18/06/2023
INCIDENTALMENTE
Di Paolo Bartolini
Bisognerebbe cogliere in un baleno l'insensatezza estremizzata delle polarizzazioni sui social. Prendiamo il discusso, allucinante episodio di ragazzi youtuber alla guida di una macchina potente che si schianta contro una piccola automobile uccidendo un bambino. I balordi delinquenti che pensano all'apparenza e alla grana cancellano in un istante una vita umana: qualche risatina, nessun pentimento. Allora viene giù la cascata del Niagara degli opinionisti in TV o dei comuni cittadini online su queste pagine. Chi li strozzerebbe con le sue mani, chi si adombra per le generalizzazioni indegne che assimilano i giovani tutti a questi quattro sociopatici ludentes. Gli umani prendono forma dentro determinati contenitori simbolici, materiali e culturali. Quei ragazzi, che hanno distrutto una vita e una famiglia, sono espressione del loro tempo, quindi degli adulti e dei loro disvalori a cui si adattano passivamente, mentre noi abbiamo polverizzato il futuro, il senso dell'impegno, qualsiasi valore non monetario. Nell'epoca dell'accelerazione continua, dei profitti a breve termine, dello spettacolo come zombieficazione delle coscienze, dovrebbe stupirci che incidenti (omicidi) del genere siano così pochi. Dunque i ragazzi povere vittime di un mondo senza bussola? Non proprio. La vita viene messa in forma, ma recalcitra a ridursi totalmente a qualcosa di manipolabile. La gioventù e la vecchiaia sono le età che, per ricchezza di potenzialità e per sacrosanta rigidità strutturale, meno si prestano, almeno sulla carta, a diventare esecutrici dei diktat di un sistema che impoverisce le relazioni per imporre l'astrazione del denaro come unico metro di misura del (non)senso odierno. Noi adulti abbiamo apparecchiato questa tavolata dove si servono veleni letali spacciati per libagioni. Troppi ragazzi però hanno smesso di rischiare, di desiderare una trasformazione radicale dell'esistente: si iperadattano al peggio, cavalcano il conformismo e il quattrino facile, non sentono nessun richiamo oltre i confini soffocanti dell'io. Ho affetto e stima per i giovani, nutro più fastidio e diffidenza per i personaggi "maturi" che organizzano la società e la disarticolano quotidianamente affinché responsabile sia chi ripaga velocemente i suoi debiti, non chi partecipa a mettere in discussione questo schifo sistemico. Non si possono sacrificare delle vite per il proprio imbecille narcisismo, questo ci siamo detti tutti appena sentita la notizia dello schianto fatale. Ma è ora di aggiungere: non è forse quello che, quasi ogni giorno, ci viene chiesto di fare seppure diluendo la violenza con il contagocce? Educare i giovani nel 2023 non dovrebbe significare chiedere scusa e tornare a essere degli esempi a cui ispirarsi? Cominciamo a chiedere che le logiche del profitto escano da scuola, dalla sanità, dalla gestione dei beni comuni, dal sistema informativo pubblico. Parliamo con i nostri figli e facciamoci trovare con un libro in mano, con le gambe pronte a una passeggiata "in natura", con la voglia di suonare insieme, di celebrare la vita. Sarà una minuscola rivoluzione a cui, forse, vorranno partecipare anche le nuove generazioni, le stesse che, diciamolo!, quando finalmente si dedicano a qualche forma di attivismo ricevono da noi dei cazziatoni pieni di livore e supponenza.