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L’ENZIMA AROMATASI | testosterone – estrogeni – surreni & nutraceutici  pt1 L’aromatasi è un enzima che in fase fetale c...
08/05/2024

L’ENZIMA AROMATASI | testosterone – estrogeni – surreni & nutraceutici pt1

L’aromatasi è un enzima che in fase fetale consente all’organismo di convertire il testosterone in estrogeni. E’ dunque essenziale sia per contenere il testosterone fetale (altrimenti tossico) sia per consentire la maturazione del genere femminile. Sotto un profilo epidemiologico una particolare anomalia di questo enzima sta emergendo con evidenza nelle popolazioni occidentali, sovente per una qualità di vita più opulenta e per una maggiore durata della stessa. La vita media europea, oggi oltre gli 80 anni, fino al XIX secolo non superava i 30 - 40 anni.

È una sindrome che aumenta intorno ai 50 anni, età che costituisce di gran lunga il segmento con il maggior numero di abitanti in Italia (ma non è rara nei giovani d’oggi). Per altro gli over 65, nel nostro Paese sono 14 milioni (23% della popolazione). E’, dunque, una patologia quasi fisiologica e progressiva con l’avanzare dell’età che richiede un approccio sinergico di quanti più metodi terapeutici contemporanei dei quali almeno tre appaiono realistici: dieta, esercizio fisico abituale, supplementi. Occorre tutelare la carenza proteica che caratterizza questa condizione, vuoi per eccessivo consumo metabolico. Occorre un’alimentazione qualitativa antiossidante e di facile assimilazione da contrapporre ad una nutrizione eccessivamente quantitativa e ricca di sostanze ossidanti.

L’anomalia di questo enzima è ben nota come iperespressione cronica. L’iperespressione anomala dell’aromatasi genera deposito di tessuto grasso per trasformazione degli zuccheri in lipidi (liposintesi) e conseguente progressione di steatosi di organi importanti. Rallenta l’utilizzo degli zuccheri facendo progressivamente salire la glicemia conducendo a diabete di tipo2 e ad un quadro simile alla sindrome metabolica. Aumenta di contro l’utilizzo energetico delle riserve proteiche (proteolisi) con conseguente perdita di massa magra ed astenia. Il soggetto ormai sovrappeso pur mangiando meno, ingrassa.
Cala il testosterone che viene compensato producendo diidrotestosterone (aumenta la 5alfa-reduttasi)
al fine di compensare la perdita di energia muscolare. Aumentano gli ormoni inadatti alla vita quotidiana dell’uomo: la prolattina, il cortisolo e gli estrogeni. Come se ciò non bastasse, questo fenomeno
aumenta la produzione di tossine endogene (radicali) e sovraccarica conseguentemente il sistema immunitario,
particolarmente quello legato alla matrice extracellulare.

Le cause di questa iperespressione possono essere:
- Iperespressione per polimorfismo genetico. È siglata solitamente come “polimorfismo del CYP19A1” ed è diagnosticabile solo a partire dall’avvento di indagini genetiche, solo dal 2015.

- Iperespressione secondaria. Molte situazioni cliniche conducono ad un calo del testosterone, aumento
del cortisolo, indebolimento dei surreni. In tutte queste situazioni si può facilmente instaurare una prevalenza di estrogeni e di aromatasi per mancanza delle compensazioni ormonali.
Questo enzima tende a sopravvivere a qualsivoglia calo degli equilibri ormonali ed è forse uno degli ultimi meccanismi biologici ad esaurirsi nell’anziano e nel malato cronico. L’iperespressione secondaria si può riscontrare quindi in difetti alimentari, stress surrenalico, scompensi dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, eccesso di inquinanti biologici, patologie croniche debilitanti il sistema ormonale surrenalico.
Una iperaromatasi secondaria si può evidenziare sul persistere di alcuni parametri ormonali alterati. Progesterone, DHEA, dopamina e testosterone libero bassi con contemporaneo aumento di SHBG, DHT, prolattina.

Come ovviare a tutto ciò? (Solo un endocrinologo esperto può parlare di protocolli terapeutici farmacologici vedi antiaromatasici, antiprolattinici. Molti di questi casi vengono attualmente gestiti ahimè in modo frazionato sotto forma di molteplici patologie a sé stanti.
Questa complessa disfunzione cronica e sistemica, causa prima di moltissime patologie, può essere gestita con una sinergia di interventi terapeutici naturali e fisiologici oltre che dai farmaci antiaromatasici.

