Datemi Fiducia della Dott.ssa Alice Righetti

Datemi Fiducia della Dott.ssa Alice Righetti Studio della Dott.ssa Alice Righetti, Psicologa Infanzia e Adolescenza, Consulente Educativa

“Doc, mi scusi se mi commuovo ma mia figlia finalmente mi ha detto: ‘papà, giochi con me?’ E ha anche voluto la portassi...
29/05/2025

“Doc, mi scusi se mi commuovo ma mia figlia finalmente mi ha detto: ‘papà, giochi con me?’ E ha anche voluto la portassi io all’asilo. Solo io.
Allora sono un bravo papà anche io”.

Questa frase nelle ultime settimane l’ho sentita più volte, in più forme ma con lo stesso sunto: figli che accedono, finalmente, al papà.

I papà della nuova generazione hanno un compito difficilissimo.
Vogliono fare i papà, non “solo” essere padri biologicamente.
Vogliono dare dolcezza, affetto, presenza.
Ma non sanno come fare.

Vengono da generazioni di antenati che hanno avuto una storia di durezza, di pressioni sociali per cui certe cose sono da femmine (in senso dispregiativo), e gli uomini che sono anche dolci con i figli non vanno bene.

“I bambini vanno lasciati piangere, così diventano forti”.

Da storie di emozioni represse, che piangere non è virile.

“Fai l’uomo!”

E le loro mogli vengono da altrettante storie.
Antenate che non si sono potute fidare dei loro uomini.
Abbandonate, tradite.
Lasciate sole a crescere i figli, usate come forni e poi mollate lì.

Non è una colpa.
Ognuno fa quel che può.

Solo che poi arriva il momento di cambiare rotta.
E ci si prova, ma qualcosa di più grande di sè non da’ scampo.

Da dove partire?
Dal riconoscere, insieme, ciò c’è.
Dal riconoscere che un uomo farà il papà in modo diverso da come la mamma fa la mamma, perché… non è un mammo.
E “diverso” non vuol dire “sbagliato”.
Anzi!

Dal gioco.
Dal giocare con modalità specifiche con i propri figli.

E poi le cose accadono.
Le catene si liberano, i figli si fidano e sbloccano risorse che solo l’accedere al cuore di entrambi i genitori fa accadere.

C’è tanta forza nel permettersi di essere fragili.
C’è tanta forza nel concedersi di essere sostenute.

Quanta bellezza… 💓

www.datemifiducia.it

Ritorna il Corso di Qualificazione di Associazione Genitorialità avente come referenti Elisa Benzi - il tempo migliore d...
17/01/2025

Ritorna il Corso di Qualificazione di Associazione Genitorialità avente come referenti Elisa Benzi - il tempo migliore della nostra vita ed io.

📚Un percorso di qualificazione per un lavoro spesso sottovalutato che ha, invece, grande importanza.
Soprattutto in questo periodo storico.📚

Il corso sarà ONLINE e sarà possibile partecipare da qualsiasi parte d’Italia.

Le lezioni, come nelle precedenti edizioni, saranno tenute da noi e da vari docenti esperti nel tema della lezione specifica.

Solo le selezioni entro il 3 febbraio permetteranno di iscriversi con tariffa agevolata.

Tutte le altre info nel post👇🏻

🎯 QUALIFICARSI PER DIVENTARE TUTOR DELL'APPRENDIMENTO 📚

Da diversi anni Associazione Genitorialità qualifica professionisti che affiancano famiglie e studenti nel percorso di studio, aiutando bambini e ragazzi a sviluppare autonomia e metodo.
Il nostro percorso formativo include:

🤝 Colloquio conoscitivo iniziale
🖥 8 lezioni multidisciplinari di gruppo online
🧑🏼‍🏫 Tirocinio pratico
📝 Esame finale
👩🏻‍🏫 Supervisioni periodiche post qualifica

💡 Perché scegliere una formazione completa? Perché l'apprendimento richiede tempo e consapevolezza.

Mentre proliferano corsi brevi di 3-4 ore, crediamo che per strutturare reali competenze sia necessario un percorso articolato.

Chi desidera aiutare altri ad apprendere riuscirà più efficacemente se investe iin una propria qualificazione approfondita. Sappiamo che la superficialità nella preparazione rischia di compromettere l'efficacia del supporto offerto a bambini e ragazzi.

