Psicologa Psicoterapeuta- Dott.ssa Renata Barattini

Psicologa Psicoterapeuta- Dott.ssa Renata Barattini Dott.ssa Renata Barattini,
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale. Terapeuta EMDR.
Esp

LE MIE SPECIALIZZAZIONI

- Psicologa con iscrizione all'Ordine degli Psicologi della Sardegna n°2806
- Psicoterapeuta Cognitivo – Comportamentale (con votazione 50/50 e lode)
- Terapeuta EMDR
- Laurea magistrale in Psicologia dello sviluppo e dei processi socio-lavorativi con votazione 110/110 e lode presso l'Università degli studi di Cagliari;
- Esperta in "Psicopatologia dell'apprendimento" (Master di 2° livello con tesi dal titolo: "Alunni con DSA e ADHD. La personalizzazione del percorso scolastico: il Piano Didattico Personalizzato" - Università degli studi di Cagliari)
- Esperta in "autismo e disturbi dello sviluppo: basi teoriche e tecniche d'insegnamento comportamentali" - (Master di 1° livello Università degli studi di Modena-Reggio Emilia);
- Tecnico ABA in formazione (iscritta al registro nazionale dei tecnici ABA in formazione).

15/11/2025

I figli non soffrono perché mamma e papà si separano. La vera ferita non nasce da una firma su un foglio o da due case diverse. Nasce quando assistono a due persone che un tempo si amavano e che ora si feriscono. I figli stanno male quando vedono il padre e la madre parlarsi con rabbia, guardarsi con rancore, combattere una guerra che non li riguarda, ma che finisce per colpirli ogni giorno. Un bambino non ha bisogno di una coppia a tutti i costi. Ha bisogno di un papà e di una mamma che sappiano rispettarsi anche da lontano.
La sofferenza non è la separazione, ma il veleno dei litigi, delle parole cattive, del dolore che si respira in casa. Quando un genitore sceglie di restare in una relazione solo per i figli, in realtà non li protegge, li carica di un peso che non dovrebbero portare. Un giorno quei figli sentiranno il peso di una colpa che non è la loro, convinti che la loro felicità abbia tolto libertà ai genitori. La verità è che un figlio cresce sereno solo quando vede due adulti capaci di guarire da soli le proprie ferite, perchè solo così imparerà che la sua felicità non dipenderà mai da qualcun altro, ma dalla forza che porta dentro di sè.

03/11/2025

"Io credo che il nostro senso di stare al mondo sia sopratutto: accorgersi. Accorgersi di come stanno gli altri, di chi chiede aiuto in silenzio, della sua fatica a stare al mondo, del peso che ogni giornosi porta appresso.
Accorgersi che dietro un “Va tutto bene”, “va tutto male”. Accorgersi semplicemente".

02/11/2025

Oggi è la Festa/Commemorazione dei morti🧡
Un pensiero ogni giorno, per chi ama prendersi un momento per sé 🍃 Se è quello che stai cercando ❣️con un click lo trovi sul nostro sito www.ilcalendariofilosofico.it

29/10/2025
28/10/2025

👧👦 Neuropsichiatria infantile

Se tuo figlio o tua figlia, da 0 a 16 anni, ha bisogno di una visita neurologica per problemi come:
✅ cefalea
✅ epilessia
✅ disturbi del sonno
puoi rivolgerti all'ambulatorio di Neuropsichiatria infantile del reparto di Pediatria dell'ospedale San Martino di Oristano.
📌Le prestazioni si prenotano tramite CUP

Se tuo figlio o figlia, da 0 a 18 anni, necessita di una presa in carico multidisciplinare (prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione) delle patologie
✅neurologiche
✅psichiatriche
✅intellettive
✅ neuropsicologiche
puoi rivolgerti alla struttura complessa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza afferente al dipartimento di Salute mentale della Asl 5 di Oristano, presente con diverse sedi sul territorio.
📌 Le prestazioni devono essere prenotate contattando direttamente la struttura (non tramite Cup).

Leggi la notizia 👉 https://bit.ly/47f4lIw

30/09/2025
25/08/2025

La chiusura del gruppo social in cui oltre 30.000 uomini si scambiavano immagini intime di donne non è un incidente isolato. È il sintomo di una malattia culturale profonda, le cui radici affondano nel terreno fertile del patriarcato e del maschilismo tossico. Per comprendere come un simile orrore possa essere normalizzato, dobbiamo prima guardare all'ideologia che lo nutre, e solo dopo ai meccanismi psicologici che lo amplificano.

