Stefania Savi Psicologa Perinatale

Stefania Savi Psicologa Perinatale Benvenuti nella mia pagina!

Come psicologa perinatale offro supporto ai genitori dall'inizio della gravidanza al terzo anno di vita del bimbo e mi occupo di tutti i temi che ruotano intorno a questo bellissimo periodo della vita della famiglia.

E tu come ti tratti?Sapevi che un buon modo per misurare la nostra capacità di accogliere le emozioni dei nostri bambini...
12/09/2025

E tu come ti tratti?

Sapevi che un buon modo per misurare la nostra capacità di accogliere le emozioni dei nostri bambini è osservare i nostri dialoghi interni, vedendo ad esempio come parliamo a noi stessi quando commettiamo un errore?

Nella mia esperienza (personale e professionale🥲) in genere quando sbagliamo non ci trattiamo molto bene. “Sono proprio una deficiente!” “Sono il solito smemorato!” “Sono un’incapace”…per non dire di peggio che qui non si può scrivere. 🤐

Ormai tutti sappiamo che secondo la teoria dell’attaccamento del nostro caro John Bowlby, i bambini sviluppano sicurezza quando sentono che il genitore è una “base sicura”, ovvero qualcuno che li accoglie senza giudizio, soprattutto nei momenti di crisi. Ma per poter offrire questa base, l’adulto deve avere dentro di sé un terreno stabile, capace di contenere in primis le proprie emozioni.

Se come genitori non siamo abituati a validare i nostri vissuti emotivi – se ci giudichiamo fragili, incapaci o sbagliati quando siamo in difficoltà – tenderemo a fare lo stesso con i nostri figli: minimizzare, arrabbiarci, chiedere di “smetterla”.

Quindi di base noi reagiamo non tanto al pianto dei nostri bambini, ma al disagio che quel pianto attiva dentro di noi.

Le neuroscienze poi ci insegnano che il nostro sistema nervoso risponde automaticamente agli stati emotivi degli altri (grazie ai neuroni specchio) e alla capacità di co-regolazione. Se non sappiamo regolare il nostro stress, diventa molto difficile aiutare i nostri figli a regolare il loro.

Ecco perché coltivare l’auto-compassione (la famosa self-compassion) e la capacità di accogliere i propri momenti difficili senza giudizio è una risorsa fondamentale per la genitorialità e per noi stessi!

Quando impariamo a dirci: “È dura, ma sto facendo del mio meglio”, “Ho sbagliato, ma ce la sto mettendo tutta, succede!”, diventiamo più disponibili ad accogliere anche le emozioni dei nostri figli, senza necessariamente viverle come un attacco o un fallimento personale.

Che ne pensi? 👇 Parliamone!

Premetto che per me è molto difficile parlare di separazione in termini generici perché credo che i vissuti personali su...
10/09/2025

Premetto che per me è molto difficile parlare di separazione in termini generici perché credo che i vissuti personali sul tema abbiano un impatto decisivo e conosciamo bene l'impatto delle nostre emozioni sui nostri figli.

Per questo, sono convinta che il momento dell’ambientamento all’asilo (nido o materna) non sia un passaggio difficile solo per i bimbi e che sia dunque fondamentale dare il giusto valore anche alla fatica dell’adulto che si trova a dover gestire questa separazione.

L’ingresso a scuola è un vero e proprio passaggio emotivo: i bimbi devono affrontare la separazione, nuovi volti, regole e routine; i genitori (e in genere soprattutto le mamme) devono imparare a lasciar andare un po’, fidandosi del fatto che i loro figli saranno in buone mani e staranno bene anche senza di loro.

Vi incoraggio dicendovi che:
• Separarsi è difficile, ma è sano e importante! La fatica della distanza è un passaggio fondamentale per costruire autonomia e fiducia e i bambini hanno bisogno di sentire che i genitori credono in loro, nelle loro capacità e della nuova esperienza, valutandola come un’opportunità di crescita.
• Ci sta che i bimbi piangano (e anche che voi piangiate, possibilmente nel parcheggio😅), si aggrappino o facciano resistenza, ma questo non significa che l’ambientamento stia andando male e che sarà per sempre un dramma: state affrontando un cambiamento che ha bisogno di essere assimilato.

