Istituto Medicina Comportamentale Ismec

Istituto Medicina Comportamentale Ismec Applied Behavior Analysis (ABA/VB) - Cognitive Behavioral Therapy (CBT) - Behavioral Medicine Skinner.

Dal 2007 a Palermo l'ISMEC applica l'ANALISI DEL COMPORTAMENTO (Applied Behavior Analysis ABA) a bimbi/ragazzi con autismo. L'Analisi del Comportamento Applicata è un insieme di procedure che derivano da principi di base scoperti all'interno del laboratorio del più famoso scienziato del comportamento al mondo: B.F. Presupposto di questa scienza è che ogni comportamento è evocato da fattori anteced

enti e mantenuto dalle conseguenze che lo stesso comportamento ha sull'ambiente. Da ciò segue che manipolando queste variabili è possibile modificare il comportamento. Ecco che l'ABA si traduce in un modo speciale di insegnare a bimbi e ragazzi speciali. L'Istituto si avvale di specialisti in Analis e Modificazionei del Comportamento e si occupa di:

- ANALISI E MODIFICAZIONE DEI COMPORTAMENTI PROBLEMA;
- VERBAL BEHAVIOR (VB);
- PARENT TRAINING;
- TEACHERS TRAINING;
- TRAINING SUL CONTROLLO SFINTERICO;
- TRAINING SULLA SELETTIVITA' ALIMENTARE;
- TRAINING DI GRUPPO
- TRAINING SULLE AUTONOMIE.;
- TRAINING SULLA TEORIA DELLA MENTE;
- EDUCAZIONE SESSUALE;
- SUPERVISIONE.

24/08/2018

Il RIT (Reciprocal Imitation Training, Training di imitazione reciproca) “è un intervento naturalistico sull’imitazione, progettato per insegnare l'uso sociale dell'imitazione ai bambini con autismo durante il gioco. Si basa su un modello comportamentale naturalistico e condivide quindi diverse caratteristiche con altri approcci comportamentali naturalistici come il Pivotal Response Training (Koegel et al., 1999), l’Incidental Teaching (Hart & Risley, 1968; McGee, et al., 1983), e il Milieu Teaching (Alpert & Kaiser, 1992; Kaiser et al., 1992), inclusi il seguire la motivazione del bambino, i prompt espliciti, un’attenzione al rinforzo e il rinforzo naturale. Incorpora inoltre diverse tecniche di intervento tratte dalla letteratura evolutiva come l'imitazione contingente e la mappatura linguistica (ad esempio, Warren et al., 1993). L'obiettivo del RIT è di insegnare le capacità di imitazione all'interno delle interazioni sociali in corso con un adulto. Questo approccio utilizza diverse strategie naturalistiche per insegnare l'imitazione di modo da aumentare la reattività sociale e la motivazione intrinseca” (Ingersoll, 2008).

Da oggi è disponibile la traduzione italiana del "Manuale per genitori" a cura di Francesco Scibelli per Coeduco Associazione di Promozione Sociale. Per ottenere una copia del manuale invia una email a infocoeduco@gmail.com

Il manuale è gratuito. Un sentito ringraziamento va a Brooke Ingersoll, PhD, BCBA, Michigan University, Katerine Walton, PhD, The Ohio University, Allison Wainer, PhD, Rush University Medical Center per averci concesso gratuitamente la traduzione e diffusione del manuale.

https://m.youtube.com/watch?v=NnRgZ9XQNLUQuesto spot e' un bellissimo esempio di ciò che in Analisi del Comportamento vi...
26/04/2018

https://m.youtube.com/watch?v=NnRgZ9XQNLU

Questo spot e' un bellissimo esempio di ciò che in Analisi del Comportamento viene definito "JOINT CONTROL", ovvero una "strategia" per cui una risposta viene contemporaneamente emessa sotto due fonti di controllo.

Nello specifico, la mamma chiede al bambino di comprare delle cose al supermercato. Il bambino ripete più volte le cose che la mamma gli ha chiesto di comprare facendo "autoecoico". Nel momento in cui il bimbo al supermercato fa l'eco (ripete) di uno degli elementi della lista (per es. )e, vedendolo sul bancone, fa il TACT di esso, ecco che la risposta (selezionare l'elemento) avviene. Questa risposta è controllata in modo congiunto da due diversi stimoli (ecoico e tact). Quando dunque l' ecoico (ripetere la parola ) "incontra" il tact (etichettamento delle uova che il bimbo vede sul bancone) vi è un aumento della "forza della risposta".
Senza un repertorio di tact ed ecoico difficilmente un bambino riesce ad eseguire un'istruzione complessa o a "comprendere" una domanda.

La maggior parte del comportamento dell'ascoltatore e'mediato dal comportamento del parlante. Per essere bravi ascoltatori dobbiamo essere bravi oratori perché comprendere è mediato dal parlare.
Il joint control fornisce la base da cui potere derivare potenziali procedure di insegnamento per bambini con autismo.

Di biscotti buoni come quelli fatti in casa non ne esistono? La risposta è nello spot dei Semplicissimi Doria, dove vi mostriamo tutti gli ingredienti che se...

