21/02/2025
Vi racconto questa. Ormai da quasi dieci anni faccio circa tre incontri con le scuole ogni settimana, in tutta Italia. A volte sono medie, a volte superiori. Quando comincio, sto zitto un attimo, e poi dico "Alzi la mano chi ha un sogno".
Alle medie è una festa. Si alzano tutte le mani e tutti fanno a gara per ve**re al microfono e dirtelo, qual è il loro sogno: naturalmente il calciatore, ma anche tante cantanti, programmatori di videogiochi, chi dice che vuole viaggiare, chi fare i soldi.
Poi vado alle superiori. Qui le mani che si alzano sono molte meno. Ed è qui che il mondo si divide. Perché al Liceo la mano la alzano in tre quarti. Al professionale, se va bene, un quarto. E ci sono volte in cui la alza solo uno. Uno solo in tutta la scuola.
Quando si dice che la scuola italiana è classista, è di questo che stiamo parlando. Non è che il latino formi la mente mentre le materie più pratiche no; non è che al Liceo si sviluppa più l'aspetto umanistico e nelle altre scuole quello tecnico. È che ai professionali, spesso, ci finiscono ragazzi che hanno già smesso di sognare. Chiedetelo a chi ci insegna davvero, in quelle scuole. Chiedetelo a chi fa una fatica immane, davanti a muri di rabbia e rassegnazione.
Eppure sono ragazzi incredibili.
Ci parli e capisci che dietro ognuno di loro c'è un mondo, ma anche che quel mondo è spesso sepolto sotto coltri di mazzate che la vita gli ha già dato. E dovreste vedere come scrivono, alcuni. In bigliettini di fortuna, con italiano sgrammaticato e punteggiatura assente, ho trovato dei poeti: c'erano degli Ungaretti e dei Montale, ragazzi che se solo fossero ascoltati e incoraggiati a seguirli davvero dei sogni, quella mano la alzerebbero più in alto di tutti.
E allora mi chiedo: chi ha deciso che quei sogni valgono meno? Chi ha stabilito che certe mani debbano restare abbassate, che certi mondi debbano restare sepolti? (Nella foto: un ragazzo che ha creduto nei propri sogni!)
Enrico Galiano