Silvia Tizzoni Psicologa clinica, Psicoterapeuta e Mediatrice Familiare

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Silvia Tizzoni Psicologa clinica, Psicoterapeuta e Mediatrice Familiare Sono Silvia Tizzoni, psicologa, psicoterapeuta e mediatrice familiare presso il CMTF di Milano (albo

Non so neanche da dove iniziare. Non so neanche da dove ho iniziato.Forse dal buttare quello che c’era in frigorifero e ...
05/09/2025

Non so neanche da dove iniziare.
Non so neanche da dove ho iniziato.
Forse dal buttare quello che c’era in frigorifero e che mi ero scordata, latte, yogurt scaduti, il vasetto del pesto aperto da troppo tempo.

Ho in mente una parola che solitamente uso pochissimo, perché non mi piace: stress. Credo di non averlo mai veramente sperimentato nella vita - il che non vuol dire che non abbia vissuto momenti di tristezza e dolore profondo, anzi. Ma lo stress è diverso. E non è decisamente una cosa che mi appartiene.
Posso avere una settimana pesante, un mese faticoso, posso arrivare ad essere molto stanca, troppo piena. Eppure i segnali che mi rimanda il corpo, nonostante una settimana di stacco totale in vacanza a inizio agosto, sono quelli: cervicale, stomaco chiuso, una sensazione protratta di disagio e malessere.

Lo sapevo, me l’avevano detto tutti, ma dovevo provarlo sulla mia pelle. Un trasloco può essere molto stressante, e viene spesso classificato come uno dei tre eventi più brutti della vita, insieme alla perdita di una persona cara e alla separazione. Non robette da poco, insomma.

Il mio è stato un trasloco a metà, poco più di quattro mesi ‘appesa’ in una casa di appoggio intanto che ristrutturavano la mia.

Ho delle immagini nitide: la casa svuotata e i miei ultimi pasti seduta sul parquet della sala, un paio di tupperware con qualche prep-meal pronto, il microonde e la friggitrice ad aria che mi hanno salvato quando la cucina era già smontata. E poi i formaggini, la mozzarella e i cartocci di prosciutto (benedetto sia il prosciutto!).

Sacchi di differenziata per il decluttering, soprattutto carta e plastica, pile di faldoni da aprire, uno in un sacco e uno nell’altro, e qualche lacrima che c’è scappata.
Miodio: quante cose che si accumulano in vent’anni di vita.

La mia lancia y che pareva un camper, almeno due cambi, due giacche, una pashmina, un paio di ginniche e pure degli stivali perché il tempo a maggio ci ha messo del suo: gli imprevisti di una primavera che si trascinava più fredda e piovosa del solito e un’estate che non decollava.

Vestiti sparpagliati, da una parte e dall’altra, quasi sempre inadeguati per peso o stile, ad un certo punto il cesto della biancheria da lavare era talmente pieno che mi sono ritrovata ad avere puliti solo gli slip rossi del Natale!

Le liste delle cose da fare, ovunque: nel telefono, su post-it che appiccicavo allo specchio del bagno, su foglietti improbabili che infilavo nella borsetta perché mi veniva in mente un pensiero e me lo segnavo lì per lì, magari sullo scontrino del bar, e poi vagavano sul fondo per giorni, finché magari non cercavo il burrocacao o un fazzoletto e mi tornavano in mano.

Ricordo che c’è stata una settimana in cui ho trovato almeno quattro spazzolini da denti, uno nella casa nuova che mi avrebbe ospitato mentre si insediava il cantiere, uno nella vecchia, perché è stata una delle ultime cose che ho tolto, uno in studio, perché avrei trascorso i mesi successivi a consumare lì tutti i miei pranzi, uno del viaggio in Marocco, perché ero rientrata ad inizio maggio ed era rimasto sospeso, senza avere neppure la dignità di essere riposto con le cose-da-viaggio.

Il dramma, e non uso la parola a sproposito, il VERO dramma delle chiavi, soprattutto nei primi giorni: c’era lo studio, la casa, la mia vera casa intendo, che era completamente in mano agli artigiani e l’altra, che chiameremo l’ospitante. E poi c’erano quelle dell’auto, del garage, della bici - che chissà perché la mia bici ha due lucchetti e mai la chiave giusta. Le chiavi che ho lasciato agli operai per entrare e uscire senza orari - e soprattutto senza dipendere da me, quelle di scorta che avevo richiesto a mio padre per avere un mazzo in più a portata di mano, quelle che ad un certo punto non c’erano mai o erano sempre quelle sbagliate. Di più: che erano rimaste attaccate a quella sbagliata, per cui mi sono ritrovata, più o meno a giorni alterni, a non poter aprire: il portone d’ingresso del condominio, il garage, lo studio. L’inferno.