Consigli pratici:
1. Create rituali di separazione e ripeteteli sempre allo stesso modo perché la continuità dà sicurezza.
2. Chiacchierate con gli educatori durante l’ambientamento: condividere informazioni sui bambini accelera la conoscenza e aiuta a creare continuità tra casa e scuola. Inoltre se i bimbi ci vedono in sintonia saranno propensi a vedere gli educatori come persone di fiducia.
3. Accogliete le emozioni.
4. Datevi tempo: ogni bambino ha i suoi ritmi, non è una gara, abbiate fiducia.
5. Siate decisi: se mostrate incertezza o tornate indietro dopo il saluto, i bimbi percepiranno che “c’è davvero qualcosa da temere” e porrà più resistenza.

L’ambientamento è momento di crescita e come spesso accade nella vita, i momenti di crescita sono faticosi.

Quando tu* figli* o il/la tu* partner scatenano in te le reazioni più potenti mai provate, per quanto stiano facendo qua...
05/09/2025

Quando tu* figli* o il/la tu* partner scatenano in te le reazioni più potenti mai provate, per quanto stiano facendo qualcosa di sbagliato, sappi che non è solo colpa loro! 🐉🤯🤬😭

I nostri cervelli sono pieni di neuroni specchio, cellule che si innescano sia quando agisci tu, sia quando vedi qualcun altro agire.

Per questo motivo, il comportamento degli altri ci può portare ad avere delle reazioni fortissime, andando a stimolare parti di noi che magari nel tempo abbiamo imparato a reprimere o ignorare.

Ad esempio, se da piccoli non ci è stato concesso di arrabbiarci, oggi vedere la rabbia di qualcun altro può scatenare in noi una reazione sproporzionata: di fatto non stiamo reagendo solo all’emozione dell’altr*, ma anche alla nostra rabbia-bambina non riconosciuta. ❤️‍🩹

Questo avviene in generale con tutte le persone, ma a maggior ragione coi nostri figli e i nostri partner che, proprio per il rapporto di estrema vicinanza e intimità, vanno a sollecitare ancor più la nostra storia di attaccamento.

Quindi, quando qualcuno genera in te certi sentimenti, prova a fermarti e invece di accusare l’altr* o di chiuderti in te stess*, prova a considerarli come una richiesta di riconoscimento e cura di qualche parte di te ferita. 💗

Lo sapevi? 👇Raccontami che ne pensi!

ASSONNATO MA SVEGLIO: il suggerimento che per tanti si è rivelato un fallimento totale. 🥶Arriva prima o poi un momento i...
27/08/2025

ASSONNATO MA SVEGLIO: il suggerimento che per tanti si è rivelato un fallimento totale. 🥶

Arriva prima o poi un momento in cui i genitori iniziano ad interrogarsi sulla possibilità di insegnare ai propri bimbi ad addormentarsi da soli ed ecco che inevitabilmente incappano nel classico consiglio di provare a mettere il bambino in culla mentre è assonnato, ma ancora sveglio e consolarlo lasciandolo giù in modo che progressivamente impari a calmarsi da solo.

Assonnato ma sveglio è stato la condanna di tanti. 😅

La verità è che dal punto di vista neurofisiologico, i neonati non sono progettati per addormentarsi da soli e tantomeno per autoconsolarsi. Il loro sistema nervoso è ancora immaturo e le aree cerebrali deputate all’auto-regolazione (come la corteccia prefrontale) non sono ancora sviluppate.

Il bisogno di contatto per addormentarsi non è un vizio, ma un bisogno biologico perchè il contatto fisico regola il battito cardiaco, la respirazione e riduce i livelli di cortisolo (ormone dello stress) creando le condizioni ideali per abbandonarsi tra le braccia di Morfeo. In altre parole: il corpo del genitore è il miglior “regolatore esterno” per un neonato.

Con il tempo, grazie alla maturazione del cervello e alle esperienze ripetute di co-regolazione, i bambini iniziano gradualmente a sviluppare competenze di auto-addormentamento, ma è un processo molto soggettivo che può richiedere mesi e a volte anche anni.

