Dottoressa Ilaria Visone Psicologa

Dottoressa Ilaria Visone Psicologa Psicoterapeuta cognitivo comportamentale e tutor per i disturbi specifici dell'apprendimento e ADHD

Per iniziare un nuovo percorso 🌱
06/12/2023

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Tutta la vita ti mettono appiccicato addosso un numero.Fin da quando nasci hai un braccialetto con un numero, poi vai a ...
31/10/2023

Tutta la vita ti mettono appiccicato addosso un numero.

Fin da quando nasci hai un braccialetto con un numero, poi vai a scuola e continui ad essere un numero nell'elenco e poi cominci a cercare di essere il numero 1 della classe.

Poi vai avanti e i voti da bravo bravissimo (più simpatici diciamoci la verità), passano ad essere 4,6,10 e tu vuoi essere di nuovo un numero, vuoi essere da 10.

Poi cresci ancora e ti chiedono dove sia il tuo numero 2, e tu che sei uno ti senti metà.

Pensi al numero degli amici che se sono pochi sembra davvero una tragedia.

Combatti poi con il numero sulla bilancia, con il numero scritto sui vestiti, con il numero che ti appiccicano addosso ancora una volta quando vai all'università.

Tu non sei un numero, il tuo corpo non lo è, la tua vita non gira attorno a questo...
..ma al numero di volte che sorridi, al numero di volte che senti di non essere poi così sbagliato, al numero di istanti in cui fai ciò che vuoi e diventi una bellissima poesia.

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30/10/2023

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Ad ottobre, in occasione del mese del benessere psicologico, accoglierò le persone, di ogni fascia d'età, con un primo c...
11/10/2023

Ad ottobre, in occasione del mese del benessere psicologico, accoglierò le persone, di ogni fascia d'età, con un primo colloquio gratuito 🧠🌱

Esaurimento nervoso: cos'è realmente? La psicologia ci viene in aiuto spiegandoci come reagiamo ad uno o più eventi stre...
03/10/2023

Esaurimento nervoso: cos'è realmente?
La psicologia ci viene in aiuto spiegandoci come reagiamo ad uno o più eventi stressanti 🧠💪

27/09/2023
Chiedi aiuto, stare meglio è possibile 🌈
05/06/2023

Chiedi aiuto, stare meglio è possibile 🌈

La sofferenza si accompagna spesso a sensazioni di solitudine, alienazione e diversità.

La realtà però è molto più complessa di quel che sembra dall'esterno.

Se stai soffrendo, non fermarti alle apparenze e chiedi aiuto.

Non sei solo/a.

❤️

Anche nella pausa estiva è possibile potenziare le abilità scolastiche e costruire competenze nell'uso del computer💻 📑☺️...
04/06/2023

Anche nella pausa estiva è possibile potenziare le abilità scolastiche e costruire competenze nell'uso del computer💻 📑☺️ (zona Giugliano, Aversa e paesi limitrofi)

Tutor DSA e BES per ogni grado scolastico
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11/09/2022

Uno dei principi di base dell'ignoranza sulla sofferenza mentale è, a mio avviso, il considerarla la risultante di una mancanza.

Si è più propensi a legittimare il dolore quando le condizioni di vita della persona lo "giustificano", come ad esempio un lutto, condizioni economiche avverse, traumi.

Lo si è poco o per niente quando invece, all'apparenza, la vita sembra non aver intralciato concretamente il percorso di una persona.

Eppure la sofferenza mentale è spesso indipendente da status o eventi esterni.

La sofferenza non è sempre "mancanza"... è dolore difficile da spiegare a parole e per nulla rimpiazzabile da qualcosa di concreto.

L'ascolto aperto e non giudicante, o anche l'accontentarsi del "non capire" e semplicemente rispettare, aiuta a far sentire meno in colpa chi "ha tutto", ma soffre comunque.

11/09/2022

Diresti mai queste frasi in una situazione del genere?

Eppure sono cose che chi soffre di un disturbo mentale si sente dire costantemente.

La situazione è diversa, ma la costrizione è la stessa.

