Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta Psicologa | Psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico | Candidata analista A.I.Psi. e I.P.A.

RELAZIONI E DINAMICHE INCONSCENelle vicende relazionali, la via che appare più semplice e risolutiva sembra essere l’esp...
29/09/2025

RELAZIONI E DINAMICHE INCONSCE

Nelle vicende relazionali, la via che appare più semplice e risolutiva sembra essere l’espulsione dell’altro: recidere un legame, persuadendosi così di poter ritrovare una quiete turbata. Eppure le cose sono ben più intricate, perché l’emancipazione non coincide con l’eliminazione, ma con la capacità di sostare e comprendere i moti interiori che si agitano dentro di sé.
La rottura rischia di configurarsi non come atto liberatorio, ma come fuga: fuga dall’altro, certo, ma ancor più fuga da sé, dall’impossibilità di tollerare l’angoscia che nasce dal confronto con la realtà e con l’alterità.
Ad un livello più superficiale, i sentimenti negativi possono nascere dall’eco della delusione: man mano che la conoscenza procede l’altro reale infrange l’immagine ideale custodita dentro di sé.
Uno strato più profondo, invece, affonda le radici nelle relazioni con gli oggetti primari. Può capitare, infatti, che dietro la critica incessante al partner si celi un movimento più antico: la fedeltà inconscia a un genitore idealizzato e intoccabile, depositario di un’ambivalenza tanto intensa quanto indicibile. L’aggressività, che non può rivolgersi in quella direzione, viene allora deviata sul partner, anch’egli portatore del proprio mondo interno di relazioni oggettuali (per la stessa ragione, anche figure affini a quella genitoriale — come i suoceri — finiscono spesso per essere gravate da critiche e ostilità, diventando inconsapevoli bersagli di conflitti antichi che non trovano altrove possibilità di espressione).
Ne scaturisce, così, un intreccio di proiezioni e identificazioni proiettive, in cui ciascuno finisce per gravare l’altro con frammenti dissociati della propria esperienza psichica. In questo senso, ciò che appare come conflitto interpersonale è spesso il precipitato di scissioni interne: l’altro diventa contenitore di parti non integrate del sé e dell’oggetto.
L’emancipazione autentica, allora, non nasce dalla soppressione dell’altro, ma dalla possibilità di sostenere l’angoscia che accompagna il riconoscimento di questi complessi movimenti psichici. Solo così la relazione — che venga sciolta o mantenuta — può trasformarsi in un atto soggettivo, e non in una difesa dall’insopportabile.

Dopo il Premio Strega, dove ho tifato per la Terranova e ho apprezzato anche Nori, mi sono immersa in L’anniversario di ...
06/09/2025

Dopo il Premio Strega, dove ho tifato per la Terranova e ho apprezzato anche Nori, mi sono immersa in L’anniversario di Bajani.
È un libro che non si limita a raccontare: scava, lacera, obbliga a sostare in uno spazio psichico che non lascia indifferenti. Quando una scrittura innesca questo movimento, significa che ha sfiorato il cuore dell’esperienza.
La forza di Bajani è il coraggio di non distogliere lo sguardo dal dolore: esso non si trasfigura né si addomestica con consolazioni effimere, ma si lascia contattare, percorrere e abitare, fino a farsi presenza viva dentro chi legge. La capacità di tollerare il dolore psichico è preziosa per un paziente che intraprende un’analisi e imprescindibile per un analista: è la condizione che rende possibile il processo di integrazione.
Nel romanzo, le relazioni familiari si scrivono nella grammatica del sadomasochismo, ma senza la banalità della distinzione tra vittima innocente e carnefice colpevole. Qui i ruoli si intrecciano: anche chi subisce esercita potere, perché sottomettersi è un modo di dirigere il gioco segreto del legame. È una danza feroce, in cui ogni posizione racchiude in sé il suo contrario, rivelando la complessità dei legami.
Il protagonista sembra fermarsi a un taglio radicale: una soluzione estrema che protegge ma non pacifica, che salva ma non ripara. Ci mostra come, talvolta, la rottura sia l’unica via immaginabile per sopravvivere quando la complessità del legame appare intollerabile.
In questo teatro psichico, il corpo diventa il luogo dove si inscrivono emozioni non pensabili: corpi che cedono, che resistono, che si offrono e che si negano. Il dolore che non trova parola si incarna, la violenza che non si può dire si mette in scena, e il romanzo ci mostra quanto il corpo possa essere custode di verità taciute.
Solo chi osa percorrere le proprie profondità può accogliere l’altro nella sua interezza, con la pazienza silenziosa che il non sapere esige.

