Dottssa rita bacci fisioterapista

Dottssa rita bacci fisioterapista 👩🏻‍⚕️ Responsabile Fisioterapia e Elba fitness Portoferraio
🧾 Docente Nazionale Pilates
✨ inseg

ACTIVITIES: fisioterapia, riabilitazione, massaggi, pilates, ginnastica postulare, riflessologia, riabilitazione pelvica.

“È solo un nervo infiammato.”Solo? Hai idea di quanta architettura c’è lì dentro?Quando sentiamo parlare di “nervo” pens...
24/09/2025

“È solo un nervo infiammato.”

Solo? Hai idea di quanta architettura c’è lì dentro?

Quando sentiamo parlare di “nervo” pensiamo a un filo elettrico. Un semplice cavo che trasmette impulsi. Ma quest’immagine rivela una verità molto più complessa, spesso ignorata anche da chi tratta il dolore ogni giorno.

Il nervo è un organo connettivale, vascolare, dinamico. E quando “fa male”, spesso non è il segnale, ma la sua struttura ad essere in difficoltà.

Cosa vediamo in quest’immagine?

Assone: il vero “filo” che trasporta l’informazione elettrica.

Endonevrio: lo strato che avvolge ogni assone, garantendo protezione, ossigeno e trasporto metabolico.

Perinevrio: il “tessuto di sicurezza” che crea i fascicoli e modula la pressione interna.

Epinevrio: l’involucro esterno che permette scorrimento, adattamento e protezione meccanica.

Vasi sanguigni: il sistema nutritivo del nervo.

Nervo spinale: l’insieme di tutto questo, non un filo, ma un microcosmo vivo.

Se un nervo “è infiammato”, non è solo “un cavo che fa male”. È un tessuto con memoria, nutrizione, movimento e sensibilità.

Serve rispetto, tempo, e un approccio che vada oltre la semplice riduzione dell’infiammazione: movimento, decompressione, nutrizione e rieducazione.

Trattare una nevralgia non significa solo “abbassare l’infiammazione”. Significa ridurre la pressione endoneurale, favorire il glide nervoso, lavorare sulla viscoelasticità del perinevrio, considerare il ruolo dei vasi intraneurali e integrare neurodinamica, vascolarizzazione, e biotensegrità fasciale.

Quando un paziente dice “Mi prende un nervo, che faccio?” la risposta non può essere solo: “Facciamo qualcosa che lo addormenti.”

La domanda vera è: "quel nervo riesce ancora a scorrere, a respirare, a nutrirsi, a sentire senza andare in allarme? Oppure sta chiedendo aiuto in silenzio, tra micro-edemi, stress meccanici e carenze metaboliche?"

Un nervo non ha bisogno solo di calmare il sintomo. Ha bisogno di muoversi senza attrito, essere nutrito dal sangue, sentirsi al sicuro nel suo tunnel fasciale e dialogare con il sistema nervoso centrale senza interferenze.

Perché la verità è questa, non esistono nervi infiammati per caso: dietro c’è quasi sempre un sovraccarico meccanico, una carenza vascolare o un’alterazione metabolica che li rende più vulnerabili. In altre parole: nervi inascoltati.

“Ma alla fine è solo un nervo.”
Sì.

Come dire che un violino è solo un pezzo di legno con corde. Eppure basta una variazione minima di tensione per trasformare una sinfonia armonica in una nota stonata che lacera l’intero sistema.

Il nervo non è solo un conduttore. È un organo intelligente che va rispettato, ascoltato, e rieducato. Non solo sedato.

E spesso, il primo passo è semplice: integrare ciò che riduce l’infiammazione con ciò che restituisce la funzione. 🤗

Finalmente è martedì! Benvenuti al nono episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”Oggi c...
23/09/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti al nono episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi ci occupiamo di un nervo piccolo, profondo e.. essenziale. È grazie a lui se puoi alzare il braccio per salutare, per prendere una cosa dallo scaffale, o per dire "presente!" in aula. È il nervo ascellare, il comandante del deltoide e il guardiano della sensibilità sulla spalla.

Quando funziona, tutto fila liscio. Quando smette.. il braccio resta giù.

Dove sta?

Il nervo ascellare nasce dal plesso brachiale, in particolare dal fascicolo posteriore (C5–C6). Esce attraverso lo spazio quadrilatero (o spazio laterale della spalla), insieme all’arteria circonflessa posteriore. Passa dietro al collo chirurgico dell’omero, in stretta relazione con la capsula articolare.

