Marco Ferrara Fisioterapista

Marco Ferrara Fisioterapista Il corpo cerca l’armonia e coglie ogni opportunità per liberarsi da un utilizzo inadeguato.

Quindi, bisogna reagire: l’attività fisica è fondamentale, non serve ammazzarsi di fatica ma mettere in circolo l’ossige...
21/10/2025

Quindi, bisogna reagire: l’attività fisica è fondamentale, non serve ammazzarsi di fatica ma mettere in circolo l’ossigeno ed eliminare le tossine!
Per il resto, ci sono tanti approcci in psicoterapia ma, a mio avviso, il più adeguato è quello della Mindfulness, ma ricordate di consultare esclusivamente personale sanitario, cioè psicoterapeuti specializzati, per essere sicuri di non aprire porte che potrebbero mostrare qualcosa che non si è ancora pronto ad affrontare.
My 2cents. 🙂

Malgrado utilizzi tecniche notoriamente “differenti”, sia riguardo gli stimoli sui tessuti che in merito agli esercizi c...
18/10/2025

Malgrado utilizzi tecniche notoriamente “differenti”, sia riguardo gli stimoli sui tessuti che in merito agli esercizi che propongo per dare stabilità ai risultati ottenuti durante i trattamenti, alla base delle mie scelte resta sempre il ragionamento clinico e, principalmente, la volontà di poter essere d’aiuto a chi si rivolge alle mie cure, assumendone la responsabilità, senza per questo cadere nella trappola di chi si crede “tuttologo”, perché sono perfettamente consapevole dei miei limiti tanto quanto del mio ruolo professionale. 🙂

Complimenti per questo articolo veramente esaustivo e, soprattutto, scevro da concetti “virali”, copiati alla meno peggi...
14/10/2025

Complimenti per questo articolo veramente esaustivo e, soprattutto, scevro da concetti “virali”, copiati alla meno peggio da chi non abbia approfondito seriamente i principi base della MTC.
È stupefacente pensare come una cultura talmente differente dalla nostra, già millenni or sono sia riuscita a creare un corpus medico talmente vicino a quanto la scienza più avanzata stia lentamente ratificando.
Ovviamente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma va riconosciuta una profondità concettuale a dir poco strabiliante considerate le limitatezze tecnologiche dell’epoca d’oro della MTC.
Come poter utilizzare simili concetti di “vuoto” e “pieno” (traducendo liberamente dal cinese “impedenza e conduttanza”), essenziali nella MTC, riuscendo a sfruttarli a nostro vantaggio nei trattamenti che proponiamo, è una sfida giornaliera che mira ad integrare il ragionamento clinico tipico della nostra medicina (partendo dalle scienze basilari per la sua conoscenza, la fisica e la chimica appunto), con l’applicazione pratica mirata a stimolare l’organismo in maniera funzionale ai nostri obiettivi terapeutici.
Grazie per la condivisione!
🤗👏🏻👏🏻👏🏻

✍️ Caro collega oggi ti propongo un nuovo articolo del blog sulla terapia manuale assistita.

👨‍⚕️ MERIDIANI ENERGETICI: COSA SONO (e 2 segreti sconosciuti)

✳️ In questo articolo viene finalmente svelata la vera natura dei meridiani energetici della MTC e la fondamentale correlazione con la biofisica nel corpo umano.

👉 Qui trovi l’articolo completo (sarò felice di sapere cosa ne pensi e qual è la tua esperienza in merito): https://fascialfull.com/meridiani-energetici-cosa-sono/

In Occidente, almeno per la stragrande maggioranza delle persone, la “fame” resta principalmente legata a fattori emotiv...
10/10/2025

In Occidente, almeno per la stragrande maggioranza delle persone, la “fame” resta principalmente legata a fattori emotivi e di consuetudine, il che rende il digiuno consapevole una vera e propria strategia di ribellione, oltre che salutistica.

