Dott.ssa Simona Adelaide Martini Psicologa-Psicoterapeuta Emdr

  • Casa
  • Italia
  • Pero
  • Dott.ssa Simona Adelaide Martini Psicologa-Psicoterapeuta Emdr

Dott.ssa Simona Adelaide Martini Psicologa-Psicoterapeuta Emdr Psicoterapia immaginativa, emdr, trauma sensitive yoga. Consulenza e terapia sessuale. Supervisione

Supporto psicologico - Psicoterapia rivolta ad adulti ed età evolutiva Supervisione a costi calmierati rivolta a giovani colleghi. Percorsi di orientamento e avvio professionale per future/i professioniste/i. Percorsi individuali e di gruppo trauma sensitive yoga
Contattatemi per avere ulteriori informazioni

Se vedete i vostri figli e le vostre figlie soffrire, non demordete. Siete stanche e stanchi, magari loro sono oppositiv...
28/10/2025

Se vedete i vostri figli e le vostre figlie soffrire, non demordete. Siete stanche e stanchi, magari loro sono oppositivi e vi sembra che non vogliano supporto, ma non è così. Dentro quel guscio duro c’è un’anima che cerca disperatamente di uscire, un bruco che spinge e si affanna per trovare una forma. Piuttosto rivolgetevi voi a un/una professionista per capire come muovervi.
Nessun* bambin* e ragazz* è perso/a, mai. Mai.

Buona serata 🦋

̀evolutiva

Quando la scuola fa paura: comprendere e affrontare la fobia scolareOgni mattina una lotta: mal di pancia, lacrime, ansi...
27/10/2025

Quando la scuola fa paura: comprendere e affrontare la fobia scolare

Ogni mattina una lotta: mal di pancia, lacrime, ansia. Dire “forza, devi andare” non basta più.
La fobia scolare è una forma d’ansia che rende molto difficile, a volte impossibile, per un bambino o una bambina, un ragazzo o una ragazza, andare a scuola.
Non è pigrizia né un capriccio. È un segnale di sofferenza emotiva, spesso legato alla paura di separarsi, al timore del giudizio o a esperienze scolastiche stressanti.
Prima di tutto serve ascolto e comprensione, non giudizio.

Ecco alcuni consigli pratici che possono aiutare i genitori nel quotidiano:
1. Accogliere la paura, non sminuirla. Frasi come “non è niente” o “smettila di piangere” aumentano il senso di colpa. Meglio dire: “Capisco che sia difficile, vediamo insieme come affrontarlo.”
2. Mantenere una routine stabile. L’ansia ama il controllo: orari prevedibili e rituali rassicuranti aiutano il bambino o la bambina a sentirsi più sicur*.
3. Evitare ricatti o punizioni. La paura non si supera con la forza, ma con la fiducia. Spingere troppo può rinforzare il meccanismo di evitamento.
4. Parlare con la scuola. La collaborazione tra genitori, insegnanti e terapeuta è fondamentale. Spesso bastano piccoli adattamenti per rendere il contesto più accogliente.
5. Celebrare ogni piccolo passo. Anche solo un’ora di scuola in più è un traguardo importante. La gradualità è la chiave.

Ci sono giorni in cui la paura vince e il bambino o la bambina non riesce ad andare a scuola. In questi momenti è importante non trasformare la casa in una zona di conforto definitiva, ma nemmeno forzare un rientro traumatico.

Quando non riesce ad andare a scuola, è utile mantenere una routine simile a quella abituale: sveglia, colazione, vestiti, pasti e orari di sonno regolari. Evitare che la giornata diventi un giorno “speciale” o di svago.
Proporre attività tranquille ma non premianti, come leggere, disegnare, cucinare insieme o fare una breve passeggiata. Evitare televisione e videogiochi per molte ore.
Parlare del vissuto emotivo, senza colpevolizzare né cercare di risolvere tutto subito. Si può dire: “Oggi non ce l’hai fatta, ma non è una sconfitta. Domani ci riproviamo insieme.”
Mantenere un contatto con la scuola, anche minimo, aiuta a non interrompere il legame: un messaggio all’insegnante, un compito portato a casa, una breve videochiamata con un compagno o una compagna.
Infine, quando l’ansia si riduce, è utile pianificare piccoli passi di esposizione: accompagnarl* davanti alla scuola, entrare solo per salutare, restare per poco tempo, fino a riprendere gradualmente la frequenza.