Un telefono perennemente pieno di messaggi e chiamate: muratori, idraulici, elettricista, falegname. Primo step, non scontato e non banale: capire di che cosa si stava parlando, soprattutto i termini tecnici, riflessioni sulle quali non mi sarei mai soffermata, ma che andavano fatte, e anche piuttosto in fretta, che se non si decideva in tempo, non si finiva in tempo. Qualche errore, qualche intoppo, qualche imprevisto. Tutto come da copione, più o meno.

E io volevo finire, eeeh se volevo finire. Perché in tutto questo mi mancava il mio spazio, il nido, il luogo sicuro, la routine, perché dovevo continuare a lavorare e a mandare avanti tutto quello che ho sempre fatto senza deroghe. Non mi sono fermata un attimo.

E poi quel tempo perso, che già ne avevo poco, quel tempo mal gestito. Un esempio, ma rende l’idea: dopo qualche giorno mi sono accorta che ogni volta che dovevo andare da qualche partivo da casa. Dalla mia casa vera, voglio dire, non da quella ospitante, come se le strade della città le conoscessi solo da quel punto in poi. E quindi tornavo lì: traffico e km in macchina macinati inutilmente e a sproposito.

Quel ‘ci vediamo a casa’ o quel ‘vado a casa’: sì ma quale? Io nella mia testa non ho mai avuto dubbi. Casa è una, e sempre lo resterà, ma ci sono stati dei fraintendimenti con conseguenti tempi persi, di nuovo. Anche con gli amici: ‘ma in quale casa ti vengo a prendere?’
Direi tragicomici, a tratti.

L’odore della mia casa diverso, a seconda dell’artigiano che ci stava lavorando.
All’inizio è stato un pugno in pancia, poi piano piano, molto piano, qualcosa ha iniziato a prendere forma, o forse prima c’è stata una certa luce, ecco: c’è stato un chiarore diverso. E questo mi ha un po’ rincuorato.
Ma ce n’è voluta, eh.

Che la fase due, una volta terminati i lavori, quella delle pulizie e dello spacchettamento di scatoloni e sacchi pieni di cose e vestiti è stata ‘n’altra botta. Il caldo, il mal di schiena e di collo, la stanchezza, l’impazienza, la fatica di intere giornate.
Aridaje, il dilemma delle scelte: cosa-tengo/cosa-mollo, che mi sa che al primo giro ero stata troppo indulgente (e parecchio ottimista sugli spazi!). E il dover creare un ambiente diverso nel vecchio, mica facile abituare gli occhi a nuove prospettive dopo un pezzo di vita di un altro colore, con un altro disegno.

Solo per le addicted di S*x and the city: più volte ho pensato che ci sarebbe voluta Louise di Saint Louis, la giovanissima e sveglissima assistente di Carrie, nessuna come lei per rigovernare e ti**re le fila…!

Un po’ di eccitazione per quello che sarebbe arrivato, un po’ d’inquietudine per qualcosa che ancora non si conosceva.
Mi sarei voluta gettare subito nel nuovo, nello step successivo, ma avrei voluto fare tutto con calma e il tempo necessario, che quando mai ti ricapita di mettere a posto così, che quando mai pulisci così a fondo in quell’angolino.

Il bello si fa attendere, dicono.
‘Minu ga hana’ (見ぬが花): ‘non vedere è un fiore’. I giapponesi, sempre loro. Perché l'attesa o l'immaginazione di qualcosa può essere più bella della sua realtà.
Ecco, da un certo punto in poi allora l’ho messa così. Che non è un passo di resa, ma semplicemente immaginare di ‘stare’, comunque.
Anche perché si sa che tutto cambia.
Proprio perché si sa che tutto cambia.
(E faglielo capire tu, a un toro con ascendente toro).

“Ho l’impressione di essere cambiato, Lloyd""In realtà ha solo cambiato l'abbigliamento, sir""Dici che mi vesto meglio, ...
01/09/2025

“Ho l’impressione di essere cambiato, Lloyd"
"In realtà ha solo cambiato l'abbigliamento, sir"
"Dici che mi vesto meglio, Lloyd?"
"O forse ha imparato a riconoscere ciò che davvero le sta bene, sir"
"Non parli del guardaroba. Vero, Lloyd?"
"Parlo di una vita su misura, sir"
(Da: ‘Vita con Lloyd’)

Buon inizio settembre 🍁.

