20/04/2020
Stiamo vivendo un periodo drammatico, sembra ci siano dei miglioramenti ma non sappiamo quanto essi possano essere stabili, duraturi. Viviamo nell'incertezza.
In queste condizioni è inevitabile entrare in contatto, in modo diretto o indiretto, con la paura.
Paura della malattia prima di tutto, ma anche paura di non aver la possibilità di gestire la situazione, paura di perdere il lavoro, paura di perdere la padronanza della propria vita.
Come qualsiasi sensazione o stato d'animo non può essere classificata come giusta o sbagliata.
L'unica cosa che possiamo fare è prendere atto della sua presenza e cercare di viverla nel modo meno deleterio possibile, per noi stessi e per gli altri.
Non siamo responsabili della paura che proviamo, ma lo siamo delle azioni che facciamo in seguito ad essa.
Una delle caratteristiche della paura mal gestita è quella, purtroppo, di poter generare violenza, fisica o psicologica che sia.
Gli atti di violenza sono sempre stati perpetuati, ma in questo periodo molti di essi sono stati compiuti proprio per la situazione che stiamo vivendo.
Ad esempio persone che non accettano le regole e che di rimando hanno esercitato violenza su chi lo ha fatto loro notare. Probabilmente erano, in quel momento, dominate dalla paura di aver perso la loro libertà, cosa che ha impedito loro di vedere le misure di contenimento come qualcosa di necessario per salvaguardare la vita di tutti, compresa la loro.
Altri esempi potrebbero essere molti.
La diffusione di Fake News che danno spiegazioni quantomeno fantasiose della diffusione della pandemia possono, esse stesse, essere interpretate, almeno in alcuni casi, come una sorta di esorcizzazione della paura.
Ammettere un'origine naturale e quindi semplice sarebbe forse troppo spaventoso.
Tutto ciò non significa che dobbiamo eliminare la paura.
Essa, da sempre, ci consente di attivare tutta una serie di meccanismi atti a preservare la nostra incolumità e la vita.
Ci spinge, ad esempio, alla prudenza, a non mettere in atto comportamenti che, a prescindere dal contesto, potrebbero rivelarsi pericolosi.
Dobbiamo, insomma, fare un uso buono, funzionale della paura. In questo modo essa può diventare la nostra "migliore amica e alleata", soprattutto nei momenti critici.
Cerchiamo quindi di individuare quegli aspetti di utilità della paura e scartare quelli disfunzionali.
Per fare questo però dobbiamo avere la possibilità di guardarla, di vederla in modo chiaro e distinto.
Non da troppo lontano ma neppure da troppo vicino, la visuale risulterebbe, infatti, o limitata o sfocata.
E' necessario quindi non fuggire da essa ma neppure lasciarsi ingoiare.