Si divide in un ramo motorio, che innerva deltoide e piccolo rotondo, e in un ramo sensitivo, il nervo cutaneo laterale superiore del braccio.

È un nervo compatto, ma nel posto giusto per fare.. tanta differenza.

Che cosa fa?

A livello motorio innerva il muscolo deltoide (tutte le sue porzioni), e il muscolo piccolo rotondo (rotazione laterale dell’omero). A livello sensitivo fornisce la sensibilità alla parte laterale della spalla e del braccio, tramite il ramo cutaneo superiore.

In pratica: abduzione del braccio, rotazione esterna, stabilità della testa omerale, e percezione del contatto sulla spalla. Piccolo nervo, grandi responsabilità!

Come si lamenta?

Quando il nervo ascellare è leso o compresso, può dare debolezza nell’abduzione del braccio (soprattutto tra 15° e 90°), atrofia del deltoide con profilo spalla “piatto”, dolore sordo o urente nella regione laterale della spalla, alterazioni della sensibilità cutanea sulla porzione laterale del braccio, difficoltà a portare oggetti in alto, vestirsi e in tutti i gesti sopra la testa.

Le lesioni avvengono spesso post-trauma, soprattutto lussazione anteriore della spalla o frattura del collo chirurgico dell’omero.

Ruolo nella vita quotidiana

Il nervo ascellare è protagonista ogni volta che alzi il braccio, tieni un peso sopra la testa, ti sistemi i capelli, indossi una giacca, apri lo sportello alto dell’auto. Se il deltoide non lavora.. te ne accorgi ogni giorno.

Patologie e disfunzioni

Lesione da lussazione della spalla (trauma antero-inferiore con trazione del nervo),
frattura del collo chirurgico dell’omero, compressione nello spazio quadrilatero (entrapment o sindrome del quadrilatero), cause iatrogene (interventi ortopedici sulla spalla), sindrome da uso eccessivo in atleti overhead (pallavolo, nuoto, baseball).

Curiosità neurologica

La sindrome dello spazio quadrilatero è poco conosciuta ma reale: può colpire atleti che eseguono movimenti ripetuti sopra la testa. Il nervo ascellare viene “schiacciato” tra i bordi muscolari, causando dolore posteriore alla spalla e debolezza progressiva.
E spesso, una banale lussazione può lasciare una compromissione cronica, non sempre riconosciuta.

Approccio fisioterapico

La riabilitazione deve essere precisa, graduale e funzionale: valutazione selettiva del deltoide (confronto attivo e passivo), esercizi di reclutamento deltoideo in isometria e in catena cinetica chiusa, tecniche di neurodinamica del plesso brachiale posteriore (sliding del nervo ascellare), lavoro sul controllo scapolare e postura, rinforzo del piccolo rotondo per supportare la cuffia dei rotatori e propriocezione della spalla (soprattutto in overhead athletes).

In caso di lesione cronica: strategie di compenso e prevenzione instabilità gleno-omerale.

Conclusione

Il nervo ascellare non fa notizia.. finché non ti accorgi che alzare il braccio non è più automatico. È il braccio destro del deltoide, il compagno silenzioso della spalla,
quello che ti aiuta a dire “ciao”, “su le mani”.. o semplicemente a mettere il sale in dispensa.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 👋

Nota bene
Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

“È solo una tendinite alla spalla.”Peccato che la spalla non esista. O meglio: non esiste una sola spalla, né un solo mo...
21/09/2025

“È solo una tendinite alla spalla.”

Peccato che la spalla non esista. O meglio: non esiste una sola spalla, né un solo modo in cui può fare male. Quello che chiamiamo “spalla” è una giunzione articolare complessa, un sistema che unisce: cinque articolazioni, più di venti muscoli, una catena di adattamenti che parte dal rachide e finisce nella mano.

E in mezzo a tutto questo.. sì, ci sono anche quei quattro muscoli famosi:
sovraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo.

Ma ridurre il dolore di spalla a “tendinite della cuffia” è come dire che un’orchestra stona perché il primo violino ha preso una nota sbagliata.

Doppia lettura

Livello 1 – per pazienti

Quando ti dicono che hai un problema alla spalla, spesso è solo la punta dell’iceberg. Il dolore non è (solo) dove lo senti, ma dove il tuo corpo ha smesso di compensare in silenzio. E nella spalla, le compensazioni sono quotidiane, invisibili.. e potentissime.

Un muscolo tira troppo, uno tira troppo poco.
La scapola ruota male, il torace è rigido, il core non sostiene.
Il dolore è la somma finale di tutte queste micro-disfunzioni.