Ogni bambin*/ragazz* ha i propri tempi, ma ciò che fa la differenza è la presenza calma e coerente dell’adult* che lo o la accompagna.
La giornata a casa può diventare un’occasione di contenimento e crescita, non di evitamento.
Con ascolto, collaborazione e un percorso mirato, il bambin* o l’adolescent* può ritrovare la fiducia e tornare a vivere la scuola con serenità.

La sicurezza nasce anche dopo le tempesteCome psicoterapeuta che si occupa di infanzia e adolescenza, incontro spesso ge...
26/10/2025

La sicurezza nasce anche dopo le tempeste

Come psicoterapeuta che si occupa di infanzia e adolescenza, incontro spesso genitori che si sentono sopraffatti dal senso di colpa.
Temono di non aver dato ai propri figli un attaccamento “sicuro”, perché ci sono stati momenti di fatica, rabbia o distanza. Ma l’attaccamento sicuro non nasce dall’assenza di errori: nasce dalla possibilità di riparare.
Un legame è “sufficientemente sicuro” quando un figlio o una figlia sanno che, anche dopo un conflitto o una crisi, l’adulto torna, prova a capire e resta presente.
La sicurezza emotiva si costruisce così: non nella perfezione, ma nella continuità.

Non abbiamo bisogno di creare una storia senza ferite, ma di costruire una relazione che resiste.
Perché la sicurezza nasce anche da questo:
dal sapere che, dopo ogni tempesta, ci si può ritrovare.

Il gioco come linguaggio del cuoreOggi vogliamo condividere un momento prezioso vissuto in terapia.Un bambino che ha att...
26/10/2025

Il gioco come linguaggio del cuore

Oggi vogliamo condividere un momento prezioso vissuto in terapia.
Un bambino che ha attraversato due lutti molto importanti ha scelto di usare il gioco per raccontare la sua storia.

Ha disposto sul tavolo tanti personaggi, ognuno rappresentava un membro della sua famiglia e delle persone importanti della sua vita: nonni, nonne, zii, cugini, due migliori amici, la mamma, tutti quanti, e in più il papà e la nonna che non ci sono più.

La consegna è stata quella di mettere su una seggiola il coniglietto nero, simbolo di sé stesso, e far sì che ogni personaggio andasse da lui per dirgli una frase, a cui avrebbe risposto con una parola o un pensiero.

Attraverso questo scambio immaginario è riuscito a dare voce a emozioni profonde, costruendo un ponte tra ciò che sente e il mondo esterno.

Il gioco, quando è accolto e ascoltato, diventa uno spazio di cura, di memoria e di trasformazione.

In questo periodo sto seguendo una CTU come consulente tecnico di parte del padre.Per chi non lo sapesse, la CTU (Consul...
24/10/2025

In questo periodo sto seguendo una CTU come consulente tecnico di parte del padre.

Per chi non lo sapesse, la CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) è una valutazione disposta dal giudice, spesso in ambito civile o minorile, quando i genitori separati non riescono a trovare un accordo su questioni che riguardano i figli. In questi casi viene nominato un/una consulente tecnico del tribunale, la CTU appunto, che ha il compito di osservare, ascoltare e formulare una valutazione per aiutare il giudice a comprendere meglio la situazione familiare.
Devo dire che, finalmente, sto avendo un’impressione positiva di questo percorso. Un percorso che, in realtà, sarebbe sempre meglio evitare, perché la sua stessa necessità indica un livello di conflittualità molto alto. Quando i genitori non riescono a comunicare o a trovare un accordo, i figli inevitabilmente ne risentono e si trovano a vivere fatiche e sofferenze nel periodo post separazione.
Questa volta però è diverso. A differenza di molte altre esperienze, e anche di una CTU in particolare che mi aveva portato a fermarmi per un po’ a causa di atteggiamenti scorretti e altamente conflittuali da parte di un’altra consulente, in questo caso sto trovando un clima completamente diverso. C’è collaborazione, rispetto, attenzione reale al benessere dei bambini.
Mi fa riflettere molto su quanto sia importante il ruolo dei consulenti di parte. Noi CTP non dovremmo mai entrare o colludere con la conflittualità dei genitori, ma rappresentare piuttosto un modello alternativo, una possibilità diversa. Essere un esempio di comunicazione più costruttiva, gentile, razionale e orientata al benessere dei minori.

Credo che questo sia il senso profondo del nostro ruolo: poter incarnare, anche solo in parte, quella relazione cooperativa che i genitori, pur separati, potrebbero ancora costruire per il bene dei loro figli.