Si riparte con il nuovo anno scolastico    , lavoro in zona       e comuni limitrofi 👩‍⚕️🧠📚
06/09/2021

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28/09/2020

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"L'elefante incatenato", di Jorge Bucay "Non posso", "non ce la faccio", "non è alla mia portata". "E' troppo difficile"...
14/09/2020

"L'elefante incatenato", di Jorge Bucay

"Non posso", "non ce la faccio", "non è alla mia portata". "E' troppo difficile", "non ci riuscirò ma", "gli altri possono, io no". Sono frasi che il nostro cervello ci ripete, ma anziché guardarle come frasi, pensieri, finiamo per crederci.
Di certo non sostengo le frasi-slogan dei trainers-coach, secondo i quali "non esistono limiti, l'unico limite siamo noi stessi", oppure "tu puoi fare tutto". Sciocchezze! Non possiamo fare tutto, siamo esseri umani limitati. Non ci è concessa l'onnipotenza. Ma possiamo fare molto, cominciando a liberarci da catene fittizie.
Buona lettura!

“Non posso” - gli dissi - “Non posso!”
“Ne sei sicuro?” - mi chiese lui.
“Sì, mi piacerebbe tanto sedermi davanti a lei e dirle quello che provo... Ma so che non posso farlo”.
Jorge si sedette come un Buddha su quelle orribili poltrone azzurre del suo studio. Sorrise, mi guardò negli occhi, abbassando la voce come faceva ogni volta che voleva essere ascoltato attentamente, mi disse:
“Ti racconto una storia...”.
E senza aspettare il mio assenso iniziò a raccontare:

“Quando ero piccolo adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali. Ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini. Durante lo spettacolo quel bestione faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune… ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe.
Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. E anche se la catena era grossa e forte, mi pareva ovvio che un animale in grado di sradicare un albero potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.
Era davvero un bel mistero.
Che cosa lo teneva legato, allora?
Perchè non scappava?
Quando avevo cinque o sei anni nutrivo ancora fiducia nella saggezza dei grandi. Allora chiesi a un maestro, a un padre o a uno zio di risolvere il mistero dell'elefante. Qualcuno di loro mi spiegò che l’elefante non scappava perchè era ammaestrato. Allora posi la domanda ovvia: “Se è ammaestrato, perchè lo incatenano?”. Non ricordo di aver ricevuto nessuna risposta coerente.
Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto e ci pensavo soltanto quando mi imbattevo in altre persone che si erano poste la stessa domanda.
Per mia fortuna, qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato abbastanza saggio da trovare la risposta giusta:

l’elefante del circo non scappa perchè è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.

Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato al paletto. Sono sicuro che, in quel momento, l'elefantino provò a spingere, a ti**re e sudava nel tentativo di liberarsi. Ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perchè quel paletto era troppo saldo per lui.
Lo vedevo addormentarsi sfinito e il giorno dopo provarci di nuovo e così il giorno dopo e quello dopo ancora...
Finchè un giorno, un giorno terribile per la sua storia, l'animale accettò l'impotenza rassegnandosi al proprio destino. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perchè, poveretto, crede di non poterlo fare. Reca impresso il ricordo dell'impotenza sperimentata subito dopo la nascita.
E il brutto è che non è mai più ritornato seriamente su quel ricordo.
E non ha mai più messo alla prova la sua forza, mai più...”

“Proprio così, Demiàn. Siamo un po' tutti come l'elefante del circo: andiamo in giro incatenati a centinaia di paletti che ci tolgono la libertà.
Viviamo pensando che “non possiamo” fare un sacco di cose semplicemente perchè una volta, quando eravamo piccoli, ci avevamo provato ed avevamo fallito.
Allora abbiamo fatto come l'elefante, abbiamo inciso nella memoria questo messaggio: non posso, non posso e non potrò mai.
Siamo cresciuti portandoci dietro il messaggio che ci siamo trasmessi da soli, perciò non proviamo più a liberarci del paletto.
Quando a volte sentiamo la stretta dei ceppi e facciamo cigolare le catene, guardiamo con la coda dell'occhio il paletto e pensiamo:
"non posso, non posso e non potrò mai”.
Jorge fece una lunga pausa. Quindi si avvicinò, si sedette sul pavimento davanti a me e proseguì:
“E' quello che succede anche a te, Demiàn. Vivi condizionato dal ricordo di un Demiàn che non esiste più e che non ce l'aveva fatta.
L’unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore… tutto il tuo cuore!”

Jorge Bucay, “Lascia che ti racconti. Storie per imparare a vivere”

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