08/02/2018

Backward Chaining - Definition & Procedure

08/02/2018

COME CONDIZIONARE IL CONTATTO OCULARE COME RINFORZATORE MANIPOLANDO LA CMO-T:

Molti bambini con autismo hanno un deficit del contatto oculare.

Per potere incrementare questo comportamento anche in questo caso dobbiamo pensare alla contingenza naturale all'interno della quale tutti noi abbiamo imparato che guardare gli altri negli occhi ha un valore.

Pertanto, prima di procedere nella lettura di questo post, provate a pensare per un attimo come i bambini "normotipici" imparano questo comportamento e, soprattutto, da cosa è mantenuto.
Pensate anche a quando voi eravate piccoli.

Qualcuno vi stimolava a guardarlo negli occhi dicendo:" guardami?!".
NO.
Qualcuno forse avvicinava l'oggetto che voi desideravate al suo viso per farsi guardare?
NO.
E forse qualcuno prendeva il vostro viso girandolo verso di se per farsi guardare?
NO.
Perché guardiamo gli altri prima di fare una richiesta? Perché quando stiamo per ordinare ad un ristorante aspettiamo che il cameriere ci guardi prima di dirgli che vogliamo una carbonara?

Perché in passato, il contatto oculare con un'altra persona e'stata, e lo è ancora, una condizione necessaria per fare una richiesta efficace per ricevere il rinforzatore.

Se non stabilivamo un contatto oculare con il nostro interlocutore molto probabilmente non riuscivamo ad ottenere il nostro "rinforzatore". La nostra richiesta falliva perché non riuscivamo a catturare l'attenzione dell'altra persona.
Quindi il contatto oculare e l'attenzione degli altri sono una "garanzia" perché massimizzano il rinforzo.

Perché allora dovremmo insegnare il contatto oculare ad un bimbo con autismo all'interno di una contingenza diversa?!
Sarebbe un errore! Questo è il motivo per cui, nonostante l'insegnamento, questo comportamento non viene generalizzato e mantenuto nell'ambiente naturale.
Perché' la contingenza non è quella naturale!
Se non insegnamo il contatto oculare nella contingenza naturale il rischio è quello di insegnare solo "imitazione di comportamenti socialmente significativi".
Anche se la Topografia (forma) del comportamento e'corretta, non lo è la sua funzione! Questo fa la differenza!

La contingenza corretta dovrebbe essere: se fai una richiesta senza guardarmi allora non riceverai il rinforzatore. Se fai una richiesta e mi guardi lo riceverai.
Ovviamente il bambino dovrebbe già aver acquisito il mand per quel determinato rinforzatore prima di iniziare questo tipo di programma.

Tecnicamente rinforziamo le richieste accompagnate da contatto oculare (Sd) e mandiamo in estinzione le richieste senza contatto oculare (Sdelta): rinforzo differenziale.

Il volto dell'adulto e i suoi occhi devono diventare quindi prima un Sd (stimolo discriminativo) che segnala l'occasione per effettuare una richiesta (mand) a cui seguirà il rinforzatore.
Ecco che il contatto oculare con l'altra persona diventa poi anche un rinforzatore condizionato.

Il bimbo impara che per effettuare una richiesta e affinche'possa ricevere il suo rinforzatore, occorre prima stabilire un contatto oculare con l'altra persona (VI RICORDATE L'ESEMPIO DELLA TEGLIA CHE ACQUISTA VALORE NELL'ESEMPIO DEL POST PRECEDENTE?).

Ecco che l'altra persona, il suo viso e i suoi occhi cominciano ad acquistare valore!

Quindi schematizzando:

Il bimbo desidera qualcosa ma ha bisogno dell'altra persona per ottenere ciò che vuole (CMO-T).
Questo condiziona il viso e gli occhi dell'altra persona come rinforzatore ed evoca il comportamento di guardare viso e occhi dell'altra persona.
Viso e occhi sono anche uno stimolo discriminativo (Sd) per effettuare una richiesta. Il bambino emette la richiesta rinforzata dal ricevere ciò che desidera.

08/02/2018

COME INCREMENTARE LE RICHIESTE (MAND) MANIPOLANDO LA MOTIVAZIONE: UTILIZZARE LA PROCEDURA DELLA "CATENA INTERROTTA" SFRUTTANDO LA CMO-T

Immaginate di essere in cucina mentre state preparando la vostra pizza preferita. Avete finito di impastare e mettere tutti gli ingredienti. Ad un certo punto vi serve la teglia per mettere la pizza nel forno. Ecco, in questo momento, la teglia acquisisce per voi valore come "rinforzatore" perché è essenziale per completare la "catena" comportamentale "fare la pizza" che conduce all'ottenimento del rinforzatore finale "mangiare la pizza" e quindi evocherà qualsiasi comportamento che in passato ha prodotto questo oggetto: cercarlo, chiedere a qualcuno dov'è, o di darvelo.

In altre circostanze la teglia non avrebbe molto valore per voi. Ma in quella circostanza si. Non andreste mai a lavorare per ricevere una teglia! Ma se avete fame e l'unico modo per infornare la vostra pizza preferita e' avere una teglia farete di tutto per averla.

