Arianna Elvironi Psicoterapeuta Padova

Arianna Elvironi Psicoterapeuta Padova Ricerca del benessere psicologico e della migliore qualità di vita possibile

Si rivolgono a me adulti e adolescenti con problemi di Ansia, Attacchi di panico, Crisi esistenziali, Conflitti famigliari e lavorativi, Depressione, Disagio Psicologico, Disturbi di personalità, Disturbi Psicosomatici. Mi contattano anche disabili e i loro famigliari per affrontare meglio la quotidianità e in oltre sono chiamata per supporto alla maternità, problemi di coppia, supporto alla genit

orialità, relazione genitori e figli, supporto all'adolescenza, superamento di momenti critici, come malattie o lutti.

01/08/2025

- Salve.
- Salve.
- Pensavo di farmi un’assicurazione. Ero venuto un po’ a informarmi.
- Eh, ce l’ha la faccia.
- In che senso scusi?
- No, dico, che sembra uno che ha proprio bisogno di essere assicurato.
- Grazie.
- Su cosa vuole farsela?
- Non saprei, lei cosa mi consiglia?
- Be’ vediamo, qual è la cosa che ritiene essere più a rischio di incidenti nella sua vita?
- Io.
- Benissimo. E la cosa che di solito la mette più a rischio?
- Sempre io.
- Sempre lei.
- Sì. Vede, faccio un sacco di cose stupide, continuamente. Lei non ha idea. Sono l’origine di tutti i miei problemi, la causa di tutti miei traumi, la fonte unica di tutte le ansie, e i casini della mia miserabile vita.
- Perfetto e allora la assicuriamo contro di lei.
- Me? Si può fare?
- Certo che si può fare. Si sieda che le spiego. Allora, io direi che potremmo cominciare con un classico: la FIASKO.
- Cioè?
- Una polizza standard per quando fallisce. Lei come reagisce al fallimento?
- Be’, sono veneto quindi…
- Ho capito. Con la FIASKO noi le siamo accanto per insegnarle a gestire i piccoli e grandi fallimenti della vita.
- Mi sembra utile.
- E non è finita. Abbiamo l’Assistenza Strafare.
- In che senso?
- Ha presente il burnout?
- Be’, sono veneto quindi…
- E noi le insegniamo a prendersi una pausa, a chiedere aiuto. Lei chiede aiuto?
- Solo quando nessuno può sentirmi.
- Ecco, adesso noi la sentiamo e corriamo a ridimensionare.
- Bello.
- Poi io direi che, guardandola, mi pare il caso di inserire almeno una polizza per gli Eventi Stratosferici.
- E che sono?
- Le succedono cose belle ogni tanto?
- Non mi faccia dire che sono veneto un’altra volta.
- Be’, quando le succedono cose belle lei che fa?
- Penso di non meritarmele.
- Ecco, e qui entra in gioco la polizza che le spiega che invece no, i colpi di fulmine, le ondate di felicità, i successi, i complimenti, quelle cose lì se le merita.