Credo sia importantissimo incentivare l'indipendenza dei bimbi, fin da quando sono molto piccoli, ma è anche cruciale rispettare quelle che sono le individuali capacità e necessità. conquistando l'autonomia passo a passo.

Quindi se il tuo neonato non riesce ad addormentarsi mettendolo giù “assonnato ma sveglio”, sappi che non stai sbagliando nulla perchè sta semplicemente funzionando come la sua fisiologia prevede.

Il sonno nei primi mesi di vita non è qualcosa che dobbiamo insegnare, ma un percorso di crescita da accompagnare giorno dopo giorno. 💗

Anche tu hai avuto esperienze in relazione a questo suggerimento? Raccontamelo qui sotto! 👇☺️

Attenzione: è tutto normale!!!!!!!Siamo abituati a valutare la nostra capacità come genitori basandoci sui comportamenti...
22/08/2025

Attenzione: è tutto normale!!!!!!!

Siamo abituati a valutare la nostra capacità come genitori basandoci sui comportamenti dei nostri figli, ignari del fatto che non è quello il metro di misura della nostra efficacia genitoriale.

Nessuno di questi comportamenti è la prova che sei un cattivo genitore, sono fasi naturali dello sviluppo, capitoli necessari nella crescita.

I bebè piangono, perchè è il loro unico modo per dirci: “Ho bisogno di te”.

I bimbi piccoli fanno i capricci perchè è così che imparano a gestire emozioni troppo grandi per il loro piccolo corpo.

I bambini rispondono con impertinenza perchè stanno cercando di affermare se stessi e capire dove finiscono loro e dove iniziamo noi.

Gli adolescenti mettono alla prova i limiti perchè quella è l'unica strada verso l’indipendenza, anche se a volte è una strada accidentata e faticosa.

Il nostro compito non è impedire che ciò avvenga, ma è attraversare queste fasi con loro, restando saldi nei limiti e accoglienti nella comprensione, perché l’obiettivo finale non è crescere bambini “perfetti”, ma persone sicure di sé, rispettose di sè e degli altri, libere di sentire e di essere. ❤️

Mentre ero al mare mi sono “divertita” ad ascoltare ciò che succedeva intorno a noi e ho notato una dinamica che mi ha d...
19/08/2025

Mentre ero al mare mi sono “divertita” ad ascoltare ciò che succedeva intorno a noi e ho notato una dinamica che mi ha dato lo spunto per scrivere questo post. 👂

Prima che insorgiate con commenti agguerriti faccio una premessa doverosa: siamo tutti d’accordo, credo, che sia sempre fondamentale tutelare la sicurezza e la salute dei nostri bimbi e che sia nostro compito vegliare sul fatto che non disturbino gli altri.

Detto ciò, devo dire che ho anche assistito a tante situazioni in cui vigeva un regime di totale proibizionismo.
🚫 “Non correre!”
🚫 “Non sudare!” (questa cosa del non sudare mi fa sempre sorridere)
🚫 “Non spruzzare l’acqua!”

Quando un bambino cresce sentendo un flusso costante di “non fare”, riceve un messaggio implicito:
➡️ il mondo è pericoloso
➡️ tu non sei in grado di cavartela da sol*

A livello psicologico, i continui divieti minano l’autoefficacia dei bambini, ovvero la fiducia nelle proprie capacità di gestire situazioni nuove o impegnative e spesso alimentano l’ansia, la paura di sbagliare e una scarsa propensione a sperimentare.

Il cervello dei bimbi impara soprattutto attraverso esperienza diretta che permette loro di costruire competenze motorie, cognitive ed emotive: limitandoli continuamente non li proteggiamo, ma piuttosto rischiamo di renderli insicuri.

Ripeto, questo non significa lasciarli liberi senza confini a fare la qualunque, ma credo sia importante trovare un equilibrio tra protezione/educazione e sperimentazione, valutando la situazione oggettivamente.

E’ davvero necessario riprendere un bimbo che fa UN urlo di gioia sul bagnasciuga? Di sicuro lo sarà se le grida sono continuative in una piscina piena di persone!

Proteggere un* bambin* non vuol dire evitargli ogni rischio, ma accompagnarl* mentre impara a gestirlo con fiducia nelle sue competenze.

