07/07/2025
Nel profondo ascolto umano si apre uno spazio sacro, in cui l’invisibile della psiche prende forma e voce. Quando Carl Rogers afferma che ascoltare significa capire ciò che l’altro non dice, non ci sta solo offrendo una tecnica terapeutica: ci sta indicando una via di umanizzazione profonda, che riecheggia – senza contraddirli – i principi cristiani dell’accoglienza, della compassione e dell’amore per l’altro.
In chiave psicodinamica, ciò che l’altro “non dice” è spesso ciò che non può dire: è l’indicibile, è il materiale inconscio, rimosso, censurato, oppure semplicemente sconosciuto alla coscienza. L’infanzia perduta, il dolore negato, le difese erette per sopravvivere emotivamente: tutto ciò si insinua tra le righe del discorso, nei silenzi, nei lapsus, nei gesti involontari. L’ascolto autentico non si ferma dunque alle parole, ma accoglie le assenze di parola, come uno spazio da rispettare, non da forzare.
Chi ascolta così, entra in punta di piedi nel mondo interno dell’altro, e in questo gesto c’è un’attitudine profondamente cristiana: non si impone, non giudica, ma si fa “presenza che custodisce”. Come il Cristo risorto che si affianca ai discepoli di Emmaus senza rivelarsi subito, anche l’ascoltatore empatico cammina con l’altro nella sua notte, rispettando i tempi della rivelazione interiore.
In un simile ascolto, l’altro sperimenta qualcosa di rarissimo: essere visto e riconosciuto anche là dove lui stesso non si vede. Questo atto ha un potere trasformativo, che nella tradizione cristiana potremmo avvicinare alla misericordia: vedere oltre il peccato, oltre la ferita, per scorgere la persona amata, l’anima creata per la luce.
Dal punto di vista psicodinamico, questo ascolto attiva processi profondi: riduce le difese, consente l’elaborazione del non detto, e può portare alla simbolizzazione dell’inconscio. Ma tutto questo avviene solo se l’altro percepisce che non è analizzato come oggetto, ma accolto come mistero.
Ascoltare ciò che l’altro non dice è, dunque, un atto d’amore: un amore che non invade, ma si dona silenziosamente, come fa Dio quando, rispettando la libertà dell’uomo, parla spesso nel silenzio.
Così, l’ascolto diventa una forma di preghiera relazionale: ci si mette in ascolto non solo dell’altro, ma del mistero che nell’altro si cela. E forse, proprio in quel silenzio condiviso, si fa spazio anche alla Voce di Dio.
AF