- Comodo.
- Mica è finita. C’è l’RC Auto-Sabotaggio, per tutelarla nel caso decidesse di mettersi i bastoni fra le ruote da solo per il piacere di boicottarsi.
- Come fa a sapere che lo faccio?
- Ahahah. È serio?
- Un po’.
- Da come si veste. Al primo tentativo di Auto-Sabotaggio un nostro addetto si precipiterà subito da lei per farle pazientemente notare che sta mettendo in atto una serie di comportanti più o meno inconsapevoli per ostacolare il proprio benessere.
- E al secondo tentativo?
- Al secondo tentativo la mena.
- Costruttivo.
- Volendo possiamo inserire anche la nostra polizza Furbo & Incerto pensata appositamente per prevenire da una parte i sinistri dovuti alle volte in cui si crede più intelligente di tutti gli altri.
- Tipico commento di uno che non ha mai letto Céline.
- E dall’altra quelli dovuti alla sua naturale titubanza ad affrontare ogni singolo aspetto della vita.
- Non saprei, sono titubante.
- Con la polizza potrebbe esserlo con la sicurezza di non farsi male. Vediamo che altro possiamo offrirle… la polizza Viaggio Mentale, molto utile quando si fa i film.
- Lei mi ama.
- Certo che la ama. E c’è un nostro professionista già desideroso di spiegarle che non è vero. E che non c’è niente di male in questo. Ah, per un piccolo sovrapprezzo c’è la Tutela Legame.
- No, non cominciamo con le aggiunte, i sovrapprezzi, è con queste cose che poi fregate la povera gente…
- Sarebbe protetto nei confronti delle cazzate che fa all’interno della relazione.
- La aggiunga.
- Non vuole sapere quanto…?
- La aggiunga subito.
- Benissimo, direi che è coperto.
- Quindi lei dice che tutto questo mi proteggerà da me stesso?
- In un certo senso.
- E mi aiuterà a non commettere più gli stessi errori?
- Probabilmente.
- E a diventare una persona migliore?
- Speriamo.
- Non sono ancora convinto.
- Senta, lei passa il tempo a preoccuparsi della grandine e dei furti quando ogni giorno si sveglia e sceglie più o meno consapevolmente se essere il suo migliore amico o il suo peggiore nemico. Noi non le risolviamo tutto, però le diamo l’unica possibilità concreta per non farsi del male in futuro: la possibilità di conoscere sé stesso.
- E conoscere me stesso mi farà essere felice?
- Ecco, su questo non possiamo assicurarle niente.

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

27/06/2025

Qualche anno fa mi sono scottato.
Succede quando vai al mare, no?
Ti distrai, magari t’addormenti un attimo, ti scotti, fa parte del gioco. All’inizio non ci ho fatto tanto caso, però poi ha cominciato a far male, un male cane. È venuto fuori che era una cosa seria. Cioè, almeno per me. Agli altri dicevo che era quello che sembrava, una scottatura. E loro, in coro: ma per forza, vai al mare, ti distrai, ti addormenti, ti scotti, fa parte del gioco.
Mi sono detto che avevano ragione, che magari stavo esagerando. Ma non smetteva di bruciare.
È buffo perché io ho sempre pensato di essere il tipo di persona che non si scotta. E anche se si scotta, ho sempre pensato di essere il tipo di persona che una cosa così la regge. Fortifica, no? Si dice così? Magari uno accusa un attimo il colpo, ma poi basta, si rimette in piedi e va avanti. Invece no, invece quella scottatura mi ha tolto il fiato, mi ha scorticato, ustionandomi sottopelle per giorni, per mesi, per anni. E non smetteva mai di bruciare.
Mi sono bloccato. Non riuscivo più a fare niente. C’ero solo io e quella scottatura che lentamente mi consumava. Ogni tanto pensavo fosse passata, ogni tanto mi dicevo adesso ti dai una regolata e ritorni a fare la vita di prima.
Così mi costringevo a tornare al mare. E il mare stava lì ad aspettarmi. Mettevo la crema solare, da trenta, da cinquanta. Non serviva a niente, continuavo a sentirmi vulnerabile.
Anche le cose più banali come stare sulla spiaggia, o prendere il sole, erano diventate complicate. Figuriamoci fare il bagno.
Ho cominciato ad andare al mare con la maglietta. Poi direttamente senza portarmi il costume. Poi fermandomi al bar a guardare gli altri prendere il sole. Domandandomi come facessero. Non lo sanno che ci si può scottare? Non si rendono conto di quanto sia pericoloso, doloroso...
Ho iniziato ad aver paura di andare al mare. Non l’ho detto a nessuno, figuriamoci. Come lo spieghi che hai paura di prendere il sole? Chi è che ha paura di prendere il sole?
Il passo successivo è stato smettere di andare al mare. Prima con qualche scusa, poi senza neanche quelle.
P***a miseria, a me piaceva il mare. Mi faceva stare bene. Era una di quelle poche cose che mi faceva sentire me.
Ho cominciato a parlarne male. A dire che il mare è una m***a. Che quelli che ci vanno sono degli imbecilli. Con tutto quello che succede nel mondo, tu pensi al mare. Ma dai, cresci un po’.
Ho deciso che l’estate è sopravvalutata, che non mi serve, che vivo benissimo anche senza sole.
E poi ho pensato a un’altra cosa. Che era colpa mia. Che non sono in grado, non sono capace, che sono un cretino, un id**ta, un fallito che non sa manco prendere il sole senza scottarsi, che si è ustionato, che si è squagliato, che si è consumato perché troppo stupido per gestire il mare.
E ho preso una decisione. Ho deciso che non mi merito il mare.
E allora non va******lo mare, va******lo Nicolò per aver anche solo pensato che uno come te potesse andare al mare senza tornarsene a casa escoriato.
A questo punto la retorica tradizionale che s’inghiotte questo tipo di storie scongiura che io vi dica che tutto s’aggiusta. Che col tempo, la pazienza, che vedrai, che parlarne con qualcuno, che dai e dai i pezzi si rimettono insieme, le paure scompaiono e si torna a essere quelli di prima. Per me non è così.
Ancora oggi sento la scottatura, sento il dolore.
A volte li riconosci quelli che si son presi una scottatura. Hanno sorrisi difficili da tener su, e sguardi facili da buttar giù. Facce che non parlano di certi luoghi, di certi anni, di certe persone. Anche se le conosci da una vita, anche se ci fai l’amore insieme. Non ne parlano e basta.
Quando si rompe qualcosa dentro, non è detto che si aggiusti. Puoi provare a proteggerti, puoi provare a lasciar perdere, puoi parlarne, e sono tutte cose sensate per impedire alla paura di immobilizzarti, ma non sempre bastano.
Non condanno che si chiude, chi si barrica, si tutela, chi trova, si affeziona e difende la propria comfort zone, e chi sulla sabbia decide di non metterci più piede. Perché, va bene, nessuno si salva da solo, ma intanto ognuno da solo fa quello che può.
Un giorno ci sono tornato al mare. È successo un po’ per caso, con la spiaggia semivuota.
Non l’ho detto a nessuno. Ho steso il telo, mi sono seduto, le mani dentro la sabbia. Dopo un po’ ho avuto anche il coraggio di togliermi la maglietta. Ho fatto anche il bagno. Cinque minuti, poi basta. Il cuore mi batteva fortissimo. Sono uscito, mi sono asciugato, mi sono vestito, ho preso le mie cose e sono andato via. Tutto qua. Non ho fatto un sacco di cose, alcune sono sicuro che non le farò mai. Continuo a guardare gli altri, su quella spiaggia, e continuo a chiedermi come facciano a non scottarsi.
Ho avuto paura. Ne ho ancora.
Quel giorno lì non ho provato né sollievo, né euforia. Nessuna catarsi, nessuna cura. Ho provato meno dolore di quello che mi sarei aspettato, questo sì. E mi è rimasta dentro una consapevolezza: che sono stato capace di stare su quella spiaggia.
E che se volessi, potrei farlo di nuovo.

