Dott.ssa Sara Busi

Dott.ssa Sara Busi Consulenza e sostegno psicologico individuali, di coppia e familiari. Riceve su appuntamento contatt Chiedere aiuto non è un segno di debolezza.

In un particolare periodo della vita o davanti a problemi personali o relazionali può essere importante rivolgersi ad un professionista che ci aiuti a superare le difficoltà.

Lunedì 22 settembre h 18 30 presso la Fondazione Caterina Dallara la presentazione del laboratorio di   Vi aspetto! le i...
20/09/2025

Lunedì 22 settembre h 18 30 presso la Fondazione Caterina Dallara la presentazione del laboratorio di Vi aspetto! le iscrizioni al laboratorio sono già aperte

Una settimana insieme, tra pagine, acrobazie in bici e racconti del passato.

𝗗𝗮𝗹 𝟮𝟮 𝗮𝗹 𝟮𝟴 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲, gli spazi della Fondazione si aprono a 𝘁𝗿𝗲 𝗮𝗽𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 molto diversi tra loro, ma uniti da un filo comune: il desiderio di vivere insieme esperienze e conoscenze di crescita.

📖 Si comincia 𝗹𝘂𝗻𝗲𝗱𝗶̀ 𝟮𝟮 con la presentazione del ciclo di 𝗟𝗶𝗯𝗿𝗼𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮 proposto dalla psicologa Sara Busi: un percorso in piccolo gruppo per riscoprirsi attraverso le pagine dei libri (per info e prenotazioni: 349 0575162)

🚲 𝗚𝗶𝗼𝘃𝗲𝗱𝗶̀ 𝟮𝟱, spazio al movimento con il 𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝘂𝗺𝗽 𝘁𝗿𝗮𝗰𝗸 proposto da Uischilaschi, pensato per bambini e ragazzi.

🏰 𝗩𝗲𝗻𝗲𝗿𝗱𝗶̀ 𝟮𝟲, la storia incontra la comunità con il convegno “𝙄 𝙋𝙖𝙡𝙡𝙖𝙫𝙞𝙘𝙞𝙣𝙤 𝙚 𝙑𝙖𝙧𝙖𝙣𝙤: 𝙫𝙞𝙘𝙚𝙣𝙙𝙚 𝙚 𝙩𝙚𝙢𝙞 𝙙𝙞 𝙪𝙣𝙖 𝙨𝙞𝙜𝙣𝙤𝙧𝙞𝙖”, a cura dell’associazione Rivivi il Castello, che apre ufficialmente la rievocazione storica Varano Medievale.

Ti aspettiamo alla Fondazione!


Uischilaschi Rivivi il Castello APS

📚 Un piccolo gruppo, un libro al mese da leggere in autonomia e di cui parlare insieme, fuori e dentro di noi.Un percors...
12/09/2025

📚 Un piccolo gruppo, un libro al mese da leggere in autonomia e di cui parlare insieme, fuori e dentro di noi.
Un percorso dove il libro è un mezzo che ci permette di guardare con più chiarezza dentro di noi, leggere il nostro mondo interiore e conoscerci un po' meglio. Dove il gruppo e la mediazione psicologica aggiungono valore, sfumature e note.

Di tutto questo parleremo insieme durante l' INCONTRO DI PRESENTAZIONE

🔹️LUNEDÌ 22 SETTEMBRE dalle 18.30🔹️

➡️ Un nuovo percorso che sta per prendere avvio.
🗓 6 incontri da novembre 2025 a giugno 2026
📍a Varano de' Melegari, presso

Per informazioni o per riservare il tuo posto chiama ☎️ 349 0575162 o scrivimi in DM

02/08/2025

In tanti mi avete scritto per chiedermi: “Come si può?”

Come può una madre uccidere il proprio figlio.
Come può farlo a pezzi.
Come può poi andare a lavoro, accudire pazienti, rispondere al telefono, sorridere persino.
Come può vivere due realtà parallele: quella del crimine e quella della normalità.

È la domanda che ci resta addosso.
Una madre che chiama “figlia” la compagna del figlio che ha appena aiutato a uccidere.
Una madre che seppellisce un corpo in un bidone e poi si veste, si trucca, timbra il cartellino.