Calcinculo (2022): un film che graffia, tra corpi in trasformazione e legami feritiCalcinculo è una storia di crescita s...
06/06/2025

Calcinculo (2022): un film che graffia, tra corpi in trasformazione e legami feriti

Calcinculo è una storia di crescita senza retorica. Parla del dolore di diventare sé stessi, del corpo come linguaggio muto e dell’identità come costruzione fragile, sempre in movimento.
Al centro della narrazione c’è Benedetta, un’adolescente sovrappeso che si muove in un mondo che la guarda troppo per intrudere e non la vede affatto per rispecchiarla. È osservata, giudicata, ma mai riconosciuta nel suo esserci.

Chiara Bellosi racconta tutto questo con una regia asciutta e una fotografia cruda, documentaristica. Non c’è estetizzazione del dolore, né edulcoramenti: la macchina da presa si posa sul corpo e sulla relazione, restituendo un clima psichico di tensione non mentalizzata, di affetti primitivi che cercano disperatamente una forma.

Il contesto familiare è affettivamente povero, dominato da una madre iperfemminile e narcisisticamente investita, con cui è impossibile identificarsi, e da un padre che, pur presente fisicamente, non esercita alcuna funzione terza. La relazione genitoriale è segnata da tensioni sotterranee che invadono lo spazio mentale di Benedetta, lasciandola senza un appoggio simbolico.
In questo vuoto, il corpo si fa contenitore di vissuti indifferenziati e di conflitti: è attraverso il corpo che Benedetta comunica, protesta, cerca un confine. La sua bulimia grezza, il mangiare carne cruda, fa pensare all’incorporazione di un oggetto non simbolizzato, uno stato pre-simbolico, con una componente cannibalica.

L’identità di Benedetta è mimetica: si adatta, osserva, si plasma sui desideri altrui. L’individuazione sembra un movimento troppo rischioso, quasi catastrofico. Compiacere è meno rischioso che differenziarsi: così Benedetta si adatta, si modella, rinunciando al conflitto ma anche a una soggettività propria.

L’incontro con Amanda, figura trans e liminale, introduce una frattura: Amanda è una presenza che sfida le norme, ma anche una soggettività ferita, che non permette idealizzazioni. In lei, Benedetta intravede una possibilità di uscita dal bozzolo familiare, ma anche il rischio di una ripetizione: ancora una volta, capisce i bisogni dell’altro e vi si adatta per guadagnarsi uno spazio.
Amanda non è solo oggetto di identificazione, ma testimone di un’identità in costruzione, precaria, non pacificata. La loro relazione è il luogo di una trasformazione possibile, ma ancora ambigua, esposta alla tensione tra cambiamento e coazione a ripetere.

Il titolo stesso, Calcinculo, richiama una giostra popolare in cui si viene spinti via con un colpo secco. È una metafora del bisogno di separazione e del terrore che lo accompagna. Il movimento rotatorio della giostra incarna la pulsione a ripetersi, ma anche la spinta a uscire da un ciclo chiuso, con tutti i rischi della caduta.

In questa cornice, Calcinculo si configura come una narrazione psichica sull’identità, sull’uso del corpo come unica via d’accesso all’espressione del Sé e sulla difficoltà di soggettivarsi in assenza di uno sguardo che accolga, trasformi, e restituisca.

Sono felice di condividere che il 30 maggio presenterò un mio lavoro al seminario teorico-clinico di Fonte Avellana: “Il...
17/05/2025

Sono felice di condividere che il 30 maggio presenterò un mio lavoro al seminario teorico-clinico di Fonte Avellana: “Il corpo è un altro. Uno, nessuno, centomila”.
Sarà un’occasione preziosa di scambio e riflessione, in un contesto ricco di stimoli e pensiero.
A seguire, il convegno interdisciplinare “Noi che sentiamo ve**re le voci dalla notte. Nomadi, insonni, visionari” riunirà figure di spicco del panorama culturale nazionale per un confronto tra saperi, linguaggi ed esperienze.

