23/10/2025
Un pensiero al Padre della protezione civile italiana, colui che continua ad ispirare tutti coloro che si impegnano ogni giorno per portare soccorso e per fare prevenzione, diceva Zamberletti: : “la protezione civile è ogni comune che diventa caposaldo, ogni villaggio che diventa elemento attivo di protezione civile e non solo un’organizzazione centralizzata, meravigliosa, taumaturgica, che piomba sul territorio a salvare la gente quando è in pericolo. È la gente che si aiuta a proteggersi, ed a preservarsi la vita e tutelare i suoi beni” ❤️
Quando la terra tremò nel 1976, il Friuli si trovò in ginocchio.
Case crollate, paesi devastati, decine di migliaia di sfollati.
In mezzo al caos e alla paura, un uomo si mise a coordinare tutto come se lo avesse sempre saputo fare, anche se nessuno glielo aveva mai insegnato.
Si chiamava Giuseppe Zamberletti.
Aveva 42 anni e nessuna esperienza diretta di disastri naturali.
Ma in quelle ore drammatiche, capì una cosa che avrebbe cambiato per sempre la storia italiana:
le emergenze non si affrontano con ordini dall’alto, ma mettendo insieme le persone.
Non si limitò a mandare soccorsi: li organizzò.
Divise le aree colpite in zone, coordinò volontari, esercito e vigili del fuoco, istituì un sistema di comunicazione tra comuni e prefetture.
Andò di casa in casa, parlò con i sindaci, cercò tende, camion, medicinali.
Era ovunque, giorno e notte.
Quando, pochi anni dopo, un altro terremoto devastò l’Irpinia nel 1980, Zamberletti fu di nuovo in prima linea.
E fu allora che la sua visione prese forma: creare un organismo unico, stabile, capace di agire rapidamente in ogni emergenza.
Da quella intuizione nacque la Protezione Civile italiana, formalmente avviata nel 1982 come Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio, e poi definita nella sua struttura con la legge istitutiva del Servizio Nazionale nel 1992.
Zamberletti la guidò con semplicità e fermezza.
Non cercava gloria.
Diceva solo:
«Nelle tragedie, la differenza la fanno le persone che non aspettano ordini per aiutare.»
Grazie a lui, l’Italia imparò a rispondere ai disastri con organizzazione, solidarietà e umanità.
Non più un Paese che si disperava, ma un Paese che si rialzava insieme.
Morì nel 2019, a 85 anni.
Nel giorno dei funerali, i volontari della Protezione Civile — secondo alcuni resoconti — posarono sulle sue mani una giacca arancione.
Era il colore della speranza.
Il simbolo di chi, da allora, continua ogni giorno a fare quello che lui insegnò:
essere i primi ad arrivare, e gli ultimi ad andare via.