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

01/06/2025

“Essere spirituali non significa essere buoni, significa essere veri.
Non può esistere nessuna spiritualità se non abbraccia tutta la sfera delle emozioni umane.
Siamo spirituali quando siamo radicati in noi stessi, connessi con il nostro ventre profondo e con tutte le nostre emozioni.
Spirituale non è colui che abbandona il sentire terreno, la carnalità, ma è colui che fa del sentire un’esperienza incarnata.
È il corpo stesso che diventa preghiera e radice. La bontà ad ogni costo, la positività ad ogni costo, non ci rendono migliori se non sono un moto naturale del nostro cuore.
Ci hanno spesso inculcato il senso di colpa se sentiamo rabbia, se non siamo buoni abbastanza, se proviamo invidia, se ci concediamo tutte quelle emozioni che vengono considerate “negative”.
Siamo spirituali anche quando siamo arrabbiati o abbiamo paura, smettiamola di pensare il contrario. Bisogna invece imparare a stare nelle emozioni, perché ogni emozione ha bisogno di essere vista, accolta e integrata, senza doversi sentire sbagliati o colpevoli.
Non posso fingere di non provare rancore se sono arrabbiata, ma posso accogliere dentro di me quella rabbia senza negarla e poi trasformarla in cambiamento.
Tutti i sé rinnegati diventano infelicità, tutto ciò che per troppo tempo oscuriamo rischiamo di farlo diventare paura, panico, depressione.
Questa è la spiritualità delle emozioni, accogliere ombra e luce per essere interi.”