Causa particolare di invidia è la relativa mancanza di essa negli altri. La persona invidiata possiede tutto ciò che mag...
02/04/2025

Causa particolare di invidia è la relativa mancanza di essa negli altri. La persona invidiata possiede tutto ciò che maggiormente si apprezza e si desidera, cioè un oggetto buono, il che implica anche un buon carattere e un equilibrio mentale. Inoltre la persona che può senza rancori godere dell’opera creatrice e della felicità altrui si risparmia i tormenti dell’invidia, del risentimento e della persecuzione. Mentre l’invidia è fonte di grave infelicità, si sente che essa quasi non esiste nel sottofondo degli stati psichici caratterizzati da soddisfazione e tranquillità - di ciò che in definitiva costituisce l’equilibrio psichico. La libertà dall’invidia infatti costituisce la base delle risorse interiori e dell’adattabilità che si notano in quelle persone che, anche dopo gravi difficoltà e sofferenze psichiche, riacquistano la pace dello spirito. Un atteggiamento di questo genere, in cui vi è gratitudine per i piaceri del passato e gioia per quanto il presente può dare, si manifesta nella serenità. Ai vecchi permette di adattarsi al fatto che non si può riconquistare la gioventù, concede loro di partecipare con interesse alla vita dei giovani. Il fatto ben noto che i genitori rivivano nei figli e nei nipoti la loro vita - purché ciò non sia un’espressione di eccessiva possessività e ambizione deviata - illustra questa mia tesi.

Melanie Klein, Invidia e gratitudine, 1957, pp.53-54

🔴 IL CORAGGIO DELL’AUTENTICITÀ E LA SUA POTENZA TRASFORMATIVAIl contatto autentico con sé stessi, condizione imprescindi...
15/03/2025

🔴 IL CORAGGIO DELL’AUTENTICITÀ E LA SUA POTENZA TRASFORMATIVA

Il contatto autentico con sé stessi, condizione imprescindibile per poter instaurare un incontro profondo con gli altri, impone la necessità di guardarsi dentro, prendere consapevolezza e confrontarsi anche con quelle parti di noi che tendiamo a misconoscere, poiché non allineate con il Sé ideale al quale aspiriamo.

Come è possibile veramente incontrare l’altro, costruire una relazione incarnata che tocchi anche i livelli più arcaici dell’esperienza – quelli legati al corpo, alla sensorialità, alla comunicazione preverbale – se, nei confronti del proprio mondo interno, sono state erette stratificazioni difensive, razionali e intellettualizzate, che occultano la parte più vera e autentica di sé?

Come si può davvero amare l’altro, nella soggettività di cui è portatore, accettando che non corrisponda all’oggetto ideale della fantasia, ma che, essendo reale, tradisca inevitabilmente l’ideale, se si è incastrati nell’impossibilità di tollerare, senza strappi narcisistici, la propria finitezza, limitatezza e imperfezione?

L’autenticità la concepisco come una forma di verità psichica dalla coraggiosità estrema, frutto di un processo di integrazione mirante al raggiungimento di un senso di interezza e di coesione interna, attraverso l’accoglienza della soggettività e la valorizzazione dell’alterità. L’autenticità promuove la dialettica e scardina la compiacenza; sostiene la spontaneità e combatte contro il manierismo e l’affettazione.

L’autenticità non si ottiene semplicemente raccontandosi di essere sinceri o veri, ma nutrendo uno sguardo curioso verso il mondo interno e sostenendo il coraggio di aprire le porte anche a quelle zolle psichiche più scomode e meno luccicanti, da cui nessuno è immune. Infatti, si raggiunge facendo esperienza: vivendo, cioè, ciò che si è provato, più che pensandolo o agendolo.

L’autenticità promuove l’amore per sé stessi, ma anche l’amore per l’altro: non un amore melenso, finto, effimero, sottoposto alle correnti dell’idealizzazione e, come è prevedibile, della svalutazione; non un amore opportunistico e solipsistico, ma un amore profondo, stabile, sicuro, grato, vero, disincantato. Un amore che abbraccia l’altro proprio in quanto altro, traendo dalle differenze una fonte di rifornimento creativo, piuttosto che un amore dove l’altro è ridotto a mero depositario del proprio desiderio.

“M. vive nella speranza di amare, nell’illusione che in lei non ci siano falsità, invidia, odio. Ma non potrà trovare l’...
04/09/2024

“M. vive nella speranza di amare, nell’illusione che in lei non ci siano falsità, invidia, odio. Ma non potrà trovare l’amore se non accetterà che l’odio è altrettanto reale, che la parte di sé che invidia e prova rancore è una parte vera, ma satura di sofferenza. […] Provo dolore anch’io per questa donna che è costretta a dissociarsi dalla propria esistenza infantile, in quanto quella bambina è piena di proiezioni, ed è diventata la discarica di fantasie, desideri e sensazioni abiette proprie e altrui”
(p. 154)

Entusiasta ed orgogliosa di condividere il mirabile contributo scientifico sul lavoro dell’implicito del mio analista e maestro, dott. Amedeo Stella, a cui va la mia immensa gratitudine. Un lavoro che mira a promuovere l’integrazione dei tre principali vertici dello spazio intersoggettivo: la psicoanalisi, le neuroscienze affettive e l’epigenetica. Con l’auspicio che la sua ricerca possa aprire nuovi varchi per accompagnare sempre più pazienti nella ricerca del loro vero Sé.

