08/11/2025
Negli ultimi anni noto sempre più colleghi, e a volte persino chi ha appena finito la laurea in psicologia, definirsi già “futuri neuropsicologi” o “esperti in tutto”: memoria, attenzione, DSA, trauma cranico, demenze, ADHD, riabilitazione cognitiva, meditazione “neuro-non-so-cosa” e persino neuroscienze applicate alla crescita personale.
Capita, e non voglio fare la moralista: il mercato è competitivo e la psicologia è un campo enorme. Ma credo valga la pena condividere qualche riflessione, anche solo per aiutare le persone a orientarsi.
La neuropsicologia è un mestiere concreto, non un’etichetta elegante.
Dietro la parola “neuropsicologo” ci sono anni di formazione, una scuola di specializzazione, protocolli validati, valutazioni strutturate, linee guida, supervisione clinica e molto altro ancora. Non è semplicemente mettere il prefisso “neuro” davanti a qualunque cosa.
Oggi, anche chi ha partecipato a un weekend di formazione può definirsi “esperto di riabilitazione cognitiva avanzata”. La realtà è che la neuropsicologia richiede tempo, esperienza clinica e umiltà, non slogan.
La trasparenza è un atto di professionalità.
Abbiamo una responsabilità verso chi si affida a noi. I pazienti contano sulla nostra competenza per ricevere valutazioni accurate e interventi mirati.
Non si tratta di apparire competenti, ma di aiutare davvero chi ci sta davanti con strumenti e soluzioni concreti.
La neuropsicologia si fonda su rigore, metodo e chiarezza. Meno etichette e più sostanza significa rispettare davvero la disciplina. Il titolo di neuropsicologo non è un accessorio: comunicare con trasparenza le proprie competenze fa parte integrante della professionalità e dell’etica.