AMARE NEL BUIO 🖤 A volte, ascoltando le amiche e le pazienti che parlano delle loro relazioni, dei compagni, dei mariti,...
22/10/2025

AMARE NEL BUIO 🖤

A volte, ascoltando le amiche e le pazienti che parlano delle loro relazioni, dei compagni, dei mariti, degli amanti, dei fidanzati, viene da pensare che anche alcune madri vivano una relazione complicata. Non con un uomo, ma con le proprie figlie o i propri figli adolescenti. Una relazione difficile, intensa, a tratti tossica, che consuma e lega allo stesso tempo.
Chi lavora da anni con le relazioni, con la violenza sulle donne, con la dipendenza affettiva e con le ferite invisibili, lo sa: l’amore non basta sempre. E tutto ciò che si conosce della mente umana, dei confini sani, delle dinamiche di potere e di dolore, può dissolversi quando si parla di un figlio.
La depressione, nelle famiglie, non arriva quasi mai all’improvviso. Non fa rumore. Entra in punta di piedi, si insinua piano, cambia l’aria delle stanze e la qualità dei silenzi. All’inizio sembra solo stanchezza, sbalzi d’umore, fisiologica turbolenza adolescenziale. Le madri osservano, cercano di capire, poi di interpretare, poi di aggiustare e spesso non sanno dire quando smettono di negare ciò che accade. Forse non esiste un momento preciso, ma una lenta presa di coscienza, come se un velo cadesse un po’ alla volta e arriva un giorno in cui la depressione non è più una parola lontana: è lì, dentro casa, negli sguardi, nei silenzi, nella fatica quotidiana. E non può più essere ignorata.
Tra una madre e un figlio che soffre si crea un circolo, a volte vizioso, a volte virtuoso. Un movimento continuo, fatto di liti e di abbracci, di parole che feriscono e di gesti che curano. Un laccio saldo che quando viene mollato, dopo aver tirato a lungo, può fare molto male. Ci sono giorni di urla, di porte sbattute, di silenzi che fanno male. E poi giorni di tregua, di vicinanza improvvisa, di risate che restituiscono per un attimo ciò che si pensava perduto.
È una danza confusa, stancante, bellissima e dolorosa, in cui spesso non si sa più chi guida e chi segue. Ci sono momenti in cui la madre rincorre, altri in cui il figlio respinge, e spesso entrambi si ritrovano a girare in tondo, senza capire dove sia l’inizio e dove la fine.
Molte madri lo sanno: queste relazioni diventano un intreccio di amore e dipendenza. Da una parte, un figlio che cerca una salvezza difficile da trovare. Dall’altra, una madre che cerca la conferma di non aver fallito. E in mezzo, la fatica immensa di restare presenti, senza invadere. La consapevolezza che il figlio avrebbe bisogno di calma, di spazio, di fiducia, e la difficoltà, così umana, di riuscire davvero a darglieli.
Ogni madre, quando la depressione entra nella vita del proprio figlio, cerca dentro di sé tutti gli strumenti che conosce. Prova a essere competente, comprensiva, accogliente. Analizza ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio, cercando spiegazioni. Si dice che sia una fase, che sia il bisogno di indipendenza, la rabbia, la ricerca di sé, ma, nonostante tutta la razionalità possibile, arriva un punto in cui la teoria non basta più.
Ci sono momenti in cui tutto si ferma, in cui si ha la sensazione di essere risucchiate in un buio che non illumina più niente. Un punto morto, dove la fatica di capire si trasforma in paura di perdersi. Dove non si sa più se si sta scendendo per aiutare o semplicemente perché non si riesce a restare a galla da sole.
Molte madri, in quei momenti, si sentono sole, anche se non lo sono. Hanno magari accanto un compagno, una madre, amiche, eppure manca qualcosa: un appoggio sicuro, uno spazio dove poter cadere senza doversi rialzare subito. Sanno di avere risorse, ma a volte le sentono lontane, come se fossero sott’acqua.
Le emozioni del figlio diventano onde che travolgono. Un giorno bene, un giorno male, poi un po’ meglio, poi peggio. Su, giù, su, giù. Una mareggiata continua. E ogni volta si spera che la calma arrivi, ma un’altra ondata rompe l’equilibrio, e tutto ricomincia.
È come stare su un ring. Una madre e un figlio, non come avversari, ma come due esseri che non possono tirarsi fuori dal combattimento. Ogni colpo dell’uno si riflette sull’altro, ogni caduta lascia entrambi senza fiato. Forse è per questo che alcune madri cercano nel corpo un modo per resistere: correre, nuotare, ti**re pugni contro l’aria. Allenarsi a reggere, a restare in piedi, a respirare anche quando fa male. Perché a volte l’amore è proprio questo: un colpo allo stomaco che piega, ma non spegne.