💣 DIGIUNO. IL GRANDE INGANNO DEL CIBO: IL SEGRETO NASCOSTO DEL PERCHÉ LE MULTINAZIONALI NON VOGLIONO CHE TU SMETTA DI MANGIARE (LETTERALMENTE)
Vuoi sapere perché il soliti "esperti" te lo sconsigliano?
No, gli studi scientifici non c'entrano nulla.
E no, il motivo non lo troverai nei giornaloni.
I motivi sono solo legati al limite biologico che nessuna pubblicità potrà mai superare:
👉 un essere umano può ingerire, in media, solo circa 700 kg di cibo all’anno.
Non di più. È fisiologia, non opinione.
Questo significa che le grandi aziende alimentari hanno un problema enorme: non possono aumentare le vendite facendo mangiare di più.
E l’incremento dell’1% annuo della popolazione mondiale non basta a far crescere i profitti.
Così hanno dovuto cambiare completamente strategia.
Non vendono più “cibo”:
👉 vendono emozioni, ideologie, status, abitudini… e dipendenza.
Ecco i loro veri meccanismi di marketing.
1️⃣ NON TI FANNO MANGIARE DI PIÙ, TI FANNO PAGARE DI PIÙ
Poiché non possono aumentare i chili venduti, devono aumentare il prezzo per caloria.
Come?
Creano linee “fit”, “protein”, “bio”, “gluten-free”, “plant-based”, “functional”.
Stesse materie prime industriali (spesso peggiori), ma storytelling premium.
→ Ti vendono l’illusione di salute, a prezzo triplo.
2️⃣ CREANO DIPENDENZA CHIMICA (BLISS POINT)
Zucchero + grasso + sale = picco dopaminico perfetto.
Le aziende investono milioni in laboratori per trovare la formula che ti fa dire “ne voglio ancora”.
Non è appetito: è addiction controllata.
Il cervello non distingue più cibo da droga.
Risultato: consumi ripetuti, fidelizzazione inconsapevole, obesità garantita.
3️⃣ MOLTIPLICANO LE OCCASIONI DI CONSUMO
“Colazione, spuntino, merenda, pre-allenamento, post-allenamento, snack della sera…”
Se non puoi farli mangiare più a pranzo e cena, li fai mangiare SEMPRE.
Ogni ora della giornata deve essere monetizzata.
→ La fame diventa marketing.
4️⃣ NASCONDONO L’INFLAZIONE: MENO CIBO, STESSO PREZZO
La “shrinkflation”: confezioni più piccole, stesse grafiche, stesso prezzo.
Oppure “mini versioni”, “snack pack”, “edizioni speciali”.
Risultato: paghi di più per meno cibo, senza accorgertene.
5️⃣ CREANO FALSI NEMICI E MODE “SALUTISTICHE”
Per continuare a vendere, ogni 2-3 anni devono inventarsi un nuovo colpevole e un nuovo eroe:
• “Senza grassi” (anni ’90)
• “Senza zucchero” (anni 2000)
• “Ricco di proteine” (2010)
• “Plant-based” (2020+)
• “Sostenibile” (oggi)
Demonizzano un alimento, ti vendono la “soluzione industriale”.
È lo stesso cibo, solo ribrandizzato per giustificare nuovi margini di profitto.
6️⃣ CONTROLLANO LA NARRAZIONE SCIENTIFICA
Le aziende finanziano studi, “esperti nutrizionisti”, influencer e testate.
Così orientano la percezione pubblica.
Hai presente frasi come:
“Una bibita al giorno non fa male se fai sport”
“I cereali del mattino aiutano la concentrazione”
“Le barrette proteiche sono perfette per la linea”
Tutti messaggi scritti nei loro uffici marketing, non in un laboratorio di biologia umana.
7️⃣ I FALSI BRAND INDIPENDENTI
Pensi di scegliere tra mille marche?
In realtà, l’80% dei marchi globali appartiene a 5 gruppi:
Nestlé, PepsiCo, Unilever, Danone, Mondelez.
Sembrano competitor, ma sono lo stesso cartello travestito da varietà.
Così ogni tuo acquisto finisce sempre nelle stesse tasche.
8️⃣ IL NUOVO BUSINESS: IL CIBO SINTETICO
Quando il mercato del “naturale” è saturo, arriva quello del “biotech”:
• carne coltivata,
• latte sintetico,
• proteine del pi***lo,
• “bevande cognitive”.
Dietro la facciata “etica” (green, cruelty-free, sostenibile) si nasconde il vero obiettivo: brevettare il cibo e controllare geneticamente la filiera.