IL PATRIARCATO COME MANUALE D'ISTRUZIONI

Questi gruppi non nascono nel vuoto, ma sono l'espressione digitale e tossica di un modello culturale che da secoli insegna agli uomini a definire la propria identità attraverso il dominio. Al centro di questo modello si trova il concetto di mascolinità egemonica, spiegato da Raewyn Connell, che costruisce l'essere "uomo" in opposizione al femminile e attraverso l'esercizio del potere. In questa visione, dove la virilità si misura con la capacità di controllare, la condivisione non consensuale di foto intime diventa un brutale atto di possesso: il corpo della donna viene espropriato e trasformato in un trofeo da esibire al branco per riaffermare un potere maschile fragile e predatorio.

Per esercitare questo controllo senza provare empatia, è necessario un passaggio psicologico centrale: la deumanizzazione. Come ha sottolineato Susan Fiske, questo meccanismo riduce le persone a oggetti, spogliando la donna della sua identità di individuo con una storia, dignità ed emozioni. Diventa così un corpo frammentato, una "cosa" da consumare, giudicare e scartare, e solo in questo modo la violenza smette di essere percepita come tale, perché si agisce su un oggetto e non su un essere umano.

IL CONSENSO CANCELLATO: IL CUORE DELLA VIOLENZA

Dobbiamo essere cristallini su un punto che non ammette ambiguità: il consenso non è un dettaglio, è il netto confine tra un atto di intimità e un atto di violenza. In questi gruppi, ogni singola immagine condivisa rappresenta un confine violato. Il consenso dato in un contesto privato e di fiducia (ad esempio, all'interno di una relazione di coppia) non è un assegno in bianco. Non autorizza in alcun modo la diffusione pubblica di quel materiale. L'atto di prendere quell'immagine e darla in pasto a migliaia di estranei è un tradimento profondo e un'affermazione di potere assoluto: significa comunicare alla vittima che il suo "no", la sua volontà e il suo diritto alla privacy non hanno alcun valore. Si tratta di una violenza psicologica ed emotiva devastante, che cancella l'autonomia della persona e la trasforma in un oggetto a completa disposizione del volere altrui. Non è "leggerezza", è un abuso.

"MIA MOGLIE", "LA MIA RAGAZZA": IL POSSESSO CHE GIUSTIFICA IL TRADIMENTO

Ciò che rende questo fenomeno ancora più inquietante e perverso è che le vittime non erano anonime estranee, ma le proprie compagne, mogli, fidanzate. Il nome stesso del gruppo, "Mia Moglie", è una dichiarazione programmatica. L'aggettivo possessivo "mia" non indica affetto, ma proprietà. Rivela una mentalità patriarcale radicata per cui la partner non è un individuo autonomo, ma un'estensione di sé, un bene di cui si può disporre a piacimento. In quest'ottica distorta, condividere le sue foto intime non è visto come un tradimento della fiducia coniugale, ma come l'esercizio di un diritto di proprietà sul suo corpo. È un atto che si svolge su un doppio binario: da un lato, si cerca la complicità e l'approvazione del branco maschile ("guardate cosa possiedo"), dall'altro si punisce e si umilia la partner, riaffermando il proprio controllo su di lei proprio all'interno della relazione più intima. È la massima espressione di un amore che non è amore, ma dominio.

Il DESIDERIO DELL'UMILIAZIONE

È fondamentale soffermarsi su come la sessualità stessa venga percepita in questi contesti. Quella che vediamo in azione non è espressione di desiderio o di erotismo, ma la sua negazione: è una sessualità usata come arma di potere e linguaggio del dominio. Il punto centrale non è l'attrazione, ma il possesso. Per poter condividere l'immagine di una donna in quel modo, è necessario prima averla spogliata della sua soggettività, trasformandola in un trofeo. Il corpo femminile diventa merce di scambio sociale all'interno del branco maschile, un oggetto da esibire per ottenere approvazione e consolidare il proprio status nel gruppo.

In questo processo, l'intimità originale viene rubata, violata e data in pasto al pubblico ludibrio. Un momento privato, basato sulla fiducia e sul consenso, viene trasformato in un atto di pornificazione e umiliazione di massa. La sessualità cessa di essere un'esperienza di connessione reciproca per diventare uno strumento unilaterale di sottomissione. È la massima espressione di una mascolinità tossica che non sa vivere la relazione se non in termini di conquista e controllo, e che teme una sessualità paritaria basata sul rispetto del desiderio altrui.

