Dott. Francesco Cuzzocrea - Gestalt Counselor familiare e di coppia

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Dott. Francesco Cuzzocrea - Gestalt Counselor familiare e di coppia Non è mai troppo tardi per prendersi cura della propria relazione di coppia
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IL GUSCIO E LA LUCE«Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo.»(Ezechiele 36,26)Le conchiglie, in ...
17/08/2025

IL GUSCIO E LA LUCE

«Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo.»
(Ezechiele 36,26)

Le conchiglie, in riva al mare, raccontano una storia:
alcune custodiscono ancora la vita, altre sono solo gusci levigati dal tempo.

Anche la coppia attraversa lo stesso rischio:
restare un involucro vuoto o aprirsi a custodire una luce più grande.

In Gestalt parliamo di ciclo del contatto.
È il cammino che fa la vita quando due persone si incontrano:

- la sensazione che qualcosa vibra,

- la consapevolezza che l’altro mi riguarda,

- la mobilitazione che mette in moto il cuore,

- l’azione che apre il guscio,

- il contatto che ci fa diventare “noi”,

- il ritiro che custodisce ciò che è nato.

Quando aiuto le coppie a ritrovare il filo di questo ciclo,
vedo che non serve inventarsi grandi rivoluzioni:
basta riconoscere i passaggi interrotti e riprenderli per mano.

Allora ciò che sembrava guscio vuoto si apre di nuovo,
e dentro, sorprendentemente, torna a brillare un sole intero.

IL FARO DEL NOI“Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?”(Salmo 27,1)Una coppia è come un faro: la sua ...
12/08/2025

IL FARO DEL NOI

“Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?”
(Salmo 27,1)

Una coppia è come un faro: la sua missione non è illuminare sé stessa, ma offrire luce all’altro e a chi è in cammino.
Non è fatta per restare spenta: è costruita per resistere al vento e alla tempesta, e per dare un segnale chiaro anche nelle notti più buie.
In Gestalt, la relazione è contatto vivo e orientamento reciproco: due persone che scelgono di non lasciare l’altro alla deriva.

LA TORRE
È la struttura portante della coppia: le scelte comuni, la fiducia, la fedeltà. Senza fondamenta solide, la luce non regge e la relazione crolla alle prime onde.

LA LENTE
È il punto in cui la luce si concentra per essere proiettata lontano. Nella coppia, è la capacità di mettere a fuoco ciò che conta, evitando di disperdere energie in mille direzioni. In Gestalt, è la consapevolezza: sapere dove guardare e cosa nutrire.

IL MECCANISMO ROTANTE
È ciò che permette alla luce di girare e raggiungere più punti. Nella relazione, è la flessibilità: la capacità di adattarsi ai cambiamenti, di guardare a 360 gradi, di non restare fermi in una sola prospettiva.

L’ALIMENTAZIONE DELLA LUCE
Un faro può avere la torre più bella, ma senza energia resta spento. Nella coppia, l’energia è l’amore alimentato ogni giorno: parole vere, gesti concreti, perdono reciproco.

LA LUNA
È la sorgente alta e costante che illumina la notte e dà senso a ogni luce minore. La luna è Dio: senza di Lui, la luce della coppia si spegne o resta fioca. Con Lui, anche un piccolo faro può diventare guida sicura per sé e per gli altri.

IL MARE
È la vita intorno: a volte quieta, a volte tempestosa. Il faro non può calmare le acque, ma può dire: “C’è una rotta, non ti perderai”. Così la coppia: non può eliminare le difficoltà, ma può affrontarle insieme.

Quando aiuto le coppie a “riaccendere il faro”:
ritrovano le loro fondamenta, ripuliscono la lente della comunicazione, rimettono in moto il meccanismo della fiducia.
E soprattutto, alzano lo sguardo verso la loro Luna, perché la luce che guida non venga mai meno.

Perché nella notte più scura, la vera luce non è quella che fa vedere tutto…
ma quella che basta per non smettere di camminare.

IL RIFLESSO CHE CI ABBRACCIA«Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre.»(Geremia 20,7)Ci sono momenti in...
10/08/2025

IL RIFLESSO CHE CI ABBRACCIA

«Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre.»
(Geremia 20,7)

Ci sono momenti in cui la coppia sembra ferma,
quasi immobile, come due paia di scarpe abbandonate sull’asfalto.
Eppure, se ci si avvicina abbastanza,
si scopre che sotto quella quiete vive un cielo intero.

In Gestalt, il contatto non è solo nel gesto o nella parola:
può abitare anche in un riflesso,
in quel punto in cui l’altro diventa lo specchio
dove rivedo parti di me che avevo dimenticato.

Ogni relazione autentica conosce giorni di silenzio,
in cui l’apparenza dice “niente si muove”
ma, nell’acqua profonda, brillano ancora le stelle.
Lì, nell’intimità che non ha bisogno di frasi lunghe,
si ritrovano la tenerezza e il respiro dell’altro.

Quando accompagno una coppia in crisi,
vedo spesso che non serve correre o riempire spazi vuoti:
basta imparare a chinarsi verso quella pozzanghera segreta
dove la vita si riflette in un cielo nuovo.

Perché l’amore vero non si misura dal rumore che fa,
ma dalla capacità di vedere l’infinito
anche quando i passi sembrano fermi.

L’OMBRA CHE CI UNISCE«L’amore è forte come la morte…le sue fiamme sono fiamme di fuoco, una fiamma del Signore.»(Cantico...
04/08/2025

L’OMBRA CHE CI UNISCE

«L’amore è forte come la morte…
le sue fiamme sono fiamme di fuoco, una fiamma del Signore.»
(Cantico dei Cantici 8,6)

Ci sono coppie che non si dicono tutto,
che non riescono a toccarsi con le mani,
ma si sfiorano con le ombre.
Non davanti agli altri,
ma nella penombra di una stanza vissuta,
nel riflesso di un gesto che resta.