9️⃣ IL NEMICO NUMERO UNO: IL DIGIUNO INTERMITTENTE ⏳
E se un giorno decidi di non mangiare?
Se inizi a fare digiuno intermittente e ti rendi conto che puoi vivere benissimo anche senza 5 pasti al giorno?
Ecco, quello è il vero problema per loro.
Perché il digiuno rompe tutto il loro modello economico.
Chi digiuna 16 ore al giorno riduce automaticamente della metà le occasioni di consumo.
Non compra snack.
Non beve bibite zuccherate.
Non ha bisogno di spuntini.
E soprattutto…
ritrova il controllo della fame vera, quella biologica, non quella imposta dal marketing.
Capisci cosa significa per le aziende?
Ogni ora in cui non mangi è un’ora in cui non generi profitto.
E infatti, guarda caso, appena il digiuno intermittente ha cominciato a diffondersi…
sono partiti gli articoli allarmistici.
Nel 2024 e 2025 i giornali di mezzo mondo hanno urlato:
“Digiunare 16 ore al giorno aumenta del 91% (o addirittura del 235%) il rischio di morire per malattie cardiovascolari!”
Una frase devastante.
Perfetta per far paura.
Perfetta per far smettere la gente di digiunare.
A riportarla è stato anche Dario "calorie" Bressanini, nel suo reel Instagram e in un video tratto dal suo libro.
Nel video cita due studi osservazionali su circa 20.000 persone seguite per 8 anni, che mostrano un’associazione statistica tra finestre di alimentazione inferiori a 8 ore e un rischio cardiovascolare più alto.
Ma — e qui sta il punto che nessuno ha ripreso — Bressanini stesso dice chiaramente che questi studi non dimostrano causalità, che non distinguono chi digiuna per scelta da chi salta pasti per stress o povertà e che, come sempre, i dati vanno interpretati con cautela.
Nonostante questo, le testate e i social hanno tagliato la parte prudente e tenuto solo la frase “+91% rischio di morire”.
Così il messaggio si è trasformato in un titolo perfetto per il mainstream:
👉 “Il digiuno fa morire.”
E ovviamente non poteva mancare la voce “ufficiale” della medicina televisiva, Matteo Bassetti. In una puntata di Dritto & Rovescio Bassetti ha dichiarato che “Chi pratica il digiuno intermittente ha un rischio maggiore di morire per malattie vascolari rispetto a chi mangia normalmente.”
E ha aggiunto di essere “contento di non praticarlo”.
Ancora una volta, il messaggio è chiaro: non importa se il dato è parziale, se lo studio è osservazionale, se la correlazione è debole.
L’importante è piantare il seme della paura.
Perché se inizi a credere che digiunare possa farti male, torni subito al tuo biscotto integrale, alla tua merendina “fit”, alla tua colazione “sana”... e l’industria torna a respirare.
Ma la scienza vera dice altro.
Le revisioni sistematiche più recenti mostrano che il digiuno intermittente:
migliora la sensibilità insulinica,
riduce la pressione,
abbassa i trigliceridi e il colesterolo LDL,
e aiuta a ridurre l’infiammazione sistemica.
In altre parole, fa esattamente l’opposto di ciò che l’industria vuole farti credere.
Non solo non “fa morire”, ma è uno dei pochi strumenti naturali capaci di resettare il metabolismo e restituirti libertà fisiologica.
Ed è proprio questo che dà fastidio.
Perché un corpo che sa funzionare bene senza mangiare di continuo è un corpo che non compra più snack, barrette, energy drink, “meal replacement” e merendine proteiche.
È un corpo libero.
E un uomo libero non è un buon consumatore.
Per questo demonizzano il digiuno.
Perché ogni ora in cui non mangi è un’ora in cui non guadagni loro niente.
Il digiuno intermittente non è pericoloso per il cuore.
È pericoloso per i loro affari.