Questa "necessità" della teglia e'definita CEO-T, ovvero una variabile ambientale associata alla relazione di uno stimolo (la teglia) e una qualche forma di rinforzo (mangiare la pizza) e che quindi stabilisce l'efficacia del rinforzo dell'altro stimolo (teglia) ed evoca tutto il comportamento che lo ha prodotto.

Gli studi più recenti sul "VERBAL BEHAVIOR" (vedi quelli di Sundberg e Carbone), che partono da un'analisi skinneriana del "comportamento verbale", focalizzano la loro attenzione sull'utilizzo di contingenze naturali per insegnare il comportamento verbale a bimbi con autismo come le richieste in cui, come sappiamo, le variabili di controllo sono la motivazione (antecedente) e un rinforzatore specifico (conseguenza-ottenere ciò che si desidera). Ciò favorisce l'acquisizione e la generalizzazione di questo tipo di "operante" verbale.

Manipolare questo tipo di "motivazione" (CMO-T) e' molto efficace per creare una contingenza che si avvicini il più possibile a quella naturale, dove una forte motivazione e' "accesa". Questa variabile e' importante per il "condizionamento" dei rinforzatori.

LA PROCEDURA DELLA CATENA INTERROTTA:

Insegnamo al bambino una catena comportamentale per esempio mangiare uno yogurt.
Ovviamente dopo esserci assicurati che "mangiare lo yogurt" per il bimbo sia un rinforzatore!
Esponiamo il bimbo a tutti gli "anelli" possibili di questa "catena"che verosimilmente comprende: aprire il frigorifero, prendere lo yogurt, aprire il vasetto di yogurt, prendere una tazza, versare lo yogurt nella tazza, prendere un cucchiaio, mangiare lo yogurt.

Tutto è essenziale per ottenere il rinforzatore finale!

Successivamente "interrompiamo la catena" facendo sparire un oggetto alla volta, insegnando per esempio, prima il MAND per la "tazza", poi per "cucchiaio", etc.

Possiamo anche fermarci prima di aprire il vasetto di yogurt per stimolare la richiesta da parte del bambino :"APRI" o prima di versarlo nella sua tazza per stimolare la richiesta "versa".

Queste "interruzioni della catena" aumenteranno il valore dell'oggetto che in quel momento manca e che è necessario per ottenere il rinforzatore finale (mangiare lo yogurt).

Pertanto aumentano la motivazione per richiedere quel determinato oggetto.
Situazione ideale per insegnare MAND!

Bisogna avere molta fantasia e conoscere le preferenze del bambino per ideare diverse situazioni.

Se al bimbo piace vedere un DVD possiamo sfruttare questa situazione nascondendo "telecomando", "DVD preferito", "LETTORE DVD" per evocare i rispettivi mands.