I fitoterapici adattogeni idonei per questa complessa patologia sono quelli dotati di proprietà antiaromatasica
e limitanti l’eccesso di dht, nonché riattivatori del metabolismo sia del testosterone che dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Vediamo insieme quali:

GANODERMA LUCIDUM
“Il fungo dell’immortalità” In questo contesto potenzia l'utilizzo dell'ATP mitocondriale, grazie anche al contenuto di germanio organico presente. L’aromatasi patologica genera ipossigenazione e rallentamento
del microcircolo.
MOMORDICA CHIARANTIA
Rampicante originaria delle Filippine, contiene polipeptide-P, una sorta di insulina vegetale, ed è ampiamente nota come antiglicemico, ipolipidico, normocolesterolizzante, antidepressivo.
Numerose ricerche la ritengono specifica contro la sindrome metabolica e potenzialmente limitante l'iperaromatasi.
EPILOBIUM ANGOSTIFOLIUM
Proviene dalla farmacopea dei nativi americani ed è utilizzato quale inibente sia dell’aromatasi che del 5alfa-reduttasi
WITHANIA SOMNIFERA
Adattogeno ajurvedico, ormai noto a molti, agisce migliorando e riequilibrando i neuromodulatori cerebrali e
le funzioni ortosimpatiche (compresa la dopamina), funzioni tendenzialmente alterate ed indebolite dall'iperaromatasi stessa.
SULFORAFANO
Composto isotiocianatico presente, insieme all’indole-3-carbinol (DIM), nella famiglia delle crucifere (broccoli) è dotato di proprietà antiaromatasiche, incrementa la lipolisi, è un’antidiabetico, è studiato quale normalizzante delle prostaglandine.
L-CARNITINA
È un derivato aminoacidico indispensabile ai neuorotrasmettitori e dei mitocondri. “Brucia grassi” naturale, è
centrale nel contrastare una prevalenza secondaria di aromatasi.
D. CHIROINOSITOLO
Deriva dall’inositolo e dal successivo mioinositolo (estrogenizzante) e serve a limitare l'eccesso estrogenico.
CoQ10
Indispensabile alla produzione mitocondriale in ATP, pur in piccola quantità, è utile in presenza di uno scompenso metabolico caratterizzato da un generale rallentamento nella produzione di energia intra ed extra cellulare. Il Q10 inoltre attiva le funzioni detossificanti del glutatione intracellulare in un contesto certamente sovraccaricato di radicali liberi.

SIRT-1 | il gene della longevità – restrizione calorica e slow-agingPer spiegare i meccanismi biologici dell’invecchiame...
18/03/2024

SIRT-1 | il gene della longevità – restrizione calorica e slow-aging

Per spiegare i meccanismi biologici dell’invecchiamento e ottenere una maggiore aspettativa di vita sono state formulate numerose ipotesi e sono stati condotti numerosi studi. Tra i diversi approcci di ricerca e interventi antiaging, la riduzione dell’intake calorico rimane la via più accreditata. Il regime restrittivo implica una riduzione del 20-30% rispetto all’assunzione considerata “normale”. Studi in numerose specie hanno mostrato che la restrizione calorica può ridurre l’incidenza e rallentare l’insorgenza di patologie legate all’età (malattie cardiovascolari e neurodegenerative), migliorare la resistenza allo stress e decelerare il declino funzionale e anche aumentare il lifespan.
La restrizione calorica altera l’espressione genica e favorisce l’espressione di geni coinvolti nella riparazione cellulare, nel turnover e sintesi proteica, nella resistenza allo stress e nel metabolismo del glucosio. Numerosi geni implicati nei meccanismi di stress ossidativo e nell’infiammazione risultano downregolati. Il declino delle funzioni cellulari associato all’invecchiamento è attenuato dalla CR (Dirks e Leeuwenburg, 2006).

Una famiglia di enzimi, quella delle sirtuine, enzimi deacetilasici NAD dipendenti coinvolti nel silenziamento genico. Il gene Sir2 (Silent information regulator 2), da cui deriva il nome dell’intera famiglia, è stato uno dei primi geni della longevità ad essere identificato negli organismi inferiori. Varie specie, dai lieviti all’uomo, esprimono varianti di questo gene, la cui attivazione estende l’aspettativa di vita. Nei mammiferi sono stati identificati sette geni appartenenti a questa famiglia (SIRT1-7). In particolare, il gene omologo a Sir2 è il SIRT1 (Sir2 homolog 1). Esso codifica per la proteina Sirt1, in grado di deacetilare proteine nucleari e citoplasmatiche che controllano processi cellulari critici, come l’apoptosi e il metabolismo.
SIRT1 regola la produzione di insulina e glucosio, il metabolismo lipidico e la sopravvivenza cellulare, da cui la speculazione che le sirtuine possano mediare gli effetti della restrizione calorica nei mammiferi. Dunque, il potenziale ruolo antiaging del gene Sir2, identificato per i lieviti, sembra essere valido anche per i mammiferi con meccanismi più complessi che coinvolgono un ricco pattern proteico, tra cui anche p53 e vari enzimi implicati nei meccanismi di riparazione cellulare. Dunque, la restrizione calorica promuove la sopravvivenza cellulare mediante induzione della deacetilasi Sirt1.