Livello 2 – per clinici

Chiamarla “cuffia dei rotatori” è corretto.
Ma ragionare solo sulla cuffia.. è riduttivo.
Qui si parla di neuromeccanica fine, non solo di RMN.

Ogni muscolo della cuffia modula l’allineamento omerale in co-attivazione con scapola e core, lavora in feedforward su base motoria appresa, diventa sintomatico quando il carico supera la sua funzione di “stabilizzatore silenzioso”.

Sovraccarico da sottoscapolare dominante uguale a perdita di rotazione esterna.
Sovraccarico del sovraspinato uguale a riduzione dello spazio subacromiale.
Infraspinato ipoattivo uguale ad un omero che sale senza freni.
Dominanza del deltoide uguale ad una “spalla forte che fa male”.

Non è infiammazione.
È fallimento di sistema.

In breve, il sovraspinato inizia l’abduzione e guida la centratura omerale, l'infraspinato ruota esternamente e frena il movimento, il sottoscapolare ruota internamente e protegge anteriormente, il piccolo rotondo garantisce il fine tuning della rotazione esterna e stabilità posteriore.

Quattro muscoli. Ma inseriti in un sistema con il core (per pre-attivazione e controllo pressorio), colonna toracica (per escursione scapolare), scapola (per orientamento e ritmo scapolo-omerale), arto superiore (per continuità di movimento e scarico del carico distale)

E quindi?

Ogni volta che dici “spalla dolorosa”, non chiederti solo “quale tendine?”,
ma “quale equilibrio è saltato?” Chi lavora troppo per coprire gli altri? Chi ha smesso di collaborare? Il dolore è un allarme o un abbandono?

“Allora devo rinforzare la cuffia?”
No.
Devi rieducare il sistema.

Devi ripristinare le sinergie tra scapola, core e arto. Devi restituire timing, feedforward, controllo fine. Devi far tornare la spalla quello che è davvero: una staffetta di funzioni, non una somma di muscoli.

La spalla non si infiamma per caso. Si ribella quando smette di essere un'orchestra e diventa un assolo stonato. Non curare il violino. Riaccorda l’intera sinfonia. 🥰

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di “Patologie Spiritose, dove affrontiamo i ma...
20/09/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di “Patologie Spiritose, dove affrontiamo i malanni.. tra curiosità e leggerezza!”

Oggi parliamo di una patologia che non fa rumore, ma che può lasciare il segno: l’osteoporosi! Se pensavi che le ossa fossero sempre forti e solide come rocce.. beh, alcune iniziano a perdere “pezzi” senza neanche accorgersene. 😲

Cos’è e dov’è?

L’osteoporosi è una condizione in cui le ossa perdono densità e diventano più fragili. È come se il tuo scheletro si svuotasse piano piano, diventando più leggero ma anche più a rischio di fratture.

Colpisce tutto il corpo, ma le sedi più a rischio sono colonna vertebrale, femore prossimale, polso e coste.

Curiosità divertente

L’osteoporosi è chiamata “la ladra silenziosa” perché non dà sintomi finché non rompe qualcosa.
E c’è un paradosso: può bastare uno starnuto o alzarsi dal letto in modo sbagliato per causare una frattura vertebrale in una persona a rischio. Altro che incidenti da stuntman! 🤧

Come si sviluppa?

Succede quando il corpo produce meno tessuto osseo del necessario, riassorbe più osso di quanto dovrebbe e n on assorbe abbastanza calcio e vitamina D.

Le cause principali sono invecchiamento, menopausa, inattività, dieta povera di calcio, alcuni farmaci (es. cortisonici) e fattori genetici.

Nella vita quotidiana

L’osteoporosi non fa male di per sé, ma aumenta il rischio di fratture anche con traumi minimi. Una caduta banale può causare la rottura del femore. Un movimento torsionale può causare una frattura vertebrale. Spesso i pazienti si accorgono di averla solo dopo una frattura.

Parole complicate, spiegate semplici

Densità minerale ossea (BMD): la “massa” dell’osso, misurata con la MOC.

MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata): esame per diagnosticare l’osteoporosi.

T-score: valore usato per capire se le ossa sono nella norma, osteopeniche o osteoporotiche.

Accenni di fisioterapia

La fisioterapia è cruciale per prevenire cadute attraverso esercizi di equilibrio, coordinazione e forza. Migliorare la postura e la mobilità (soprattutto in caso di crolli vertebrali) e rinforzare la muscolatura senza sovraccaricare è la migliore prevenzione.