POSTI LIMITATI

costo del corso:
- 449 € per chi partecipa alle selezioni fino al 3 febbraio 2025;
- 560 € per le iscrizioni successive.

Il corso partirà Sabato 1 marzo 2025 e durerà fino a maggio 2025.
Possibile rateizzazione del pagamento.

🌏 Corso ONLINE Nazionale: puoi partecipare al nostro percorso ovunque tu sia, veniamo noi da te!
📲 Per informazioni e iscrizioni al corso, visita questo link: https://forms.gle/coefVXBhfpoAWb2m6

Contatti: apprendimento@genitorialita.it, 3403000768

Ringrazio  per avermi mandato un post di una nota realtà pediatrica, in cui si afferma che ai bambini gli abbracci piacc...
23/12/2024

Ringrazio per avermi mandato un post di una nota realtà pediatrica, in cui si afferma che ai bambini gli abbracci piacciano a prescindere e, anche qualora sembrassero non desiderarli, per loro è un bene riceverli e va bene forzarli in tal senso.

NO.

È sbagliato. E anche grave, detto da dei professionisti.

Un bambino, per quanto non sia ancora un adulto, è GIÀ una persona.

E se manifesta, magari non con le parole ma anche “solo” con i comportamenti, di non volere un abbraccio… non è che non sappia decidere. O che non sappia cosa voglia.
Non è che sia stupido e allora vada forzato.

Un bambino già da molto piccolo sa sentire se un abbraccio sia gradito o meno in un dato momento.

E se non è gradito… è giusto lasciare che lo esprima.

A volte confondiamo l’ “essere educati” con un’obbedienza cieca.

Che senso ha parlare- giustamente- dell’importanza di far rispettare i propri confini e di rispettare quelli altrui da adulti, quando poi non si permette ai bambini di farne esperienza, partendo dal sentire del loro corpo, fin da piccoli?

Pensiamo forse che un adulto si svegli una bella mattina con la capacità di sentire, legittimare e far rispettare i propri sani confini o, forse, che ci arrivi attraverso l’esperienza?

Avere la possibilità di essere rispettati già da piccoli fa bene a sè e anche agli altri, perché un bambino autenticamente rispettato difficilmente diventerà un adulto che non rispetterà.

In questi giorni di festa con i parenti, questo tema può essere particolarmente sentito.
Quello che ho suggerito negli anni ai genitori passati nel mio studio che mi han chiesto consigli in merito,essendo sensibili a questo tema,è di preparare i parenti, ad es dicendo: “Stiamo insegnando a Stefano a rispettare il suo corpo. Non vogliamo forzarlo a dare baci e abbracci qualora non volesse. Possiamo trovare un altro modo per i saluti, però”.

Se non si è riusciti ad anticipare prima e, come adulti, davanti al figlio che non vuole l’abbraccio della zia, ci si sente in difficoltà, si può dire qualcosa tipo: “Zia,mi sa che Marta non ha voglia di abbracci ora,possiamo trovare un altro modo per salutarci”. (Continua nei commenti)

Nel mio studio, in fase di primo colloquio, chiedo sempre se ci siano bambini non nati.Di frequente accompagno i genitor...
18/10/2024

Nel mio studio, in fase di primo colloquio, chiedo sempre se ci siano bambini non nati.

Di frequente accompagno i genitori a prendere atto di quella che è la realtà: un bambino non nato, o meglio nato morto, qualsiasi sia la settimana in cui questo è accaduto, è a tutti gli effetti un fratello o una sorella dei figli nati vivi.

Va ricordato.

Semplicemente prendendo atto di questo, ergo della realtà.
Molte volte, i genitori mi riferiscono di sentirsi liberati nel momento in cui faccio presente questo.
Specie in caso di aborti alle prime settimane, non si sentivano legittimati a vedere la realtà.

Un bambino di qualche settimana non è “solo un grumo di sangue” o “un grumo di cellule”, per dire la cosa che mi è stata riferita più di frequente essere stata detta dal personale sanitario.

Prendere atto di questo aiuta i genitori e aiuta i fratelli e le sorelle rimasti.