Nel 2003, il team di Sinclair ha descritto 18 molecole derivate da piante in grado di attivare le sirtuine nei lieviti e ne ha studiato gli effetti su SIRT1, l’omologo umano di Sir2. I flavoni quercetina e fisetina, gli stilbeni piceatannolo e resveratrolo e il calcone buteina stimolavano SIRT1 da 5 a 13 volte.
L’attivatore più potente risulta essere il resveratrolo, un composto sintetizzato da un gran numero di piante in risposta allo stress e presente in quantità apprezzabili nell’uva e nel vino rosso. Questa molecola è già nota per il suo ruolo protettivo nei confronti di numerose patologie, tra cui quelle cardiovascolari, neoplastiche e neurodegenerative. Alcuni Autori hanno ipotizzato che le piante sintetizzino composti come il resveratrolo in risposta allo stress e restrizione di nutrienti, in maniera da attivare vie metaboliche che vedono coinvolte le sirtuine e che funghi e animali in simbiosi con le piante stimolino le proprie sirtuine utilizzando composti fenolici derivati dalle piante stesse. Uno studio apparso su Nature nel 2004 mostrava che la somministrazione di resveratrolo, oppure l’utilizzo di una dieta ristretta in calorie, estende la lunghezza della vita, ma solo se questi organismi possiedono il gene Sir2 (Wood, Sinclair et al., 2004). In S. cerevisiae, il resveratrolo è in grado di aumentare il lifespan fino al 70% e non mostra alcun effetto sull’aspettativa di vita di un mutante privo di Sir2, e questo fa pensare che l’effetto sulla longevità sia dovuto ad una stimolazione diretta di Sir2. Anche nell’animale da laboratorio il resveratrolo è in grado di aumentare il lifespan stimolando l’attività dell’enzima deacetilasico NAD-dipendente Sirt1. La maggior parte delle conoscenze attuali sugli effetti della restrizione calorica si basano su modelli sperimentali (roditori). Per esplorarne gli effetti sugli altri mammiferi sono tuttora in corso studi su primati non umani. Anche se saranno necessarie diverse decadi prima che si possano discernere gli effetti della restrizione calorica condotta per tutta la lunghezza della vita sulla longevità, gli adattamenti fisiologici e biochimici osservati sino ad ora sono consistenti con gli adattamenti pro-longevità osservati nei roditori. Per quanto riguarda altre malattie correlate all’invecchiamento, studi recenti hanno rivelato l’attività neuroprotettiva delle sirtuine. Il resveratrolo sembra promuovere la via non-amiloidogenica della proteina precursore dell’amiloide, modulando la patogenesi della malattia di Alzheimer (Thimmappa e Anekonda, 2006).

Negli obesi le cellule adipose brune mostrano una scarsa attività mitocondriale; pertanto tutte le sostanze nutritive ingerite si trasformano in grasso corporeo. L’obesità è anche associata a insulinoresistenza e ridotta fosforilazione ossidativa. Nei mammiferi, il gene SIRT1 modula l’attività di PGC-1α, un coattivatore di recettori nucleari ormonali che promuove la biogenesi mitocondriale nel muscolo scheletrico e nel tessuto adiposo bruno. Due nuovi studi condotti dal gruppo di ricercatori guidati da Auwerx e Sinclair (Baur et al, 2006) dimostrano che il resveratrolo migliora il bilancio energetico, aumentando la sensibilità all’insulina e aumenta la funzione mitocondriale nel topo stimolando la deacetilazione di PGC-1α, mediata da Sirt1. Queste osservazioni hanno implicazioni importanti per il trattamento dell’obesità, del diabete tipo II e possibilmente per altre patologie associate all’invecchiamento.

Le sirtuine svolgono un’attività antinfiammatoria atta a prevenire l’insorgenza di malattie cronico degenerative, l’invecchiamento precoce e l’indebolimento delle naturali difese dell’organismo. Il mondo vegetale è ricchissimo di micronutrienti che le piante producono per difendersi dall’aggressione di parassiti, batteri, agenti atmosferici, e che una volta introdotti nell’organismo evidenziano la capacità di modulare i geni SIRT.
Queste sostanze sono oggi estraibili e rese disponibili per l’uomo.

