Orizzonti Studio di Consulenza Pedagogica dr. Monica Patrignani

Orizzonti Studio di Consulenza Pedagogica  dr. Monica Patrignani Punto di riferimento educativo in una vasta gamma di situazioni di disagio, mettendo sempre al centr

Da un punto di vista fondato sulla comprensione del soggetto e del suo orizzonte di senso, prestando sempre attenzione alla sua unicità, senza però dimenticare l'importanza dell'utilizzo di strategie e metodologie riconosciute in ambito internazionale, da una precisa validazione scientifica, desidero dare un supporto - attraverso le conoscenze acquisite, l'esperienza che ho raccolto e maturato neg

li anni e il continuo aggiornamento - che sia competente e allo stesso tempo accogliente, per famiglie, istituzioni scolastiche ed enti privati e territoriali.

16/07/2025

“SI, PERÒ I DANNI A LUNGO TERMINE….”

Quante volte ho sentito questa frase, a proposito della sicurezza dei vaccini. Hai voglia a spiegare che esiste la farmacovigilanza, che sono stati condotti studi di popolazione, e che comunque la correlazione fra una vaccinazione ed una patologia insorta anni dopo è assai improbabile da un punto di vista biologico.

Su questa traccia aggiungiamo un altro tassello importante. Uno studio danese che ha coinvolto più di un milione di bambini per un periodo fino a 24 anni.

Gli autori hanno verificato l’insorgenza di patologie allergiche, autoimmuni e neurologiche (compreso spettro autistico) in correlazione con la presenza di alluminio nei vaccini.

Niente! Assolutamente niente. Anzi, a dirla tutta, un effetto apparentemente protettivo per qualcuna della patologie considerate.

So che non servirà a convincere i fanatici, ma se qualche genitore di buon senso ha qualche dubbio, aiutiamolo a farselo passare.

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https://www.acpjournals.org/doi/10.7326/ANNALS-25-00997

29/06/2025

«Il divieto del cellulare nella didattica alle superiori comporta la rinuncia a un gradualismo pedagogico che andrebbe invece favorito, valorizzato e sostenuto, promuovendo buone pratiche.»
Su La ricerca Gian Paolo sostiene che «vietare l’uso del cellulare agli adolescenti per metà giornata, lasciandoli poi fare ciò che credono appena finisce il divieto, non sembra essere, propriamente, un atto educativo. Esso serve, al massimo, a mettere al riparo la scuola da una serie di problemi che effettivamente si sono verificati e che potrebbero ripresentarsi. Vengono in mente, per fare due esempi anche di cronaca, gli studenti che registrano le loro bravate a scuola, o che usano i cellulari per riprendere situazioni imbarazzanti per umiliare compagni e docenti.
I cellulari, per il potenziale negativo che portano con sé, se usati senza una adeguata coscienza etica, sono effettivamente un’arma tagliente.
Nella nostra società dell’informazione la rapida diffusione dei dati, il loro impatto su un vasto pubblico e il diritto all’oblio non più garantito sono elementi che potenzialmente producono ferite profonde, gravi e drammaticamente permanenti, se non addirittura tragiche.
Di fronte a un problema come quello dell’uso del cellulare, indubbiamente molto serio, la soluzione più facile è il divieto, ma non credo che sia quella più opportuna.
In educazione i divieti, quando rivolti a persone che dovrebbero cominciare a usare con consapevolezza certi strumenti, consistono nella dismissione di una responsabilità formativa che la scuola invece dovrebbe assumersi.
Perché vietare in una classe del triennio delle superiori l’uso del cellulare, se avviene per motivi didattici e con la guida e la supervisione del docente? Dispiace che proprio nell’ambito in cui il docente dovrebbe avere piena sovranità, perché professionalmente è di sua competenza, gli venga, anche se solo di misura, sottratta la facoltà di decidere.»
Il pezzo completo è online.

Necessita riflessione…
28/05/2025

Necessita riflessione…

Il si celebra la Giornata Mondiale del Gioco, istituita per affermare il diritto al gioco delle bambine e dei bambini.

“Da che punto guardi il mondo tutto dipende”
23/05/2025

“Da che punto guardi il mondo tutto dipende”

Le persone autistiche comunicano in modo diverso, non meno efficace. Uno studio lo conferma: le difficoltà nei dialoghi tra autistici e neurotipici derivano da differenze nei codici espressivi, non da un “deficit” di chi è nello spettro. Cambiare sguardo è il primo passo per una comunicazione più inclusiva.
Scopri perché 👉 https://shorturl.at/AmDZe

10/05/2025

Sono una professoressa, una docente che non ha avuto paura di guardare, che ha chiuso il registro per intervenire.
Una scena che potrebbe appartenere a qualsiasi scuola… o a quella che ancora esiste nei sogni dei ragazzi che cercano giustizia.
Era lunedì. Seconda ora. Matematica.
Stavo spiegando logaritmi, ma qualcosa non tornava. Lo sentivo nell’aria, in quella tensione sottile che si insinua tra i banchi come un serpente.
Giulia — la ragazza del fondo — aveva lo sguardo basso, spento. Sembrava scomparsa dentro il suo maglione. Ogni tanto trasaliva a qualche risata strozzata, a qualche colpo di tosse che non era proprio un colpo di tosse.