Non di rado, quando il bambino per cui i genitori mi hanno contattata riceve questa comunicazione (molto utili, come supporto, i libri per bambini di ), il malessere per cui erano arrivati in consulenza cessa del tutto o diminuisce significativamente.

Non di rado, prima di ve**re da me, i genitori mi riferiscono di aver visto elementi di vario genere che hanno fatto tornare alla memoria questo fatto.

Nulla accade a caso.

Chi viene escluso, rischia di dover essere ricordato da chi resta. Il dolore che non si sono permessi di vivere mamma e papà, rischia di passare ai figli.
Dirsi la verità, e dirla a chi resta, è un regalo che porta serenità. Anche tra le lacrime che, finalmente, ci si permette di lasciar fluire.

www.datemifiducia.it

Nel mio lavoro lo vedo ogni giorno: i bambini sono sempre più impegnati.Giornate di tempo pieno fin dall’asilo, poi spor...
10/09/2024

Nel mio lavoro lo vedo ogni giorno: i bambini sono sempre più impegnati.
Giornate di tempo pieno fin dall’asilo, poi sport almeno due volte a settimana, magari anche nel week end.
Compiti per i più grandi, catechismo, attività di vario tipo.
Il tempo per l’ozio è ridotto al minimo.
Spesso non c’è.

Ma quando lo stress è troppo, arrivano i sintomi.

Che ce ne rendiamo conto o meno, come adulti tendiamo a riempire ogni spazio libero per non stare nel vuoto.
E insegniamo ai bambini a farlo fin da piccoli.

Siamo in una società difficile, dove il sostegno alle famiglie è pochissimo, ma lavorando con le famiglie ho notato che, molto spesso, almeno 1/3 dell’agenda agenda si può rivedere, se si ridefiniscono le priorità.

Oziare insegna tante cose.
Una su tutta: stare nelle emozioni.
Stare con quel che c’è.
Riempirlo col gioco libero, semmai.
Con quello che ad un bambino va di fare, non quello che deve.
Con il piacere e non solo con i doveri.

Siamo noi adulti che facciamo fatica ad accompagnare i bambini, che siano i propri figli o i bimbi con cui si lavora, perché nelle nostre emozioni ci stiamo poco e male.

Siamo disabituati a sentire i nostri, di bisogni, e sentire i bambini che li esprimono ci fa stare male: non sappiamo cosa farci.

Se non si rallenta, a volte arrivano i sintomi più disparati a dire: “Almeno così ci fermiamo tutti. Se non ascoltate i miei bisogni con le buone lo farò dandovi fastidio, e non perché lo faccia apposta ma perché è l’unico modo per essere visto/ vista”.

Non c’è niente di male a ricalibrarsi andando avanti ma il mio consiglio è: prima di partire a bomba con gli impegni extrascolastici, chiedetevi se non si possa togliere qualcosa, invece di aggiungerla.

www.datemifiducia.it

Negli anni ho rivalutato le etichette diagnostiche inerenti le neurodiversità quando si parla di scuola. Su quelle inere...
05/07/2024

Negli anni ho rivalutato le etichette diagnostiche inerenti le neurodiversità quando si parla di scuola.

Su quelle inerenti la sfera emotiva ne ho parlato in tanti post, quindi in questo caso non mi dilungo: basta cercare nel feed.

Sarebbe bellissimo che tutti gli insegnanti potessero adeguare sempre la loro didattica in base alle esigenze di ogni bambino ma - purtroppo - non accade spesso, e le valutazioni o gli scritti dello psicologo finiscono per essere l’unico modo efficace per tutelare un bambino che ha qualche difficoltà e permettere la stesura del PDP...
e soprattutto l’attenersi ad esso.

C’è però da ricordarci tutti che le etichette rischiano di diventare dannose se filtrano il nostro modo di vedere l’altro, diventando il tutto e inglobando il bambino stesso.

A quel punto non stiamo più lavorando con Alberto, un bimbo vivace, gentile, a volte irriverente, che ha una difficoltà specifica di lettura, oppure con Alessia, un’adolescente creativa, solare, romantica e con una difficoltà di attenzione, ma stiamo lavorando con “un DSA” e “un’ adhd”.