I LEGAMI TRA I LUOGHII luoghi a cui mi riferisco non sono soltanto spazi fisici da visitare ed esplorare, ma anche aree ...
13/08/2024

I LEGAMI TRA I LUOGHI

I luoghi a cui mi riferisco non sono soltanto spazi fisici da visitare ed esplorare, ma anche aree della mente spesso a noi sconosciute e temute, dunque zolle psichiche che non si accordano all’immagine dell’ideale a cui vorremmo tendere. La necessità di denegarle, disconoscendone la loro esistenza, o di proiettarle, depositandole negli altri, conduce ad una visione bidimensionale di sé e priva così della possibilità di scoprire e accogliere la multiformità del Sé. La cecità difensiva rassicura momentaneamente, ma inevitabilmente comporta delle amputazioni psichiche che impediscono lo sviluppo di germogli di potenzialità evolutive, che solo una conoscenza profonda di sé può dischiudere. Tutto questo, ovviamente, comporta la necessità di tollerare una certa quota di sofferenza psichica, di rivedere le proprie posizioni, di praticare l’intelligenza dell’umiltà, di accedere al senso di colpa e alla spinta alla riparazione. Magari si creeranno dei ponti associativi e si comprenderanno le ragioni dell’incapacità di entrare in un profondo contatto con l’altro, del predominio del fare sul sentire, dell’inabilità ad amare, della difficoltà ad attingere alla creatività del Sé, condannandosi alla noia, al taedium vitae, all’apatia. Volendo utilizzare un’epistemologia psicoanalitica, scomodando la teoria energetico-pulsionale, potremmo dire che lo scopo dovrebbe essere quello del legamento di Thanatos da parte di Eros, poiché, perché possa essere garantito un saldo equilibrio psichico, la pulsione di morte, necessaria all’economia psichica, deve essere imbrigliata e stare sotto l’egida della pulsione di vita. Il misconoscimento, come Thanatos, distrugge i legami; la conoscenza, come Eros, li crea.

Un evento, in uno scrigno-ambiente che custodisce e rispecchia l’atemporalità dell’inconscio, capace di catalizzare le f...
03/06/2024

Un evento, in uno scrigno-ambiente che custodisce e rispecchia l’atemporalità dell’inconscio, capace di catalizzare le forme più variegate di espressione della creatività e del sentire. La nudità, in tutte le sue declinazioni, è stata il fil rouge del programma, dischiudendo l’importanza di fermarsi a guardare e ad accogliere la propria e l’altrui soggettività, con uno sguardo che contiene, integra e comprende. Quello vissuto è stato un momento di coralità genuina e di scambio accogliente; i partecipanti, ora spettatori ora protagonisti, hanno dato vita ad un ambiente di osmosi affettiva e culturale, abbattendo barriere, formalismi e pregiudizi.
Un plauso speciale va al dott. Matteo De Simone, psicoanalista didatta dell’Associazione Italiana di Psicoanalisi (A.I.Psi.)/IPA, maestro non solo nella formazione psicoanalitica, ma anche nella generosità umana, affettiva e culturale.

Convegno interdisciplinare di Fonte Avellana (Pu)
31 maggio/2 Giugno 2024

Dogman è uno di quei film che ti inocula affetti intensi e pensieri contrastanti che ti accompagnano per ore e che, attr...
26/01/2024

Dogman è uno di quei film che ti inocula affetti intensi e pensieri contrastanti che ti accompagnano per ore e che, attraverso le catene associative, fecondano altri pensieri e suscitano altri affetti. Non solo viene affrontato il trauma, ma anche la “soluzione” soggettiva che ad esso il personaggio trova per sopravvivere psichicamente ad un ambiente dominato dalla pulsione di morte.
È liberamente ispirato ad un fatto vero di cronaca accaduto in Francia, in cui viene narrato il percorso evolutivo, con successivi esiti traumatici, di un bambino costretto a vivere in gabbia da un padre sadico e delirante. Le uniche figure di riferimento in cui riporre fiducia e che forniscono holding diventano i cani, che non solo rappresentano oggetti esterni a cui affidarsi senza temere i pericoli della dipendenza, ma anche oggetti interni, parti di sé aggressive, che il protagonista sguinzaglia per continuare a vivere pur essendo già morto dentro. Il protagonista porta addosso i segni della violenza e, infatti, non può più muovere le gambe. Ma forse ciò che si trova ad essere più bloccato e incapace di muoversi evolutivamente è il suo Sé, deturpato com’è da un ambiente schizofreniforme. Douglas può muoversi solo per andare incontro alla morte, che diventa l’unico modo per vivere.
Estremamente impattante è la risposta che Doug dà alla psichiatra, quando gli chiede perché proprio con lei abbia deciso di mettersi a n**o: “Perché ho riconosciuto che anche tu hai un dolore”.

