
27/12/2024
𝐅𝐫𝐞𝐮𝐝, 𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐚𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐢
Bellissimo, il film dedicato all’ultima analisi di Freud mi ha colpito profondamente. Per la sobrietà rarefatta e per la delicatezza con cui vengono raccontati gli ultimi giorni della sua vita ma anche, e soprattutto, per la chiarezza con cui egli si confronta con un passaggio cruciale della sua teoria: la spiegazione che con la psicoanalisi egli aveva cercato di dare, parlando di istinto di morte, per la irrazionalità delle guerre e di tutti gli orrori del mondo.
Innamorato del suo pensiero da sempre, sempre avevo affrontato con difficoltà il tema dell’istinto di morte. Lui ne aveva parlato per la prima volta nel 1923 in un saggio intitolato “Al di là del principio del piacere“ e nella mia mente quella idea altro non era stata che una reazione disperata alle perdite (un figlio e una figlia) subite al tempo della prima guerra mondiale. Oggi, nel film, per la prima volta, come se un velo fosse caduto, ho visto e sentito, profondamente dentro di me, la lucidità del pensiero che era arrivato a formularla analizzando la forza spaventosa dei mostri (Hi**er, il nazismo e le bombe fuori di lui, il cancro dentro la sua bocca, la necessità di accettare una nuova solitudine con il distacco emotivo, lo svincolo di Anna ) da cui era assediato, senza arrendersi a loro ma proponendo e riconoscendo, con la forza altrettanto grande della analisi, la loro origine: nel profondo del suo stesso Inconscio. Nel profondo di ogni essere umano.
Non ci sono spiegazioni alternative, mi sono detto, per quello che succede anche oggi con i bambini di Gaza e di Kiev. Il male è così profondamente collegato alla natura dell’uomo da rendere necessario il pensiero sull’istinto di morte. Anche se è importante pensare, credo, che l’istinto di morte esiste dentro di noi come una potenzialità, non come una necessità assoluta. Controllabile dalla ragione che lo analizza e lo riconosce e lo descrive. Come ci dimostra lui, Freud, anche in questa situazione estrema.
Le origini della follia di Hi**er penso, stanno nella crudeltà della sua infanzia e anche il sentimento profondo di un male che agisce da dentro di noi vissuto da Freud in quella fase terribile della sua vita è una reazione naturale alla violenza che lo investe. Hi**er non ne ha consapevolezza e lo agisce, Freud lo analizza e lo controlla.
La decisione che matura dentro di lui in quel momento, anticipare la morte liberandosi di una sofferenza disumana e ormai senza speranza, mi sono detto, è ancora una volta una scelta di vita. L’uomo può capire quello che accade dentro di lui. L’istinto di morte può essere controllato nel momento stesso in cui se ne riconosce l’origine: lottando contro le sue manifestazioni finché se ne ha la forza ma sapendo accettare anche l’idea della resa personale.
Poche persone hanno dato un contributo più grande di quello dato da Freud alla lotta contro la sofferenza degli uomini. Importante per noi oggi però è soprattutto raccogliere la forza del suo messaggio. Arrendersi alla forza di una malattia vuol dire affidare ad altri il compito di portarlo avanti. Ci riusciremo? Io lo sintetizzerei dicendo che lottare bisogna contro la violenza e la guerra come contro il cancro. L’istinto di morte è sempre in agguato dentro di noi, Freud ha ragione, violenza e guerra possono metterlo in moto in ogni momento. Ma l’uomo dispone di un’arma formidabile per controllarle, l’arma della ragione.