Il passo è spesso breve e capita anche ai professionisti più attenti.
Che siano insegnanti, psicologi, educatori ecc.
E, anche se fatte con tutta la buona fede del mondo, queste indelicatezze possono fare molto male.

In presenza di qualsiasi valutazione di uno specialista ricordiamoci che, davanti a noi, prima di tutto abbiamo UN BAMBINO o UN ADOLESCENTE: teniamolo a mente sempre quando ci rivolgiamo a lui o parliamo di lui.

E non solo quando è presente, ma anche nel nostro dialogo interiore.

www.datemifiducia.it

Ho spesso a che fare con genitori che, in assoluta buona fede, mi dicono di non comprare giochi come spade (pure di gomm...
01/07/2024

Ho spesso a che fare con genitori che, in assoluta buona fede, mi dicono di non comprare giochi come spade (pure di gommapiuma), pistole giocattolo, armi finte per la loro figli o di non prendere bambolotti, collane, pettini ai loro figli maschi, nonostante notano come i loro figli ne siano attratti.

Provare rabbia non ha genere.
Avere voglia di prendersi cura di qualcuno, idem.

Infatti altri genitori di bimbi maschi mi dicono: “ma le bambole sono da femmina”… quando la tenerezza è UMANA.

Non ha genere.

Ed escludere un bimbo maschio da questa possibilità gli farà credere che il suo lato sensibile e vulnerabile non sia ok.

Lo porterà, nel tempo, ad escluderlo a propria volta.
A sentirlo sbagliato.

Con tutti i problemi che questo comporta (“problemi nelle relazioni di coppia” vi dice nulla?😉)

Nel gioco spontaneo i bambini elaborano le loro esperienze di vita, da quelle quotidiane a quelle stressanti, e imparano a “stare con” le loro emozioni, anche con quelle spiacevoli.

Imparano a stare con tutti i lati di sè… senza rifiutarne alcuno.

Non occorre avere 10000 giochi, ma ha senso non escludere categorie solo per partito preso.

Sono sovrastrutture che abbiamo nella nostra mente di adulti.
I bambini non le hanno.

Fino a quando non le apprendono da noi, facendole proprie.

www.datemifidicia.it
Psicologa e Consulente Educativa esperta in Play Therapy
Preganziol (TV) e Online

“Gli ho chiesto cos’abbia ma non me lo vuole dire”.“Gli ho spiegato che non si fa ma non lo capisce!”“Le ho consigliato ...
27/06/2024

“Gli ho chiesto cos’abbia ma non me lo vuole dire”.
“Gli ho spiegato che non si fa ma non lo capisce!”
“Le ho consigliato di respirare quando si sente arrabbiata e di buttare via la rabbia”.

Tutte queste cose, quando si parla di bambini piccoli (almeno fino ai 10 anni), servono come masticare una chewingum allo scopo di risolvere i propri problemi sentimentali.

Tradotto: meno che niente.

E, magari, ci si becca pure una carie! 😅

Un bambino spesso non è che non vuole dire cos’abbia dentro sè, cosa lo turbi o lo faccia stare male.

SPESSO NON LO SA DIRE.

Non con le parole, quantomeno.

Idem dire ad un bambino di respirare per buttare via la rabbia.

E qui NON parlo di Mindfulness apposita per bambini (per cui serve una valida formazione) ma di consigli estrapolati dai rotocalchi di turno e addossati ai bambini da genitori (e fin qui ci sta), insegnanti (qui meno...) e, a volte, anche da parte di pseudo professionisti auto definitisi tali dopo aver letto due ricerche e mezzo libro, che non sanno nemmeno come sia fatto, un bambino (qui chevcelodicoaffà).

Se un bambino è grandicello , pur fatta così può anche aiutare nel momento clou, a volte, ma non andrà alla base.

Nè permetterà di promuovere risorse interne.

Spesso, decisamente più spesso, specie a lungo andare, sarà solo un modo per reprimere, sentire le proprie emozioni come sbagliate ed esplodere successivamente.

Il gioco è il linguaggio del bambino quando si parla di mondo interiore.

Ed è anche il mezzo, se fatto con modalità terapeutiche come la Play Therapy, per stare meglio e risolvere molte difficoltà, oltre che per prevenirle.

Ad ogni età lo strumento giusto.

