01/10/2022
• BABY LOSS
Quando il dolore per la morte di un figlio è “legittimo”? E quando fa più male?
La risposta è solo una: SEMPRE.
Da un punto di vista fisiologico esiste il preciso momento in cui l’embrione diventa feto.
Da un punto di vista medico, esiste quello in cui non si parla più di ab**to, ma di morte intrauterina.
E il dolore? Esiste un momento in cui la perdita fa meno male? C’è un lutto che ha più valore e uno che ha meno significato? NO.
No, perché qualunque sia il momento in cui avviene la perdita, per la coppia si tratta della morte del proprio bambino.
Il momento tanto atteso, generativo per definizione, diventa incontro con la morte.
Molto spesso le persone che circondano la coppia, nel tentativo di aiutare, tendono a minimizzare: “era ancora un embrione, potete avere altri bambini, meglio adesso che più in là, adesso dovete andare avanti”, senza tenere conto, però, del grande vuoto che la perdita di un figlio, in qualunque momento, lascia.
C’è allora bisogno di uno spazio e di un tempo che contengano, che offrano supporto e cura per la perdita, come scrisse Oriana Fallaci, di “un bambino mai nato”, ma sempre così vivo nella mente e nel cuore di chi lo aveva tanto desiderato.
Come scrive Sophie Marinopoulos (2006): “I mesi della gravidanza reale contano poco… è indispensabile ascoltare quello che dice del suo stato. Anche se quando ha perso il bambino era incinta di un mese soltanto, perché in questo soltanto può esserci in germe una sofferenza legata a ciò che aveva già costruito.”