27/01/2018

LA TEORIA DELLA MENTE: COS’E’ E COME POSSIAMO INSEGNARLA A BIMBI E RAGAZZINI CON AUTISMO

La “Teoria della mente” (Theory of Mind ToM) si riferisce all’abilità di inferire gli stati mentali degli altri, ovvero, i loro pensieri, credenze, desideri, e intenzioni. Con questo termine ci si riferisce anche all’abilità di usare queste informazioni per interpretare ciò che le altre persone dicono, dando significato al loro comportamento e prevedendo ciò che faranno in futuro. La possibilità di comprendere correttamente cosa passi per la mente di un’altra persona ci permette di comprendere il comportamento altrui, dando un senso alle azioni che osserviamo anche se gli altri non le spiegano direttamente. Ci rende degli interlocutori in grado di intuire le intenzioni implicite di un messaggio e di prevedere il comportamento degli altri. Ci consente di crearci delle aspettative e di verificarle, nonché di adattare il nostro comportamento in base all’interlocutore. La teoria della mente è l’abilità che ci permette di costruire relazioni sociali significative con altre persone perché ci “sintonizza” con loro.
Studi recenti evidenziano una notevole presenza di differenze individuali nello sviluppo di quest’abilità. La teoria della mente è acquisita generalmente in bambini con sviluppo tipico dall’età di tre anni fino a cinque sei. Quando i bambini sviluppano il linguaggio iniziano a parlare di azioni in termini di stati mentali.
Dai 18-30 mesi circa, i bambini a sviluppo tipico si riferiscono a diversi stati mentali quali emozioni, desideri, credenze, pensieri, finzioni, etc. A 3-4 anni circa i bambini sanno risolvere situazioni che comportano false credenze di primo ordine.
Ma cos’è una “falsa credenza”? Facciamo un esempio:
1)Luigi e Maria si trovano insieme nella loro cameretta;
2) Luigi conserva un cioccolatino nel cassetto del suo comodino e poi esce dalla stanza;
3) Maria resta da sola nella cameretta e in assenza di Luigi prende il cioccolatino dal cassetto e lo nasconde dentro una scatola;
3) Luigi ritorna nella cameretta e vuole mangiare il suo cioccolatino.
Un bimbo che ha sviluppato una teoria della mente alla domanda risponderà nel cassetto perché riconosce che Luigi penserà che il cioccolatino è ancora dove l’ha riposto, e che quindi lo cercherà nel cassetto anche se ora non c’è più. I bimbi con autismo generalmente a questa domanda rispondono che Luigi cercherà il suo cioccolatino dentro la scatola perché è l’ultima azione che hanno visto e non riescono a “mettersi nei panni” di Luigi che era assente quando Maria ha spostato il cioccolatino e quindi che non ha visto Maria effettuare lo spostamento del cioccolatino dal comodino alla scatola. Dai 6 anni in poi si sviluppa nei bambini a sviluppo tipico la capacità di risolvere compiti di falsa credenza di secondo ordine.
Facciamo un altro esempio:
1) due sorelline, Sara e Zoe litigano perché vogliono giocare entrambe con la bambola;
2) la mamma sentendole litigare decide di prendere la bambola e riporla dentro l’armadio;
3) la mamma esce dalla stanza insieme a Sara;
4) Zoe rimasta sola nella stanza, prende la bambola dall’armadio e la nasconde dentro la cesta dei giocattoli; dietro le sue spalle c’e Sara che guarda la sorellina di nascosto dall’uscio della porta. Zoe non si accorge che Sara la vede;
5) arriva a casa la cuginetta che chiede a Sara di giocare con la bambola. In questa situazione, la domanda di falsa credenza di primo ordine è: Zoe pensa che Sara l’abbia vista mentre spostava la bambola? La domanda di falsa credenza di secondo ordine è: Zoe in che posto pensa che Sara manderà la cuginetta a cercare la bambola? In questo caso è richiesto un pensiero più complesso di meta rappresentazione: “io penso che tu pensi che X pensi Y”! Anche in questo caso, i bimbi con autismo che presentano un deficit nella teoria della mente hanno difficoltà a risolvere questo compito. Questa difficoltà ha come conseguenza l’incapacità di prevedere il comportamento degli altri, di sintonizzarsi con loro mettendosi “nei loro panni” o come dicono gli inglesi “nelle loro scarpe” e quindi di costruire relazioni amicali significative.
Il deficit della teoria della mente si manifesta nell’incapacità di capire i fraintendimenti, l’ironia, di ingannare o capire l’inganno, di accedere al significato delle metafore, doppi sensi, ed al significato nascosto e non letterale delle parole. I bimbi con autismo danno una spiegazione “letterale” di tutto ciò che accade loro intorno. Se un bimbo dice “acqua in bocca” il bambino con autismo lo interpreterà come “devo mettermi l’acqua in bocca” anziché “devo mantenere il segreto e non dirlo a nessuno”. Pertanto il training deve prevedere anche l’insegnamento di queste abilità.
La teoria della mente non si sviluppa spontaneamente in bimbi con autismo ma possiamo insegnarla.
Vi presentiamo alcuni esempi per iniziare un training sulla teoria della mente che non vogliono rappresentare la “regola” ma solo una guida generale che poi va sempre “cucita su misura” sul bambino a seconda del “livello di funzionamento”.
- Insegnare al bambino a riconoscere le espressioni delle emozioni (felicità, tristezza, rabbia, paura) in visi riprodotti mediante disegni schematici e nelle fotografie reali. ESEMPIO: Porre di fronte al bambino le immagini delle emozioni e domandargli: “dov’è felice”? “Dov’è triste?” oppure “dammi spaventato”, “dammi arrabbiato”.
- Insegnare al bambino ad identificare le emozioni causate da situazioni. Si richiede al bambino di prevedere come si sentirà un personaggio in un dato contesto rappresentato in un immagine. ESEMPIO: presentare al bambino la foto di un bimbo che cade dalla bicicletta e si fa male; si chiede al bambino di scegliere tra le quattro foto delle emozioni primarie (felicità, tristezza, paura, rabbia) come si sente il bambino in quella situazione.
- Insegnare al bambino ad identificare le emozioni (felicità e tristezza) causate dal fatto che il desiderio di una persona si avveri o meno. Utilizzare anche in questo caso un supporto visivo. ESEMPIO: il bambino desidera il gelato, il papà gli compra il gelato. Come si sente il bambino? Oppure il bambino desidera andare sulle giostre, il papà lo porta dalla nonna. Come si sente il bambino?
- Insegnare che le emozioni sono causate da opinioni. Al bambino si richiede di interpretare di seguire una sequenza di tre figure e di prevedere l’emozione provata dal personaggio a seconda del fatto che pensi che il suo desiderio si sia realizzato o meno. ESEMPIO 1:situazione reale: il papà ha comprato a Zoe per il suo compleanno la casetta di Peppa Pig; opinione: Zoe pensa che per il suo compleanno riceverà la casetta di Peppa Pig; conclusione: il papà di Zoe gli regala la casetta di Peppa Pig per il suo compleanno. Domanda: Come si sentirà Zoe? Felice o Triste? ESEMPIO 2: situazione reale: la mamma ha preparato per pranzo la pasta con le verdure; opinione: Zoe pensa che la mamma ha cucinato per lei il suo piatto preferito: cotoletta e patatine fritte! Domanda: come si sente Zoe? conclusione: la mamma presenta per pranzo a Zoe la pasta con le verdure. Domanda: Come si sentirà Zoe? Felice o Triste!
- Insegnare al bambino gli STATI INFORMATIVI: 1) PROSPETTIVA VISIVA SEMPLICE: comprendere il fatto che persone diverse possono vedere cose diverse. Si possono utilizzare una serie di immagini diverse con una figura su entrambi i lati. Prendiamo un’immagine che raffigura per esempio in un lato il cane e dall’altro lato una palla e si chiede al bambino: cosa vede lui e che cosa vede l’operatore. 2) PROSPETTIVA VISIVA COMPLESSA: comprendere non solo ciò che le persone vedono ma anche come le persone vedono le cose. Si preparano tante immagini che piacciono al bambino e si chiede al bambino la posizione di un oggetto raffigurato nell’immagine che entrambi vediamo ma da una prospettiva diversa. Si chiede al bambino: “quando io guardo la figura, il gatto è diritto o è alla rovescia? E tu come lo vedi?3) COMPRENSIONE DEL PRINCIPIO : capire che le persone sanno solo le cose che hanno sperimentato direttamente o indirettamente (udito o sentito). Per esempio, nascondiamo un oggetto che il bambino non può vedere e poi chiediamo al bambino di descrivere l’oggetto nascosto che lui non ha visto. Poi facciamo vedere l’oggetto e gli chiediamo di descriverlo. PREVEDERE AZIONI SULLA BASE DI CIO’ CHE UNA PERSONA SA: si richiede al bambino, per esempio, di prevedere le azioni di una persona in base a dove una persona crede che si trovi un dato oggetto. Spiegare al bambino che le persone possono avere false credenze. Facciamo il famoso esempio degli smarties. Il bambino, insieme ad un amico, viene condotto in una stanza con la promessa che l’adulto mostrerà loro il contenuto di una scatola. All’amico, però, viene anche detto di aspettare il suo turno fuori dalla porta. All’interno della stanza viene mostrata al bambino una scatola di Smarties. Si chiede al bambino che cosa pensa che ci sia nella scatola. Il bambino risponde Smarties. A questo punto gli si mostra che in realtà si sbaglia e che la scatola contiene una matita. Entra il suo amico a cui verrà mostrata la scatola: il bambino deve dire cosa si aspetta che l’amico pensi ci sia nella scatola. “Secondo te il tuo amico cosa penserà che ci sia qui dentro?”
- 4) COMPRENDERE LE FALSE CREDENZE: si richiede al bambino di prevedere le azioni di una persona in base a dove quella persona erroneamente crede che un dato oggetto si trovi (vedi esempi precedenti sulla falsa credenza di primo e di secondo ordine).