Allora ho fatto quello che ogni tanto bisognerebbe avere il coraggio di fare:
ho chiuso il libro.

“Ragazzi, oggi si cambia. I logaritmi possono aspettare.”

Tutti si sono voltati. Non capivano. Alcuni sorridevano, pensando fosse una pausa fortunata.
Ma io non sorridevo.
Sono andata dritta verso la terza fila. Due ragazzi si passavano un foglio.
Il solito foglietto “innocente”.

L’ho preso.
L’ho letto.

C’era disegnata Giulia.
Con una caricatura oscena.
Con insulti, scherni, battute volgari. Una cosa vigliacca.
Codarda.
Una cosa che non si fa.

Ho alzato il foglio e l’ho mostrato a tutti.

“Guardatelo bene. E ora ditemi: ridereste ancora se ci fosse vostra sorella qui sopra? Se questa fosse vostra madre, vostra figlia?”

Silenzio.
Il silenzio che fa rumore.

Mi sono girata verso i due colpevoli. Li ho guardati dritti negli occhi.
E ho detto:
“Pensavate che nessun adulto se ne sarebbe accorto.
Ma io vi ho visto.
Eccomi.
Mi avete trovata.”

Poi mi sono voltata verso Giulia.
E le ho detto piano, ma con forza:
“Tu non sei sola. Non lo sarai finché ci sarò io.”

In quel momento ho capito perché insegno.

Non per i voti.

Non per i programmi.

O almeno, non solamente per tutto questo.

Insegno per esserci quando qualcuno ha bisogno che un adulto si alzi in piedi e dica: basta.

Da quel giorno, Giulia ha ricominciato ad alzare la testa.
Ha ricominciato a crederci.

E io, ogni tanto, continuo a chiudere il libro.
Perché la scuola è anche questo.
L’educazione si insegna “anche” a scuola, non solo in famiglia.

