
08/10/2021
Prima Guerra Mondiale. Uomini, Soldati, Eroi. La Chirurgia durante la Grande Guerra.
L’importanza dell’organizzazione del reparto sanitario può essere misurata quando ci si ferma a pensare che un esercito è composto da migliaia di uomini e animali, per i quali tutte le quotidiane comodità vitali sono assenti. L'organizzazione del settore sanitario durante la Grande Guerra deve affrontare disagi come: ferite, malattie e problemi psichici.
L’igiene è spesso un termine sconosciuto al soldato nonostante sia fondamentale per amministrare efficacemente un esercito. La sporcizia e il malessere non favoriscono la vita del soldato che risulta demoralizzato e frustrato. L’ufficio medico deve prestare attenzione a: smaltimento dei rifiuti organici (alimentari e umani), rifornimento alimentare, pulizia dei locali militari, approvvigionamento di medicinali, amministrazione di ospedali da campo e feriti di guerra, tutto ciò nel contesto ambientale della trincea e del campo di battaglia. Nella complessità della guerra questa organizzazione può sembrare impossibile ma il genio militare mette in moto una macchina che non solo sa gestire l’esercito ma è anche capace anche di accogliere i soldati e curarli affinché tornino utili alla nazione.
L'ambiente della trincea, umido e limitato in cui non mancano cadaveri ed escrementi, favorisce la proliferazione di infezioni e malattie. Una semplice lacerazione da filo spinato può trasformarsi in infezione batterica alla quale non sempre vengono in aiuto i vaccini disponibili. Malattie "caratteristiche delle trincee" sono: la dissenteria batterica, le affezioni reumatiche, le malattie veneree e la malaria. 100.000 circa sono i morti per malattia durante il conflitto, contro i circa 500.000 caduti in combattimento fino al 1918. Un numero alto di morti, dovuto solo in parte alle conseguenze di ferite, ma piuttosto alle disumane situazioni di vita nelle trincee.
Il trauma balistico è il principale impiego della interventistica immediata ed è necessario agire in tempi brevi per poter prevenire l'infezione della ferita. Nonostante ciò, a causa delle difficoltà poste dall'ambiente di guerra e dall’accumularsi di feriti nelle sale d'attesa, è quasi impossibile riuscire a curare tutti. Si creano situazioni di attesa in cui la momentanea medicazione effettuata sul campo diviene definitiva favorendo l'infezione o la necrosi dei tessuti. Alla ferita si aggiungono anche fattori esterni: il frammento balistico, penetrato attraverso gli indumenti, trascina con se brandelli di tessuto e la sporcizia del corpo del soldato. Nella maggior parte dei casi non risulta essere la ferita la causa del decesso, bensì l’infezione manifestatasi in seguito. Come si può notare spesso nel registro delle operazioni, la ferita balistica viene curata correttamente, ma, in seguito, si manifestano sintomi febbrili o infezioni che portano al decesso del soldato.
Analizzando le operazioni registrate nella Relazione al Ministero della Guerra di Andrea Marro emerge come le situazioni, in cui vengono a trovarsi i soldati in un ospedale chirurgico, siano essenzialmente cinque:
• Soldato amputato: l’arto danneggiato presenta uno stato di decomposizione troppo avanzato per cui è impossibile recuperarlo chirurgicamente e, al fine di preservare il corpo del soldato da infezioni secondarie, l’intero arto viene rimosso. Per stato di decomposizione si intendono sia lacerazioni balistiche che infezioni o cancrena diffuse. A causa della diffusione delle armi deflagranti, è frequente che i tessuti organici si mescolino l’uno nell’altro in tanti brandelli. Nella situazione bellica il medico chirurgo deve prendere decisioni ed effettuare operazioni veloci per cui, nel caso in cui un intervento richieda troppo tempo, l’amputazione risulta essere la scelta più veloce ed efficace.
• Soldato morto: nonostante molti soldati riescano a sopravvivere in seguito all’operazione, dimostrando sintomi di miglioramento nei giorni immediatamente successivi, è frequente che si sviluppino infezioni post operazione. Spesso la natura di queste infezioni è sconosciuta o indiagnosticabile e il soldato muore in seguito a febbri o malori. Solo successivamente si riesce a determinare la causa del decesso con l’autopsia che rivela errori chirurgici o infezioni interne. I soldati morti rappresentano una grave danno per il reparto ospedaliero, sia per la perdita di combattenti che per la perdita del tempo materiale.
• Soldato in corso di guarigione: i soldati con ferite più lievi vengono operati o medicati nelle postazione chirurgiche avanzate e successivamente smistati per essere inviati agli ospedali in cui continuano il percorso di guarigione.
• Soldato riconosciuto inoperabile: di fronte a situazioni critiche per ferite eccessive o per stati di decomposizione troppo avanzati, il medico chirurgo è costretto a dichiarare il soldato inoperabile e defunto.
• Soldato dimesso in ottime condizioni locali e generali: in seguito al periodo di guarigione all’ospedale da campo, il soldato completamente guarito viene indicato come pronto per tornare nel campo di battaglia.
• Soldato dimesso guarito.
Dai dati tratti dalle relazioni stilate si nota come la guarigione di un soldato, in seguito ad una ferita nel campo di battaglia, non sia così scontata. La maggior parte delle ferite diagnosticate sono nella zona addominale e a queste corrisponde il maggior numero di morti. Dall’analisi dei casi risulta che spesso le ferite balistiche nella zona addominale causano spargimento interno di feci e succhi gastrici i quali provocano decomposizione ed infezione nei tessuti. Molto probabilmente le ferite all’addome sono responsabili del maggior numero di decessi per la debolezza dei tessuti addominali; l’addome è una zona molto estesa e indifesa del corpo umano. A causa anche della mancanza di protezioni come il giubbotto anti-proiettile, è facile che un frammento balistico provochi molti danni ai tessuti interni. Risulta invece inconsueto come il tasso di mortalità per i feriti al cranio risulti così basso. In base a quanto riportato nelle relazioni sui feriti al cranio, le ferite, anche se mostrano materia cerebrale esposta, vengono disinfettate e successivamente chiuse chirurgicamente. Essendo pochi i casi di decesso, si può dedurre che le operazioni di neurochirurgia siano molto efficaci e precise. Nonostante ciò, nel caso in cui il paziente abbia perso materia celebrale, nulla può fare il chirurgo se non dichiararlo deceduto. Le operazioni redatte non si limitano a queste due zone, ma, a causa della mancanza di dati consistenti, non è possibile eseguire delle stime attendibili.
PER NON DIMENTICARE
Foto Archivio Storico Bibliothèque Nationale de France, colorata a conflitto terminato, ritrae Soldati Francesi che consumano il rancio appoggiati a delle bare che presto saranno riempite di compagni morti in combattimento, o per malattia, durante la Grande Guerra.
Déjeuner macabre au calvaire de Villers-au-bois », Pas-de-Calais, Mai 1915
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