22/10/2024
Il culto della performance e il ruolo dei social media
Nella nostra epoca appare necessario intensificare il proprio impegno e diversificare le proprie competenze. Dal cinese al golf, per sopravvivere l'individuo deve diventare onnipotenziale, come scrive Alain Ehrenberg. Secondo il paradigma della formazione permanente, l'individuo deve investire nelle acquisizioni di competenze diverse, come se fosse un'azienda condannata ad uno sviluppo senza fine. E’ interessante osservare l'effetto paradossale di questa istanza, il paradigma del culto della performance genera nell'individuo la sensazione di essere inadeguato: ci si sente sempre in debito e questo debito, in periodi di crisi, scivola facilmente in colpa. Si prova l'angoscia di essere lasciati indietro, di non tenere il passo e questa angoscia diventa la preoccupazione dominante.
Questa angoscia di rimanere indietro si manifesta anche nell'uso dei social: quanto la nostra vita sociale oggi è condizionata dalla nostra identità digitale? Quanto influenzano i social le nostre emozioni, desideri e angosce? Le piattaforme dei social media come Instagram e Facebook hanno sicuramente dei meriti, ci permettono di mantenere contatti con persone che con ogni probabilità avremmo perso di vista, possono quindi contribuire a rinforzare il senso della continuità della nostra esistenza storica. E al contempo portano con sé dei seri rischi che vanno esattamente nella direzione contraria rispetto a quella della continuità storica della nostra identità e rispetto all'apertura all'altro. Essi distorcono lo spazio intersoggettivo, promuovendo un'esibizione narcisistica che si sviluppa in una temporalità frammentaria, fatta di una serie compulsiva di atti sconnessi. La virtualizzazione delle relazioni sociali attraverso i social favorisce tendenze narcisistiche, che combinano il desiderio di essere visti con l'angoscioso senso di rimanere indietro. Da una parte, in nel nostro uso dei social media, cerchiamo di veicolare un'immagine ideale di sé, che incarna un ideale di perfezione e, allo stesso tempo, questo ideale rimane perpetuamente irraggiungibile, perché la sua realizzazione è strutturalmente rinviata, e ritorniamo quindi al processo di auto ottimizzazione, di ottimizzazione infinita sopra esposto: è sempre possibile fare una foto migliore, un selfie migliore, è sempre possibile ottenere un like in più, guadagnare più follower: non c'è mai fine a questo processo e tale processo può anche avvenire a un ritmo sempre più accelerato, quindi il culto della prestazione è connessa a questa ansia specifica. L'ansia come sentimento di non essere abbastanza visibile, ovvero si ha la sensazione di una mancanza di rispecchiamento. Ciò che mi interessa notare è come i social media rafforzino la tendenza a trattare l'altro come un pubblico impersonale. Si diventa alienati da se stessi esponendo le proprie attività, passioni, amori e amicizie, con uno spettacolo, come un oggetto di consumo. Detto in altri termini, l'altro è quasi invariabilmente trattato come un pubblico, come una platea. Un altro aspetto che deve deve essere sottolineato è il seguente: poiché l'obiettivo della telecamera è diretto verso se stessi, l'altro, come tu, diventa irraggiungibile. Merleau-Ponty usava un termine che ha avuto grande successo nella filosofia contemporanea per definire l'Intersoggettività in senso corporeo, l' Intercorporeità. Citazione di Merleau-Ponty: “la comunicazione e comprensione dei gesti avviene attraverso la reciprocità delle mie intenzioni e dei gesti degli altri e dei miei gesti delle intenzioni discernibili nella condotta degli altri, come se le intenzioni dell'altro abitassero il mio corpo e le mie il suo”. Ciò significa che quando vedo che l'altra persona parla con me in un qualche modo riesco a abitare, per per una frazione d’istante, lo sguardo dell'altro, ad assumere la sua prospettiva, quindi Merleau-Ponty in qualche modo ci dice che c’è una specie di intercorporeità, ovvero io riesco ad assumere la prospettiva dell'altro per poi ritornare in me stesso e si verifica questa forma di oscillazione. Poiché in diverse forme di interazione mediante i social media non è più possibile abitare lo sguardo dell'altro non sorprende che si viva in costante ansia di non essere sufficientemente visti, di non essere stati sufficientemente rispecchiati dagli altri. In altre parole, non è possibile comprendere le proprie angosce senza studiare le strutture sociali in cui ci formiamo.
Lezioni magistrali
Stefano Micali, "Come affrontare l’angoscia. Un’analisi filosofica"
Venerdì 13 settembre 2024,