagli ingranaggi di una macchina.

Alla radice è possibile combattere il boreout superando l'idea fortemente radicata nella nostra società che il tempo dedicato al lavoro debba occupare gran parte della nostra giornata, al punto da non avere più tempo per altro.

Gli studi infatti dimostrano che soluzioni alternative come la settimana corta o la flessibilità oraria incrementano la produttività dei dipendenti.

Tuttavia, ciò apre un dibattito, dal momento che queste soluzioni non sono applicabili efficacemente in ogni tipo di attività lavorativa (almeno nel tessuto socio-economico attuale), ed è indubbio che alcune aziende possano applicarla con più successo e facilità rispetto ad altre.

È bene in ogni caso focalizzarsi sul proprio benessere e sentire le proprie emozioni e le proprie sensazioni: se l'ambiente lavorativo inizia a diventare una routine troppo dannosa cerchiamo un aiuto anche professionale, così da sviluppare strategie per tenere sempre a mente il proprio benessere senza sacrificarlo per il lavoro.

Se vi è mai capitato di sentirvi molto stanchi, apparentemente senza un motivo specifico, sappiate che non siete certo g...
14/06/2024

Se vi è mai capitato di sentirvi molto stanchi, apparentemente senza un motivo specifico, sappiate che non siete certo gli unici.

Ci troviamo infatti di fronte al fenomeno della stanchezza cronica, una vera e propria sindrome del mondo contemporaneo sempre più comune, soprattutto nei paesi maggiormente industrializzati.

La stanchezza cronica può colpire persone di tutte le età e di tutti i sessi, anche se è un po' più comune nelle donne. Inoltre, sembra si sviluppi principalmente fra i 25 e i 45 anni.

La stanchezza è una condizione che riguarda una grande fetta della popolazione mondiale, tuttavia va effettuata una distinzione fra la stanchezza fisiologica successiva a intensi sforzi (fisici o psichici che siano), dalla quale ci si riprende col riposo, dalla stanchezza cronica, che può invece diventare un problema invalidante e persistente nella vita dell'individuo.

La stanchezza cronica è una condizione multifattoriale che origina da stress acuti, da stress cronico o anche da problemi fisici. Ma la principale causa di stanchezza cronica è data dalla difficoltà di prendersi dei momenti di pausa, con la tendenza disfunzionale e dannosa di essere sempre connessi a continue forme di stimolazione che, inevitabilmente, generano forte stress.

La stanchezza cronica è originata quindi in gran parte dall'ossessione per l'iperattività e la tendenza sempre più forte al multitasking, nel tentativo di stare al passo con i ritmi di iperproduzione della nostra società capitalistica. In un contesto, tra l'altro, dove questi comportamenti sono visti come naturali, vengono rafforzati e vengono quindi interiorizzati dall'individuo.

Dobbiamo ricordarci che non siamo macchine, anche se spesso veniamo trattati come tali e finiamo per vederci noi stessi come tali: siamo esseri viventi e, in quanto tale, dobbiamo gestire le nostre energie, e avere i momenti per ricaricarle. La stanchezza non è altro che un segnale da parte del nostro organismo per avvertirci che bisogna fermarsi e ricaricarsi.

Quando ci sentiamo sovraccaricati cerchiamo di fare il punto della situazione, ascoltare la nostra stanchezza, capire le nostre priorità e le nostre esigenze, fermandoci e prendendoci degli spazi di benessere e di relax.

Avere cura di sé stessi e della propria salute non è mai un atto egoistico o di svogliatezza, ma un atto d'amore e di rispetto verso sé stessi.

E, se nonostante tutto la stanchezza permane, chiediamo aiuto: a un parente, a un amico, o anche a un esperto!

Vi è mai capitato di lavorare anche da ammalati, o di vedere colleghi o amici farlo? Se sì, ci troviamo di fronte a un c...
10/06/2024

Vi è mai capitato di lavorare anche da ammalati, o di vedere colleghi o amici farlo? Se sì, ci troviamo di fronte a un classico caso di presenteismo.

Il presenteismo è proprio l'atto, da parte di un lavoratore, di continuare a lavorare per non fermarsi e continuare a essere produttivi e performare, nonostante ci siano delle condizioni che, inevitabilmente, impattano sui livelli di produttività e concentrazione.