Lo Pterostilbene è contenuto principalmente nei mirtilli e nella vite rossa; è un analogo del più noto resveratrolo ma è più disponibile di quest’ultimo e favorisce attraverso l’incremento del fattore Nrf2 l’attività di diversi enzimi coinvolti nella protezione e detossificazione delle cellule; favorisce inoltre l’apoptosi cellulare, presenta un’azione antinfiammatoria grazie alla riduzione dell’attività delle COX2, inibisce inoltre i meccanismi di proliferazione cellulare.

Quercitina e idrossitirosolo, sono altri polifenoli, con significativa attività anti radicalica, antinfiammatoria, neuroprotettiva. La quercitina ottenuta da Sophora Japonica, svolge un‘azione pleiotropica che inibisce l’attività di fattori infiammatori, quali NFKB, IL6, IL10, COX, LOX e contribuisce a inibire la proliferazione cellulare, riduce l’assorbimento del glucosio a livello intestinale. È impiegata come rimedio preventivo nelle affezioni polmonari, immunomodulatore e antibatterico.

L’idrossitirosolo, contenuto come oleuropeina nell’olio di oliva è un composto dotato di elevatissime proprietà antiossidanti associate ad una significativa attività neuro e cardio protettiva.
Gli estratti di Vite rossa e pino marittimo contengono sempre polifenoli, catechine A e B, con diverse peculiarità, in grado di esercitare un’azione protettiva sulla microcircolazione e il sistema nervoso.
Infine l’estratto di broccoli ricco in sulforafano un composto chimico appartenente alla famiglia degli isotiocianati cui diversi studi attribuiscono una potenziale azione antiossidante e chemiopreventiva, verso i tumori a seno, prostata, colon e derma, polmoni, stomaco e vescica.

Cosa dobbiamo portare a casa? Dobbiamo limitare l’intake calorico? Si, ma attenzione! Nel campo dell’antiaging si suggerisce che sia improbabile che la massima aspettativa di vita dell’uomo possa essere estesa da singoli interventi come la restrizione calorica. E’ stato pure detto che mentre gli effetti benefici di CR sulla aspettativa di vita potrebbero essere quasi universali, il beneficio per l’uomo sarebbe piccolo, anche adottando un regime di CR per lunghi periodi di tempo (Phelan and Rose, 2005). Inoltre, esistono potenziali preoccupazioni per la salute, in particolare se CR è praticata in maniera scorretta (troppo severa!) o da soggetti a rischio (bambini, sportivi sotto stress cronico, anziani o donne in gravidanza). Gli effetti indesiderati potrebbero essere:perdita della libido, irregolarità mestruali (a causa dell’ eccessiva perdita di grasso corporeo e del declino concomitante degli ormoni steroidei), infertilità femminile, osteoporosi (da bassi livelli di estrogeni), eccessiva sensibilità al freddo e debolezza. Si osserva anche una cicatrizzazione rallentata (a causa della ridotta biosintesi di collagene e minor proliferazione cellulare), e condizioni psicologiche come depressione, ansia e irritabilità. Dunque, uno stile di vita improntato alla restrizione calorica deve essere iniziato con estrema cautela e sotto stretta supervisione medica. Giovanni De Magistris

INTESTINO e “DIGIUNO” – ALLENAMENTO - SISTEMA IMMUNITARIO e ALLERGIE | involuzione scientifica?  Sistema nervoso intrins...
16/02/2024

INTESTINO e “DIGIUNO” – ALLENAMENTO - SISTEMA IMMUNITARIO e ALLERGIE | involuzione scientifica? Sistema nervoso intrinseco ed estrinseco.

Oggi tutto è raggiungibile facilmente, o almeno è quello che vi fanno credere. Non ho alcun interesse nel contrastare pareri altrui o nel deludere le aspettative di chi vuole tutto e subito, anzi ben vengano i risultati sperati in poco tempo ma solo quando ben gestiti e contestualizzati, ovvero quando siamo noi a trainare le redini di ciò che deve accadere e ciò che sarà anziché iniziare un percorso, sperare che ci porti ai risultati desiderati, che non accada nulla di spiacevole nel mentre e ancor più senza conoscerne le conseguenze future.

Detesto, è chiaro, quando si vuol far passare un messaggio erroneo, provo quindi a dirvi la mia ma non sarà facile essendoci nel mezzo, una moltitudine di fattori spesso personali (ritmi circadiani, “genetica” dello stress) a modificare la risposta di adattamento e le performance.
Una delle cose che più spesso mi chiedono è: posso allenarmi se seguo il digiuno intermittente? La mia risposta è no. Niente assolutismi di sorta sia chiaro, un paio di giorni di IF se non si è agonisti o si hanno grosse pretese non è da bocciare a priori, anzi se si parla in termini salutistici nel BREVE è un approccio adattabile soprattutto per ridurre determinati sintomi quali: spossatezza, sonnolenza postprandiale eccessiva, resistenza insulinica, stimolare il sistema immunitario (nel BREVE).