Ai bambini con autismo a seconda del grado di funzionamento è possibile insegnare vari livelli della teoria della mente. Durante la nostra esperienza clinica abbiamo insegnato a molti bimbi e ragazzi con autismo ad interpretare gli stati mentali, a capire le opinioni errate, a capire la differenza tra realtà e apparenza, a capire la falsa credenza, a comprendere il fraintendimento, l’ironia, l’inganno, le metafore e i modi di dire. Sviluppare queste abilità ha ridotto i comportamenti problema di questi ragazzini in frequenza, intensità e durata migliorando anche le relazioni interpersonali. La capacità di “mettersi nei panni dell’altro” consente infatti a questi ragazzini di comprendere che spesso le aspettative possono anche non avverarsi a causa di eventi che non sempre riusciamo a controllare. Per esempio, papà non mi compra la pista delle macchinine perché costa troppo e non possiamo permettercela!

27/01/2018

LEZIONE N. 7

"ABA PER TUTTI!"

SCHEMI DI RINFORZO: CONTINUOUS REINFORCEMENT VS INTERMITTENT SCHEDULE OF REINFORCEMENT

Dott.ssa R. Belcastro Dott.ssa Daniela Fasciana
Applied Behavior Analisys (ABA) and Cognitive Behavioral Therapy (CBT)
ISTITUTO DI MEDICINA COMPORTAMENTALE ISMEC PALERMO

Nelle prime lezioni abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla procedura del rinforzo e in particolare sullo schema (“schedule”) CONTINUO.
Cos’è uno “schema” o “programma ” di rinforzo? E’una regola che ci indica quale manifestazione di uno specifico comportamento dobbiamo rinforzare, ovvero in quale condizione dovremo consegnare il rinforzatore.

SCHEMA DI RINFORZO CONTINUO

In un PROGRAMMA DI RINFORZO CONTINUO il rinforzatore e’consegnato OGNI volta che si presenta il comportamento che desideriamo incrementare. Utilizziamo questo schema quando dobbiamo “costruire” un nuovo comportamento (fino a quando il bimbo non lo impara). Ma una volta che e’stato appreso, per “mantenerlo in vita” e’utile sostituire questo schema con un altro per diverse ragioni. Per esempio, come sottolineato nella lezione N.6 un comportamento che viene rinforzato in modo continuo, va più facilmente incontro ad estinzione nel momento in cui non viene più rinforzato. Inoltre, con uno schema di rinforzo continuo e’ piu’ probabile che il rinforzatore, consegnato innumerevoli volte, possa andare incontro a saturazione poiché il bimbo si “saziera'” presto e pertanto perderebbe la sua efficacia. Rinforzare il comportamento target tutte le volte che viene emesso può anche rallentare l’insegnamento poiché produce parecchie interruzioni. Infine, questo schema può interferire con la generalizzazione degli apprendimenti e con il passaggio da una motivazione estrinseca (lo faccio perché dopo mi danno qualcosa che mi piace”, ovvero il rinforzatore) ad una motivazione intrinseca (lo faccio perché mi piace farlo). Per queste ragioni, dopo che il comportamento e’stato “acquisito” passeremo ad un altro schema di rinforzo, ovvero quello “intermittente” che non presenta questi limiti e risulta molto efficace per consolidare e mantenere un comportamento.