19/04/2025

Dopo un mese di dibattito, un comunicato congiunto delle principali società di ricerca storica contesta le nuove Indicazioni Nazionali: una presa di posizione coesa e decisa del mondo della ricerca. «Da qui, tuttavia, mi sembra opportuno partire con un quesito di fondo: quale credibilità può avere un documento dedicato alla storia che comincia con un falso storico così grossolano e manifesto?
In realtà, la superficialità è la vera cifra della sezione “storia” del documento, dove coesistono considerazioni contraddittorie e giustapposte. A partire dalla stessa concezione della storia, indice dell’inseguimento di una prospettiva ideologica che si alimenta della carenza (a tratti sprezzante) di riferimenti di didattica della storia, come se questa non fosse una disciplina che ha alle alle spalle diversi decenni di studi. [...]
Altrettanto inadeguato è il modo in cui è trattata la metodologia proposta, venata da un’antididattica della storia.
L’humus ideologico è l’invenzione di un nemico (la didattica della storia) che avrebbe accettato il proprio subordinamento a una superdisciplina (la pedagogia) e rinunciato all’insegnamento dei contenuti per una vuota didattica delle competenze e provocato la caduta del sapere storico. Una costruzione ideologica che parte da un problema (la poca conoscenza della storia), che però affronta non sulla base di dati e delle ricerche disponibili, ma su convinzioni pregresse, orientate all’obiettivo di ritornare a una didattica meramente frontale, incentrata sulla memorizzazione, intesa non come uno degli aspetti della didattica, ma come la panacea per gli attuali mali.
La posa della commissione d’altronde è quella salvifica rispetto al disastro in atto. Anche laddove il documento sembra voler ammiccare a un approccio moderno, concentrandosi sull’impostazione narrativa del racconto storico che passa dall’uso di filmati e audiovisivi, adotta una prospettiva anacronistica, orientata a una didattica nozionistica e trasmissiva.
Sia chiaro, la narrazione è certamente una componente fondamentale nell’insegnamento della storia. Senza, la storia non sarebbe non solo poco affascinante, ma nemmeno trasmissibile. E d’altronde non esiste didattica della storia che non contempli la narrazione. Il problema si pone quando lo studio della storia si incentra quasi esclusivamente sulla suggestione veicolata attraverso l’aneddotica, le vicende dei personaggi, il coinvolgimento emotivo e sentimentale.
Richiamo ancora una volta il documento della Rete degli Istituti storici laddove ricorda come proprio Marc Bloch e Lucien Febvre, tra i fondatori della storiografia moderna, insegnassero già nel secolo scorso che la comprensione storica richieda di guardare oltre l’elenco di eventi e personaggi, integrando prospettive sociali, economiche e culturali. L’allenamento alle connessioni non può esimersi da un confronto con le fonti che deve essere adattato in base alle fasce d’età non espunto.
Qualcuno potrebbe trovare questo aspetto difficile per un bambino o uno studente delle ‘medie‘. In realtà, una narrazione senza un addestramento alla ricerca si traduce in un sapere sacerdotale, perché veicola la convinzione che la storia sia una disciplina calata dalla cattedra e non scoperta dal basso (negli archivi, negli scavi archeologici, in tutti i luoghi in cui vi è una produzione umana).
In secondo luogo, se si disarticola la storia dalle fonti, la narrazione da seguire non si caratterizza più per la verificabilità, ma solo per la sua capacità d’essere accattivante. Si viene a generare una visione in cui l’ascolto dell’intrattenitore di turno diventa l’unica via di accesso al sapere storico. Per cui l’unica cosa che conta diventa quella di essere un buon narratore, che imbastisce un racconto storico affascinante. Gli altri criteri diventano marginali: quello della fondatezza imperniata su un metodo scientifico e quello dello studio comparato che deve precedere la narrazione. «Per stupire mezz’ora basta un libro di storia», cantava giustamente il “matto” di De André nell’Antologia di Spoon River.
In realtà quello di cui la sezione “storia” sembra voler fare tabula rasa è proprio il laboratorio delle fonti, surrettiziamente accomunato al nozionismo (di cui invece essa trasuda).
L’idea che bambini/e o preadolescenti che frequentano la scuola del primo ciclo siano inadatti a questa esperienza significa privare la ricerca storica della componente più affascinante: quella dell’investigazione, che comporta anche per una bambina o un bambino la possibilità di essere un/a “sapiente”, ovvero di poter possedere una piccolissima porzione di un sapere conquistato attraverso lo studio di alcuni documenti individuati e selezionati, e di non essere soltanto il ripetitore del sapere di altri. Questo significa rinunciare all’idea che studenti e studentesse familiarizzino con un approccio dove lo studio della storia non è solo reiterazione, ma anche interpretazione e intuizione.[...]
La visione della sezione storia delle Indicazioni nazionali nasconde in realtà una pratica didattica autoritaria, basata su un modello gerarchico.
Al tempo stesso, un’impostazione basata esclusivamente sulla narrazione pone in secondo piano una pratica fondamentale: quella di abituare gli studenti di storia a esaminare i problemi, a sviluppare nessi, a impadronirsi degli strumenti «per interrogare il passato e meglio comprendere il presente» e a formulare domande. Questi aspetti sono sommersi da un approccio moralistico, che intende formare il patriota più del cittadino e che adopera la narrazione come espediente.
Inoltre la visione è tutta incentrata sulla storia politica e sui personaggi eminenti. Questo significa che molti ambiti ne rimangono esclusi: manca l’evocazione di personaggi comuni che rappresentano una stratificazione di classe, manca l’infanzia come soggetto storico, è assente una prospettiva di genere, è tralasciata la questione ambientale.
D'altronde, la stessa costruzione della commissione è umiliante verso i docenti di primaria e secondaria di primo grado, che non sono rappresentati da nessun esponente. I componenti sono tutti professori universitari (tranne una, insegnante di Liceo) che non sembrano assidui frequentatori delle scuole primarie e secondarie di primo grado.»
Su La ricerca il settimo commento alla bozza delle Nuove Indicazioni Nazionali, di Marco Labbate che ringraziamo moltissimo.

04/04/2025

Un dibattito aperto sul futuro dell'Educazione e sul ruolo delle Arti e della Musica.