Bride An Geal

Opera di Franco Battiato

24/05/2025

🟢 | Per la dignità umana e contro ogni forma di disumanizzazione

Le guerre in corso in diverse parti del mondo continuano a generare distruzione, traumi profondi, violazioni dei diritti fondamentali e sofferenze che lasceranno segni per generazioni.

A Gaza, in particolare, la popolazione civile è sottoposta a una crisi umanitaria senza precedenti con migliaia di vittime, un sistema sanitario al collasso e un’intera comunità privata di acqua, cure, sicurezza e futuro.

Civili, donne, uomini e soprattutto bambini stanno pagando il prezzo più alto: quello della vita, della salute, della speranza.

Come psicologhe e psicologi, come professionisti della salute mentale e come cittadine e cittadini, non possiamo restare indifferenti di fronte alla distruzione sistematica del tessuto umano, psichico e simbolico di intere comunità.

La pace non è un atto simbolico, ma una responsabilità collettiva.

È cultura, scelta, azione.

Ogni persona ha diritto a una vita libera dalla violenza, dalla fame, dal terrore.

29/04/2025

All’inizio credevo che resistere volesse dire restare fermo.
Non cedere. Stringere i denti. Tenere duro.
Sopportare.
Mi sembrava un valore, una virtù. Resistevo sempre, specialmente quando stavo male.
Irrimediabilmente condizionato da decine di eroi giapponesi vagamente greci mi sono convinto molto presto che le persone forti non si lamentano, le persone forti ce la fanno da sole. Magari si beccano una carrettata di legnate sulle scale di un tempio dorico, ma alla fine trionfano. E se non trionfano non rompono.
Così st'idea ha fatto il nido: se tengo botta, se mi spremo dentro le ambizioni, se mi incastro nelle aspettative, se persisto, se continuo, se reggo nella forma che si aspettano da me, prima o poi le cose andranno al loro posto.
“Stai fermo, stai zitto, non far casini. Resisti”.
Quindi ho cominciato a stare fermo. Fermo nelle idee, fermo nei ruoli, fermo dentro relazioni aspettando che si presentasse l'amore o il reflusso gastrico.
Attorno al concetto di resistenza, ho tirato su una versione di me costruita per sopravvivere, non per vivere. Una pianta grassa, un'ombra controvento, un tizio convinto che subire e crescere fossero sinonimi.
Per anni ho difeso luoghi, persone, lavori, identità che non mi assomigliavano, che mi ammazzavano a rate. Continuavo a dire: “Io sono fatto così”. E intanto mi facevo a pezzi per starci dentro, mi tagliavo per non cambiare taglia. E quando sentivo che stavo per essere schiacciato, mi schiacciavo io. Preventivamente.
Poi ho avuto la fortuna di imparare cos'è la resistenza. Anzi, cos'è la Resistenza. La Resistenza non è stare fermi, non è incassare, subire, la Resistenza è agire, è prendere una posizione nuova, è disobbedire, anche a sé stessi.
Fare la Resistenza è il contrario di resistere, è lottare per cambiare, è non accontentarsi più di quello che c'è, di quello che si è. È dire un “no”, quando sarebbe più conveniente un “sì”.
La Resistenza, quella maiuscola, non è facile. Richiede di rischiare molto, certe volte tutto.
Di stracciare il copione, di far spazio per domande nuove, di abbandonare pezzi di sé e affrontare le parti più nere che ci abitano scoprendo come anche loro abbiano contribuito a definire tutto quello che sta sotto la spaventosa parola “noi”.
C'è chi proverà a convincervi che la Resistenza può essere indolore, insapore, che può o dovrebbe essere sobria. Cazzate, non si resiste con sobrietà, non si resiste in silenzio. Fare la Resistenza richiede fatica, coraggio, perché richiede di mettere in discussione tutto quanto. Fare la Resistenza è insorgere, è chiedere aiuto, è battersi attivamente contro tutto ciò che ti dice di restare immobile.
A tanti la Resistenza non piace, perché la Resistenza mette in discussione pure loro. E a nessuno piace essere messo in discussione. Veniamo educati alla più spietata coerenza, a essere ciò che siamo, fedeli a noi stessi, e abbandonare un modo di essere è quasi sempre visto come un tradimento.
Ma l'identità non è un contratto a tempo indeterminato. Il vero tradimento è restare fedeli a un’immagine che ci spegne. A un ruolo che ci consuma. A una definizione che ci riduce. Inchiodandoci a quello che siamo stati.
Fare la Resistenza è avere il coraggio di ribellarsi alla parte di noi che non ci rappresenta più. È capire che certe abitudini erano prigioni, che certi ambienti erano tossici, che certe relazioni erano dipendenza.
Che vivevamo sotto la dittatura di noi. E continuare a viverci era una resa quotidiana.
Allora basta arrendersi, basta resistere. Meglio cambiare, meglio combattere.
Meglio fare la Resistenza.