Per ogni estate ho una foto.In realtà ne ho almeno cento, ma ce n’è una che diventa quella che mi porto un po’ appiccica...
27/08/2025

Per ogni estate ho una foto.
In realtà ne ho almeno cento, ma ce n’è una che diventa quella che mi porto un po’ appiccicata addosso fino all’autunno e poi negli anni a ve**re, quando ripenso proprio a quell’estate.
Una foto che mi resta in mente e in pancia, che quando la guardo mi riporta lì, alle sensazioni, ai rumori, agli odori.
In quest’estate un po’ strana, in cui ho lottato per mandare completamente la testa in vacanza, complici le mille cose da fare per la casa, mi sono ritagliata giusto una settimana in cui ho avuto le giornate più lente dell’anno, pisolini, stupidere, sorrisoni, la moka preparata la sera prima, ritmi che finalmente seguivano il mio corpo e non l’orologio.
Eccola, la mia foto.
Un posto che poteva essere ovunque, esotico, dall’altra parte del mondo, a sud, a est, a ovest, eppure così vicino.
La leggerezza di Calvino, quella che fa planare le cose dall’alto, quella che rende leggeri i pensieri. La sferzata del freddo sulle gambe che pizzica un po’ i piedi e la mia solita faticaccia ad immergermi, che chi mi conosce bene sa tutto il tempo che mi ci vuole ad abituarmi. Un soffio di aria calda ancora sulla faccia, l’ora del tramonto con quella luce morbida.
E no, giuro che non stavo facendo p**ì.

31/07/2025

Ho letto da qualche parte che è un gran privilegio essere stanchi per una sfida che si è scelta personalmente.
Tra la ristrutturazione della casa e il mio lavoro io mi sento stanca, stanchissima, sfinita. E so di essere una gran privilegiata.

Con l’augurio di essere magari altrettanto stanchi, ma allo stesso modo privilegiati.

Buon riposo di agosto.

Nasciamo chiacchieroni fin dal primo vagito, parliamo di emozioni dai primi anni di vita e per dare loro forma servono l...
28/07/2025

Nasciamo chiacchieroni fin dal primo vagito, parliamo di emozioni dai primi anni di vita e per dare loro forma servono le parole.
Le parole creano frasi.
Le frasi costruiscono pensieri.
I pensieri determinano comportamenti.
I comportamenti scandiscono il ritmo della vita.
Ogni scelta ha un peso, ogni scelta comporta una responsabilità.

Ph: festival jazz, Perugia 🎶

«Tenete separati i vostri fiori dalle vostre radici, se voi per primi da quelle radici siete stati avvelenati»(C. Gamber...
24/07/2025

«Tenete separati i vostri fiori dalle vostre radici, se voi per primi da quelle radici siete stati avvelenati»
(C. Gamberale)

“Se sei molto fortedevi anche essere molto gentile.”(Pippi Calzelunghe)
18/07/2025

“Se sei molto forte
devi anche essere
molto gentile.”
(Pippi Calzelunghe)

"Ma 'n te rendi conto de quanto è bello? Che non porti er peso der mondo su 'e spalle, che sei soltanto un filo d'erba i...
15/07/2025

"Ma 'n te rendi conto de quanto è bello?
Che non porti er peso der mondo su 'e spalle, che sei soltanto un filo d'erba in un prato.
Nun te senti più leggero?"
ZeroCalcare - Strappare lungo i bordi

Buon mezzo luglio, mezza estate.

11/07/2025

Il mio libro ‘Il sottosopra dell’amore’ in una sera destate, in una location piena di fiori e profumi, che tanto sarebbe piaciuta a Keats, Byron e Shelley, con una luna che non poteva essere più bella di così!

Grazie a tutti, per la ricchezza di condividere non solo la vostra presenza, ma anche le vostre storie.

Sai, tu sei il mio “menomale”.È come dire: menomale che esiste. Menomale che mi ama. Menomale che la vita accanto a lui ...
07/07/2025

Sai, tu sei il mio “menomale”.
È come dire: menomale che esiste. Menomale che mi ama. Menomale che la vita accanto a lui fa meno paura. Menomale che mi protegge e mi sopporta. Menomale che rende tutto perfetto anche quando non lo è.
Tu sei il mio menomale, perché fa tutto meno male da quando ho te.
(Dal web)

Prescrizione: dire menomale almeno una volta al giorno a chi se lo merita.