Dott.ssa Alice Righetti
Psicologa e Consulente Educativa
esperta in Play Therapy®️

Ricevo a Preganziol (TV) e Online

www.datemifiducia.it

Daremmo mai un voto ad una rosa in base a se fiorisca prima o dopo?Se abbia un colore rosa più intenso o meno?Non ci fer...
26/06/2024

Daremmo mai un voto ad una rosa in base a se fiorisca prima o dopo?
Se abbia un colore rosa più intenso o meno?

Non ci fermeremmo forse, semplicemente, a guardarne la bellezza, respirarne il profumo, ammirarne la sua unicità?

Eppure accettiamo che con gli studenti venga fatto, sin da bambini.

Presi 5 alla prova di psicologia durante l’esame di maturità.
Il progetto dove presi 5 lo realizzai con successo solo qualche anno dopo, presso una scuola dell’infanzia.

Se mi fossi fermata a quel voto attribuito da un prof visto una volta (era un prof esterno) e lo avessi considerato capace di definire il mio valore, quel progetto non sarebbe mai nato.

Figurarsi se avessi scelto di non fare la facoltà di psicologia basandomi su quel voto.

Eppure succede a tanti, non è così fuori dal mondo cadere in certi meccanismi.

Vedo ogni anno soprattutto adolescenti dare troppo peso al giudizio esterno, specie in riferimento alla scuola e ai voti.

L’emozione con cui si presentano: l’ansia.
Ansia per la verifica, ansia quando studiano, ansia di andare a scuola in generale.

Cosa c’è sotto?

Ovviamente c’è sempre una soggettività.
In linea di massima, però, ci sono dei punti che tornano.

Qualcosa di profondo in sè che si ribella a questa immagine precostituita.
Ad essere definiti da altri.
A “diventare” un voto.
A vedersi definiti nel proprio valore, non solo per una prestazione.
A dover sempre essere altezza (altezza di cosa, poi?) dimenticando cosa si vuole davvero e la propria unicità.

Troppe aspettative altrui, nel tempo, cancellano la propria voce interiore.

Aiutare a ridare peso, fin da bambini, a quello che è il voto, è una cosa molto importante da fare come genitori e come insegnanti.
Come adulti in generale.

Perché il voto dovrebbe definire solo una prestazione.
Checchè ne dicano, con una grande base di soggettività, tra l’altro.

Non dovrebbe mai diventare un giudizio sulla persona, tantomeno sul suo valore.

Perché nessuno si merita di “essere” un 5.
Ma nessuno si merita nemmeno di relegare la propria identità ad “essere” un 10 o, ancora peggio, a cercare di esserlo, quel 10, perché altrimenti non sa chi è.

www.datemifiducia.it

Ha messo in ordine la stanza: “Bravo amore!”Ha mangiato tutto: “Brava la mia bambina”.Ha fatto un “bel” disegno: “Ma sei...
04/04/2024

Ha messo in ordine la stanza: “Bravo amore!”
Ha mangiato tutto: “Brava la mia bambina”.
Ha fatto un “bel” disegno: “Ma sei proprio bravissimo!”

E così abituiamo i bambini, fin da piccoli, a meritarsi l’amore di mamma e papà.

Se fanno qualcosa fatto bene, sono bravi.
Se non danno fastidio a mamma e papà, a costo di reprimere la loro natura, idem.

Se esprimono se stessi dando fastidio, se non fanno qualcosa nel migliore dei modi (secondo chi?), se non soddisfano i bisogni dei genitori, allora arriva il disappunto.

Nei volti.

A volte nelle parole.

A volte in un silenzio che parla.

Poi ci lamentiamo quando, da grandi, nelle relazioni sentono come sia necessario fare un sacco di cose per guadagnarsi l’amore.

Come se l’amore fosse un qualcosa da ottenere con il sacrificio.
Anche a discapito di se stessi e del proprio benessere.

“Se faccio il bravo/ la brava mi amerà”.
“Se mi arrabbio non mi vorrà più bene”
“Se mi vedrà vulnerabile mi lascerà da solo”.

Idem al lavoro.
“Se mi prendo più carichi del dovuto, se sopporto, se non chiedo, verrò valorizzato”.

I bambini sono capaci di rinunciare a se stessi pur di essere visti, di essere amabili.