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

18/04/2025

DAL LETAME NASCONO I FIORI

Anche se cresci all’interno di una famiglia disfunzionale,
anche se nasci in un contesto di violenza
Di vuoto d’amore, di abuso e sopruso
anche se vieni fuori da un ambiente ignorante e precario
un ambiente dove non c’è rispetto,
Dove vige la legge del più forte.
Dove le ferite sono l’unica cosa che conosci e riconosci
ecco osserva,
non è detto che tu debba essere così

osservava cosa cosa fa il fiore di loto
Prendi esempio da lui.

“Il fiore di loto é generato e nutrito dal fango, ma é sostanzialmente diverso dal fango. E il fango va dunque rispettato, altrimenti tutti i fiori di loto scomparirebbero.”

Allo stesso modo anche se la tua famiglia è una palude melmosa e oscura, tu la devi affrontare, devi tuffarti nella sua acqua fangosa, vieni da lì.

Devi comprenderla, che non significa perdonarla.

Se vuoi riemergere per poi fiorire come un fior di loto. Devi fare questo.
Abitala

Perché il fior di loto è il frutto di una metamorfosi, di una mutazione.
È portatore di cambiamento

(Un po’ io un po’ Osho)

Alessandro Catanzaro

09/04/2025
Ecco la frase conclusiva del mio intervento oggi al pranzo di Santa Lucia di  “la tua felicità non dipende da ciò che ti...
15/12/2024

Ecco la frase conclusiva del mio intervento oggi al pranzo di Santa Lucia di
“la tua felicità non dipende da ciò che ti succede ma da come interpreti quello che ti accade“
Alejandro Jodorowsky