Ma parliamo di chi invece caparbiamente si allena ogni giorno o quasi, chi pratica attività anaerobica ed aerobica intensa e vive in perenne stato di carenza energetica. La carenza energetica non si verifica solo in situazioni di ipocalorica ma anche in condizioni di aumentata richiesta energetica soprattutto se siamo a digiuno (anche se non è un vero digiuno ma poi ci arriveremo). Le carenze non sono solo caloriche ma anche e soprattutto di nutrienti e di “neuronutrienti” ovvero quegli elementi utili al mantenimento del tono dell’umore e del buon funzionamento del sistema nervoso, a partire dai banali aminoacidi che fanno da mattoni per alcuni neurotrasmettitori endocrini.

Mi spiego meglio, il cibo è terapia, noi siamo quello che mangiamo, ahimè è già dura approvvigionarsi di alimenti genuini e qui apro una parentesi “ciò che portiamo in tavola è coltivato/allevato in un ecosistema ambientale più o meno inquinato, spesso molto distante da noi (l’importanza del km zero per la nostra genomica nutrizionale), spesso dove le falde acquifere sono più o meno inquinate, dove i mari sono più o meno inquinati. Le carni e il pesce che non derivano dalle nostre terre o dai nostri mari ci garantiscono eccellenza e qualità?’’. La risposta a queste e altre domande in parte è già stata data negli anni da numerose ricerche scientifiche.

Il cibo interagisce col nostro cervello e col nostro intestino, con il sistema nervoso intrinseco (sistema nervoso enterico e sistema endocrino enterico) e col sistema nervoso estrinseco (sistema nervoso autonomo e sistema endocrino come tutti i tessuti e apparati dell’organismo). Il SNE e il sistema endocrino enterico da soli riescono a far funzionare il tratto gastro intestinale e a regolarne la funzione digestiva basandosi sulla quantità e qualità di cibo presente nel distretto. Il sistema di controllo estrinseco si limita a modulare la funzione propria del sistema di controllo intrinseco. Il SNE è presente per l’intera lunghezza del tratto gastrointestinale, è un sistema complesso composto da diverse tipologie di neuroni simili a quelli presenti nel midollo spinale. I plessi del SNE sono costituiti da tre distinte categorie di neuroni: Neuroni sensitivi (Afferenze sensitive); Neuroni motori (Efferenze motorie); Interneuroni o neuroni associativi.
Il sistema nervoso estrinseco è quella rete di nervi che connette il sistema nervoso intrinseco (SNE) al sistema nervoso centrale (SNC) ed è costituito dal sistema nervoso autonomo (SNA: simpatico e parasimpatico).

Le sostanze ad azione ormonale rilasciate nel tratto gastroenterico sono per lo più di natura peptidica: Gastrina la cui azione primaria è di stimolare la secrezione acido cloridrico, e la cui azione secondaria è di stimolare la motilità gastrica e l’accrescimento della mucosa. La Secretina: stimola la produzione di bicarbonato dal pancreas. Colicistochinina(CCK): Primario: stimola la secrezione di enzimi digestivi pancreatici, secondario: Inibisce lo svuotamento gastrico. Peptide inibitore gastrico (GIP): primario: Inibisce la secrezione e motilità gastrica, secondario: stimola la secrezione dell’insulina.

Le pareti del tratto gastrointestinale sono muscolari, dotate quindi di movimento. Il movimento del tratto gastrointestinale assolve a diverse funzioni: propulsione, demolizione meccanica del cibo, mescolamento fra cibo ed enzimi digestivi, avvicinamento fra elementi nutritivi e parete intestinale con funzione “assorbitiva”.
Il tratto gastrointestinale è probabilmente il sistema più esposto verso il mondo esterno del nostro
Organismo. Questa condizione richiede un complesso sistema difensivo che separa il contenuto intestinale dai tessuti ospiti e regola l'assorbimento dei nutrienti, permettendo interazioni tra il microbiota
residente e il sistema immunitario intestinale: questa unità funzionale è chiamata "Barriera
Intestinale (Gut Barrier)". La barriera intestinale è composta dallo strato mucosale epiteliale,
dal microbiota, dal sistema immunitario innato e adattativo associato alla mucosa, dal sistema
linfatico intestinale e dal sistema endocrino/neuroenterico intestinale. Lo strato più esterno della “Gut barrier” è costituito dal microbiota intestinale, il quale è in stretto contatto con un semplice meccanismo di protezione antimicrobica: il muco intestinale, la prima barriera fisica che i batteri incontrano nel tratto intestinale. Esso separa il contenuto endoluminale dallo strato interno della barriera intestinale e contiene prodotti antimicrobici e IgA secretorie.

