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08/03/2025
Una riflessione sulle radici della dipendenza affettiva
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La dinamica può essere così riassunta: la bambina viene al mondo in una famiglia in cui i suoi bisogni non vengono visti, per motivi che possono anche essere molto diversi e che, per la loro eterogeneità, non possono essere classificati: una madre depressa, un padre coinvolto in un crollo economico, la nascita di un fratello più bisognoso, un genitore narcisista, un genitore gravemente malato, uno abusante, un lutto improvviso, l’abbandono di uno o di entrambi i genitori ecc…
Impara così precocemente a non disturbare ulteriormente, “è già tutto così difficile per mamma e papà…”. Impara anche ad aspettare che uno dei due o entrambi diventino disponibili, senza fare capricci, in modo da ottenere quel poco d’amore che le basta per la sopravvivenza emotiva. Va da sé, quindi, che aspettare è la norma, e che per amore si può aspettare anche tutta la vita. In questo arido quadro mette a punto delle strategie per assicurarsi la somministrazione di una dose d’amore anche minima: si comporterà bene, farà la brava, prima o poi – pensa – qualcuno si accorgerà di lei.
Quindi diventerà brava davvero: sarà brava a scuola, brava all’università, brava nel lavoro. Glielo diranno in tanti che è brava tranne, probabilmente, le persone dalle quali ha atteso per tutta la sua esistenza di sentirselo dire.
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Ecco dunque che la bambina divenuta adulta inizierà a fantasticare sull’immagine di un partner perfetto che porterà quell’amore, quelle attenzioni, quelle carezze e quelle lodi mai avute nella sua vita.
Se mamma e papà non sono riusciti a darmelo – dice a se stessa – un uomo lo farà.
E rimane in attesa, come quando era piccola.
Stavolta però attende il cavaliere dall’armatura scintillante, il salvatore, l’eroe che riempirà di amore infinito e protezione la voragine che si è creata tanto tempo prima, che la aiuterà a far fronte ad ogni problema, come fosse l’antidoto ad ogni male.
E quando lui arriva, lei, che ne ha così tanto disperatamente bisogno, non sarà in grado di valutarlo applicando i criteri dell’amore.
Sarà il bisogno a guidarla, il bisogno che a tanti errori porta.
Perché l’amore, al contrario di come si dice, non è cieco affatto, è il bisogno a render ciechi. L’amore, invece, è un filtro dai colori vivaci che esalta le cose del mondo, rendendole vivide, belle, vibranti.
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Ha imparato molto presto che se farà la brava l’altro l’amerà.
E farà la brava eccome.
Lo farà anche e soprattutto se l’altro non lo merita, anche e soprattutto se l’altro non somministra che briciole, del resto non ha fatto altro che questo, per tutta la sua vita, credendo che così è l’amore. [.....]
Articolo scritto dalla Dr. Silvia Pittera
"La bambina che la dipendente affettiva è stata".
Illustrazione Duy Huynh