27/07/2025
“Sono sposata da 20 anni. Di Renato mi ha affascinato la capacità di farmi sentire stupenda. Il tradimento? Non lo voglio sapere. Ho fatto qualche controllino sul cellulare e abbiamo trovato. L'hanno fatto anche a me e hanno trovato. Siamo pari. Smentisco, invece, le mie stesse dichiarazioni a proposito di vecchi legami omosessuali. Mai avuto un'esperienza con una donna. L'ho detto io? Avrò detto una cavolata per fare l'alternativa. Che miseria!". Per quanto riguarda la malattia e al consumo di droghe, le ho provate tutte in maniera omopeatica. Non ho mai usato droghe pesanti. Ho avuto compagni che si facevano qualche canna e ho fatto qualche tiro. La malattia? Non dirò mai il nome perché Internet è tremendo. Ci inganna. Quando l'ho cercata mi sono molto spaventata e non ne ho parlato nemmeno ai miei figli. La malattia è la mia stabilità. Mi ha cambiato, mi ha resa più sicura".
Questo racconto di Isabella Ferrari è un ritratto crudo, autentico e disarmante di una donna che non ha più bisogno di compiacere o di nascondersi. Parla con una sincerità quasi ruvida, ma proprio per questo potentissima. In poche righe c’è tutto: l’amore, il tradimento, l’identità, la malattia, il tempo, le maschere che cadono.
Il passaggio sul matrimonio è emblematico: “Siamo pari”. Non è una resa né una vendetta, ma una lucida accettazione delle imperfezioni reciproche. Non cerca di giustificarsi, non indossa panni morali. Semplicemente, racconta la realtà di un rapporto lungo, fatto di cadute, prove, ma anche di una seduzione che ancora resiste: “Mi ha fatto sentire stupenda”. È lì, forse, il nocciolo che regge tutto.
La parte sull’omosessualità è sorprendentemente schietta, quasi autoironica: “Avrò detto una cavolata per fare l’alternativa”. È il segno di chi ha smesso di voler apparire qualcosa per piacere agli altri, e si concede il lusso di contraddirsi senza paura.
Poi arriva la parte più profonda: la malattia. E qui cambia il tono. C’è pudore, c’è protezione verso i figli, c’è una consapevolezza nuova. Non nomina la malattia, ma ne riconosce il potere trasformativo: “Mi ha resa più sicura”. È una frase potente, che rovescia la narrativa della fragilità. La malattia non come nemico, ma come svolta. Come verità interiore.
In un mondo dove si è spesso obbligati a raccontarsi perfetti, Isabella Ferrari sceglie di mostrarsi complessa, contraddittoria, vera. Ed è proprio questa verità — imperfetta, tagliente, luminosa — che la rende così straordinariamente umana.