SCHEMI DI RINFORZO “INTERMITTENTE”

Nella lezione N.6 vi abbiamo presentato alcuni schemi di rinforzo intermittente per ridurre i comportamenti problema (rinforzo differenziale DRA, DRI, DRL, DRO). In questa lezione approfondiremo i programmi di rinforzo intermittente utili a “consolidare” un comportamento desiderabile.
Con lo schema di rinforzo INTERMITTENTE consegnamo il rinforzatore SOLTANTO ALCUNE VOLTE in cui si presenta il comportamento.
Distinguiamo due categorie di rinforzo intermittente: “a rapporto” e “a intervallo”.

SCHEMA DI RINFORZO A RAPPORTO
Con questo schema il rinforzo e’contingente all’emissione di un certo numero di risposte corrette, ovvero il rinforzatore viene consegnato solo dopo un certo numero di risposte corrette. Uno schema a rapporto e’ “fisso” (RF) quando il numero necessario di risposte corrette affinché il rinforzatore sia disponibile non cambia tra un rinforzo e l’altro. Per esempio, se decidiamo di rinforzare il comportamento “svolgere gli esercizi di matematica” dopo 3 operazioni corrette scriveremo RF3. Gradualmente e’possibile aumentare il valore di RF e fissarlo quindi a RF6, poi RF9 etc.
Non e’funzionale fissare sin da subito lo schema a 9. Un incremento troppo rapido dello schema RF produce un peggioramento della risposta chiamato “allentamento del rapporto”. In altre parole, all’inizio non e’opportuno richiedere un numero troppo elevato di risposte per consegnare il rinforzatore e tanto meno passare da un RF3 direttamente ad un RF9. Il valore ottimale del rapporto e’comunque individuato dall’esperto mediante “prove ed errori”.
I programmi di rinforzo RF producono un’alta e stabile percentuale di risposte prima della comparsa del rinforzatore e una “pausa post rinforzo” (per un certo periodo il bimbo non risponde alle richieste) la cui durata e’direttamente proporzionale al valore di RF: più alto e’il valore (ovvero più risposte sono necessarie alla comparsa del rinforzatore) e più lunga sarà la pausa post rinforzo.
Nello schema di rinforzo a “rapporto variabile” (RV) invece il numero di risposte corrette che occorrono per la consegna del rinforzatore cambia in modo imprevedibile (intorno ad un valore medio che stabiliamo all’inizio dell’elaborazione del programma) da un rinforzo al successivo.
Questo schema non produce pausa post rinforzo poiché non e’possibile prevedere quando si riceverà il rinforzatore. Facciamo un esempio: Il successo delle slot machine e’dovuto al fatto che sono programmate secondo uno schema RV. Il giocatore infatti non ha la possibilità di conoscere il numero di volte in cui dovrà inserire una moneta per vincere. Motivo per cui la frequenza del suo comportamento “inserire monetina e premere leva/schiacciare il bottone” si mantiene elevata…ed il suo portafogli sempre più vuoto!

SCHEMI DI RINFORZO A INTERVALLO
In questo caso il rinforzo e’contingente ad una risposta emessa alla fine di uno specifico periodo di tempo (intervallo). Dunque, e’lo scorrere del tempo che rende disponibile il rinforzatore e non il numero di risposte corrette.
Con un programma a intervallo “fisso” (IF) rinforziamo la prima risposta corretta che compare dopo un intervallo di tempo stabilito. Se la risposta compare prima della fine dell’intervallo non viene rinforzata. il rinforzatore e’consegnato dopo un periodo di tempo “fisso” che segue il precedente rinforzatore. Dopo si azzera il cronometro e inizia un nuovo intervallo.
Per esempio, se è necessario che passi un minuto prima che il rinforzatore possa essere consegnato, scriveremo IF1 minuto.
Con uno schema di rinforzo a “intervallo variabile” (IV) invece la durata dell’intervallo e il successivo cambia in modo imprevedibile attorno ad un valore medio stabilito durante l’elaborazione del programma. Controllare la casella di posta elettronica e’un comportamento rinforzato secondo questo schema poiché non possiamo prevedere quando troveremo un’email.
Un altro schema di rinforzo intermittente e’quello “a validità’ limitata” secondo cui rinforzeremo il comportamento solo se compare DURANTE un arco di tempo limitato dopo che sia trascorso un certo intervallo. Il rinforzatore e’ valido solo per un tempo limitato…c’ e’una scadenza.
Infine abbiamo lo schema di rinforzo “a durata” che rendono il rinforzo contingente ad una risposta emessa per un certo periodo di tempo. In altre parole, rinforziamo una risposta solo se si presenta per un certo periodo di tempo. Il valore di questo schema e’dunque dato dalla quantità di tempo durante cui il comportamento deve manifestarsi in modo continuo per potere consegnare il rinforzatore. Anche in questo caso distinguiamo schemi a “durata fissa” (il valore dello schema e’fisso) e “variabile” (il valore dello schema cambia in modo imprevedibile).
Questo tipo di schema e’utilizzato per incrementare la durata del contatto oculare con bimbi con autismo.