Il problema è che non lo fanno solo da bambini: continueranno anche da adulti.

A discapito di sentirsi realizzati.
Di sentire i propri veri bisogni.
Di esprimere la propria natura.

Come fare?

Non c’è il consiglio magico risolutivo.
Su queste cose si lavora all’interno di un percorso.

Se vuoi, però, puoi iniziare da un paio di cose tanto semplici quanto efficaci.

Dire “grazie” al posto di “bravo”.
Dove sia possibile farlo.

Ha messo a posto la stanza?
“Grazie”.

Riflettere sul processo.
Ha preso un voto “bello”?
(E qui ci sarebbe da aprire 400 capitoli)
“Sei soddisfatto del risultato che hai ottenuto?”.

E se ti senti a disagio nel farlo, se non ti viene, se non ne capisci il senso…

Ci si può sempre lavorare.
Insieme.

www.datemifiducia.it

G. (iniziale di fantasia) è una bimba delle elementari.Arriva con una diagnosi: “disturbo oppositivo provocatorio”.I gen...
26/02/2024

G. (iniziale di fantasia) è una bimba delle elementari.
Arriva con una diagnosi: “disturbo oppositivo provocatorio”.
I genitori parlandomi di lei non usano mai parole positive.
Come spesso accade davanti ad una diagnosi in età evolutiva sulla sfera emotiva: “G. È così perché è colpa del disturbo”.

Con delicatezza e fermezza metto in chiaro il mio modo di lavorare.

Non aiuto a “tenere a bada i disturbi”.

Aiuto i bimbi a liberarsi e le loro famiglie ad aiutarli a farlo.

Se sono pronti a fare un lavoro di squadra,da una parte la Play Therapy per aiutare le risorse di G, dall’altra uno spazio per loro, a vedere davvero G. con nuovi occhi e andare alla base delle difficoltà in famiglia,ci sono.

Altrimenti ci sono altre figure professionali validissime.

Decidono di mettersi in gioco.

Nel giro di pochi incontri, i genitori ri-scoprono le qualità di G. e vedono che quelle modalità definite “oppositive” erano solo la risposta migliore che riuscisse a dare davanti ai loro atteggiamenti in cui, seppur in buona fede, G.era il capro espiatorio.

Per fortuna si è OPPOSTA.
Ad una visione filtrata della sua essenza.
Ad un’immagine non corrispondente al vero di sè.
Per fortuna ha PROVOCATO: Mamma, papà, mi vedete davvero?
Lo sentite il mio grido di aiuto?

Intanto, nella Play Room, G. ha trovato uno spazio in cui sperimentare ruoli diversi rispetto a quello in cui era stata relegata, trovare risorse e sentirsi più intera, attraverso una specifica modalità terapeutica di gioco.

C’è voluto qualche mese per togliere forza all’etichetta (doppio lavoro rispetto a chi fa valutazioni da me o da professionisti che non utilizzano modelli presi dalla psichiatria), consolidare, camminare da soli senza cercarla in modalità che legittimassero un problema “nella” bambina, invece di una difficoltà famigliare, ma ora così è.

È facile dire che un’etichetta sul piano emotivo per un bambino è solo un punto di partenza.
Sono certa che molti professionisti siano in buona fede.

La realtà è che…Dipende.

Spesso, specie se non si trovano dei professionisti “giusti” dopo, è un punto di arrivo.

E al posto di un bambino aiutato c’è un bambino segnato.
Almeno fino a quando non sarà adulto.

www.datemifiducia.it

Indirizzo

Via Dei Sponcioni 9 A
Preganziol
31022

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Datemi Fiducia della Dott.ssa Alice Righetti pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Datemi Fiducia della Dott.ssa Alice Righetti:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram

Digitare

Perchè “Datemi Fiducia”?

Sono Alice Righetti, Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi della regione Veneto n 10445.

Quando mi presento professionalmente mi piace dire che nasco educatrice, divento tutor dell’apprendimento e poi psicologa.

“Datemi fiducia" nasce dal desiderio di rivolgersi a tutti quei genitori e quei bambini che chiedono a noi operatori di aver fiducia nelle loro competenze, di dare valore alle loro risorse e di incoraggiarli e sostenerli nell'effettuare scelte consapevoli e autonome.