Questo post nasce da qui, da questo spazio di buio e di vita insieme, dal bisogno di capire come si possa amare un figlio che soffre senza perdersi nel tentativo di salvarlo, e dalla consapevolezza che la depressione non colpisce mai una persona sola, ma intere costellazioni di legami.

Scrivere di depressione in adolescenza non è solo un atto professionale: è un gesto di restituzione. È il desiderio di dire che dentro il dolore può esserci comprensione e dentro la fragilità può nascere forza. Perché, forse, il buio non si vince con la luce, ma con la presenza. Con l’essere lì. Anche quando non si sa più come fare.









- Mamma con Bambino dei pittore francese Leon Bazile Perrault, vissuto fra il 1832 e il 1905 -

“The Son” – Il dolore invisibile degli adolescenti e l’impotenza degli adultiCi sono film che toccano corde profonde, pe...
21/10/2025

“The Son” – Il dolore invisibile degli adolescenti e l’impotenza degli adulti

Ci sono film che toccano corde profonde, perché parlano di ciò che spesso non si riesce a dire: The Son è uno di questi.
Parla della depressione adolescenziale, ma soprattutto di ciò che accade attorno a essa: l’impotenza dei genitori, la fatica di comprendere, la sensazione che l’amore non basti.
Come psicologa e come madre so che non esiste sofferenza più difficile da tollerare di quella di un figlio o di una figlia che si spegne lentamente.
Nel film, il padre cerca di fare tutto “bene”: ascolta, accoglie, offre razionalità e affetto.
Eppure il figlio resta intrappolato in un dolore muto, in una depressione che non risponde alla logica dell’amore.
Questo è uno dei punti più dolorosi della clinica adolescenziale: la depressione, in questa fase della vita, non appare come la conosciamo.
Spesso non è pianto, ma irritabilità.
Non è passività, ma ritiro, chiusura, dentro un guscio protettivo, in mezzo a immagini social scrollate con ossessività.
Non è apatia apparente, ma un tentativo disperato di difendersi da un dolore insostenibile, dissociandosi dalla realtà, fatta di richieste, giudizi e confronti.
In adolescenza, il Sé è ancora in costruzione.
Ogni emozione è amplificata, ogni ferita risuona come definitiva, ogni fallimento può essere vissuto come un crollo identitario.
Quando l’adolescente si sente “sbagliato”, quando non riesce a trovare uno sguardo che lo riconosca senza giudizio, il rischio è che si spenga lentamente, anche in mezzo a una vita che, dall’esterno, sembra piena.
La depressione in adolescenza è una condizione complessa, spesso multifattoriale: fattori biologici, vulnerabilità temperamentali, esperienze di perdita o di vergogna, dinamiche familiari, cambiamenti neurobiologici legati alla pubertà.
Ma al di là delle cause, il punto cruciale è il riconoscimento. Perché ciò che non viene nominato, ciò che resta invisibile, cresce.
Come adulti (genitori, insegnanti, terapeuti) possiamo non capire tutto, ma possiamo esserci:
offrire uno spazio di ascolto non giudicante, una presenza stabile, un linguaggio che non banalizza (“è solo un periodo”) né colpevolizza (“non ti impegni abbastanza”).
Il film ci ricorda anche questo: che a volte il dolore di un ragazzo o di una ragazza è più grande di ciò che una famiglia può contenere da sola. E che chiedere aiuto (a uno psicologo, a un neuropsichiatra, a una rete di sostegno) non è una resa, ma un atto d’amore.
La depressione non è un fallimento educativo, ma un’esperienza che può toccare chiunque, anche in contesti affettivi sani. È la differenza, spesso, la fa la possibilità di non restare soli dentro quel buio.

Perché, anche quando “l’amore non basta”, restare accanto è già cura. Con pazienza, con sguardo clinico e con umanità.

L’adolescente-farfallaSono psicoterapeuta, ma sono anche madre.E ogni volta che incontro un ragazzo o una ragazza che at...
15/10/2025

L’adolescente-farfalla

Sono psicoterapeuta, ma sono anche madre.
E ogni volta che incontro un ragazzo o una ragazza che attraversa un momento buio, mi ritrovo a pensare quanto sia sottile il confine tra ciò che vediamo e ciò che non riusciamo a cogliere.