IL BRANCO DIGITALE: COME IL GRUPPO AMPLIFICA LA VIOLENZA

Se il patriarcato fornisce il "manuale", il gruppo digitale diventa il "laboratorio" in cui queste dinamiche vengono messe in pratica e potenziate, un luogo dove persone comuni si trasformano in complici di una violenza sistematica. La forza del branco si cementa innanzitutto attraverso la creazione di un "noi" contro un "loro", come spiegato dalla teoria dell'identità sociale di Tajfel: il "noi" degli uomini del gruppo si rafforza proprio umiliando il "loro", le donne ridotte a oggetti. In questo contesto, la condivisione del "bottino" cessa di essere un atto individuale per diventare un rito di appartenenza che consolida la lealtà reciproca. A questo potente meccanismo si aggiunge l'anonimato dello schermo, che assolve e incoraggia.
Mentre la donna diventa un oggetto, un corpo da esibire, l’uomo , senza volto disperde nella chat se stesso. La vastità del gruppo crea un effetto di deindividuazione, come teorizzato da Philip Zimbardo, in cui l'individuo si sente una goccia indistinta in un oceano, perde il senso di responsabilità personale e si sente autorizzato a compiere atti che non oserebbe mai fare da solo, poiché la colpa si dissolve nella massa. Infine, il silenzio delle migliaia di "spettatori" non è stato affatto neutrale. Come dimostra l'effetto testimone di Darley e Latané, più persone assistono a un'ingiustizia, meno ciascuna si sente responsabile di agire. Quel silenzio assordante è stato un'approvazione tacita, il terreno fertile che ha permesso alla violenza di prosperare senza ostacoli.

LA COSCIENZA ADDORMENTATA: "È SOLO UNO SCHERZO"

Infine, come fanno questi uomini a convivere con le proprie azioni? Attraverso il disimpegno morale, come descritto da Albert Bandura. Mettono a tacere la propria coscienza con una serie di auto-giustificazioni: "è solo goliardia", "guardavo soltanto" (minimizzazione), "lo fanno tutti" (diffusione di responsabilità). Questo permette di essere crudeli senza sentirsi crudeli.

DALLA CONSAPEVOLEZZA ALL'AZIONE: IL NOSTRO RUOLO

La chiusura del gruppo è un intervento sul sintomo, non sulla malattia, perché la cultura che l'ha generato è ancora qui, tra noi.

Il primo passo fondamentale è quindi riconoscere le sue radici, smettendo di trattare la violenza di genere come un'emergenza o un raptus isolato per iniziare finalmente a considerarla per quello che è: un problema strutturale. Affrontare un problema di questa portata richiede un intervento culturale altrettanto profondo, che deve partire dall'educare a una mascolinità diversa, promuovendo modelli di identità maschile fondati sul rispetto, l'empatia e la parità. Questo percorso inizia con l'educazione dei figli ma prosegue e si consolida nelle conversazioni quotidiane tra adulti.

Questa trasformazione non può essere delegata, perché la responsabilità è di tutti, qui e ora. È necessario agire e non solo osservare: segnalare, denunciare, uscire dai gruppi tossici e trovare il coraggio di contestare una battuta sessista.
Ogni gesto conta.

13/08/2025

💔 Le 7 donne che un narcisista fiuta a distanza.

Perché certe donne non vogliono l’amore.
Vogliono l’espiazione.
Vogliono redimersi attraverso la ferita.
E il narcisista arriva come un boia col profumo dell’incanto.

Alcune donne non cercano affetto.
Cercano una pena.
Una condanna travestita da relazione.

E lui lo sa.
Lo sente dal modo in cui abbassi lo sguardo.
Dal silenzio con cui giustifichi l’ingiustificabile.

Ecco le 7 tipologie di donne più a rischio di cadere fra le grinfie di un narcisista:

1. La Salvatrice
Vuole salvare l’uomo ferito. Ma finirà svuotata. Perché il narcisista non guarisce: si nutre.

2. La Figlia Non Vista
Ha imparato a non chiedere troppo. A sorridere anche col cuore rotto. E lui la sceglie, perché sa che non scapperà.

3. La Guerriera Stanca
Ha lottato troppo. Vuole solo pace. Ma non vede che il narcisista le venderà la guerra come amore passionale.

4. La Romantica Illusa
Crede che l’amore vinca tutto. Anche l’abuso. Anche l’indifferenza. Ma il narcisista è immune ai suoi sogni.

5. La Donna Forte Fuori, Fragile Dentro
Mostra indipendenza, ma ha un bisogno disperato d’amore. E lui se ne accorge. E la seduce come un’eco dell’infanzia mai amata.

6. La Figlia della Madre Tossica
È cresciuta sentendosi colpevole anche solo per esistere. E continuerà a chiedere perdono anche quando non ha colpa.

7. La Ribelle Senza Guarigione
Sfida il mondo, ma ha dentro una crepa. E il narcisista entra proprio da lì, promettendo rivoluzioni. Portando solo distruzione.

Non è colpa tua.
Ma è tua responsabilità riconoscerlo.
E smettere di sanguinare per chi ti taglia.

