21/09/2025
Una buona parte della seduta di Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia del 19/09/2025 è stato dedicato a ciò che sta succedendo a Gaza negli ultimi giorni, per non parlare degli anni precedenti.
Sarebbe stato impossibile fare diversamente, perché ciò che accade adesso ci riguarda molto da vicino, in primo luogo in quanto esseri umani, ma anche direttamente come professionisti della salute mentale pubblica.
Abbiamo ritenuto necessario un approfondimento, in continuità con le azioni e la linea comunicativa portate avanti da questo Ordine, nelle ultime settimane.
Durante la seduta del Consiglio, ci siamo collegati online con il dottor Mohammad
Mansur, che vive e lavora tra Nazareth e Haifa e il dottor Alberto Mascena, entrambi direttamente impegnati professionalmente con la popolazione di Gaza da vari anni.
Ascoltare chi è in diretto contatto con il territorio è indispensabile, soprattutto perché la situazione che si è determinata non è facilmente comprensibile con le nostre abituali categorie.
Pensare dopo Gaza, per utilizzare il titolo del libro di Franco Berardi Bifo, è un esercizio a cui tutti dobbiamo prepararci, perché ciò che sta accadendo è uno di quegli eventi che spostano drasticamente la linea di senso e di pensabilità delle cose.
E non riguarda soltanto le persone coinvolte direttamente, ma l’umanità tutta.
In un senso molto radicale, soprattutto per le ricadute che questo ha già e avrà sulla salute mentale di tutti, nuove generazioni in particolare.
Le categorie di trauma o post trauma non sono categorie utilizzabili per comprendere ciò che attraversa quelle persone e quei luoghi, come i colleghi preziosamente ci hanno confermato.
L’esposizione prolungata ad eventi così distruttivi e non terminati oltrepassa le categorie del trauma, e non abbiamo ancora a disposizione nessun termine e nessuna categoria per rendere pensabile la sopravvivenza della mente in queste condizioni. Le dovremo creare.
E come Ordine non possiamo non porci la questione di avviare iniziative di senso, in sinergia con le organizzazioni già attive da anni, non agendo soltanto sull’onda di una, pur comprensibile, rivolta emotiva.
Ci sono infinite cose che si possono fare e dobbiamo e possiamo studiare rapidamente il modo migliore per farle. Ieri è stato un primo inizio, rapidamente ne compiremo altri, perché non c’è più tempo e perché non possiamo stare a guardare.
E dobbiamo anche cominciare a studiare come prenderci cura dell’onda che investe anche noi e i nostri ragazzi.
Non abbiamo ancora deliberato nessuna iniziativa specifica, ma abbiamo tracciato la strada da percorrere, grazie al confronto con i colleghi che conoscono da vicino la realtà di Gaza, che si sono messi a disposizione per affiancarci e che ci hanno chiarito cosa può essere più utile e realistico fare, nell'immediato e in prospettiva futura.