Anche per oggi può bastare, buono studio!

27/01/2018

LEZIONE N. 6

"ABA PER TUTTI!"

Dott.ssa R. Belcastro Dott.ssa D. Fasciana
Istituto di Medicina Comportamentale (ISMEC) Palermo
ANALISI E MODIFICAZIONE DEI COMPORTAMENTI PROBLEMA (PARTE TERZA)

Ciao a tutti e ancora una volta bentornati!
Nella precedente lezione abbiamo preso in considerazione le procedure per ridurre comportamenti problema basate sul rinforzo differenziale tramite il quale mandiamo in estinzione il comportamento problema (eliminando il rinforzatore) e parallelamente incrementiamo un comportamento alternativo desiderabile. Queste procedure risultano efficaci perché ci danno la possibilità di insegnare al bambino non soltanto “cosa non deve fare” ma anche “cosa è più opportuno che faccia”. In questa lezione ci focalizzeremo sulle procedure basate sulla punizione che vanno considerate “l’ultima spiaggia”, ovvero andrebbero utilizzate per comportamenti pericolosi (per il bimbo o per gli altri) per i quali le precedenti strategie non hanno funzionato. Vanno comunque “combinate” insieme a procedure per incrementare comportamenti alternativi desiderabili. Un programma di modificazione comportamentale basato esclusivamente su strategie punitive è destinato a fallire oltre ad essere non corretto da un punto di vista etico. Come abbiamo più volte sottolineato, è la topografia che dobbiamo modificare di un comportamento problema. Dobbiamo sostituirlo con un comportamento più desiderabile che dia l’opportunità al bimbo di raggiungere lo stesso scopo! Inoltre per utilizzarle è assolutamente necessaria la supervisione di un esperto in analisi e modificazione del comportamento. Pertanto, più che mai per questa lezione è necessario “leggere attentamente le avvertenze”. Questo perché la punizione tende ad evocare comportamenti aggressivi. Può fare si che le persone e le situazioni abbinate allo stimolo punitivo diventino stimoli punitivi condizionali. Per questi motivi l’impiego della punizione è molto controverso. Ad ogni modo le norme deontologiche (BACB, 2004) ne regolano l’utilizzo.

LA PUNIZIONE

Il principio della punizione afferma che se in una data situazione, un comportamento è seguito da uno stimolo punitivo, allora è meno probabile che quello stesso comportamento in situazioni simili si manifesti ancora.
La procedura consiste nel presentare immediatamente dopo il comportamento non desiderabile uno stimolo avversivo (punizione positiva- aggiungiamo qualcosa di negativo) o nel togliere uno stimolo piacevole (punizione negativa- sottraiamo qualcosa di positivo).
Se una persona riceve una multa salata (punizione positiva- “aggiungiamo” qualcosa di avversivo) e gli vengono sottratti dei punti dalla patente (punizione negativa- alla persona viene “sottratto” qualcosa che per la persona ha un valore positivo ) perché ha superato il limite di velocità è molto probabile che la prossima volta rispetti il limite.
Questo esempio ci chiarisce come gli aggettivi “positivo” e “negativo” non hanno alcuna valenza etica ma indicano soltanto che l’effetto della punizione dipende dalla “posizione” dell’evento stimolo che nel primo caso (“positivo”) viene aggiunto alla situazione e nel secondo caso (“negativo”) viene sottratto. L’effetto di entrambi è comunque la riduzione di un comportamento.
Lo stesso dicasi per il rinforzo in cui l’aggettivo “positivo” indica che aggiungiamo un rinforzatore (Marco finisce i compiti e riceve il suo gelato preferito) mentre l’aggettivo “negativo” indica che sottraiamo uno stimolo avversivo (Abbiamo mal di testa, prendiamo una pillola e il mal di testa ci passa). In entrambi i casi l’effetto è un’incremento della frequenza della risposta (vedi lezione n.1).
Ricapitolando:
PUNIZIONE POSITIVA E NEGATIVA RIDUCONO LA FREQUENZA DI UN COMPORTAMENTO
RINFORZO POSITIVO E NEGATIVO AUMENTANO LA FREQUENZA DI UN COMPORTAMENTO
Fate molta attenzione dunque a non confondere rinforzo negativo e punizione!
Uno stimolo punitivo (punisher) è un evento che, quando viene presentato immediatamente dopo un comportamento, ne provoca una riduzione in termini di frequenza. Alcuni stimoli possono sembrare punitivi mentre in realtà non lo sono. Molti genitori, per esempio, sgridano i loro bambini convinti di punirli. Ma in realtà, quando un comportamento problema ha la funzione di ottenere attenzione dall’adulto, non si riduce con i rimproveri che, al contrario, incrementano quel comportamento (vedi lezione n.4). Come per il rinforzatore, anche in questo caso sarà la performance del bambino che ci confermerà se uno stimolo è punitivo o meno: è punitivo se osserviamo una riduzione della frequenza del comportamento che lo precede. Come per i rinforzatori, è utile elaborare una “lista di punizioni” per potere variare e non mandarli in saturazione. Inoltre, affinchè sia efficace, occorre che lo stimolo punitivo sia presentato con la sua massima intensità già alla prima occasione. Presentare uno stimolo punitivo aumentando gradualmente la sua intensità desensibilizzerebbe il bimbo a quello stimolo rendendolo inefficace. Inoltre, deve essere presentabile immediatamente dopo il comportamento problema, ovvero, deve essere contingente e presentato ogni volta che si verifica il comportamento problema.
Abbiamo diverse procedure che si basano sulla punizione.
PUNIZIONE INCONDIZIONALE
Con questa procedura presentiamo stimoli avversivi che attivano i recettori del dolore (punizione fisica come sculacciate, suoni molto forti, etc.) o altri recettori che evocano sensazioni spiacevoli. Si chiamano “incondizionali” perché sono stimoli che elicitano, ovvero provocano necessariamente, quel tipo di risposta, senza che ci sia stato un precedente condizionamento (apprendimento).
PUNIZIONE CONDIZIONALE:
Quando uno stimolo, inizialmente neutro, abbinato ripetutamente ad una punizione, finisce per acquisire le stesse capacità punitive (trasferimento funzionale da uno stimolo ad un altro). Per esempio i rimproveri verbali “Basta!”, “No!” spesso sono seguiti da una punizione (sculacciata) quando il bambino continua a manifestare il comportamento che li provoca. Dunque il rimprovero “Basta” da solo può elicitare la stessa risposta che otteniamo dopo la presentazione dello stimolo avversivo “sculacciata”.