Lo strato intermedio della “gut barrier” è costituito dall’epitelio intestinale formato dagli enterociti,
cellule fondamentali per l’assorbimento dotate di una membrana cellulare a doppio strato
fosfolipidico permeabile ai composti lipofili. Ne deriva che l’epitelio intestinale, oltre a essere
responsabile dell’assorbimento dei nutrienti, regola anche l’omeostasi di acqua e ioni e funge da
barriera protettiva per impedire ai patogeni, che arrivano nel lume intestinale, di superare la barriera
epiteliale e provocare infiammazioni della mucosa. In condizioni normali, con lo strato epiteliale
intatto, le cellule sono connesse da due principali tipi di giunzioni intercellulari.
Una perdita delle giunzioni aderenti implica un’interruzione nei contatti cellula-cellula e cellula-matrice con una serie di conseguenze che portano all’apoptosi prematura.

Le cellule immunitarie della mucosa intestinale sono organizzate in un sistema specializzato e compartimentato noto come "tessuto linfoide associato all'intestino" o Gut-Associated Lymphoid
Tissue (GALT). È uno dei più grandi organi linfoidi, che induce sia le risposte immunitarie a
microrganismi patogeni e sia la tolleranza immunitaria ai batteri commensali. Componenti della dieta come acidi grassi polinsaturi omega-6, acidi grassi saturi a catena lunga, proteine e carboidrati digeribili, sono associati all'infiammazione intestinale e all'aumento della permeabilità intestinale, al contrario, acidi grassi polinsaturi omega-3, vitamina D, trigliceridi a catena media, peptidi bioattivi derivati dagli alimenti, alcuni probiotici e prebiotici e carboidrati non digeribili riducono la permeabilità intestinale e migliorano quindi l’integrità mucosale.

Cosa accade durante le ore di diguno?

Saltare il primo pasto della giornata comporta squilibri a livello dei monociti, globuli bianchi deputati alla difesa dalle infezioni. La riduzione dei monociti nel sangue è proporzionale alle ore di astinenza dal cibo. E’ quanto sia stato scoperto da uno studio del Mont Sinai Hospital (USA), condotto sul modello animale.
Dopo un digiuno di 24 ore, agli animali che non mangiavano al risveglio è stato di nuovo dato del cibo e questo ha determinato un aumento dei livelli di globuli bianchi nel sangue, come evidenziato dagli autori.
Fonte: Immunity 2023

Cosa sappiamo in merito al digiuno?

Il digiuno stimola ormoni controinsulari tra i quali troviamo il cortisolo: tra gli effetti del cortisone e del cortisolo, c'è anche quello di modificare la composizione delle popolazioni di linfociti T presenti nel sangue, inducendo la diminuzione del sottogruppo preposto a sostenere la risposta immunitaria diretta a combattere le infezioni.

Benché ancora noto soltanto in parte e da precisare nei dettagli, l'abbassamento delle difese immunitarie da stress sembra essere primariamente legato a un meccanismo che chiama in causa il cosiddetto "asse ipotalamo-ipofisi-surrene", ossia il sistema di autoregolazione della produzione di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali, controllato da segnali neuroendocrini inviati da strutture presenti nel sistema nervoso centrale.

Lo stress acuto aumenta bruscamente la produzione di cortisolo allo scopo di indurre uno stato di allerta a livello fisico e mentale che predispone l'organismo a reagire a un supposto pericolo, concentrando il dispendio energetico a sostegno delle funzioni immediatamente necessarie (vista, udito, olfatto, attività muscolare, riflessi ecc.) e mettendo in stand-by quelle temporaneamente meno importanti (fame, sete, digestione, sonno ecc.).

Nelle prime 24 ore, lo stress non sembra incidere in modo significativo sull'attività del sistema immunitario. Successivamente, invece, l'aumento della produzione di cortisolo ha effetti antinfiammatori del tutto analoghi a quelli dei farmaci corticosteroidi (cortisone) assunti per contrastare, per esempio, malattie infiammatorie croniche severe o autoimmuni e il dolore intenso (come il dolore oncologico).