Educare a muoversi in sicurezza nella vita quotidiana è uno strumento importante. Il movimento stimola la formazione ossea e protegge da complicazioni.

Curiosità scientifica

Sai che più del 25% delle donne sopra i 65 anni ha una forma clinicamente rilevante di osteoporosi, anche senza saperlo? E che un paziente con una frattura da fragilità ha un rischio 2-4 volte maggiore di avere una seconda frattura nei successivi anni?

Ecco perché oggi si parla di "frattura sentinella" come segnale per avviare diagnosi e trattamento!

Conclusione

L’osteoporosi non è un destino inevitabile: si può prevenire, rallentare e trattare. Basta prendersi cura delle proprie ossa prima che inizino a “scricchiolare” davvero!

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 💪

La cisti di Baker, o cisti poplitea, è una raccolta di liquido sinoviale che si forma nella parte posteriore del ginocch...
19/09/2025

La cisti di Baker, o cisti poplitea, è una raccolta di liquido sinoviale che si forma nella parte posteriore del ginocchio, tipicamente tra il muscolo gastrocnemio e il muscolo semimembranoso. Sebbene spesso asintomatica, in alcuni casi può causare dolore, tensione e limitazione funzionale.

Meccanismo di formazione

Il ginocchio è un’articolazione sinoviale caratterizzata da un’abbondante produzione di liquido sinoviale per lubrificare le superfici articolari e ridurre l’attrito durante il movimento. Tuttavia, in presenza di un’infiammazione articolare o di un sovraccarico meccanico, la produzione di liquido sinoviale può aumentare in modo anomalo, portando alla formazione della cisti. Questa comunicazione tra la borsa poplitea e l’articolazione avviene attraverso una valvola unidirezionale, impedendo il riassorbimento del liquido e causando un rigonfiamento nella fossa poplitea.

Cause e fattori di rischio

La cisti di Baker non è una patologia primaria, ma una manifestazione secondaria di una condizione preesistente del ginocchio, tra cui artrosi (deterioramento cartilagineo che porta a un’infiammazione cronica con aumento del liquido sinoviale), artrite reumatoide o altre patologie infiammatorie (il processo infiammatorio stimola una produzione esagerata di liquido sinoviale), lesioni meniscali (la rottura di un menisco può alterare la biomeccanica del ginocchio e favorire un accumulo di liquido sinoviale), tendinopatie o sovraccarico funzionale, sport di impatto, corsa o attività lavorative con carichi elevati, tutte condizioni che possono predisporre alla formazione della cisti.

Sintomi e segni clinici

Molte cisti di Baker sono asintomatiche e vengono scoperte casualmente durante esami per altre problematiche. Tuttavia, quando la cisti cresce, può manifestarsi con un gonfiore nella fossa poplitea (un rigonfiamento visibile o palpabile dietro il ginocchio, spesso più evidente in estensione), con rigidità e tensione (un senso di pressione posteriore, soprattutto dopo sforzi prolungati), con dolore (che peggiora con il movimento, la flessione e l’estensione completa del ginocchio) e con una ridotta mobilità articolare (la flessione del ginocchio può risultare limitata nei casi più avanzati).

Attenzione: se la cisti si rompe, il liquido sinoviale può diffondersi nei tessuti circostanti, simulando una trombosi venosa profonda con dolore acuto e gonfiore diffuso al polpaccio (Segno di pseudotrombosi di Baker).

Diagnosi e imaging

L'ecografia muscoloscheletrica è l'esame di primo livello per valutare le dimensioni della cisti e la presenza di liquido. La risonanza magnetica (RMN) è utile per individuare eventuali patologie intra-articolari concomitanti (lesioni meniscali, artrosi, sinovite).

Trattamento e approccio riabilitativo

Gestione conservativa

Il trattamento dipende dalla causa sottostante e dalla sintomatologia. In generale riposo funzionale e gestione del carico, riducendo attività ad alto impatto per alleviare la pressione articolare.

La fisioterapia mira alla mobilizzazione dell’anca e del ginocchio per migliorare la biomeccanica e ridurre il sovraccarico. Gli esercizi di rinforzo e stabilizzazione con focus su quadricipiti, ischiocrurali e core stability possono migliorare la distribuzione delle forze sul ginocchio.

Terapie fisiche strumentali possono favorire il drenaggio della cisti e ridurre l’infiammazione.

Taping decompressivo può essere utilizzato per migliorare il drenaggio linfatico.

