
29/05/2025
“Doc, mi scusi se mi commuovo ma mia figlia finalmente mi ha detto: ‘papà, giochi con me?’ E ha anche voluto la portassi io all’asilo. Solo io.
Allora sono un bravo papà anche io”.
Questa frase nelle ultime settimane l’ho sentita più volte, in più forme ma con lo stesso sunto: figli che accedono, finalmente, al papà.
I papà della nuova generazione hanno un compito difficilissimo.
Vogliono fare i papà, non “solo” essere padri biologicamente.
Vogliono dare dolcezza, affetto, presenza.
Ma non sanno come fare.
Vengono da generazioni di antenati che hanno avuto una storia di durezza, di pressioni sociali per cui certe cose sono da femmine (in senso dispregiativo), e gli uomini che sono anche dolci con i figli non vanno bene.
“I bambini vanno lasciati piangere, così diventano forti”.
Da storie di emozioni represse, che piangere non è virile.
“Fai l’uomo!”
E le loro mogli vengono da altrettante storie.
Antenate che non si sono potute fidare dei loro uomini.
Abbandonate, tradite.
Lasciate sole a crescere i figli, usate come forni e poi mollate lì.
Non è una colpa.
Ognuno fa quel che può.
Solo che poi arriva il momento di cambiare rotta.
E ci si prova, ma qualcosa di più grande di sè non da’ scampo.
Da dove partire?
Dal riconoscere, insieme, ciò c’è.
Dal riconoscere che un uomo farà il papà in modo diverso da come la mamma fa la mamma, perché… non è un mammo.
E “diverso” non vuol dire “sbagliato”.
Anzi!
Dal gioco.
Dal giocare con modalità specifiche con i propri figli.
E poi le cose accadono.
Le catene si liberano, i figli si fidano e sbloccano risorse che solo l’accedere al cuore di entrambi i genitori fa accadere.
C’è tanta forza nel permettersi di essere fragili.
C’è tanta forza nel concedersi di essere sostenute.
Quanta bellezza… 💓
www.datemifiducia.it