29/11/2024

- Lo sai che siamo in ritardo, sì?
- Vabbè, ma tanto i primi venti minuti son sempre di trailer.
- Sì, ma siamo in ritardo di quaranta. Tutto perché hai voluto parcheggiare in c**o.
- È tua la macchina? Lo paghi tu il parcheggio? E allora muto.
- Lo sai che detesto perdermi l’inizio del film al cinema.
- Mi metti un’ansia. Stai tranquillo, adesso facciamo il sottopasso che tagliamo e in cinque minuti siamo lì.
- Oh no.
- Cosa?
- Guarda che postaccio. Non mi piace. Non è sicuro a quest’ora. Dai, cambiamo strada.
- Sì, e non ci arriviamo più. Dai, camminiamo veloci.
- C’è qualcuno.
- Cosa?
- Qualcuno, c'è qualcuno nel sottopassaggio.
- Non è divertente.
- Ti dico che c’è qualcuno. È là, c***o.
- Tu ignoralo.
- Ciao ragazzi.
- Ciao…
- Che bella coppia che siete.
- Grazie…
- Cosa ci fate tutti soli da queste parti?
- Scusa, ma andiamo di fretta.
- Eh, di fretta, e che succede di così urgente…
- C’abbiamo il cinema, scusa.
- Perché non parliamo un po?
- No, guarda, davvero dobbiamo andare.
- E invece io dico che restate.
- È un coltello!
- C***o, ha un coltello!
- Amico dai, tranquillo. Noi non vogliamo guai.
- E cosa volete?
- Prego?
- Cosa volete?
- Noi… non… in che senso… cosa vogliamo?
- Andarcene via?
- Ecco, brava. Vogliamo andarcene via.
- Sentite come se steste scappando da qualcosa?
- Be’, sì.
- E da cosa?
- Da te.
- Forse credete di stare scappando da me. Invece state scappando da voi stessi.
- No, guarda non è proprio il caso.
- Capisco.
- Noi adesso ce ne andiamo...
- Mi sembra importante quello che hai detto.
- Oh no.
- Cosa?
- Usa l'ascolto attivo.
- E quindi?
- Credo sia uno psicologo.
- Esagerato.
- Invece mi sa di sì.
- Ma no, vedrai che è solo un aggressivo malintenzionato.
- Avanti, tirate fuori tutto! Muoversi!
- Lo vedi? E tu che ti preoccupavi. Dagli tutto così possiamo andare.
- Ecco, tieni…
- Cos’è?
- Il portafoglio.
- Ma no, con fuori tutto intendevo gli irrisolti.
- Avevi ragione! È uno psicologo!
- Amico, non cerchiamo rogne.
- Ah sì. E cosa cercate?
- Oh dio, la mindfulness…
- Sta provando a renderci consapevoli.
- Cosa sta accadendo dentro di voi proprio ora?
- Sta accadendo che abbiamo paura!
- Amore, non dargli corda.
- Se doveste attribuire un colore o una forma a questa paura, come la immaginereste?
- Senti, noi adesso ci giriamo e ce ne torniamo da dove siamo venuti…
- C’è una pianta di ficus.
- Eh?
- Una pianta di ficus blocca il marciapiede.
- Ha già cominciato ad arredare il sottopassaggio.
- È un quadro di Chagall quello?
- Avete detto “da dove siamo venuti”. Quindi è qualcosa che riguarda il vostro passato.
- No, senti, piglia i soldi ma non ci provare neanche ad analizzarci.
- Te l'avevo detto che era una strada pericolosa!
- Percepisco un conflitto.
- Perché è colpa sua se ci troviamo in questa situazione.
- Zitti!
- Oddio, s’è incazzato.
- Voi vi rendete conto in che situazione vi trovate. Questo è il mio quartiere.
- Scusi, noi…
- E nel mio quartiere non si parla di colpa, bensì di giudizio nei confronti dell’altro. Tu ti senti giudicato?
- Un po’.
- Proviamo a esplorare insieme questo sentimento.
- Ogni volta lui mi dà la colpa per tutto.
- Io? Ma se ti chi parla! Raccontagli della caldaia.
- Che è successo con la caldaia?
- Per favore, può accoltellarci e basta?
- Praticamente la caldaia funzionava male, io mi sono offerto di ripararla.
- E ha allagato mezza casa.
- Ma le intenzioni erano buone.
- Se non sai farla una cosa, non farla…
- Mi par di capire che, in questa situazione, lei ti attribuisce la responsabilità dell’evento. Tu senti di avere questa responsabilità?
- Io volevo solo rendermi utile.
- Voleva solo rendersi utile. Lei l’ha percepita questa intenzione propositiva?
- Ascolta, questo è un Iphone16. Son novecento euro sereni. Te lo pigli e ci lasci coi nostri casini.
- Il nostro terapista ti ha fatto una domanda.
- Il nostro terapista? Il nostro terapista ha lo sguardo da pazzo e i denti da crack!
- Si sente minacciata all’idea di ricorrere alla terapia?
- Mi sento minacciata dal coltello che ci punta addosso!
- Ecco, metto via il coltello.
- Ha tirato fuori un bloc notes! Stai dietro di me!
- Amore, ho paura.
- Anch’io, amore. Ma vedrai che ne usciamo.
- Facciamo un passo alla volta, iniziando con ciò che ti sembra più gestibile. Il vostro rapporto mi pare fondato sulla reciproca necessità di validarsi agli occhi dell’altro.
- Be’, non ha tutti i torti…
- Nicolò, per favore!
- Attenzione, questo non è necessariamente negativo, perché cercare approvazione e conferme è una parte naturale di ogni relazione. Tuttavia, mi chiedo: quanto spazio lasciate, nel rapporto, al riconoscimento di voi stessi come individui autonomi, indipendenti da questa dinamica?
- I nostri spazi li cerchiamo. Li troviamo anche penso, no?
- Sì, sì…
- Non sembri convinto.
- No, no, è che sarà il sottopassaggio, l’odore di pi**io, o forse il terapeuta di coppia armato e coi pantaloni sporchi di giallo, ma devo dirti una cosa.
- Cosa?
- Io non ci voglio andare al cinema.
- Manco io.
- Davvero?
- Sì, ci andavo perché pensavo volessi andarci tu.
- E io ci andavo perché pensavo volessi andarci tu.
- Avete notato come la necessità di validarsi agli occhi dell’altro vi ha portato a credere di dover confermare aspettative inesistenti nel rapporto?
- È vero.
- E questa vostra opposizione alla terapia di coppia potrebbe nascere proprio da tale percezione. Spesso accade che ci raccontiamo storie su come dovrebbe essere una relazione, o su come la nostra relazione effettivamente sia, per proteggerci da emozioni difficili, come il dubbio o la vulnerabilità. Vi invito a considerare questo: la percezione che avete del vostro rapporto è un punto di partenza, non una verità immutabile
- È vero.
- Ha proprio ragione.
- Adesso facciamo un esercizio di immaginazione guidata…
- Ora!
- Bloccalo!
- Pigliali il bloc notes!
- La pianta di ficus! Tiragli il ficus!
- Beccati questo!
- E questo!
- Cane!
- Maledetto!
- Che fai scappi? Non fai più il terapista adesso! Vigliacco!
- Amore, basta. Se n’è andato.
- Come stai?
- Bene, tu?
- Bene.
- Uau.
- Che situazione pazzesca.
- Da raccontare.
- Sì.
- E adesso?
- E adesso andiamo al cinema.
- Ah già.
- Credi che avesse ragione?
- Su che?
- Su quella cosa che rifiutiamo la terapia perché abbiamo paura di apparire vulnerabili?
- Ma figurati, l’abbiamo preso a calci in c**o. Ti sembriamo vulnerabili?
- Ma infatti.
- Noi stiamo bene.
- Più che bene.
- E poi la terapia ti spilla un sacco di soldi.
- Una mezza rapina.