Opzioni invasive

Nei casi più gravi si procede ad una aspirazione ecoguidata, con rimozione del liquido in eccesso con ago, spesso associata a infiltrazione di cortisone. La chirurgia è indicata nei rari casi di cisti di grandi dimensioni che comprimono strutture vascolari o nervose.

Conclusione

La cisti di Baker è un segnale che il ginocchio sta lavorando in modo anomalo. Identificare e trattare la causa sottostante è fondamentale per prevenire la recidiva. Un approccio fisioterapico mirato e un’adeguata gestione del carico articolare possono essere la chiave per mantenere il ginocchio sano e funzionale.

IL DOPPIO GIOCO DELL’ILEOPSOAS: TRA POSTURA E POTENZAGuarda bene questa immagine.Non è solo una rappresentazione anatomi...
17/09/2025

IL DOPPIO GIOCO DELL’ILEOPSOAS: TRA POSTURA E POTENZA

Guarda bene questa immagine.
Non è solo una rappresentazione anatomica.
È una confessione posturale.

L’ileopsoas non è solo un flessore dell’anca. E questo ormai lo sappiamo, vero?
È anche uno stabilizzatore profondo, attivatore anticipatorio e modificatore della curvatura lombare.
E proprio lì si gioca la sua ambiguità funzionale.

Cosa ci mostra l’immagine?

L’ileopsoas origina dalla colonna lombare (corpi vertebrali e processi trasversi di L1–L5). Si inserisce sul piccolo trocantere del femore. Quando si contrae, esercita una forza che tira anteriormente la colonna lombare. Contemporaneamente, genera una rotazione anteriore del bacino.

Risultato? Aumento della lordosi lombare, carico aumentato sui dischi e sulle faccette articolari, potenziale iperattività compensatoria in soggetti sedentari, ansiosi, o instabili.

Domanda ai colleghi: la persona con lombalgia che stai trattando ha uno psoas “corto” o ha uno psoas iperattivo, retratto, sovrautilizzato perché il diaframma è ipomobile o il trasverso addominale è assente?

Alcuni effetti biomeccanici della retrazione dello psoas sono l'aumento della compressione lombare, la limitazione dell’estensione dell’anca, la rotazione anteriore del bacino, l'inibizione dei glutei (per via della posizione sfavorevole) e alterazioni del cammino e compensi su ginocchio o piede

Lavorare sull’ileopsoas significa quindi ripristinare la mobilità di anca e bacino, ridurre la compressione lombare, migliorare la sinergia con diaframma e addominali profondi e promuovere il controllo neuromotorio, non solo l’allungamento.

Curiosità clinica

Lo psoas ha connessioni fasciali con il diaframma. Un diaframma contratto o disfunzionale può contribuire a mantenere lo psoas in uno stato di tensione cronica.
Il risultato? Respiro corto, instabilità lombopelvica, e dolore.. che non passa con un semplice stretching.

Esercizio di consapevolezza

Prova a sederti in una posizione eretta per qualche minuto.
Rilassa volontariamente lo psoas destro.
Ora inspira profondamente e cerca di attivare il trasverso senza spingere in avanti la colonna lombare.
Lo senti il “rilascio” nella parte anteriore dell’anca?
Benvenuto nel controllo neuro-mio-fasciale.

Lo psoas non è solo un muscolo. È una cerniera tra postura, respiro, emozione e movimento. Ignorarlo significa rincorrere i sintomi. Comprenderlo.. significa finalmente ascoltare la radice del problema.

E come ci insegna la clinica: il corpo non mente. Ma bisogna sapere dove ascoltare.

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di “Patologie Spiritose, dove affrontiamo i ma...
13/09/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di “Patologie Spiritose, dove affrontiamo i malanni.. tra curiosità e leggerezza!”

Oggi parliamo di un classico delle scuole calcio, dei campi da basket e delle piste d’atletica: la sindrome di Osgood-Schlatter! Se tuo figlio (o il tuo atleta) ha male sotto al ginocchio e una “gobbetta” che non c’era.. no, non è un nuovo superpotere. È il ginocchio che sta crescendo e si sta facendo sentire! 😅

Cos’è e dov’è?

È un'infiammazione localizzata nella zona della tuberosità tibiale anteriore, cioè quella sporgenza ossea appena sotto la rotula dove si inserisce il tendine rotuleo.