Paradossalmente, lo stress protratto aumenta anche il rischio di sviluppare allergie, determinate da un'iperattività non necessaria del sistema immunitario nei confronti di sostanze innocue. Di solito, ciò si verifica quando uno stress molto forte viene meno e la produzione di cortisolo torna ai livelli basali, sottraendo all'organismo l'effetto antinfiammatorio. In questa fase, le cellule del sistema immunitario possono riattivarsi in modo abnorme e reagire anche a stimoli che non costituiscono un reale pericolo per l'organismo, dando luogo, soprattutto in persone predisposte, a manifestazioni allergiche di vario tipo (eritemi cutanei, prurito, orticaria, asma ecc.) causate da una produzione eccessiva di anticorpi IgE, che stimolano la liberazione di istamina, il principale mediatore delle reazioni allergiche.

Aggiungere al digiuno prolungato o fasi di esso per periodi prolungati, allenamenti intensi, è considerabile “folle” c’è chi lo fa e non sarò io a dire che sia sbagliato (chi è causa del suo mal pianga sè stesso). Non ho volutamente chiuso il cerchio per non eccedere più di quanto già fatto ma ci sarebbe da parlare sugli effetti che cortisolo e digiuno hanno su altri organi endocrini e apparati come tiroide e sistema cardiovascolare, e introdurre alla genetica dello stress ovvero quella risposta soggettiva del nostro ipotalamo e amigdala allo stress. Molte persone senza mangiare per svariate ore potrebbero avvertire sensazione di stanchezza, capogiri, non per ipoglicemia ma per spike di adrenalina (eccessiva stimolazione surrenale), soggetti che vivono già di loro in un eterno stato di “attacco e fuga” e che sono soggetti sensibili al bournout. Scienza e coscienza.. sempre. Segui la prima Community sul Fitness Medicale in Italia!

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Ad ogni sport la sua postura… | pt1 La postura perfetta esiste? Quale sport per migliorare la tua postura? Forse “nessun...
03/01/2024

Ad ogni sport la sua postura… | pt1

La postura perfetta esiste? Quale sport per migliorare la tua postura? Forse “nessuno”..

Aspetta! Partiamo col dire che la postura perfetta non esiste, ideali di postura nei libri di testo sono difficilmente riscontrabili nella realtà; petto in fuori, spalle indietro e testa dritta! Il nuoto fa bene alla scoliosi! Ho male “qui” mi hanno detto che ho la “postura sbagliata” (il qui spesso divine ovunque, nel tempo..). Quante volte abbiamo sentito dire cose simili.. la verità è sempre nel mezzo e si perde nella notte dei tempi, non c’è una relazione causa effetto in realtà tra postura scorretta e dolori.

La nostra postura dipende da tante cose, lavoro, abitudini, emozioni, traumi, paramorfismi, dismorfismi e salute psicofisica generale. Molto spesso è l’assenza di attività fisica e lo star sempre seduti che peggiora il nostro stato di salute generale, postura e infiammazione annessa!

Quando il nostro corpo si adatta per ricreare un equilibrio parliamo di paramorfismi, sono atteggiamenti posturali scorretti, causati da alterazioni muscolari o dal loro timing alterato di attivazione. Anche il lavoro che svolgiamo può modificare la nostra postura, pensiamo ad un pizzaiolo con capo chinato e spalle anteposte per svariate ore al giorno, o ad un phonista che si china su un lato con un arto alzato e l’altro no, o semplicemente lo star seduti ad una scrivania dinanzi al pc.. per svariate ore al giorno, si parla sempre più spesso di biomeccanica del lavoro, perché esso ci impegna gran parte della giornata. Lo stesso modificherà la nostra postura nel tempo.

I paramorfismi nei limiti sono risolvibili con ginnastica posturale, rivolgendosi a professionisti del settore. Sarò sicuramente di parte ma anche un lavoro sartoriale e mirato in palestra può aiutare molto più di altre discipline nel riequilibrare la propria postura, parlo anche per esperienza personale oltre che quella sul campo sviluppata con molti dei miei clienti, delego spesso infatti a fisioterapista/osteopata casi in cui bisogna avere una anamnesi certa per condurre un lavoro di squadra che porti il cliente ad acquisire un benessere perduto. Se pensassimo allo sport quale sarebbe per voi il più accreditato nel sostenre le funzioni muscolari e a migliorare la postura? Quante discipline conosci? Analizziamole tutte… ho lavorato con nuotatori, pugili, ciclisti, calciatori, pallavolisti, ballerini e posso già dirvi che ogni sport vuole la sua biomeccanica che non sempre porta il soggetto ad una postura corretta il che non vuol dire che sia una postura che causi dolori o fastidi.. ma lo porta ad essere più performante per quel movimento/azione/disciplina specifica. Sapete che per andare forte in bici non basta mo***re sulla sella e pedalare? ma partiamo col più famoso e a detta di molti “miracolante”: il nuoto! Mia madre da ragazzino spinta su consiglio del buon medico di famiglia mi iscrisse in piscina. Due mesi dopo ero in palestra ma tralasciando gli incubi trascorsi (ironico) i gesti tecnici che il nuovo vuole vanno ad agire sulla muscolatura della colonna in maniera irrazionale in special modo per la riabilitazione.