Sarà ad esempio più funzionale osservarl* con attenzione pronti ad intervenire mentre gioca coi sassi per vedere cosa fa, piuttosto che vietargli di toccarli e punto.

Ricordiamoci che un giorno i nostri figli dovranno fare le cose senza di noi, quindi solo accompagnandoli nella loro autonomia possiamo assicurarci che apprendano il modo giusto di fare le cose.❤️

I bambini non ereditano solo i nostri occhi o il nostro sorriso, i nostri tratti somatici, ma ereditano anche i nostri s...
12/08/2025

I bambini non ereditano solo i nostri occhi o il nostro sorriso, i nostri tratti somatici, ma ereditano anche i nostri schemi, le nostre paure e purtroppo le nostre questioni irrisolte.

Per questo fare il genitore ci chiede di guardare in faccia quelle parti di noi che preferiremmo tenere chiuse in un cassetto.

La rabbia che non riusciamo a tenere a bada.
Il bisogno di controllare tutto quando la paura si fa sentire.
Il silenzio che abbiamo imparato a tenere per sopravvivere.

Se non affrontiamo i nostri schemi, questi resteranno lì e trapeleranno nel tono della nostra voce, nelle nostre reazioni, nel modo in cui leggiamo i comportamenti dei nostri bambini.

Ecco perché questo lavoro è così importante.💗

Quando abbiamo il coraggio di incontrare la nostra storia o il nostro dolore con onestà, i nostri figli hanno un’opportunità diversa:
- un genitore che sceglie la consapevolezza al posto del pilota automatico
- una casa dove le emozioni si vivono genuinamente e non si temono
- un’eredità in cui il dolore non viene trasmesso senza essere ignorato

Non dobbiamo essere impeccabili, dobbiamo essere coraggiosi!!!
Perché quello che evitiamo… non svanisce, ma si tramanda.

E i nostri figli meritano di più di questo.
Meritano noi, interi, consapevoli, in cammino.❤️

Vi racconto una cosa che mi è successa un pò di tempo fa e che credo non dimenticherò mai.Ero a passeggiare con un’amica...
08/08/2025

Vi racconto una cosa che mi è successa un pò di tempo fa e che credo non dimenticherò mai.

Ero a passeggiare con un’amica che aveva partorito da poco e abbiamo incontrato un’amica di famiglia che le dice: “Ma sei sicura che non ne hai un altro nella pancia? hahaha”
Io sono letteralmente morta. Non oso immaginare lei.
Poi ne abbiamo parlato assieme, inveendo contro la signora e cercando di riderci pure su, ma ormai quelle parole erano arrivate forti e chiare.

Eppure sembra che non si riesca a resistere: quando si vede una neo mamma sembra proprio indispensabile darle un feedback sul suo stato fisico.

Allora mi permetto di darvi una regolina: il corpo di una neomamma non va commentato. MAI. Né in positivo, né in negativo.

Dopo un parto (naturale o cesareo che sia), ogni donna affronta una trasformazione fisica molto profonda, dato che il suo corpo ha attraversato un lungo percorso e uno sforzo straordinario. Se pensiamo che questo importante cambiamento corporeo, avviene insieme a un cambiamento di vita e psicologico non indifferente, capiamo subito che stiamo camminando su un campo minato.

Dopo una gravidanza è normale che il corpo cambi, così come è normale che ci metta tempo a ritrovare un nuovo equilibrio, che può anche non essere più lo stesso di prima.

E anche un complimento può avere un impatto negativo, perché di fatto sposta il focus su ciò che non dovrebbe contare in quel momento, cioè l’aspetto fisico, aumentando quella pressione sociale che spinge tante donne a vivere il post parto con ancor più ansia e senso di inadeguatezza.

Il corpo post parto
🔹 Non ha bisogno di giudizi.
🔹 Ha bisogno di rispetto, cura, pazienza.
🔹 Ha bisogno di essere lasciato in pace.

Commenti e confronti possono generare vergogna, alterare la percezione di sé e compromettere anche il legame con il/la propri* bambin* perché la pressione estetica non è mai innocua, specialmente in una società che ha fatto dell’estetica un metro di valore.

Smettiamo di valutare i corpi delle neomamme e proviamo invece a chiedere: Come ti senti? Di cosa hai bisogno? Posso fare qualcosa per te?