Succede durante la crescita, quando le ossa si allungano velocemente ma i muscoli e i tendini non riescono a tenere il passo. Il risultato?
Un'infiammazione da trazione che può rendere ogni salto, corsa o scatto.. un piccolo tormento. 😖

Curiosità divertente

La sindrome prende il nome da due medici (Osgood e Schlatter) che la descrissero.. nel 1903, osservando giovani atleti americani. In pratica, è una “patologia sportiva vintage” che continua a fare carriera!

Come si sviluppa?

Compare in ragazzi e ragazze tra i 10 e i 15 anni, in fase di sviluppo scheletrico. Le cause principali sono sport ripetitivi con salti, cambi di direzione e corsa, crescita rapida, rigidità del quadricipite e sovraccarico funzionale del tendine rotuleo.

Il corpo “protesta” proprio nel punto di inserzione, e la tuberosità tibiale può diventare gonfia e dolente al tatto.

Nella vita quotidiana

Il dolore si presenta durante o dopo l’attività fisica, e può peggiorare correndo o saltando, salendo o scendendo le scale e stando inginocchiati.

In certi casi compare una vera e propria “bozza ossea” che può rimanere anche da adulti, pur senza dolore.

Parole complicate, spiegate semplici

- Tuberosità tibiale anteriore: la zona sotto la rotula dove si attacca il tendine del quadricipite.

- Tendine rotuleo: il “cordone” che collega la rotula alla tibia e trasmette la forza del quadricipite.

Accenni di fisioterapia

Il trattamento è conservativo e comprende educazione al carico e riduzione temporanea dell’attività sportiva, stretching del quadricipite e degli ischiocrurali, rinforzo del core e degli stabilizzatori del bacino. Aiutano tecniche di rilassamento miofasciale e una valutazione funzionale sanitaria delle catene cinetiche (anca, piede, postura).

Nel dolore acuto si usano ghiaccio e, se serve, kinesiotape o bendaggi funzionali.

Curiosità scientifica

In rari casi, se il carico non viene gestito bene, può verificarsi una piccola avulsione della tuberosità tibiale (frammento osseo staccato). Ma nella stragrande maggioranza dei casi, la sindrome di Osgood-Schlatter si risolve spontaneamente con la fine della crescita ossea.

Conclusione

La sindrome di Osgood-Schlatter è una protesta di un ginocchio che sta cercando di diventare grande.. ma ha bisogno di una pausa ogni tanto. Con un po’ di attenzione, stretching e il giusto dosaggio di sport, il piccolo atleta può tornare presto a correre felice.

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 😄

Dolore alla schiena e ai glutei: colpa del nervo o del muscolo?Non sempre il dolore che senti è dove nasce.E no, non è m...
12/09/2025

Dolore alla schiena e ai glutei: colpa del nervo o del muscolo?

Non sempre il dolore che senti è dove nasce.
E no, non è magia: è il dolore miofasciale riferito.
Nell’immagine, una mappa preziosa per capire chi (quale muscolo) si sta lamentando, anche se a distanza.

Perché è importante? Perché spesso trattiamo la zona dove il paziente indica il dolore.. ma la vera origine è altrove. Questi sono i famosi trigger point, ovvero piccoli nodi muscolari iperattivi che possono proiettare il dolore a distanza.

Chi sono i colpevoli più comuni nella zona lombare e glutea?

Ecco un elenco con localizzazione del dolore riferito e qualche “perla clinica”.

Ileocostale dei lombi

Dolore riferito: dalla regione lombare postero-laterale alla zona glutea superiore e centrale (nell’immagine). Clinicamente può estendersi fino alla cresta iliaca laterale e, in alcuni casi, alla coscia prossimale.

Nota clinica: spesso confuso con dolore sacroiliaco; attivato in posture statiche, inclinazioni laterali ed estensione prolungata.

Lunghissimo del torace

Dolore riferito: fascia paraspinale lungo la colonna lombare (immagine). Clinicamente può estendersi cranialmente verso il dorso.

Nota clinica: simula lombalgia “da colonna”; tipico in chi solleva pesi o mantiene posture erette prolungate.

Multifido

Dolore riferito: centrale, in zona lombare profonda, con proiezione nella zona glutea superiore (immagine). Clinicamente può irradiarsi alla coscia laterale prossimale.

Nota clinica: coinvolto nei movimenti improvvisi o “colpi di schiena”.

Ileo-psoas

Dolore riferito: lombare anteriore/profondo e quadrante anteriore della coscia (non ben rappresentato nell’immagine, ma tipico clinicamente).

Nota clinica: spesso sottovalutato nei sedentari e nei soggetti con debolezza del core.