🔥 Chi ha capito questo, ha già vinto.
Chi no, continuerà a chiedersi perché “ha sempre fame” e “non dimagrisce mai”, mentre il marketing ringrazia e sorride.

È ora di tenere a bada la disinformazione, e tutelare la salute. ⛔️
10/10/2025

È ora di tenere a bada la disinformazione, e tutelare la salute. ⛔️

Purtroppo molto spesso i cantanti, relativamente alla tecnica respiratoria,subiscono una vera e propria iper-correzione,...
09/10/2025

Purtroppo molto spesso i cantanti, relativamente alla tecnica respiratoria,
subiscono una vera e propria iper-correzione, ritenuta funzionale per l’impostazione tecnica ma che in realtà rischia di irrigidire strutture e tessuti indispensabili per il corretto fluire della colonna d’aria, obbligando le strutture superiori a gestire la modulazione del suono così come pretende il feedback auditivo; il tutto a discapito di un più economico equilibrio funzionale di tutti i tessuti coinvolti.
Quando tratto i cantanti, infatti, si emozionano per la voce che riescono a produrre senza più sforzo. 🙂

È lunedì ed eccoci tornati con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😄

Oggi andiamo in fondo.. ma davvero in fondo! Scendiamo alla punta dello sterno per incontrare un piccolo osso con un nome da supervillain: il processo xifoideo!

Lo dice il nome: “xifoideo” deriva dal greco “xiphos”, che significa spada.
Ed effettivamente questo piccolo prolungamento cartilagineo, poi osseo, sembra proprio la punta di una spada infilata nello sterno!

Ma attenzione: anche se è piccolo, è super importante. E talmente particolare.. che nei bambini non è nemmeno osso!

Cos’è e dov’è?

Il processo xifoideo è la parte più inferiore dello sterno, ossia quella punta che senti (ma non troppo!) tra le coste, poco sopra la bocca dello stomaco.

Nella prima parte della vita è cartilagineo Si ossifica progressivamente con l’età (di solito dopo i 40 anni). È variabile in forma: può essere bifido, curvo, appuntito o addirittura forato!

A cosa serve?

È il punto di inserzione muscolare per il diaframma, il muscolo trasverso dell’addome e il retto dell’addome. Fa da connessione tra parte ossea e parte cartilaginea della parete anteriore del torace ed è una guida anatomica in rianimazione e per manovre mediche.

Curiosità scientifica

In rianimazione cardiopolmonare (RCP), è un punto da NON comprimere mai: la pressione sul processo xifoideo può causare fratture o lesioni viscerali, come al fegato o al diaframma.

Viene usato come punto di repere chirurgico per accedere allo spazio retrosternale ed è uno dei pochi elementi ossei che continua a cambiare durante la vita adulta, ossificandosi lentamente.

Funzionamento buffo

Immaginalo come l’asticella finale del bottone di una camicia troppo stretta: piccola, rigida, ma determinante! Sta lì, in fondo al torace, a chiudere tutto con eleganza.. ma se lo forzi, si spezza!

Nella vita di tutti i giorni

Quando fai un esercizio di core stability, è uno dei punti che “si abbassa” con l’espirazione profonda. Se hai mai sentito un dolore al centro del petto mentre tossivi, potresti aver infiammato la zona attorno al processo xifoideo. In alcuni pazienti molto magri, è palpabile e può essere confuso per una tumefazione!

Parole complicate, spiegate semplici

Processo: una sporgenza ossea

Sterno: osso piatto al centro del petto che unisce le coste anteriori.

Come può soffrire?

Xifoidalgia: dolore puntiforme o irradiato in fondo allo sterno, spesso legato a postura o microtraumi.

Frattura del processo xifoideo: rara, ma possibile in traumi toracici o manovre RCP eseguite male.

Calcificazioni anomale: alcune persone sviluppano ossificazioni esuberanti che possono dare fastidio o confusione diagnostica.

Momento educativo leggero

Se fai esercizi respiratori, controlla se riesci a “sentire” il tuo xifoide abbassarsi. Non premerlo mai con forza. Evita manovre manuali dirette sulla zona, soprattutto se il paziente ha dolore epigastrico.

Conclusione con sorriso

Il processo xifoideo: piccolo, appuntito, elegante.. e potentissimo.
È come la firma alla fine di un documento importante: discreta ma fondamentale.

Alla prossima settimana, per un’altra avventura nel corpo umano.. sempre con il sorriso! 🤗

COERENZA BIOMECCANICA: IL CAMMINO CHE PORTA DRITTO AL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALEQuesto post è rivolto ai colleghi fisiote...
06/10/2025

COERENZA BIOMECCANICA: IL CAMMINO CHE PORTA DRITTO AL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE

Questo post è rivolto ai colleghi fisioterapisti, con cui condividiamo un linguaggio professionale, un sistema ordinistico e un orizzonte di responsabilità comuni.

