19/11/2025
Inutile nasconderselo: appena conosciamo l’amore, conosciamo anche l’abbandono e la morte; è l’addio piú abissale che c’è.
Nessuna prova che il legame non sia spezzato per sempre, eppure non è nemmeno una totale assenza, ma cenni, piccole orme e appena decifrabili messaggi.
Lo chiamano « ».
La relazione del dopo, l’immane fatica del senza, lo scalpellino in cerca di essenzialità fino all’invisibile, all’inudibile,
all’intuibile solo per vie sottili.
Accostarsi ai mondi sottili richiede spoliazione, disobbedienza ai luoghi comuni e alle certezze razionali, fiuto per i segni, opinabili per la ragione ed evidenti per le antenne sensitive; occorre follia misurata, e il metro è l’infinito delle possibilità, l'universo-cuore.
Lo chiamano «lutto» e ne fanno quasi una
malattia, da cui rifuggire: non esiste tempo da
dedicare ai morti, priorità da offrire a un passaggio che sembra una sparizione definitiva e insondabile, se non ci disponiamo all’ascolto puntuale e fragile, all’incontro senza prove sensoriali, all’entrare nell’abisso che si apre perché ogni morte di qualcuno che amiamo fa morire intere parti di noi e della nostra vita.
[Chandra Candiani, I visitatori celesti]