Anche tu hai ricevuto commenti che ti hanno ferita? 👇

Quando sono diventata mamma mi ricordo benissimo che un giorno guardavo una gatta coi cuccioli e pensavo che fosse davve...
05/08/2025

Quando sono diventata mamma mi ricordo benissimo che un giorno guardavo una gatta coi cuccioli e pensavo che fosse davvero fortunata: mentre io avevo la testa piena di paranoie, dubbi, domande e timori, lei se ne stava li bella tranquilla a fare la mamma in uno stato di semi beatitudine. L’ho invidiata tantissimo.

E se questo fosse il segreto? Se la strada migliore per la genitorialità fosse tornare a ciò che la natura chiede di fare, senza esitazioni, vergogna o auto-critica?

Del resto, le neuroscienze affermano con chiarezza che le competenze genitoriali non derivano solo dall’apprendimento culturale o dalle regole esterne, ma si fondano in primis su circuiti neurobiologici profondamente radicati, tipo:

- il sistema dell'ossitocina (l’ormone della connessione) che favorisce il legame di attaccamento, la fiducia e i comportamenti di cura,
- il sistema limbico (soprattutto amigdala e ipotalamo), coinvolto nella regolazione delle emozioni e nella risposta agli stimoli affettivi
- la corteccia prefrontale mediale, che si attiva quando il genitore riflette sugli stati mentali del bambino, favorendo una comprensione affettiva e cognitiva.

Capiamo così che non sono le nostre conoscenze a guidarci in prima battuta, ma la presenza, l’ascolto e la capacità di mettersi in ascolto dei bisogni dei propri figli e di rispondervi semplicemente.

Molti degli strumenti più efficaci per crescere un* bambin* sono già presenti nel nostro sistema nervoso, pronti ad attivarsi in un contesto di fiducia, presenza e contatto autentico.

Se ci permettiamo di affidarci a questa competenza biologica, possiamo probabilmente sentirci più sicuri, coerenti ed emotivamente regolati.

E tu? Riesci a fidarti del tuo istinto o ti lasci travolgere da opinioni, giudizi, aspettative e altro?

Quando sono le questioni non risolte a scrivere la storia della nostra vita, non siamo gli autori della nostra autobiogr...
25/07/2025

Quando sono le questioni non risolte a scrivere la storia della nostra vita, non siamo gli autori della nostra autobiografia.

Quando diventiamo genitori, la nostra storia torna a bussare alla porta. Le nostre esperienze infantili, le ferite, i modelli relazionali ricevuti emergono spesso in modo automatico e inconsapevole e questo accade perché la genitorialità riattiva la nostra memoria emotiva: i bisogni che non sono stati soddisfatti, le emozioni non accolte, i messaggi che ci hanno definito.

La teoria dell'attaccamento ci parla tecnicamente di modelli operativi interni, che costruiamo da piccoli e che influenzano poi il nostro modo di essere genitori.
In soldoni: se abbiamo vissuto in un ambiente sicuro, tenderemo a replicare dinamiche positive, ma se invece il nostro passato è stato fatto di trascuratezza, giudizio, ipercontrollo o mancanza di ascolto, è più facile che queste modalità si ripresentino (anche se razionalmente non le condividiamo!) perché sono quelle che abbiamo interiorizzato.

Con la consapevolezza però, possiamo spezzare la catena del trauma, il che non significa dimenticare o negare ciò che abbiamo subito, ma usarlo come leva per fare diversamente.

Diventare genitori consapevoli non vuol dire sapersi sempre comportare in maniera encomiabile.

Vuol dire CONOSCERE I PROPRI LIMITI EMOTIVI, ACCOGLIERE I PROPRI ERRORI E CORREGGERE LA ROTTA.
Vuol dire riconoscere i nostri automatismi e, un passo alla volta, sostituirli con scelte intenzionali.

Certamente non possiamo cambiare ciò che ci è accaduto, ma di sicuro possiamo decidere cosa farne.

La nostra libertà sta nel diventare l’adulto che avremmo voluto avere accanto.