Come si può?

Ma da psicologo so che questa non è solo una domanda di sconcerto.
È una difesa.
Un modo per allontanare da noi l’idea che anche un essere umano apparentemente normale possa compiere l’inimmaginabile.

Perché la verità è che certe follie non urlano. Non tremano. Non si vedono.
Restano sotto pelle, lucide, silenziose, funzionali.
Fino al collasso.

Non c’è nulla di improvviso in questi atti.
C’è una storia.
Ci sono dinamiche malate che si sono annidate negli anni.
C’è forse un figlio mai davvero amato. E una “figlia” idealizzata.
Un triangolo affettivo perverso, dove la gelosia, il possesso e la simbiosi si sono mescolati fino a cancellare ogni confine.

E allora la vera domanda è:
quante relazioni tossiche si nascondono dietro le pareti di una casa?
Quante “famiglie normali” sono prigioni affettive senza via d’uscita?
E quante volte preferiamo non vedere, perché vedere significherebbe intervenire?

Questa non è solo una storia di sangue.
È una storia di dolore, di disumanità, di silenzi mai rotti.

Serve più cultura psicologica.
Serve educare ai legami sani.
Serve smettere di pensare che “in certe famiglie non possa succedere”.

La mente può crollare.
L’amore può trasformarsi in veleno.
Il silenzio può diventare complice.

Non per giustificare.
Ma per prevenire.
Perché dietro ogni “Come si può?”,
c’è sempre un “nessuno ha voluto vedere”.

📚 Un piccolo gruppo, un libro al mese da leggere in autonomia e di cui parlare insieme, fuori e dentro di noi.Un percors...
31/07/2025

📚 Un piccolo gruppo, un libro al mese da leggere in autonomia e di cui parlare insieme, fuori e dentro di noi.
Un percorso dove il libro è un mezzo che ci permette di guardare con più chiarezza dentro di noi, leggere il nostro mondo interiore e conoscerci un po' meglio.
Dove il gruppo e la mediazione psicologica aggiungono valore, sfumature e note.

➡️ Un nuovo percorso prenderà avvio in autunno 🍂
🗓 6 incontri da ottobre 2025 a maggio 2026
📍 A Parma

Per informazioni o per riservare il tuo posto chiama il ☎️ 349 0575162 o scrivimi in DM

I posti sono limitati, le iscrizioni si chiuderanno a inizio settembre.

29/07/2025

⭕️TEMPTATION ISLAND
La normalizzazione dell’analfabetismo emotivo

Anche questa estate fa record di ascolti Temptation Island.
Dietro la poetica formula di “viaggio nei sentimenti” assistiamo a tutto ciò che noi esperti da tempo stiamo cercando di contrastare: scoppi d’ira furibondi, discontrollo emotivo a go-go, mortificazione del partner, gelosia, possessività, immaturità affettiva e chi più ne ha più ne metta.
Ciò che fa più male è che questa antologia di analfabetismo emotivo si inserisce in un periodo storico in cui i casi di femminicidio e violenza di genere sono sempre più frequenti con, aspetto da non sottovalutare, vittime e carnefici sempre più giovani.
La “cultura affettiva” messa in mostra da Temptation Island, non solo spettacolarizza le relazioni disfunzionali, ma le normalizza.

Perciò se siede genitori o educatori condividete con i vostri figli questo decalogo di “NON NORMALITà”.

1. Non è normale avere un partner che in preda all’ira distrugge ogni cosa gli capiti a tiro.
2. Non è normale urlare, minacciare e terrorizzare l’altro.
3.Non è normale considerare l’altro una proprietà.
4.Non è normale giustificare comportamenti ingiustificabili.
5.Non è normale pretendere di controllare l’altro.
6.Non è normale, mentre si ha una relazione con qualcuno, entrare in intimità con una terza persona.
7.Non è normale sedurre qualcuno solo per “gioco” o solo per “lavoro”.
8. Non è normale denudare l’intimità della propria relazione davanti a milioni di persone.
9.Non è normale tradire il proprio partner e ancor più farlo mentre sappiamo che ci sta guardando.
10. Non è normale per un adulto avere la capacità di controllare i propri impulsi pari ad un bambino di 2 anni.