Quadrato dei lombi

Dolore riferito: laterale lombare e sopra la cresta iliaca (immagine). Clinicamente può estendersi verso fianco e regione trocanterica.

Nota clinica: una delle fonti più comuni di dolore “sacroiliaco-like”; peggiora con tosse/starnuti.

Grande gluteo

Dolore riferito: gluteo, che si espande verso la coscia superiore e laterale (immagine).

Nota clinica: sovraccaricato nei runner, ipoattivo nei sedentari.

Medio gluteo

Dolore riferito: dal fianco (regione iliaca) verso il gluteo lateralmente e la coscia laterale prossimale (immagine).

Nota clinica: spesso scambiato per trocanterite; dolore notturno tipico da decubito laterale.

Piccolo gluteo

Dolore riferito: gluteo profondo con proiezione lungo la coscia posteriore e fino alla gamba/piede (immagine).

Nota clinica: simula sciatalgia quando la risonanza è negativa.

Piriforme

Dolore riferito: zona glutea posteriore profonda con irradiazione lungo la coscia posteriormente (immagine).

Nota clinica: il classico “sciatalgico senza ernia”; dolore peggiorato da seduta prolungata.

Il dolore riferito non è psicologico. È reale, localizzabile, trattabile. Serve solo conoscenza, palpazione, test specifici e meno fretta di infilare il paziente in una risonanza.

Chi ti dice “Hai il nervo infiammato” forse non ha mai ascoltato un muscolo infastidito. Hai mai avuto dolore in un posto e la causa era da tutt’altra parte?

Dormire sul lato sinistro fa bene?Lo avrai letto anche tu: “Il cuore lavora meglio, lo stomaco digerisce prima, la linfa...
11/09/2025

Dormire sul lato sinistro fa bene?

Lo avrai letto anche tu: “Il cuore lavora meglio, lo stomaco digerisce prima, la linfa drena più facilmente.. dormi sul lato sinistro!”
Ma sarà vero? 🤔

O è solo un’altra mezza verità diventata virale?

Lo sappiamo: il corpo non è simmetrico. Stomaco a sinistra, fegato a destra, cuore spostato a sinistra, milza solo da una parte.

Ma posizione degli organi ≠ beneficio clinico garantito.

Eppure, ancora oggi circolano post virali che affermano che dormire a sinistra sia sempre la scelta giusta per il corpo. Vediamoli uno per uno.

1. FEGATO

“Se dormi a sinistra, il fegato secerne meglio gli enzimi.”

FALSO.

Il fegato produce bile, non “enzimi digestivi”. E la sua secrezione dipende da stimoli ormonali (colecistochinina), non dalla posizione in cui dormi.

Dormire sul lato sinistro non cambia la funzionalità epatica.

2. STOMACO

“Dormire a sinistra migliora la digestione.”

PARZIALMENTE VERO.

Lo stomaco è orientato a sinistra, e alcuni studi su soggetti con reflusso gastroesofageo hanno mostrato che dormire sul lato sinistro può ridurre il reflusso.

Non migliora la digestione in sé, ma può aiutare in caso di reflusso notturno.

3. MILZA

“I fluidi drenano meglio nella milza.”

SENZA FONDAMENTO CLINICO.

La milza è un organo linfatico a sinistra, ma non ci sono prove che la posizione laterale sinistra ne favorisca il drenaggio. Sembra più una deduzione anatomica che una realtà fisiologica.

4. CUORE

“Il cuore è a sinistra, quindi lavora meglio se dormi su quel lato.”

SCORRETTO.

Il cuore non cambia efficienza in base al lato su cui dormi. Anzi, nei pazienti con scompenso cardiaco, dormire sul lato sinistro può aumentare il ritorno venoso e generare fastidi.

La linfa non “scivola per gravità nel cuore”: drena grazie a pressioni, diaframma, pompe linfatiche. Altro che posizione.

Morale? (anzi no, considerazione clinica 😏)

Dormire sul lato sinistro può aiutare in alcuni casi specifici (es. reflusso), ma non è una regola aurea, non migliora magicamente fegato, cuore, linfa e milza. E soprattutto.. ogni corpo ha le sue preferenze.

Come fisioterapisti, cosa possiamo consigliare?

Alternare le posizioni durante la notte. Ascoltare il proprio corpo: il miglior sonno è quello più rigenerante. In caso di dolori, reflusso o patologie specifiche: valutazione sanitaria individuale. Lavorare su respirazione, postura e sistema miofasciale: questo migliora davvero la salute, più del lato su cui dormi.