🔴 POSSO EMANCIPARMI DA TE?Spesso, i tentativi di autosabotaggio del figlio nascono sia da un vissuto di colpa nei confro...
09/01/2024

🔴 POSSO EMANCIPARMI DA TE?

Spesso, i tentativi di autosabotaggio del figlio nascono sia da un vissuto di colpa nei confronti del genitore che, a differenza del figlio, non potrà permettersi di avere una vita diversa, sia dalla paura rispetto all’invidia inconscia che il genitore potrebbe nutrire nei confronti del figlio stesso. Questo può declinarsi nella difficoltà di riuscire a differenziarsi e a separarsi psichicamente dal genitore. Il figlio, così, potrebbe amputare parti di sé feconde e creative, ma trovare altresì una soluzione masochistica al suo conflitto interno. Infatti, il figlio, rimanendo un passo indietro, da un lato, scontenterebbe quella parte di sé che vorrebbe nutrire narcisisticamente il genitore attraverso i propri successi, ma dall’altro accontenterebbe quella parte di sé che teme di perdere l’amore o di minare l’equilibrio psichico del genitore qualora si permettesse di emanciparsi da esso.

Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta

Foto: Elliott Erwitt, New York, Bridgehampton, 1990

🔴 TU, MADRE, VEDI ME O HAI BISOGNO DI ME?Ogni bambino, nelle proprie fantasie inconsce, trova a chiedersi continuamente:...
02/01/2024

🔴 TU, MADRE, VEDI ME O HAI BISOGNO DI ME?

Ogni bambino, nelle proprie fantasie inconsce, trova a chiedersi continuamente: “Tu, madre, vedi me o hai bisogno di me?”.
Tutto questo va a sostanziare la riflessione sul movimento intersoggettivo che può dipanarsi all’interno della diade.
Il bambino viene vissuto dalla madre come altro da sé e, dunque, portatore di una propria diversità, oppure come parte della madre e, quindi, mutilato nella propria soggettività?
Il bambino può costruire creativamente il proprio Sé, con una madre che riesce a fare la spola tra sé e non sé, dismettendo momentaneamente i suoi panni psichici ed indossando quelli del bambino, al fine di sostenerlo nel processo di separazione-individuazione, oppure il bambino si fa trovare nel luogo del desiderio materno e, quindi, sente di essere amato non per quello che è, ma per la funzione che assolve?
Il bambino viene concepito per riparare inconsciamente ferite narcisistiche e di coppia o beneficia di un utero psichico in cui gli è consentito di sviluppare il proprio sentimento di esistenza?

Dipinto: Marc Chagall, Maternità, 1913, Museo Civico Stedelek, Amsterdam

Indirizzo

Viale Salerno 88
Policoro
75025

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram

Digitare

Breve curriculum vitae

La dottoressa Claudia Boffilo è psicologa psicoterapeuta individuale e di gruppo specializzata nella conduzione di colloqui di consulenza psicologica e di percorsi di psicoterapia ad orientamento psicodinamico, rivolti ad adulti, coppie, adolescenti e gruppi.

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute, presso l'Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara, con votazione di 110/110 e lode. Successivamente, ha conseguito il Diploma di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Psicodinamica individuale e di gruppo, con votazione di 110/110 e lode, seguendo il Training di Formazione della Scuola di Formazione di Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) di Roma, riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca con D.M. del 02/08/2001. Come parte del Training di Formazione, la dottoressa Boffilo ha svolto un'analisi personale a cadenza trisettimanale e attività di supervisione clinica individuale e di gruppo. È terapeuta di II livello in EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), metodo psicoterapeutico interattivo e standardizzato, scientificamente comprovato da più di 44 studi randomizzati controllati, condotti su pazienti traumatizzati, e documentato in centinaia di pubblicazioni che ne riportano l'efficacia nel trattamento di numerose psicopatologie.

È Membro Ordinario dell'Associazione Psicoanalitica Freudiana.

Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Puglia n.5229, esercita la libera professione presso il suo studio privato di Policoro (MT). Inoltre, è psicologa coordinatrice dell'équipe specialistica e dei servizi di sostegno psicologico presso ARCI Basilicata.