Queste condizioni generalmente sono dovute a una malattia, a un infortunio, a una condizione di stress eccessivo o condizioni di altro tipo.

Spesso il presenteista va a lavorare anche quando ha una malattia contagiosa, rischiando così di far ammalare altri colleghi o clienti.

Sono diverse le motivazioni alla base di questo comportamento, ad esempio:
🔹 il lavoratore non ha un contratto stabile e non può concedersi di perdere ore di lavoro se non rinunciando anche alle relative entrate economiche
🔹 il lavoratore pensa di essere insostituibile
🔹 è insito nella cultura del lavoro (ad esempio, in molti paesi del Sud Est Asiatico, dove è anche comune fare straordinari e lavorare fin quando non è il datore di lavoro ad andarsene)
🔹 i diritti del lavoratore non vengono rispettati e rischia conseguenze se dovesse cercare di farli valere
🔹 dipendenza da lavoro o workaholic
🔹 possibilità di carriera

È importante invece potersi concedere la possibilità di non andare a lavoro quando si sta male, dal momento che le conseguenze negative possono essere disparate, sia dal punto di vista individuale (scarsa produttività, esaurimento, stress aggiunto, frustrazione) sia dal punto di vista collettivo (rischiando ad esempio di trasmettere la propria malattia).

Ma è soprattutto importante ricordare che la nostra salute conta: e quando stiamo male dobbiamo concedersi il giusto tempo e i giusti modi per curarci, e non forzarci in situazioni che possono invece andare ad incrementare il malessere generale.

È possibile vivere senza stress?Lo stress è una risposta del nostro organismo a compiti di natura emotiva, cognitiva o s...
31/05/2024

È possibile vivere senza stress?

Lo stress è una risposta del nostro organismo a compiti di natura emotiva, cognitiva o sociale che la persona percepisce come eccessivi.

Questo vuol dire che un evento stressante per una persona potrebbe non esserlo per un'altra, e che possono risultare stressanti sia eventi piacevoli sia eventi spiacevoli.

Volendo quindi rispondere alla domanda che ci siamo posti, no: non è possibile vivere senza stress.

Tuttavia, non necessariamente lo stress provoca una reazione negativa sul nostro organismo. Possiamo infatti dividere lo stress in:
🔹 eustress, uno stress dal valore positivo, quando l'organismo mette in atto tutte le risorse necessarie per risolvere il problema nel più breve tempo possibile. In questo caso, risolto l'ostacolo l'organismo ritorna al suo naturale allentamento
🔹 distress, uno stress dal valore negativo, quando l'organismo non riesce a mettere in atto tutte le risorse necessarie per risolvere il problema o, comunque, rimane in un costante o semi-costante stato di allerta anche dopo che il pericolo è passato. Ciò può portare alle condizioni di stress che più conosciamo, come lo stress cronico, logorando l'individuo fino a farlo ammalare

Quando lo stress è molto forte, è bene valutare la possibilità di iniziare un percorso con un professionista, così da eliminare i sintomi, sviluppare strumenti e strategie e recuperare uno stato di allentamento e benessere

L'oroscopo è una delle forme di preveggenza più antiche dell'umanità, e riesce a sopravvivere ancora oggi con tante pers...
27/05/2024

L'oroscopo è una delle forme di preveggenza più antiche dell'umanità, e riesce a sopravvivere ancora oggi con tante persone che ci credono, vuoi per curiosità, per convenienza o per genuina convinzione.

Ma come fa l'oroscopo a "prenderci" (quasi) sempre? A descrivere effettivamente come ci sentiamo e le situazioni nelle quali ci troviamo?

Una spiegazione dell'astrologia è data dall'effetto Forer: un fenomeno per il quale ogni individuo, posto di fronte a un profilo che crede a lui riferito, tende a immedesimarsi convintamente in esso ritenendolo preciso e accurato, ma senza però rendersi conto che in realtà il profilo è strutturato in modo da essere abbastanza generico e vago da adattarsi al più ampio numero di persone possibili.

L'effetto Forer spiega l'astrologia, la divinazione in generale, alcuni tipi di test di personalità e molte pseudoscienze.