Manuele Dalcesti su Essere Indaco

11/08/2025

22/07/2025

Un adolescente non smette mai davvero di avere bisogno d’amore.
Smette soltanto di chiederlo.

Molti genitori credono che il figlio non voglia più affetto perché non lo cerca più.
Ma spesso la verità è un’altra, più silenziosa e dolorosa: ha smesso di chiederlo perché ha imparato che non arriverà.

A tre anni ti abbraccia come se fossi il suo intero universo.
A tredici ti respinge… ma dentro, il cuore gli trema.
E se in quel momento non sei tu ad avvicinarti, se non trovi il coraggio di oltrepassare il muro che si è creato tra voi — quel muro fatto di rabbia, vergogna, silenzi — il legame comincia a raffreddarsi.
Non per mancanza d’amore. Ma per mancata risposta.

🎬 Una scena vera, semplice come la vita:
Una lite.
Il figlio urla, sbatte la porta, si chiude nella sua stanza.
La madre resta ferita, umiliata, spaventata anche.
Decide di non seguirlo.
Pensa:
“Ormai è grande. Che impari a calmarsi da solo.”

Ore dopo, lui è ancora lì, nel buio della sua stanza.
Sdraiato sul letto, a fissare il soffitto.
Vorrebbe chiedere scusa, ma non sa come.
Vorrebbe un abbraccio, ma non sa se può ancora permetterselo.
Così si addormenta con una frase che non ha mai avuto il coraggio di dire:
“E se non mi volesse più bene come prima?”

🧩 Un gesto semplice, ma potente:
Dopo una discussione, aspetta che si siano calmate le acque…
Poi avvicinati. Non come chi deve vincere, ma come chi vuole ricucire.
Appoggia la mano sulla sua spalla.
E di’:
“Sono qui.”
Nient’altro.
Né lezioni, né rimproveri.
Il corpo parla, quando le parole si inceppano.
E a volte, un abbraccio guarisce più di qualsiasi spiegazione.

🛠️ Un consiglio vero, che viene dall’osservare con attenzione:
Molti adolescenti rifiutano il contatto fisico…
Non perché non lo desiderino. Ma perché non sanno più come accoglierlo senza sembrare fragili.
E tanti genitori si allontanano per orgoglio, per paura di essere respinti, o perché aspettano che sia l’altro a fare il primo passo.

Ma la maturità emotiva è proprio questo:
dare, anche quando l’altro non trova le parole per chiedere.
Un abbraccio non toglie autorità.
Ricorda solo che, anche nei momenti più tesi, l’amore resta.
E per un adolescente che si sente perso, questo vale più di qualsiasi regola.

Quella sera non si dissero più nulla.
Lei aspettava che fosse lui ad avvicinarsi.
E lui aspettava che lei lo venisse a cercare.

Ma l’orgoglio è un muro che non crolla da solo.
E l’amore, quando resta chiuso per paura, può sembrare abbandono.

Il ragazzo si addormentò senza piangere…
ma con il cuore stretto in una domanda che faceva più male di ogni castigo:
“E se non fossi più degno del suo abbraccio?”

EMPATIA 🌸

Indirizzo

Via Marche 21b
Oristano
09170

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 13:00
16:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 13:00
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Mercoledì 09:00 - 13:00
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Giovedì 09:00 - 13:00
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Venerdì 09:00 - 13:00
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Mi presento

Se ho bisogno di un professionista lo cerco in vari modi (tramite passa parola, tramite internet....) e mi informo se possa essere d’aiuto al mio bisogno. Perciò credo sia importante presentarsi, come quando ci troviamo in mezzo a persone non conosciute. Io sono Renata Barattini. Psicologa, non solo.

Ma qua mi presento nel mio lato lavorativo. La psicologia mi ha sempre appassionato, ma non da subito. Dopo il diploma ero disorientata alla domanda: “che lavoro ti piacerebbe fare nella tua vita?”. Sicuramente volevo raggiungere la laurea, ma non capivo bene in cosa. Poi mi sono diretta verso la psicologia, un pò per caso, un pò affascinata dalla mente umana, dall’ascoltare l’altro e dal poterlo aiutare in qualche modo.

Imparare ad ascoltare non è scontato.

Ho fatto un lungo percorso di studi, ho raggiunto alcuni dei miei obiettivi e altri sono in programma. Ho conseguito una Laurea Triennale in psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Poi ho proseguito nel mio percorso e ho conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia dello sviluppo e dei processi socio-lavorativi. Perciò mi sono formata inizialmente sulla psicologia del lavoro, studiando stress lavoro correlato, burnout, mobbing, scrivendo tesi su questi temi e frequentando corsi correlati a tale ambito.