Ancor meno normale è chiamare “viaggio nei sentimenti” (formula ripetuta dal conduttore fin allo sfinimento) un programma che mostra tutto: fuorché la capacità di avere rispetto, cura ed empatia per la persona che si dice di amare.

Non ditemi che è “solo spettacolo”.
Come ci ha insegnato Bruner:
“La mente crea cultura, ma la cultura crea la mente.”
E la mente di cui parliamo è la mente dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze.

Usate il decalogo per dialogare non “su” ma “con” i vostri figli. Ascoltate il loro punto di vista. Pensate con loro.

📒Se il tema vi è caro sotto l’ombrellone leggete “Sentimenti malEducati” (Feltrinelli). In cui propongo 16 lezioni per dialogare con i nostri figli sul tema dell’Amore e del Non Amore.
https://amzn.eu/d/7EDWR7W

L’Amore si può e si deve pensare con ragazzi, ragazze e, visti gli ascolti, anche con molti adulti.

P.S. Aiutatemi a condividere questo pensiero.

28/07/2025

Ci ammazziamo a lasciare soldi ai figli, a garantire loro un benessere economico. Ma non gli insegniamo a prendersi cura di sé, a volersi bene, a saper stare sulle proprie gambe emotivamente.

Poi arrivano piangendo a 40 anni dallo psicologo a chiedere "ma come faccio a stare senza----(fumo, alcol, dolci, LUI, ecc ecc)?
Ne ho bisogno se no sto male..."

Imparare a costruire una relazione amorevole con sé stessi è l'impresa più ardua.

Bisognerebbe istituirla come materia scolastica "Dignità e amor proprio"



ne ho parlato nel mio libro
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20/07/2025

"Ai ragazzi dobbiamo onestà. Spesso le omissioni hanno un intento protettivo, ma è un falso mito: coprire qualcosa, non dire tutto ai figli per non ferirli, non produce una crescita. In questo eccesso di protezione, vedo anche un bisogno degli adulti di tutelare loro stessi dal dolore dei figli, che è un dolore che ti torna addosso con un senso spaventoso di impotenza. Nel momento in cui cerchiamo di coprire le brutture, poi, mostriamo una grande sfiducia verso le capacità dei ragazzi di affrontare il mondo e crederli incapaci, ci aiuta a sentirci eternamente indispensabili per loro".
D. Di Pietrantonio

Datti tempo. Quante volte mi è capitato di assistere a quella fretta... "ora che mi sono decisa a cambiare. voglio farlo...
07/07/2025

Datti tempo.
Quante volte mi è capitato di assistere a quella fretta... "ora che mi sono decisa a cambiare. voglio farlo subito!"
E diventa sempre difficile confrontarsi con la dimensione del tempo, dell'attesa, della pazienza, della cura.
Datti tempo, nessun fiore fiorisce prima del suo tempo.🌼

26/06/2025

Mi accade di fare percorsi con le coppie.
Resto sempre colpita quando arrivano perché riconosco l’affetto e la volontà di proseguire oltre l’inceppo, tuttavia è così evidente, dall’esterno, che i due non si “vedono”.

Spesso, entrambi sono invischiati con dinamiche irrisolte del passato che proiettano sul partner senza saperlo. Perciò la relazione diventa scenario di pretese e luogo di aspettative che puntualmente vengono disattese.

Perché?

Perché l’altro non può sopperire, riparare e compensare il passato.

E perché la relazione funziona se entrambi sono sufficientemente adulti e “interi”, non bambini insicuri e paurosi in cerca di una stampella.