OVVIETÀ SCOMODA

Non tutto ciò che è “anatomicamente a sinistra”.. va meglio dormendo a sinistra.

E tu.. Ti fidi di tutto quello che leggi.. o ti informi dopo?

Perché il punto non è se dormire a sinistra faccia bene o male. Il punto è non prendere per oro colato ogni post virale con intestino e milza colorati.

Dormire a sinistra può aiutare in alcuni casi (reflusso, comfort), ma non è la soluzione universale per cuore, fegato, milza e apparato digerente. E soprattutto, non è la posizione che cura. È il corpo che si adatta.

Fatti guidare dalla fisiologia, non dalla moda. Scegli la posizione che ti fa svegliare meglio, non quella che ti hanno detto in un post. E quando hai un dubbio.. informati. Non “condividere e basta”.

Difendiamo la salute dalle mezze verità!
E ricordiamoci: non esistono posizioni perfette, esistono posizioni adatte a te. 🥰

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09/09/2025

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🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉Oggi restiamo s...
04/09/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉

Oggi restiamo sul volto per incontrare un muscolo piccolo, spesso ignorato, ma fondamentale per respirare meglio e fare le smorfie giuste: il muscolo nasale. È lui che arriccia il naso quando qualcosa.. non ti va a genio!

Dettagli anatomici

Il muscolo nasale (musculus nasalis) è un muscolo mimico situato sul dorso e sui lati del naso, formato da due parti distinte.

La parte trasversa (compressiva) origina dalla mascella, lateralmente all’incisivo laterale.

La parte alare (dilatatrice) origina anch’essa dalla mascella, ma più lateralmente e inferiormente.

Entrambe si inseriscono nella cartilagine del naso e sulla cute della narice.

Innervazione: ramo buccale del nervo facciale (VII nervo cranico)

Funzioni principali

Parte trasversa: comprime le narici (come quando annusi qualcosa di brutto).

Parte alare: dilata le narici, utile in respiri profondi o sforzi intensi. Collabora alla regolazione del flusso d’aria nasale.

Tipi di disfunzione o dolore

Il muscolo nasale può essere coinvolto in tensioni facciali croniche (es. in pazienti con respirazione orale o ansia), disfunzioni miofunzionali associate alla respirazione nasale alterata, iperattività mimica che contribuisce a rughe nasali profonde (“bunny lines”).

Raramente, può essere coinvolto in alterazioni estetico-funzionali post-traumatiche o post-chirurgiche (rinoplastica).

Funzione quotidiana

Lavora ogni volta che inspiri con forza dal naso (durante esercizi o sport), annusi qualcosa con attenzione, fai un’espressione di disgusto, rabbia o concentrazione intensa. Si arriva anche quando moduli il flusso d’aria in caso di naso chiuso (ad esempio nei raffreddori).

È un piccolo regolatore della pressurizzazione nasale.. e dell’umore!

🏋️ Esercizio di allungamento (Rilassamento del dorso nasale)

Appoggia i polpastrelli degli indici ai lati del dorso del naso.

Inspira ed espira lentamente, facendo leggera pressione verso l’esterno e in basso.

Mantieni per 10–15 secondi, poi rilascia
Ripeti 3 volte

Aiuta a rilassare le tensioni nasali, migliorando la mobilità cutanea e fasciale.

🏋️ Esercizio di rinforzo (Controllo della dilatazione nasale)

In posizione comoda, chiudi la bocca e prova a dilatare le narici durante l’inspirazione.

Mantieni aperte le narici per 5 secondi, poi rilascia.

Ripeti per 10 cicli, cercando di non usare le mani.

Se fatichi, puoi iniziare con resistenza manuale leggera verso l’interno.

Rinforza la parte alare del muscolo nasale, utile in rieducazione respiratoria e per migliorare il flusso aereo nasale.

🔬 Curiosità scientifica

Il muscolo nasale è spesso usato in rieducazione miofunzionale orofacciale nei pazienti che respirano con la bocca. Allenarlo può contribuire al passaggio da respirazione orale a nasale, migliorando anche la postura linguale e la qualità del sonno!

Conclusione

Il muscolo nasale è un piccolo, geniale regolatore del respiro, dell'espressione e della funzionalità del volto. Non è solo una smorfia: è anatomia funzionale al 100%!

Ci vediamo giovedì prossimo per un altro episodio di Muscolandia, dove anche i muscoli più piccoli fanno una grande differenza! 👏

Indirizzo

Via Amidei Barbiellini 34
Portoferraio
57037

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