25/09/2024
Attualità da "Dopo la catastrofe" ...
🔹️La "Pseudologia phantastica", ossia "quella forma di isteria caratterizzata dalla particolare capacità di prestar fede alle proprie bugie."
...accade forse oggi in Italia?
🖋️"Con orrore ci siamo resi conto delle nefandezze che l’uomo è in grado di compiere e di cui perciò anche noi potremmo essere capaci, e da allora siamo rosi da dubbi terribili a proposito dell’umanità della quale anche noi facciamo parte.
Perché si verifichi una simile degenerazione, tuttavia – e a questo proposito si dovrebbero aver le idee ben chiare – occorre la presenza di determinate condizioni. È necessaria anzitutto la concentrazione di masse urbane industrializzate, e quindi occupate in un’attività univoca, recise dalle loro radici, che abbiano perduto ogni sano istinto, perfino quello dell’autoconservazione.
Esso va perduto infatti nella misura in cui viene demandato allo Stato, e questo è un brutto sintomo. La delega allo Stato significa che ci si attende salvezza da ogni altro (=Stato) tranne che da sé stessi. Ognuno si regge all’altro con un falso senso di sicurezza, perché quando ci si regge insieme ad altri diecimila è sempre come se si fluttuasse nell’aria, con la sola differenza che non si nota più l’insicurezza della propria posizione.
L’accrescersi delle attese nello Stato non è un buon sintomo, perché indica che il popolo è ben avviato a trasformarsi in gregge, che attende sempre dai pastori di essere condotto in buoni pascoli. Non ci vuol molto, poi, perché la v***a del pastore si trasformi in una spranga di ferro e i pastori in lupi. [...]
Chi tutto promette, nulla potrà mantenere, e chiunque abbia fatto troppe promesse va a rischio di usare mezzi ingiusti per adempiere alle sue promesse e si mette già sulla via della catastrofe.
Il continuo espandersi dell’assistenza statale, mentre è da un lato indubbiamente una buona cosa, dall’altro però presenta il rischio di espropriare l’individuo della sua responsabilità e di produrre esseri infantili e pecoroni. C’è inoltre il pericolo che gli individui che valgono vengano in definitiva sfruttati dagli irresponsabili, come succedeva su amplissima scala in Germania.
Occorre fare in modo che il cittadino conservi a ogni costo il proprio istinto di autoconservazione, perché, una volta distaccato dalle radici nutritive dei propri istinti, l’uomo diviene un fantoccio in balìa di tutti i venti; allora non è più null’altro che un animale malato, demoralizzato e degenerato, e può ritrovare la salute solo tramite una catastrofe. [...]
Si tratta di una condizione patologica, di demoralizzazione e di anormalità mentale: una parte di noi compie cose di cui l’altra parte (quella “rispettabile”) non vuol saper nulla.
Quest’ultima si trova in stato di difesa cronica contro accuse reali o immaginarie che però in realtà vengono mosse non tanto dall’esterno, quanto piuttosto dal giudice che risiede dentro di noi, nel nostro cuore.
Poiché si tratta di un tentativo spontaneo di guarigione, sarebbe più saggio non persistere troppo nel rinfacciare al popolo tedesco i suoi orrori, andando a rischio di sovrastare la voce dell’accusatore presente nel loro cuore (e anche nel cuore degli Alleati!). Se solo gli uomini sapessero quale arricchimento comporti l’aver riconosciuto la propria colpa, quale dignità e promozione spirituale!
Ma di questa scoperta non si vede ancora l’ombra da nessuna parte. Al suo posto abbondano invece i tentativi di scaricarsi ogni addebito: “Nessuno riconosce di essere stato un nazista.”
I tedeschi hanno sempre badato molto all’impressione che facevano all’estero. Non amavano essere disapprovati, anzi neppure sottoposti a critiche. [...]
Tutti questi tratti patologici: la totale cecità nei confronti del proprio carattere, l’incensamento e la giustificazione autoerotici di sé stessi, la denigrazione e la terrorizzazione del prossimo, la proiezione della propria Ombra, la falsificazione menzognera della realtà, il cercare di “far colpo” e di imporsi sugli altri, il bluffare e imbrogliare le carte, si trovavano tutti riuniti in quell’uomo che fu diagnosticato clinicamente come isterico e che un bizzarro destino rese per dodici anni il capo politico, morale, religioso della Germania.
