
04/08/2025
DEREALIZZAZIONE SECONDARIA DA TRAUMA MEDIATICO: IL CASO GAZA
di Lavinia Marchetti
Noi che assistiamo ogni giorno alle immagini di Gaza, spesso ci ritroviamo sospesi in uno stato emotivo instabile e difficile da decifrare. Ci sono momenti in cui il dolore che proviamo sembra incarnarsi nelle nostre viscere, come se fossimo lì, accanto a quei corpi dilaniati, a quei bambini coperti di sangue e polvere. Altre volte, invece, una specie di torpore si insinua nella nostra coscienza: ci sentiamo lontani, incapaci di sentire davvero, quasi colpevoli della nostra distanza. Questa oscillazione tra partecipazione profonda e distacco anestetico non è banale, né innocua. È il segnale di una psiche che tenta di difendersi dall’eccesso di realtà. Ogni giorno infatti scorrendo i social media veniamo bombardati da immagini strazianti provenienti da Gaza: edifici sventrati, corpi senza vita di civili, volti di bambini. Questa esposizione visiva cronica all’orrore non lascia indifferente né la mente né il corpo. Col tempo subentra una strana sensazione di irrealtà, come se ciò che vediamo non fosse veramente “reale”. In termini clinici si potrebbe definire "derealizzazione secondaria da trauma mediatico" uno stato dissociativo indotto non da un trauma vissuto in prima persona, ma dall’assistere ripetutamente a traumi altrui attraverso immagini e video.
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