30/08/2025
Un grande insegnamento di vita !
COCO CHANEL
Nessuno mi ha mai insegnato a cucire. Ho imparato con le dita sporche e il cuore affamato, cucendo non per passione, ma per sopravvivere.
Sono nata nella miseria più nera. Mia madre è morta quando avevo dodici anni, e mio padre—vile e vigliacco—ci ha abbandonati come si lascia un sacco vuoto per strada. Sono finita in un orfanotrofio freddo come l’inverno, dove l’unica voce era quella delle preghiere e il fruscio delle stoffe logore. Le suore mi insegnarono a cucire.
“Così avrai una vita decente, Gabrielle.”
Ma io non volevo una vita decente.
“Decente? Cosa vuol dire? Stare zitta e pulita?”
“Vuol dire non finire di nuovo per strada,” rispose una di loro.
Ma dentro di me c’era già un fuoco. Io non volevo restare a terra. Io volevo volare.
Ogni punto che affondavo nella stoffa era un grido, un’affermazione: io esisto. Nessuno avrebbe deciso chi sarei stata.
Quando iniziai a vendere cappelli, mi derisero.
“Una donna con un negozio tutto suo? Ma per favore.”
“La figlia del mercante ambulante vuole fare la stilista. Che ridicola ambizione.”
Ma non conoscevano la mia fame. Un giorno, un uomo entrò, guardò un mio cappello e disse:
“L’ha fatto lei? Ma è elegante… pensavo fosse di Parigi.”
“Lo è,” risposi. “Perché io sono Parigi. Anche se lei ancora non lo sa.”
Ogni cappello venduto, ogni vestito cucito senza regole, era un passo verso la libertà. Senza corsetti, senza padroni, senza paura.
Mi tagliai i capelli quando tutte li portavano lunghi.
“Sembri un uomo,” mi disse qualcuno.
“No. Sembro me stessa,” risposi. E, per la prima volta, mi piacqui davvero.
Mi chiamarono ribelle, insolente, perfino volgare. Ma mai mi dissero “docile”.
Ho visto le guerre, la fame, la chiusura dei miei negozi. Ho sentito il mondo dire che Chanel era finita. Che il suo tempo era passato.
Ma non mi conoscevano.
Sono tornata. Ho ricucito il mio nome come si ricuce una ferita. Chanel non era solo un marchio. Era una sfida. Un atto di ribellione contro il destino.
E se oggi una giovane stilista mi chiedesse:
“Di cosa sa il coraggio?”
Le risponderei:
“Di non mollare mai. Sa di profumo e cicatrici.”
E se potessi stringere la mano a quella bambina sola, in un letto d’orfanotrofio, le direi questo:
“Non lasciare che il fango in cui sei nata ti impedisca di fiorire. Perché i fiori più forti… sono quelli che nascono tra le rovine.”
Dal web
by Concy 🌹