Fu solo un caso? [...]
L’elemento essenziale dell’isteria è una dissociazione cosiddetta sistematica, un allentamento degli opposti che d’ordinario sono strettamente congiunti tra loro, un allentamento che a volte giunge a provocare una vera e propria scissione della personalità, vale a dire una situazione in cui realmente la mano sinistra non sa quel che fa la destra.
Di solito è presente anche una stupefacente ignoranza dell’Ombra: si conoscono soltanto i propri buoni motivi, e quando i cattivi non possano più esser negati, compare allora il “superuomo e il signore” senza scrupoli che si crede nobilitato già soltanto dalla grandezza della sua meta.
Non conoscere l’altro lato di sé porta a una grande insicurezza interiore: non si sa bene chi siamo, ci si sente inferiori in qualche punto, senza però voler sapere dove, e con questa nuova inferiorità si accresce ulteriormente quella già esistente.
In questa insicurezza trova origine la psicologia del prestigio propria dell’isterico, ossia il volere “far colpo”, l’esibire i propri meriti e il ribadirli con insistenza, la mai saziata brama di riconoscimenti, di ammirazione e di conferme, il bisogno di essere amato.
Da questa insicurezza nascono anche la millanteria, la presunzione, l’arroganza, la sfrontatezza e la mancanza di tatto, per le quali molti tedeschi che in patria strisciavano come cani, hanno procurato all’estero una cattiva reputazione al loro popolo.
Dall’insicurezza nasce anche quella tragica mancanza di coraggio civile (si pensi al ruolo meschino svolto dai generali tedeschi!) che già Bismarck ai suoi tempi deplorava.
La mancanza di realtà che ci colpisce in Faust, produce nel tedesco una corrispondente mancanza di realismo. Egli ne parla soltanto, vantando il proprio “freddo” realismo e da questo atteggiamento si può già riconoscere senz’altro l’isteria: il suo realismo è una posa. Egli recita la parte di uno che ha senso del realismo, ma in realtà vuole conquistare il mondo a dispetto del mondo intero.
Naturalmente non ha idea di come si possa fare. Potrebbe tutt’al più sapere che è già andata male una volta, ma non ha difficoltà a trovare subito un motivo plausibile, per dare una falsa spiegazione allo scacco, e a credervi egli stesso.
Nel 1918 quanti tedeschi hanno prestato fede alla leggenda della “pugnalata alle spalle”? E quante altre leggende di “pugnalate alle spalle” sono fiorite al giorno d’oggi? Il prestar fede alle bugie che appagano i propri desideri è un noto sintomo isterico e un pronunciato segno di inferiorità.
Si sarebbe potuto supporre che il bagno di sangue della prima guerra mondiale fosse stato sufficiente, e invece non lo fu: brama di gloria e di conquista, sete di sangue annebbiarono la mente dei tedeschi a un punto tale che essi finirono per non vedere più per nulla la realtà che fino ad allora veniva comunque percepita solo in modo confuso. In un individuo questa condizione si chiama “stato di obnubilamento isterico”.
Un intero popolo che si trovi in questo stato non potrà non seguire con sicurezza sonnambolica un Führer-medium su per i tetti, per precipitare infine giù nella strada con il filo della schiena spezzato. [...]
Se la colpa collettiva venisse compresa e accettata si compirebbe un notevole passo avanti, ma ciò non sarebbe sufficiente a portare alla guarigione, allo stesso modo in cui il nevrotico non può essere guarito dalla pura e semplice comprensione della propria malattia.
Occorre ancora domandarsi: come convivo con questa Ombra? Quale atteggiamento si richiede per poter vivere nonostante la presenza del male? Per trovare valide risposte a questa domanda occorre aprirsi a un completo rinnovamento spirituale, che non può venir inoculato da un altro, ma che ognuno deve ottenere con le sue proprie forze.
E neppure è possibile valersi, senza sottoporle a verifica, di vecchie formule, valide nel passato, perché le verità eterne non amano essere tramandate meccanicamente, ma devono in ogni epoca tornare a scaturire dall’anima umana."
(C. G. Jung, 1945, "Dopo la catastrofe")