Quante volte un figlio o una figlia può star male, pur continuando a vivere giornate apparentemente “normali”.
Quante volte il dolore si nasconde dietro un sorriso, dietro un “sto bene” sussurrato solo per non deludere, per non preoccuparci.

La depressione in adolescenza non sempre appare come ce la immaginiamo.
Non è solo tristezza o pianto.
A volte si manifesta con irritabilità, chiusura, silenzio.
Con un rendimento scolastico che cala, con la perdita di interesse per ciò che prima appassionava, con il ritiro dagli amici, con la sensazione (spesso non detta) di non farcela più.
Altre volte è solo una stanchezza che non passa mai, o uno sguardo che si spegne un po’ alla volta.

L’adolescente è come una farfalla che sta ancora dentro il suo bozzolo: invisibile, silenziosa, apparentemente immobile.
Dentro però avviene una trasformazione profonda, faticosa, a volte dolorosa.
Ci sono giorni in cui sembra tutto fermo, altri in cui il bozzolo trema, si incrina, resiste.
E quando la metamorfosi è attraversata da ombre, da tristezza o da paura, quella farfalla può sentirsi intrappolata, come se le ali non fossero abbastanza forti per aprirsi.

Come madre, so quanto sia difficile accettare che un figlio o una figlia possa attraversare una sofferenza profonda.
Ci si sente impotenti, spaventati, confusi.
Si vorrebbe fare qualcosa, dire qualcosa, trovare una risposta immediata.
Ma spesso non ce n’è una.

La depressione non è una colpa, né dei genitori né dei ragazzi.
È una condizione complessa, che nasce da un intreccio di fattori biologici, psicologici, emotivi e relazionali.
E, soprattutto, è un dolore che ha bisogno di essere riconosciuto, ascoltato, accolto.

Noi adulti (genitori, insegnanti, educatori) abbiamo il compito di esserci.
Di fermarci ad ascoltare senza giudicare, di resistere alla tentazione di dire “passerà” o “è solo un periodo”.
A volte serve semplicemente uno spazio sicuro, uno sguardo che non pretende, una presenza costante.

Perché dietro la rabbia, la distanza o il silenzio, spesso c’è solo paura.
Paura di non essere capiti, paura di essere un peso, paura di deludere.

Ed è qui che il nostro ruolo cambia.
Non possiamo “aggiustare” tutto, ma possiamo accompagnare.
Possiamo riconoscere quando serve un aiuto in più, quando è il momento di rivolgersi a una figura preparata.

Chiedere aiuto a un* professionista (psicologo, psicoterapeuta, neuropsichiatra) non significa fallire come genitori.
Significa prendersi cura.
Significa dare al proprio figlio o alla propria figlia la possibilità di avere uno spazio di ascolto, di comprensione, di cura.
Significa anche liberarsi dal peso di dover essere “tutto”: genitore, amico, salvatore.
Nessuno può farcela da solo, e non deve.

Come terapeuta, vedo ogni giorno adolescenti che, con il giusto sostegno, riescono a ritrovare il contatto con se stessi, a dare nome alle emozioni, a tornare lentamente alla vita.
Non è un percorso facile, ma è possibile.

Con il tempo, con la cura, con una rete di adulti che si muove insieme (genitori, scuola, professionisti), qualcosa cambia.
La farfalla, un giorno, trova la forza di aprire il bozzolo.
E allora, con delicatezza e stupore, si accorge che le sue ali c’erano già , doveva solo imparare a usarle.

Essere genitore non significa impedire la sofferenza, ma insegnare che non la si deve affrontare da soli.
Significa restare accanto, con amore, anche quando non abbiamo le risposte, anche quando tutto sembra fermo.

A volte, nella vita di un adolescente, sapere che qualcuno resta (che non si arrende, che continua a credere in lui o in lei) può davvero fare la differenza.

E allora sì, parliamone.
Non lasciamo che la paura, la vergogna o il senso di colpa ci tengano lontani dall’ascolto.
La depressione in adolescenza non è un tabù: è una realtà che possiamo comprendere, affrontare e curare.
Con delicatezza, con competenza e con la certezza che nessuno, mai, deve attraversarla da solo o da sola.