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

25/11/2024

Oggi 25 novembre rinnoviamo il nostro impegno come comunità professionale nel contrasto alla violenza di genere e nel supporto alle persone coinvolte. I Centri Antiviolenza rappresentano un pilastro essenziale per il sostegno alle donne che subiscono violenza: grazie all’accoglienza telefonica, ai colloqui personali, alle case rifugio e ai servizi dedicati, offrono un aiuto concreto.

In parallelo, sono attivi percorsi rivolti agli uomini autori di violenza, in cui si lavora sul riconoscimento delle proprie azioni e sulla responsabilità personale. Questi programmi, mirati alla presa di consapevolezza e alla gestione dei comportamenti aggressivi, sono fondamentali per interrompere il ciclo della violenza.

Sempre più, si assiste alla nascita di movimenti spontanei e gruppi impegnati a contrastare gli stereotipi di genere e a promuovere un linguaggio e una cultura del rispetto e della parità. Educare al rispetto e diffondere una comunicazione rispettosa sono passi necessari per creare un cambiamento duraturo.

Solo lavorando insieme possiamo costruire una rete forte e solida contro la violenza di genere, basata sull’ascolto, la prevenzione e l’impegno condiviso verso una società più equa, sicura e consapevole.

Grazie a l’associazione Aps Disability Freedom, Helga Lazzarotto e il Comune di Romano d’Ezzelino. Parlare di queste tem...
13/10/2024

Grazie a l’associazione Aps Disability Freedom, Helga Lazzarotto e il Comune di Romano d’Ezzelino. Parlare di queste tematiche è molto importante, occorre abbattere barriere e tabù ma soprattutto costruire percorsi di benessere sessuale per tutti.

Disabilità e sessualità parliamone assieme Venerdì 11 ottobre, Romano d’Ezzelino ore 20:30Incontro organizzato da APS  D...
08/10/2024

Disabilità e sessualità parliamone assieme
Venerdì 11 ottobre, Romano d’Ezzelino ore 20:30
Incontro organizzato da APS Disability Freedom

Indirizzo

Via Chieti, 8
Padua
35142

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

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