Se scegliamo di lavorare con un modello biomeccanico, se basiamo le nostre scelte cliniche su leve, assi, forze, carichi e angoli articolari, allora dobbiamo essere coerenti fino in fondo.

E andare fino in fondo significa non ignorare ciò che, nel tempo, plasma, deforma e altera quella biomeccanica: posture mantenute, abitudini quotidiane, ergonomia disfunzionale, scarpe inadatte, comportamenti reiterati, il modo in cui una persona vive il proprio corpo ogni giorno.

Valutare queste fonti di carico non significa travalicare i confini della professione, ma completare l’analisi clinica. Le variabili ergonomiche e comportamentali sono meccanicamente rilevanti e dunque clinicamente pertinenti per un fisioterapista.

Perché se la forma governa la funzione, allora anche la funzione reiterata governa la forma.

Non vuol dire che ogni comportamento alteri la struttura in senso patologico, ma che la ripetizione cronica di certi schemi motori e posturali può produrre adattamenti meccanici significativi, come dimostrano la legge di Wolff per l’osso e la legge di Davis per i tessuti molli, confermate dalla letteratura riabilitativa.

Se la nostra attenzione è rivolta alla forma, non possiamo ignorare le funzioni che giorno dopo giorno la modellano.

Per coerenza professionale, o siamo biomeccanici anche fuori dal lettino, oppure non lo siamo davvero.

La biomeccanica, se presa sul serio, richiede di considerare anche tutto ciò che modifica i carichi nel tempo. E se questi carichi derivano da comportamenti quotidiani, contesti ergonomici e schemi motori consolidati, allora educare il paziente, modificare l’ambiente e intervenire sulle abitudini diventa non solo utile, ma necessario.

Del resto, la biomeccanica moderna ha già superato la visione rigida e meccanicistica, riconoscendo che i sistemi biologici sono adattivi, plastici e non lineari. Ridurla a una lettura statica significa allontanarsi dalla realtà clinica.

Il punto non è sostituirsi ad altri professionisti, ma completare la valutazione includendo ciò che oggettivamente incide sui carichi applicati al corpo: scarpe, sedie, modalità con cui un paziente solleva, cammina o dorme. Non filosofia, ma variabili meccaniche contestuali.

Altrimenti rischiamo di trattare la conseguenza, e non la causa. Una biomeccanica così diventa sterile: misura ciò che vede, ma ignora ciò che genera.

Dalla biomeccanica al bio-psico-sociale

Le evidenze più solide degli ultimi vent’anni, dalla Lancet Series on Low Back Pain alle linee guida NICE, fino ai lavori di EFIC, Pain Revolution, O’Sullivan e Louw, ci dicono che dolore, disfunzione e recupero dipendono da un insieme di fattori biologici, psicologici e sociali.

È fondamentale ricordare che il modello bio-psico-sociale è adottato da enti regolatori e istituzioni sanitarie internazionali come standard nella presa in carico del dolore cronico e dei disturbi muscolo-scheletrici. Non è un’opinione, ma un quadro integrato e operativo che include la biomeccanica, senza fermarsi ad essa.

Oggi è diventato clinicamente concreto: basti pensare alla Cognitive Functional Therapy, ai modelli multidimensionali del dolore, agli approcci educativi validati. La sua applicabilità è misurabile, pubblicata, replicabile.

Biomeccanica sì, ma non da sola

La correzione passiva può ridurre una disfunzione meccanica in studio. Ma se non si interviene anche su comportamenti, ergonomia, credenze ed aspettative, quella disfunzione tornerà. E spesso tornerà più forte.

I tassi di recidiva lo dimostrano: gli approcci solo passivi hanno meno risultati duraturi rispetto a quelli integrati con esercizio terapeutico ed educazione.

La correzione meccanica è un punto di partenza, non di arrivo. È il contesto a stabilire la durata del risultato.

Il corpo non è una macchina: è un sistema adattivo e intelligente, capace di variabilità motoria, plasticità e autoregolazione.

Non tutto è psicosociale

Un menisco rotto è un menisco rotto. Ma il dolore non è sempre proporzionale al danno, e il recupero dipende anche da aderenza terapeutica, forza, motivazione, movimento. Il bio-psico-sociale non nega la lesione, ma amplia la comprensione della risposta del corpo.