Eminenti studiosi hanno dimostrato come nelle scoliosi il nuoto è dannoso perchè favorisce un aumento delle rotazioni vertebrali. Il lavoro di spinta delle gambe comporta un accorciamento della catena muscolare posteriore e quindi un aumento della lordosi lombare, causa primaria dell’insorgenza di una scoliosi. Ancora oggi è radicata la convinzione che nel trattamento di un dismorfismo della colonna vertebrale e/o di un algia vertebrale il nuoto sia la scelta che migliorerà il quadro. Quando si lavora con soggetti scoliotici dobbiamo lavorare contro retrazioni muscolari molto evidenti dal lato concavo della curva scoliotica ed il nuoto produce attraverso contrazioni concentriche un ulteriore accorciamento dei muscoli spinali già troppo forti che in realtà dovrebbero essere allungati. Di fronte a soggetti lombalgici con spinali troppo corti e forti, molti consigliano il nuoto. Ma questi soggetti non necessitano di un lavoro in accorciamento bensì di un lavoro isometrico ecccentrico che vada ad allungare in modo permanente la muscolatura posteriore.

Passiamo al cicliscmo, per andare in bici senza avere danni occorrerebbe un corpo già in uno stato di equilibrio posturale eccezionale, perchè oltre a pedalare con le gambe si pedala anche con la schiena e tutto il busto è parte attiva. Basta guardare un ciclista di profilo la sua colonna dorso-lombare è fortemente cifotizzata, il ventre invece è completamente rilasciato. Il capo invece è mantenuto in estensione e antepulsione per garantire l’orizzontalità dello sguardo (bisogna pure che sollevi la testa per vedere dove va pensate a quel tratto cervicale come lavora). Mentre pedala il rachide del ciclista viene sollecitato da forze in flessione di intensità e durata superiore al normale (soprattutto con rapporti lunghi) che automaticamente richiedono una maggiore forza esercitata dalle braccia sul manubrio. Questa forza è fornita dal Gran Dorsale che per contrazione prevalentemente concentrica oltre ad aumentare le tensioni posteriori fissa in modo permanente gli arti superiori in intrarotazione.

A lungo andare questa postura in flessione mantenuta durante la corsa viene memorizzata dal corpo e l’atteggiamento cifotico si fa progressivamente più evidente anche in ortostatismo. Visto di profilo in posizione eretta il ciclista presenta una riduzione della lordosi lombare e una forte antepulsione del capo. Questo squilibrio cranio-sacrale è responsabile di molti problemi. Aumenta il rischio di ernia posteriore o posterolaterale sia a livello lombare sia a livello cervicale perchè la protrusione del capo determina una translazione anteriore e flessione delle vertebre cervicali inferiori. La cifosi dorsale provoca inoltre una compressione stabile dello stomaco che può generare disturbi digestivi, frequente nei professionisti. Il sovraccarico funzionale tipico di questo sport provoca tendinopatie inserzionali a carico di varie regioni anatomiche che non analizzeremo oggi.

La danza:
La maggior parte delle lombalgie riscontrate in queste atlete sono dovute ad alterazioni dell’istmo vertebrale con incidenza cinque volte superiore rispetto alla normale popolazione. Questo tipo di lesione è causata da continue sollecitazioni in estensione e rotazione del rachide lombare che, oltre a ipersollecitare la catena posteriore con conseguente aumento della lordosi lombare, aumentano la pressione in sede istmica fino alla sua frattura in casi estremi. La sede selettivamente più colpita da spondilolisi è la L5-S1. Sicuramente la parte del corpo più deformata dai movimenti tecnici della danza è il piede. Il continuo movimento in extrarotazione e anteposizione è responsabile dell’accorciamento cronico dei peronieri che portano conseguentemente il ginocchio in rotazione interna e il piede in pronazione. Allo squilibrio in piattismo si aggiunge una alterazione della volta trasversale anteriore associata ad un alluce che si deforma progressivamente in valgismo mentre il quinto dito si porta in varo. Per questa prima parte ci fermeremo qui, nella seconda analizzeremo altre discipline per poi arrivare ad una conclusione ragionata.


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Qualiano

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