Gli aspetti che influenzano maggiormente la credibilità percepita sono:
🔹 quando la persona crede che l'analisi sia personalizzata
🔹 quando l'analisi elenca tratti generici e molto comuni
🔹 quando la persona crede molto nell'autorità dell'esaminatore (es. lo stesso primo esperimento di Bertram R. Forer)
🔹 quando l'analisi elenca perlopiù dei tratti positivi

Un altro fattore fondamentale che incide in questo effetto è che attualmente abbiamo troppa informazione da gestire, proveniente da troppi stimoli, anche non voluti: e gran parte di queste informazioni vanno in contraddizione fra loro.

Per questo motivo, quindi, si è più portati a cercare delle credenze semplici, positive, granitiche, che generano delle speranze, rendendoci però al contempo meno aperti a valutare opinioni troppo diverse o eccessivamente complesse.

Perché le persone criticano, diffamano e insultano di più online?È forse una domanda che ci si pone spesso, soprattutto ...
21/05/2024

Perché le persone criticano, diffamano e insultano di più online?

È forse una domanda che ci si pone spesso, soprattutto in seguito a fatti di cronaca significativi.

Per quanto non ci sia un accordo unanime sul significato del termine hater, generalmente sul web quelle persone che insultano e criticano per il solo gusto di farlo vengono definite tali.

Ma come mai è più semplice criticare online invece che dal vivo?

I motivi principali sono cinque:
🔹 anonimato, vero o percepito
🔹 asincronia e mancanza di contatto, che porta a un'alterata percezione del proprio impatto sugli altri
🔹 inferiore percezione di responsabilità
🔹 minimizzazione del potere delle autorità
🔹 predisposizione individuale e contesto nel quale si interagisce
Scorri il carosello per approfondire ognuno di questi punti!

Il fenomeno è molto ampio, e stando a diversi studi più del 20% degli utenti riporta di aver commesso attività di hating almeno una volta nella propria vita contro un perfetto sconosciuto.

Ricordiamo comunque che l'odio online è dannoso quanto quello dal vivo, e ha un forte impatto soprattutto sugli adolescenti e suoi giovanissimi.

Arginare il fenomeno non è semplice e farlo a monte richiede manovre che andrebbero ad intaccare altri aspetti etici su cui è stato costruito internet.

Per difenderci, però, possiamo usare gli strumenti che offrono i vari siti (cancellare i commenti, bloccare e segnalare) e offrire il nostro supporto, fosse anche solo per ascoltare, motivare o consultare, ai conoscenti che vediamo vittime di questi comportamenti.

Sognare a occhi aperti è un comportamento comune e normale. La capacità di farlo ci consente sia di provare piacere, ma ...
15/05/2024

Sognare a occhi aperti è un comportamento comune e normale. La capacità di farlo ci consente sia di provare piacere, ma anche di pianificare eventi futuri, distogliere la noia o persino risolvere dei problemi.,

Tuttavia, sognare a occhi aperti può diventare disfunzionale quando diventa difficile controllare questa capacità, e quando soprattutto il tempo impiegato nel sognare a occhi aperti va a compromettere il funzionamento della persona nei vari ambiti di vita.

In questo caso si parla di maladaptive daydreaming, tradotto in italiano come disturbo da fantasia compulsiva, ovvero una forma di fantasia compulsiva e dissociativa che coinvolge spesso scenari molto fantasiosi, elaborati e strutturati.

Il maladaptive daydreaming può provocare problemi in tutti i vari ambiti di vita: può compromettere la vita sociale o lavorativa di un individuo, alimentando l'angoscia e sostituendo le normali interazioni umane.

Una persona che ne soffre, infatti, passa anche oltre metà del proprio tempo immerso in fantasie molto vivide, vissute al pari di realtà alternative.

Chi se ne soffre trova difficile il ridurre o smettere di sognare a occhi aperti, e si sviluppa un rapporto di dipendenza nei confronti della fantasticheria.

Per quanto questa attività sia gratificante nel breve periodo, quando diventa un'abitudine costante che occupa diverse ore del giorno ogni giorno inizia a svilupparsi piano piano un malessere.

