31/10/2025
Il Tiffany Plate è diventato virale su TikTok: un piatto colorato e “healing” a base di verdure crude, cottage cheese, frutta e senape.
Un’idea che piace perché dà ordine, leggerezza e la sensazione di “mangiare pulito”.
Ma dietro la promessa “anti-infiammatoria” si nasconde un errore comune: l’assenza dei grassi buoni.
L’infiammazione non si spegne con un piatto light, ma con una sequenza di segnali biochimici che il corpo riceve ogni giorno da ciò che mangiamo.
Le verdure crude forniscono fibre e polifenoli, che nutrono il microbiota e favoriscono la produzione di acidi grassi a corta catena (SCFA) — i primi “modulatori” delle vie infiammatorie intestinali.
Ma senza grassi buoni, questi fitocomposti restano meno biodisponibili: non si assorbono, non agiscono.
L’olio extravergine d’oliva, ad esempio, contiene oleocantale, una molecola con azione simile ai FANS, capace di inibire l’enzima COX-2 e ridurre la produzione di prostaglandine pro-infiammatorie.
Gli omega-3 di noci, semi di lino o pesce azzurro regolano le vie NF-κB e PPAR-γ, contribuendo a spegnere la risposta infiammatoria sistemica.
Anche spezie come curcuma, zenzero e pepe nero amplificano questo effetto, migliorando la funzione antiossidante e il bilancio redox cellulare.
👉 Quindi sì, il Tiffany Plate funziona solo se lo completi: con grassi buoni, spezie e una quota equilibrata di carboidrati complessi.
In questo modo diventa un vero piatto anti-infiammatorio funzionale — capace di supportare l’intestino, modulare il cortisolo e fornire energia stabile.
Non basta imitare un trend: serve capire la fisiologia che c’è dietro.
E quando lo fai, ogni piatto diventa parte del tuo equilibrio, non una moda da copiare.
Scrivi “plate” se vuoi la mia versione vegan bilanciata e davvero anti-infiammatoria,
oppure “sport” per la versione funzionale pre/post-workout con timing e quantità.