"Com'è andata oggi?" "Bene." A posto così. Ciao.Vi suona famigliare? 😅Però a quanto pare, in molti altri momenti, soprat...
22/07/2025

"Com'è andata oggi?"
"Bene."
A posto così. Ciao.
Vi suona famigliare? 😅

Però a quanto pare, in molti altri momenti, soprattutto quelli meno indicati, la favella ai nostri bimbi non manca. 📣📣📣

Come al solito ci sono dei motivi per cui si verifica puntualmente questa dinamica. Scopriamoli assieme!🤓

In primis dobbiamo sapere che la memoria episodica, cioè la capacità di recuperare eventi specifici vissuti nel tempo, si sviluppa lentamente e dipende dalla maturazione dell’ippocampo e delle connessioni tra ippocampo e corteccia prefrontale. Per questo i bambini fino ai 10 anni tendenzialmente non riescono ancora ad organizzare mentalmente la giornata in modo narrativo e hanno difficoltà a recuperare dettagli specifici su richiesta, soprattutto se la domanda è molto ampia o generica. 🧠

Inoltre per poter raccontare qualcosa, il bambino funziona meglio quando ha un gancio emotivo o sensoriale. Se chiediamo genericamente "com'è andata?", il cervello del bambino si perde in un vuoto troppo grande, mentre a fronte di una domanda specifica ("hai fatto un gioco divertente oggi?") si attivano connessioni precise e il recupero mnemonico diventa più semplice. 🎯

Se interroghiamo i nostri bimbi al ricongiungimento, dobbiamo ricordare che alla fine della giornata scolastica, il sistema nervoso dei bambini è stanco e spesso in sovraccarico sensoriale, pertanto una domanda aperta può essere percepita come un ulteriore stimolo/richiesta da cui il cervello cerca di difendersi. 🙉🙈

Se vogliamo sapere qualcosa, oltre a fare domande mirate, sicuramente può essere utile aspettare il momento giusto, che a volte può essere il momento della messa a letto…che, come si vede dal grafico a torta, è un momento in cui la voglia di chiacchierare non manca (mannaggia!🤣). Scherzi a parte però, spesso il momento della sera, è un momento in cui i bimbi sono più favorevoli a lasciar andare e a raccontare anche i loro vissuti emotivi. 💗

Altra cosa: iniziamo a raccontare noi, impegnandoci a fornire un buon grado di dettagli e informazioni. I nostri bambini pian piano impareranno a modellare questa abitudine!

A casa tua qual è il momento preferito e meno adatto per i racconti?👇😆

Sappiamo tutti che la noia è un’esperienza fondamentale per lo sviluppo dei bambini perchè è proprio nei momenti di vuot...
19/07/2025

Sappiamo tutti che la noia è un’esperienza fondamentale per lo sviluppo dei bambini perchè è proprio nei momenti di vuoto e inattività che il cervello impara a generare risposte interne, a stimolare la creatività, l’iniziativa personale, la capacità di autoregolarsi e bla bla bla.

In effetti è vero: dal punto di vista neuroscientifico, la noia rappresenta una sorta di “pausa” durante la quale il cervello non riceve stimoli esterni significativi ed è quindi nella condizione migliore per creare connessioni interne e per dare spazio all’immaginazione.

Tutto vero, ma non per tutti.

Per i bambini con neurodivergenze (come ADHD, autismo, disturbi del linguaggio o della regolazione sensoriale) o per quelli che semplicemente fanno più fatica ad organizzarsi o che hanno qualche difficoltà di regolazione (emotiva, motoria o cognitiva) la noia può però avere un impatto molto diverso ed essere un trigger di disregolazione.

Cosa fare allora?

Per tutti i bambini, è utile imparare gradualmente a tollerare piccole dosi di noia, crescenti in base all’età e alla competenza personale.

Ai bimbi che fanno più fatica a gestirla possiamo magari provare a proporre esperienze strutturate ma non iper-dirette, ad esempio:
- suggerendo stimoli calibrati, ma che permettano anche spazi di scoperta autonoma
- concedendo tempo libero con pochi materiali semplici
- sperimentando pause tra attività programmate

La noia può essere una risorsa preziosa, ma come ogni cosa, va dosata e adattata!

E voi, come ve la cavate a casa con la noia?

Indirizzo

Piacenza
29010

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