Questo perché le persone iniziano a vergognarsi o sentirsi in colpa per il tempo impiegato nel mondo alternativo, e si angosciano e spaventano per la loro incapacità nel controllare l'attività.

Il maladaptive daydreaming impatta negativamente sullo studio e sul lavoro, e compromette anche i bisogni fisiologici dal momento che vengono messi da parte per continuare a fantasticare.

Per superare questa problematica, è necessario rivolgersi a un professionista, e iniziare con esso un percorso calibrato sulla persona, analizzando la sua storia e sviluppando strategie e strumenti per riuscire a ridurre il tempo passato nella realtà alternativa.

Può capitare di mentire al proprio psicologo durante un percorso psicologico?La risposta è sì: aprirsi, anche con uno sp...
08/05/2024

Può capitare di mentire al proprio psicologo durante un percorso psicologico?

La risposta è sì: aprirsi, anche con uno specialista, può essere sempre molto complesso, dal momento che bisogna ammettere verità scomode anche per sé stessi, e mostrarsi anche nella propria vulnerabilità.

La tendenza a mentire durante un percorso psicologico è comprensibile alla luce dei normali e numerosi meccanismi interpersonali che si attivano nelle relazioni, e dunque anche in una relazione di aiuto.

Tuttavia, mentire in un percorso psicologico non è qualcosa di estremamente raro, e non è neanche un'azione terribile o ingiustificabile. La maggior parte dei pazienti, stando ad uno studio del 2016, ha mentito almeno una volta durante il percorso.

Ma perché capita di mentire?

I motivi principali sono tre:
🔹 timore del giudizio, il che porta spesso a mentire tramite omissioni
🔹 tendenza a non voler deludere il terapeuta, soprattutto se il paziente teme che non compiacendolo possa essere abbandonato
🔹 evitare di provare emozioni dolorose, con l'idea che l'evitamento di alcune situazioni apporti maggiori benefici che attraversandole

È comunque importante ricordare che uno psicologo non giudica chi ha di fronte: condividere in piena onestà i propri vissuti e le parti di sé meno piacevoli e dolorosi ci consente di ricevere pienamente aiuto e supporto, e rafforza la fiducia con il professionista, aumentando gli effetti benefici del percorso e riducendo il rischio di drop-out.

Quindi, riconoscere di aver mentito o omesso qualcosa nel percorso, ed aprirsi a queste riflessioni con lo specialista, può diventare un punto di svolta del percorso psicologico, nel quale lo psicologo ha anche il ruolo di accogliere, riconoscere ed elaborare con il paziente queste difficoltà così da costruire una relazione che sia più sicura, affidabile e forte.

Si può credere di essere fatti di vetro?Fra il XV e il XVII secolo in Europa, nelle classi nobili e più abbienti, era di...
26/04/2024

Si può credere di essere fatti di vetro?

Fra il XV e il XVII secolo in Europa, nelle classi nobili e più abbienti, era diffusa una specifica forma di patologia psichiatrica che portava l'individuo colpito a credere sostanzialmente di essere composto di vetro: la glass delusion, in italiano solitamente tradotta come delirio di vetro.

Quindi, temendo di essere di vetro, chi manifesta la glass delusion teme di essere estremamente fragile, e di poter infrangersi al minimo tocco e movimento.

Ciò porta la persona affetta da questo disturbo a limitare i contatti con gli altri e con gli oggetti e a muoversi il meno possibile, calcolando e limitando i propri movimenti così da non correre il rischio di infrangersi.

In quel periodo, gli oggetti in vetro si stavano diffondendo in Europa. E, essendo principalmente disponibili per le persone più ricche e i nobili, questo spiega come mai il delirio abbia colpito principalmente loro. Ed è normale, come dimostrato nel corso della storia, sviluppare deliri relativi a nuovi materiali o tecnologie con i quali non si è ancora pienamente familiari.

Il delirio di vetro è ormai praticamente inesistenti, con due soli casi certificati negli ultimi decenni. Inoltre, si correla a gravi disturbi psichiatrici e non si manifesta praticamente mai da solo.

Il primo caso noto di delirio di vetro è stato Carlo VI di Valois, re di Francia dal 1380 al 1422.

Indirizzo

Via San Cosmo Fuori Porta Nolana, 137
Naples
80142

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