🎤 Interverranno:
• Franco Lorenzoni – scrittore e maestro
• Cristiano Corsini – docente di Pedagogia Sperimentale, Università Roma Tre
• Vanessa Pallucchi – portavoce nazionale del Forum Terzo Settore
• Annibale Rebaudengo – già docente al Conservatorio G. Verdi di Milano

📌 Introduzione:
• Paola Anselmi, presidente di Musica in Culla e docente di Pedagogia al Conservatorio di Potenza
🎙️ Conduzione:
• Carlo Ridolfi, operatore culturale indipendente

Link per la diretta Facebook 👇
https://www.facebook.com/spm.donnaolimpia

Link per la diretta Youtube 👇
https://www.youtube.com/watch?v=R34DYfWlKDQ

Vi aspettiamo! 🎶✨

ARCI Nazionale
Centro Studi di didattica musicale Roberto Goitre APS
Centro Studi Maurizio Di Benedetto APS (CSMDB) - Musicheria
Fed. It. Art. Federazione Italiana Artisti
Associazione internazionale Musica in Culla® - Music in Crib
O.S.I. Orff-Schulwerk Italiano
Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia impresa sociale
Teatro Verde
Tide Ass. Cult.
Aigam
Audiation Institute
AIJD Ass. Italiana Jaques Dalcroze
Musicanova Roma
Scuola Popolare di Musica di Testaccio
SIEM Società Italiana per l’Educazione Musicale
Fabbrica del Divertimento (Ercolano)
ArteNova
Il Giardino delle Idee (Palermo)

Hanno promosso questa riflessione: Paola Anselmi (docente Pedagogia e Associazione Internazionale Musica in Culla)
Maria Grazia Bellìa (docente Pedagogia e OSI Orff-Schulwerk Italiano)
Luca Dalmasso (Maestro)
Checco Galtieri (insegnante, pres. OSI Orff-Schulwerk Italiano, direttore Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia)
Lorella Perugia (pres. Centro Studi di didattica musicale Roberto Goitre APS)
Mario Piatti (Pedagogista. Centro Studi Maurizio Di Benedetto APS)
Enrico Strobino (Insegnante in pensione, Centro Studi Maurizio Di Benedetto APS)

Elenco dei firmatari coinvolti in questa prima fase, che hanno letto e contribuito con osservazioni al documento e che hanno dato disponibilità a firmarlo in prima battuta.

Maurizio Vitali (CSMDB)
Gabriele Greggio (CSMDB)
Matteo Frasca (CSMDB)
Silvia Cornara (CSMDB)
Maria Teresa Lietti (musicista)
Elena Mignosi (Università di Palermo)
Carlo Ridolfi (giornalista, operatore culturale indipendente)
Ciro Paduano (formatore, vicepresidente OSI)
Giuliana Pella (Scuola Popolare di Musica di Testaccio - pres. Forum Nazionale Educazione Musicale)
Mariella Cattaruzza Dorigo (Educatrice e operatrice presso il Centro di Documentazione Servizi educativi e Infanzia di Roma Capitale)
Daniele Biccirè (pres. SIEM Società Italiana per l’Educazione Musicale)
Gino Auriuso (presidente Fed. It. Art. Federazione Italiana Artisti)
Cecilia Amici (musicista)
Paola Del Giudice
Antonio Ascione
Fabio Renato D’Ettorre (musicista, docente Conservatorio Aquila)
Annibale Rebaudengo (già docente Pianoforte Conservatorio G. Verdi Milano)
Giovanna Guardabasso (docente Pedagogia Conservatorio Bologna)
Alessandra Anceschi (docente di Musica)
Liliana Minutoli (docente Pedagogia Conservatorio Aquila)
Alessandra Seggi (docente pedagogia Conservatorio Alessandria)
la classe di Pedagogia Conservatorio Catania:
Daniele Licciardello
Vincenzo Mineo
I Formatori Certificati Orff-Schulwerk Italiano: Dario Balleggi (Napoli); Michele Cappelletti (Como); Emanuela De Bellis (Roma); Mascia Dionisi (Amelia TR); Federica Galletti (Roma),Alessandra Manti (Brindisi); Marzia Mencarelli (Roma); MIchela Miccio (Napoli); Gianni Petta (Piossasco TO); Barbara Rocatti (Piossasco TO); Paola Sacchetti (Pordenone); Flavia Tassi (Brescia)
Musicisti, performer, docenti e formatori del Centro Studi di didattica musicale Roberto Goitre: Francesca Boffito, Mariacaterina Bossù, Matteo Catalano, Alessandro Loi, Elisa Petruccelli, Antonella Rocca, Stefania Salvai, Eleonora Savini, Serena Taretto, Bruno Zanchetta e dello staff Francesca Musina (bibliotecaria) e Arianna Taretto (Illustratrice).

Audiation Institute
AIJD Ass. Italiana Jaques Dalcroze
Musicanova Roma
Scuola Popolare di Musica di Testaccio
SIEM Società Italiana per l’Educazione Musicale
Fabbrica del Divertimento (Ercolano)
ArteNova
Il Giardino delle Idee (Palermo)

Indirizzo

Torino
Piemonte
10134

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:30
Martedì 09:00 - 19:30
Mercoledì 09:00 - 19:30
Giovedì 09:00 - 19:30
Venerdì 09:00 - 19:30

Telefono

+393495823269

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