Per tutti quelli che: ‘dopo mi fermo’.
30/06/2025

Per tutti quelli che: ‘dopo mi fermo’.

📗 Con Officine Gutenberg.❣️”E alla fine, credo che non sia necessario fare nulla per essere amati. Passiamo la vita cerc...
28/06/2025

📗 Con Officine Gutenberg.

❣️”E alla fine, credo che non sia necessario
fare nulla per essere amati.
Passiamo la vita cercando di sembrare più belli, più intelligenti. Ma ho capito due cose.
Coloro che ci amano ci vedono
con il loro cuore e ci attribuiscono qualità al di là di quelle che abbiamo davvero.
E coloro che non vogliono amarci non saranno mai soddisfatti di tutti i nostri sforzi. Sì, davvero. Credo che sia importante lasciare in pace le nostre imperfezioni. Sono preziose per comprendere coloro che ci vedono con il cuore."
(Frida Kahlo)

🌷 È in arrivo l’estate di luglio… e quale posto migliore per presentare il mio libro ‘Il sottosopra dell’amore’ se non in una meravigliosa fattoria che profuma di fiori?

🌺 Il 9/7 alle ore 21:00 sarò felicissima di essere ospite di Kadō flowerdesign Piacenza, nella Farm di Gariga, intervistata dall’amica e collega Chiara Lombardelli.

💭 Ingresso libero, vi aspettiamo tra i fiori!

Indirizzo

Via Delle Teresiane, 4
Piacenza
29122

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00
Sabato 09:00 - 20:00

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Una psicoterapeuta sistemica a Piacenza

La mia formazione

Dopo aver conseguito due diplomi di maturità, uno linguistico, al liceo M. Gioia di Piacenza e uno da privatista, al liceo G. M. Colombini di Piacenza, successivo alla laurea, in materie socio-psico-pedagogiche e aver chiuso nel luglio 2003 il percorso universitario quinquennale a Parma, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Psicologia, ho proseguito con il biennio di tirocinio e il relativo esame di stato per l’iscrizione all’Albo per l’abilitazione alla professione di Psicologo. L’essermi messa alla prova nel contesto di intervento sociale con l’anno di Servizio Civile Volontario presso l’Assessorato ai Servizi Sociali e Sanità della Provincia di Parma mi ha aperto al mondo della progettazione sociale; ho proseguito con vari contratti di collaborazione a progetto e intanto ho frequentato un Master Universitario di Primo Livello all’Università Cattolica di Piacenza, centrato sulle relazioni e i sentimenti nelle professioni educative e di cura.

Da lì la mia strada professionale si è delineata con maggiore chiarezza: ho ripreso la mia formazione squisitamente clinica, ma arricchita dall’età, dall’esperienza, e da quei primi pezzi di vita lavorativa che avevo iniziato a gestire, emotivamente e logisticamente, spostandomi tra l’Assessorato al Sociale della Provincia di Parma e quello Piacenza, fino ad approdare definitivamente all’Ausl della mia città, con un contratto a tempo indeterminato. La mia formazione continua non smette di arricchirsi: dapprima ho portato a termine il corso biennale di Mediazione Familiare Sistemico-Globale presso il Centro Milanese di Terapia della Famiglia di Via Leopardi e ho conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione di Mediatore Familiare, successivamente mi sono iscritta alla Scuola Quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia Sistemico Relazionale, presso la stessa sede milanese.

Recentemente ho conseguito l’abilitazione alla Terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing): uno specifico protocollo procedurale che si sviluppa in più fasi, di ricordo e rievocazione delle esperienze negative, nel tentativo di desensibilizzare il paziente ai ricordi traumatici o particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo, anche correlati da attacchi ricorrenti d’ansia, portandolo alla rielaborazione adattiva del ricordo con movimenti ritmici degli occhi, oppure con stimolazione sonora. L’idea è quella di arrivare a cambiarne i “contenuti”: non solo per evitare che le emozioni e le sensazioni fisiche prendano il sopravvento, ma anche per attutire i ricordi negativi o i pensieri intrusivi e renderli più funzionali, con un conseguente beneficio nei comportamenti e nelle relazioni.