Una relazione adulta si basa su un giusto equilibrio tra il dare e l’avere




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23/05/2025

Se all'inizio del millennio erano tutti borderline, da qualche anno sono diventati tutti narcisisti.
Da sempre nel mio studio arrivano pazienti con partner o ex partner $tr0nzi/e, che ne hanno combinate di tutti i colori: tradimenti giustificati in modi surreali, innamoramenti a velocità supersonica, convivenze lampo, scelte completamente irrazionali, ricatti emotivi di ogni genere, atti mancati (i miei preferiti: quelli che si fanno scoprire perché non sanno come uscirne), ghosting, orbiting, storie Instagram piene di allusioni, ritorni improvvisi dopo ere geologiche (un classico del lockdown), e-mail furibonde e persino qualche serenata con chitarra in spalla.
Quando arrivano in terapia questi pazienti portano dolore, smarrimento, confusione.
Ferite nuove che spesso si sovrappongono a quelle vecchie, le riaprono, le aggravano, le infettano.
Appaiono pieni di rabbia e frustrazione, ma sotto sotto – e neanche troppo – sono pieni di paure.
Paura di restare soli, di essere sbagliati, di non meritare di meglio, di non valere abbastanza, persino di essere destinati a questo e a nient'altro.
Ci sono momenti in cui il lavoro del terapeuta deve essere netto, deciso.
Quando è in gioco la sopravvivenza, fisica o psichica, o quando sono coinvolti soggetti che non hanno possibilità di scelta – come i figli, reali o ancora solo immaginati, spesso investiti di ruoli messianici per cambiare la partita.
In questi casi, il significato di quelle paure si esplorerà dopo.
Prima, si salva il paziente. Lo si tira fuori da una casa che va a fuoco.
Ma poi bisogna chiederselo: cos’ha reso così affascinante l’idea di vivere con qualcuno che gioca con gli accendini e la benzina?
Ecco: nella retorica mainstream sulle “relazioni tossiche”, questo passaggio manca quasi sempre.
Ci sei tu, e poi c’è lo stronzo/a.
E basta.
Ti devi allontanare, devi riconoscere i segnali!
Così si fanno corsi per riconoscere i narcisisti, si stilano liste di red flags, si etichetta tutto: chiaro, semplice, digeribile.
Il problema viene ridotto a: “come evitare quelli/quelle che ti fregano”.
Come se interrogarsi su quali parti di noi ci hanno portato in quel bel guaio fosse un tabù.
Come se provarci significasse automaticamente condividere la colpa, come se mettere tutto sullo stesso piano.
E qui sta il rischio: favorire una resistenza – clinica e culturale – fondata su un patto implicito tra terapeuta e paziente.
Il terapeuta si trattiene dal pensare – o peggio, dal mostrare di pensare – “ma come hai fatto a non accorgertene?”.
Perché anche lui o lei magari ci è cascato/a, in una storia simile.
E il paziente, nel frattempo, ha un bisogno feroce di spostare tutta la frustrazione fuori da sé.
Il risultato?
Aiutiamo le persone a staccarsi da relazioni disfunzionali.
Ma non sempre le aiutiamo a creare lo spazio per accogliere relazioni funzionali.
E quello spazio non può nascere solo dall’abilità di schivare lo stronzo/a di turno.
Deve radicarsi in un’idea diversa di sé: nella capacità di provare amore, compassione, pazienza, tolleranza verso i propri bisogni, desideri, mancanze, passioni, contraddizioni.
Solo così possiamo smettere di cercare “la persona giusta” e cominciare a costruire “la relazione giusta”.

21/05/2025

È la domanda dei genitori che amano.
Che vorrebbero tenere il figlio al sicuro, sempre.
Sapere dov’è. Con chi è. Cosa fa.

Ma sapere dove si trova non significa sapere come sta.
Conoscere la sua posizione non è conoscere la sua direzione.
Perché puoi vederlo su una mappa… ma non sapere nulla della sua vita interiore.

La geolocalizzazione dà una falsa illusione di controllo.
Ma educare non è controllare, è fidarsi.
È insegnare l’autonomia, non coltivare la dipendenza.

Un figlio che si sente libero di andare, sapendo che può tornare,
crescerà con l’idea che la fiducia si merita… non si impone.
Che la presenza non si misura in coordinate GPS,
ma nella certezza che, ovunque sia, c’è qualcuno che crede in lui.

La vera sicurezza non è sapere sempre dove sono,
ma aver dato loro una bussola per sapere dove andare.

Uno spazio sicuro in cui ricordarsi di sé Buongiorno e buon inizio settimana ☀️
12/05/2025

Uno spazio sicuro in cui ricordarsi di sé
Buongiorno e buon inizio settimana ☀️

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