28/10/2025
Bentornati! Per questo quarto appuntamento riproponiamo un articolo scritto dalla Dott.ssa Giulia Santomauro Psicologa - Psicoterapeuta - Terapeuta EMDR nella prima edizione della rubrica dal titolo 𝐍𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐬𝐨𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐟𝐢𝐬𝐢𝐜𝐚: 𝐥’𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐧𝐝𝐨𝐦𝐞𝐭𝐫𝐢𝐨𝐬𝐢, in cui affronta una tematica ancora oggi troppo spesso sottovalutata.
Buona lettura!
L’𝗲𝗻𝗱𝗼𝗺𝗲𝘁𝗿𝗶𝗼𝘀𝗶 è una 𝗺𝗮𝗹𝗮𝘁𝘁𝗶𝗮 𝗴𝗶𝗻𝗲𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮 𝗰𝗿𝗼𝗻𝗶𝗰𝗮 causata dalla presenza anomala di cellule endometriali che, in condizioni normali, si trovano solo all’interno dell’utero. Il tessuto endometriale va a posizionarsi in sedi diverse da quella fisiologica, quali ovaie, tube, intestino, va**na e vescica. Questo causa uno stato infiammatorio dei tessuti e la formazione di tessuto cicatriziale e aderenze che, se trascurati, possono anche causare 𝗶𝗻𝗳𝗲𝗿𝘁𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀.
È una patologia che può essere asintomatica e quando si presentano i 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗼𝗺𝗶, sono rappresentati da dolore pelvico, soprattutto in fase peri-mestruale, mestruazioni dolorose, dolore durante i rapporti sessuali, durante l’evacuazione intestinale, durante la minzione. La classificazione degli stadi si basa sul livello di estensione e gravità dei danni, che condiziona le possibilità di trattamento.
Il sito del Ministero della Salute riporta che in Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva; la patologia interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficoltà a concepire. La diagnosi arriva spesso dopo un 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗹𝘂𝗻𝗴𝗼 𝗲 𝗱𝗶𝘀𝗽𝗲𝗻𝗱𝗶𝗼𝘀𝗼, il più delle volte 𝘃𝗶𝘀𝘀𝘂𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗴𝗿𝗮𝘃𝗶 𝗿𝗶𝗽𝗲𝗿𝗰𝘂𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗵𝗲.
In questo articolo parlerò dei risvolti psicologici nelle donne che soffrono di questa patologia.
“𝑀𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑎𝑔𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜”, “𝑚𝑒𝑛𝑡𝑟𝑒 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑎 𝑠𝑒 𝑚𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑝𝑜𝑟𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑎 𝑐𝑎𝑢𝑠𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑒𝑚𝑜𝑟𝑟𝑎𝑔𝑖𝑒”, “𝑠𝑒 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑢𝑠𝑐𝑖𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛 𝑢𝑜𝑚𝑜, 𝑑𝑒𝑣𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑙 𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑜 𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑖𝑡𝑒 𝑚𝑖 𝑑𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑒𝑔𝑢𝑎”, “𝑑𝑢𝑟𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑖 𝑟𝑎𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑠𝑒𝑠𝑠𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑜 𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒”, “𝑚𝑖 ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑢𝑛𝑖𝑐𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑡𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒𝑟𝑒 𝑙’𝑢𝑡𝑒𝑟𝑜, 𝑚𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜, 𝑚𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑒𝑖 𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎”, “𝑙’𝑒𝑛𝑑𝑜𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑜𝑠𝑖 ℎ𝑎 𝑑𝑒𝑐𝑖𝑠𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜”, “𝑐𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑎𝑙 𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑚𝑖 𝑠𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑎𝑧𝑧𝑖𝑟𝑒”, “ℎ𝑜 𝑑𝑜𝑣𝑢𝑡𝑜 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑖𝑎𝑔𝑛𝑜𝑠𝑖, 𝑓𝑎𝑐𝑒𝑛𝑑𝑜𝑚𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑡𝑡𝑎”, “𝑖𝑙 𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑚𝑖 𝑓𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑒𝑠𝑐𝑜 𝑎 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑟𝑒”, “ℎ𝑜 𝑠𝑢𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑚𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑏𝑎𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖”.
Queste sono solo alcune delle frasi che ho ascoltato in stanza con alcune delle mie pazienti, che ci forniscono un’idea del malessere e del disagio che comporta una malattia come l’endometriosi.
Spesso questi vissuti peggiorano a causa del lasso di 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗲𝗰𝗰𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗹𝘂𝗻𝗴𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝗿𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝗹’𝗶𝗻𝘀𝗼𝗿𝗴𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗼𝗺𝗶 𝗲 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝗮𝗴𝗻𝗼𝘀𝗶 e questo porta le pazienti a sperimentare una condizione di dolore e sofferenza prolungata.
I fattori che accentuano il disagio psicologico sono l’iter diagnostico, la diagnosi di sterilità e l’iter terapeutico.