TIME OUT:

E’ una forma di punizione negativa poiché presuppone la rimozione del rinforzatore (SP-) in modo contingente al comportamento problema.
Più è piacevole per il bimbo l’ambiente in cui si trova o l’attività che sta svolgendo e più è probabile che questa procedura funzioni. A questo proposito, è necessario accertarsi che la funzione del comportamento problema non sia l’evitamento e che quindi la situazione o l’attività siano veramente rinforzanti per il bimbo. Altrimenti, allontanare il bimbo da quella situazione o eliminare quell’attivita’ percepite dal bimbo come avversive sarebbe per il bimbo, piuttosto che una punizione, una conseguenza positiva (rinforzo negativo) al suo comportamento e quindi al contrario lo andremmo ad incrementare! Nella nostra esperienza clinica abbiamo osservato diverse situazioni soprattutto nelle scuole in cui il bambino in seguito a comportamenti problema con funzione di evitamento del compito venivano portati fuori ed affidati ai bidelli che li intrattenevano in attività piacevoli come il disegnare o passeggiare per i corridoi. E’ chiaro che queste conseguenze non fanno altro che incrementare i comportamenti problema perché funzionali per il raggiungimento dello scopo del bimbo (evitare il compito). Dunque prima di scegliere una conseguenza al comportamento problema del bimbo (una procedura) è necessario individuarne la funzione con l’Analisi Funzionale (vedi lezione n.4).
Distinguiamo due tipi di time out, ovvero “con esclusione” e “senza esclusione”.
Nel primo caso,“con esclusione”, in seguito ad un comportamento problema il bambino viene allontanato da una situazione piacevole e condotto con un adulto (che non darà attenzione al bambino) in una situazione priva di rinforzatori (la “stanza del time out”) dove resterà per un periodo di tempo stabilito (fino a quando il bambino smette di manifestare il comportamento problema). Questa stanza dovrebbe essere sicura (priva di vetri e specchi e oggetti pericolosi) soprattutto in presenza di comportamenti auto/etero aggressivi.
Nel secondo caso, “senza esclusione”, il bimbo non viene allontanato dalla situazione in cui si trova ma gli viene sottratto il rinforzatore. Per esempio, un bimbo in braccio all’adulto lo graffia quando quest’ultimo smette di fargli i “grattini” (la funzione del comportamento è continuare a ricevere i grattini) e l’adulto lo mette immediatamente giù. Oppure, un bimbo gira su se stesso durante un cartone che gli piace tanto e la mamma spegne immediatamente la tv. Oppure ancora, se un bimbo spinge un altro bimbo mentre giocano lo si fa sedere in una sedia (“sedia del time out”) ma sempre all’interno di quella stanza.

IL COSTO DELLA RISPOSTA
Questa procedura implica che in seguito ad un comportamento non desiderabile venga sottratta al bimbo una specifica quantità di rinforzatore. Pensate all’esempio precedente in cui una persona che supera il limite di velocità riceve come “punizione” una sottrazione di punti dalla patente. Un altro esempio di “costo della risposta” lo troviamo nella “token economy” (che approfondiremo nelle successive lezioni) ovvero un programma di modificazione comportamentale in cui consegnamo al bimbo un gettone (rinforzatore condizionale) ogni volta che emette un comportamento desiderabile. Dopo avere ottenuto un numero stabilito di gettoni il bimbo può scambiarli con dei premi. Ma allo stesso tempo sottraiamo un gettone (costo della risposta) quando invece mette in atto un comportamento non desiderabile.
Anche per oggi può bastare, ci “vediamo” alla prossima!

Ciao!

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