Una risonanza mostra il danno, non spiega il comportamento del paziente né predice il suo recupero. Solo integrando più dimensioni possiamo accompagnarlo davvero.

La direzione chiara

Se davvero crediamo che forma, funzione e carichi cronici siano interconnessi, allora dobbiamo occuparci anche del contesto che quei carichi li genera: educazione, prevenzione, comunicazione, coinvolgimento.

Nessuna di queste è una variabile “alternativa”: sono tutte fonti reali di carico e stress reiterato. La precisione non esclude la complessità: al contrario, la completa.

Il vero biomeccanico è anche educatore. Il vero tecnico è anche clinico. Il vero fisioterapista non è mai monodimensionale.

Ecco il paradosso che si ribalta:
più sei biomeccanico, più devi essere bio-psico-sociale.

È una questione di rigore scientifico.
È una questione di onestà clinica.

Un esempio semplice ma potente

A questo proposito vale la pena fare un esempio pratico, comprensibile da chiunque.

La morfologia strutturale è identica, ma quando vediamo camminare un amico depresso o abbattuto, lo percepiamo immediatamente.

Il passo, l’atteggiamento delle spalle, la postura generale: tutto ci appare diverso, anche se le ossa e i muscoli sono gli stessi.

Ciò che notiamo è la discrepanza tra il modo in cui quella persona si muove oggi e quello che ricordiamo come il suo atteggiamento abituale.

Questo semplice confronto ci dimostra come il contesto psicologico ed emotivo modifichi la biomeccanica percepita, andando ben oltre l’analisi strutturale pura.

E dovrebbe farci riflettere sulle innumerevoli implicazioni che vanno considerate, se vogliamo davvero comprendere il movimento umano.

Non cerchiamo verità assolute.
Ci basta coerenza, curiosità.. e qualche dubbio ben coltivato.

Poi non lamentatevi delle mie innocenti matitine!! 😝😅🤪
03/10/2025

Poi non lamentatevi delle mie innocenti matitine!! 😝😅🤪

Ringrazio il Dottor Marco Di Gesù per la bellissima intervista! 🤗
29/09/2025

Ringrazio il Dottor Marco Di Gesù per la bellissima intervista! 🤗

Prima di tutto bisogna sempre partire dal ragionamento clinico che, grazie all’anamnesi e ad un attento “ascolto” della persona, indicherà quale possa essere

Guerriere palermitane! 🤗👏🏻👏🏻👏🏻
28/09/2025

Guerriere palermitane! 🤗👏🏻👏🏻👏🏻

28/09/2025

Grazie alla Dottoressa Alessia Calandra ieri ho potuto condividere una bellissima giornata, un esperienza ricca di confronti tra professionisti della salute che credono nella Medicina Integrata e nella forza della rete, a beneficio di tutti noi.
🤗

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Chi sono

Pratico la libera professione come fisioterapista da circa ventotto anni, proponendo un mio personale approccio, basato sulle mie esperienze di studio avute, principalmente, fuori dall'Italia.

La passione per la mia professione è nata dall'esperienza diretta col trauma e dall' istintiva voglia di superarne le conseguenze psico-fisiche, poiché sono fermamente convinto che, per quanto possa sembrare avvilente, l'esperienza traumatica ci conceda l'opportunità di confrontarci con la nostra vera natura, riuscendo, così, a metterci in relazione con la parte più profonda del nostro essere, quella appunto in grado di farci decidere come reagiremo alle esperienze negative.

Il corpo è in grado di reagire ai traumi in maniera funzionale, basti pensare a quante volte ci siamo "sbucciati le ginocchia" da bambini; purtroppo la nostra cultura ci ha abituati a delegare anche questo compito, motivo per il quale, il più delle volte, sentiamo il bisogno di un aiuto, di un catalizzatore in grado di focalizzare la nostra capacità di reazione; è questo il compito di un terapeuta, una figura in grado di assumersi la responsabilità di questo ruolo, che faccia prendere coscienza delle proprie capacità latenti a quanti, coraggiosamente, si rivolgeranno a lui per affrontare positivamente sia le proprie esperienze traumatiche che i disagi del quotidiano che li affliggono.