Per la formulazione della diagnosi la persona è sottoposta a vari esami clinici che si accompagnano a vissuti di timore per ciò che potrebbero rivelare. Quando si ha la diagnosi, questo sicuramente permette di dare un nome ai sintomi, ma allo stesso tempo emergono paure ed emozioni come rabbia, sensi di colpa e vergogna, associati a vissuti di perdita. Una donna si può trovare davanti alla scelta di sconfiggere la malattia o di esaudire importanti bisogni come il diventare madre o sentirsi pienamente donna.
La sterilità mina fortemente la soddisfazione dei bisogni psicologici coinvolgendo l’identità individuale, ma anche quella della coppia. Questo può minacciare la sicurezza e il senso di fiducia in sé stessi che spesso diventa il punto iniziale di una sofferenza emotiva intensa.
Infine, rispetto all’iter terapeutico accade che la donna venga sottoposta a cure farmacologiche che impediscono il ciclo mestruale. Addirittura alcune pazienti possono non rispondere ai farmaci; c’è chi invece viene sottoposta a interventi che alle volte non sono risolutivi in modo definitivo. Tutto questo rimanda ad una esperienza di “𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑓𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎”, di una femminilità messa in discussione, di una percezione di sé condizionata da tutti i vissuti di disagio e l’immagine di sé influenzata dalle conseguenze dei trattamenti, come aumento di peso e sensazione di gonfiore.
L’endometriosi fa sentire la donna 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗮 𝗶𝗻𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘁𝗮, 𝗶𝗻𝗮𝗱𝗲𝗴𝘂𝗮𝘁𝗮 𝗲 𝗰𝗼𝗹𝗽𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲, schiacciata da un profondo 𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗱’𝗶𝗻𝗳𝗲𝗿𝗶𝗼𝗿𝗶𝘁𝗮̀.
Aspetto rilevante, da prendere in considerazione quando si parla della correlazione tra endometriosi e malattie psicologiche è il 𝗱𝗼𝗹𝗼𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗹𝘃𝗶𝗰𝗼, che spesso è indipendente dallo stadio dell’endometriosi, per cui può succedere che donne con una minore gravità della malattia, possono soffrire di un dolore pelvico più intenso rispetto alle donne che presentano una condizione di malattia più grave.
È stato dimostrato che il dolore pelvico ha effetti negativi sulla salute mentale e sulla qualità della vita. Inoltre, le donne che soffrono di endometriosi riportano 𝗮𝗹𝘁𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝘀𝘃𝗶𝗹𝘂𝗽𝗽𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗶𝘀𝘁𝘂𝗿𝗯𝗶 𝗱’𝗮𝗻𝘀𝗶𝗮, 𝗱𝗶𝘀𝘁𝘂𝗿𝗯𝗶 𝗱𝗲𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗶, 𝗱𝗶𝘀𝘁𝘂𝗿𝗯𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗱𝗮𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗲𝗱 𝗲𝗹𝗲𝘃𝗮𝘁𝗶 𝗹𝗶𝘃𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗿𝗲𝘀𝘀 𝗰𝗿𝗼𝗻𝗶𝗰𝗼. Queste ultime possono incidere in modo significativo sul dolore pelvico, anche se in realtà non è chiaro cosa nasce prima e cosa dopo, ma l’una non esclude l’altra.
Le donne affette da endometriosi tendono a non essere credute nel dolore che provano, vengono giudicate, tendono ad isolarsi perché stanno spesso male e gli è difficile, alle volte impossibile, partecipare ai momenti di socialità.
A questo punto è chiaro come l’endometriosi, non è solo una malattia ginecologica, ma si tratta soprattutto di qualcosa che colpisce l’𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝗹𝗲, in tutte le sue dimensioni: 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗮𝗹𝗲, 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲, 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲.
Alla luce di ciò è evidente l’importanza di un lavoro di 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗲𝗴𝗻𝗼 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗼, nell’immediato e a lungo termine, che abbia come obiettivo la 𝗿𝗶𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗻𝘀𝗶𝗮, 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗻𝗴𝗼𝘀𝗰𝗶𝗮 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗿𝗲𝘀𝘀 legato ai sentimenti di inadeguatezza, incompletezza e perdita del proprio ruolo riproduttivo che l’infertilità può comportare.
Inoltre, il percorso psicologico deve occuparsi dell’𝗮𝗰𝗰𝗲𝘁𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗹𝗮𝘁𝘁𝗶𝗮, 𝗱𝗲𝗹 𝗱𝗼𝗹𝗼𝗿𝗲, 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮 𝗳𝗮𝗿𝗺𝗮𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮, 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗴𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗼𝗺𝗶 𝗮𝗹 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗼𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘁𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗮𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗲 𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮.
Può aiutare anche a trovare strategie più efficaci per far fronte alla malattia e alle sue implicazioni, aumentando l’autostima e l’autoefficacia.
Infine, ricerche recenti hanno evidenziato che la 𝗺𝗶𝗻𝗱𝗳𝘂𝗹𝗻𝗲𝘀𝘀 abbia effetti positivi sul dolore delle pazienti.
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