🌿 IL GIARDINO INTERIORE 🌿Vorresti intraprendere un percorso di crescita personale, genitoriale o relazionale, ma non sem...
01/06/2025

🌿 IL GIARDINO INTERIORE 🌿

Vorresti intraprendere un percorso di crescita personale, genitoriale o relazionale, ma non sempre riesci a conciliare tempi, costi e impegni regolari?
Lo studio IL GIARDINO INTERIORE offre percorsi flessibili, accessibili ed efficaci che valorizzano ogni incontro e offrono strumenti concreti da utilizzare in autonomia.

🌺 NUOVI SERVIZI DISPONIBILI

🧘‍♀️ Trauma Soma Yoga
Un lavoro mirato sui blocchi psicosomatici, per favorire rilassamento e autoregolazione attraverso l’integrazione corpo-mente.
👉 Comprende una seduta di 1h e 30 minuti + restituzione finale scritta con esercizi personalizzati da svolgere in autonomia.
🕒 Durata complessiva: 2h e 30 min – 150€

👨‍👩‍👧 EduParent
Consulenza genitoriale con incontri da 1h e 30 minuti, in seguito ad analisi delle richieste via mail
👉 restituzione finale scritta con progettazione educativa condivisa.
🕒 Durata complessiva: 3h – 200€

💞 Coppia in Equilibrio
Incontri mensili di 2h per rafforzare la relazione di coppia, migliorare l’intesa affettiva e sessuale con tecniche ludiche, espressive e immaginative.
👉 Include una scheda di attività da svolgere in autonomia.
🕒 Durata: 3h – 200€

📩 Prenotazioni disponibili su

https://eu.doct.to/oe5ag3gt


Benefici della Pedagogia Bianca e dell’Educazione Non Violenta🌱 Cos’è la pedagogia bianca?Un approccio educativo che val...
26/04/2025

Benefici della Pedagogia Bianca e dell’Educazione Non Violenta

🌱 Cos’è la pedagogia bianca?
Un approccio educativo che valorizza il rispetto reciproco, l’ascolto attivo e la comprensione delle emozioni del bambino, evitando punizioni fisiche o psicologiche.

🧠 Educazione non violenta
Promuove un ambiente di fiducia e sostegno, dove il bambino può esprimersi liberamente, sviluppando autostima e capacità di autoregolazione emotiva.

📚 Benefici scientifici
• Miglior sviluppo cognitivo ed emotivo nei bambini.
• Riduzione di ansia e depressione.
• Miglioramento delle relazioni tra adulti e bambini.

📊 Effetti negativi delle punizioni
• Aumento di comportamenti aggressivi.
• Maggiore rischio di ansia e depressione.
• Compromissione della fiducia tra genitori e figli.

💬 Cosa possiamo fare?
• Ascoltare attivamente le emozioni del bambino.
• Promuovere il dialogo e la cooperazione.
• Evitare punizioni e coercizione, favorendo la riflessione e l’ascolto.

“Nel mio nuovo video su YouTube parlo di psicoterapia al femminile, un lavoro profondo che accompagna le donne verso l’a...
25/04/2025

“Nel mio nuovo video su YouTube parlo di psicoterapia al femminile, un lavoro profondo che accompagna le donne verso l’autodeterminazione, la libertà interiore e la possibilità di riscrivere la propria storia.
Lo faccio attraverso l’ascolto, il dialogo, ma anche con strumenti simbolici e creativi: carte, archetipi e fiabe che aiutano a dare forma a ciò che spesso non ha parole.
Sono strumenti potenti, perché parlano all’inconscio, aprono visioni, liberano immaginari e possibilità nuove.

Come scriveva Audre Lorde: "Prendermi cura di me stessa non è autoindulgenza, è autoconservazione, ed è un atto di guerra politica."

Se senti che è arrivato il momento di scegliere te stessa, ti consiglio di visionare il breve video, a cui ne seguirà un altro (appena guarisco dalla bronchite, prendendomi per l’appunto cura di me 😜) più articolato.

Buon 25 aprile e buona liberazione 🌺🌸⭐️

Indirizzo

Via XXV Aprile, 12
Pero
20016

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 17:00
Martedì 08:00 - 17:00
Mercoledì 08:00 - 17:00
Giovedì 08:00 - 17:00
Venerdì 08:00 - 17:00
Sabato 09:00 - 01:00

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Dott.ssa Simona Adelaide Martini Psicologa-Psicoterapeuta Emdr pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Dott.ssa Simona Adelaide Martini Psicologa-Psicoterapeuta Emdr:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram

Digitare