Sono quelle che sembrano sedute distanti,
e invece si appartengono nel profondo.
Quelle che non urlano il proprio amore,
ma lo custodiscono nel modo in cui si piegano l’uno verso l’altra
senza accorgersene.

In Gestalt, il confine di contatto è spesso fatto di luce indiretta.
Non è sempre necessario toccare per esserci.
Non serve forzare il dialogo, bastano due sedie e una parete.
Perché quando l’amore è autentico,
basta poco per proiettare l’essenziale.

Quando accompagno le coppie in crisi,
vedo spesso due anime che si credono lontane,
ma che — messe in una stanza giusta —
cominciano a riflettersi senza toccarsi.
Ed è in quell’ombra viva, silenziosa,
che inizia a fiorire una nuova intimità.

L’amore non è fatto solo di luce piena,
ma anche di crepe dove passa Dio.
E in quel riverbero che danza sul muro,
si intravede il miracolo della cura reciproca.

Perché a volte non serve cambiare persona.
Basta cambiare luce.

VOLARE A MEZZA LUCE«Tu hai tracciato le vie nei cieli, e nessuno è nascosto al tuo sguardo»(Salmo 139)Certe coppie somig...
25/07/2025

VOLARE A MEZZA LUCE

«Tu hai tracciato le vie nei cieli, e nessuno è nascosto al tuo sguardo»
(Salmo 139)

Certe coppie somigliano a un cielo di sera. Uno è luce, l’altro ombra. Uno prende il volo, l’altro resta a osservare. Uno ha bisogno di parole, l’altro si rifugia nel silenzio. Uno cerca vicinanza, l’altro teme di perder sé stesso.

Eppure, proprio lì, nel punto in cui la relazione sembra mancare di qualcosa,
può nascere una bellezza imprevista. Come quella luna tagliata in due, attraversata da un gabbiano: non piena, non esauriente, ma viva. E improvvisamente capace di risplendere.

L’amore non nasce dalla fusione, ma dal contatto reale tra due interi incompleti. Due storie, due ritmi, due desideri. E il vero incontro accade quando ci si lascia toccare nel punto fragile, non per completarsi, ma per esserci davvero.

Non servono simmetrie chiare e rigide. Serve il coraggio di attraversare l’ombra dell’altro senza volerla cancellare. Di abitare l’attimo in cui il gesto dell’uno dà forma al vuoto dell’altro. Come accade nel campo visivo della Gestalt, dove la figura emerge solo se l’altro si fa sfondo, e viceversa.

Quando accompagno le coppie a stare in quel margine, scoprono che l’amore non è assenza di distanza, ma la capacità di restarci dentro senza scappare.

Perché anche una mezza luna, se attraversata da chi ama, diventa piena per un istante. E quell’istante può cambiare tutto.

IL RAMO DELL'AMORE“E Dio li creò maschio e femmina, e li benedisse” (Gen 1,27-28)C’è un momento in cui il cammino si fer...
20/07/2025

IL RAMO DELL'AMORE

“E Dio li creò maschio e femmina, e li benedisse” (Gen 1,27-28)

C’è un momento in cui il cammino si ferma, la bicicletta resta sulla sabbia, e due cuori salgono più in alto. Si siedono sul ramo di un albero piegato dal vento, ma ancora saldo, e guardano insieme l’orizzonte che si tinge di tramonto.

La coppia è così: un viaggio fatto di pedalate e soste, di leggerezza e radici, di ali che fremono e mani che stringono.
Quando impariamo a fermarci, possiamo scoprire che l’amore non è solo “fare” o “arrivare”, ma stare. Stare insieme, seduti sul ramo fragile e resistente della vita, a contemplare il mistero dell’altro e il proprio.alla luce del Mistero di Dio che ci ha uniti.

A volte, come quel palloncino rosso, bisogna lasciare andare il superfluo: le tensioni, le aspettative, i vecchi rancori. Solo così l’anima della coppia si alleggerisce e torna a respirare.
E lì, sospesi tra cielo e terra, tra ciò che siamo stati e ciò che potremmo diventare, ci accorgiamo che l’amore vero non ha bisogno di parole: basta esserci.

- Qual è il “ramo” su cui oggi potete sedervi insieme?
- Dove potete sostare, senza fretta, solo per guardarvi negli occhi e ricordarvi perché avete iniziato il viaggio?
- Quale momento della giornata potete riservare al Mistero che vi ha uniti?

Quando aiuto le coppie a riconoscere il ramo su cui fermarsi, sperimentano che l’amore può diventare un rifugio, un luogo di pace in cui riposare e ritrovare forza per il cammino.

SOTTO LO STESSO TETTO“Se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi.”...
19/07/2025

SOTTO LO STESSO TETTO

“Se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi.” (Qoèlet 4,10)

Ogni tetto è un mosaico di differenze. Guardalo bene: tegole dritte e tegole rovesciate, una dopo l’altra. Da sole non servirebbero a nulla, ma insieme proteggono la casa, resistono al vento, fanno scivolare via la pioggia.

Anche una coppia è così: una danza di opposti. Lui e lei (o chiunque i due siano), ciascuno con la propria forma, la propria polarità, le proprie fragilità. Non per combaciare perfettamente, ma per incastrarsi con le differenze, creando un’unione che ripara e custodisce.

1. TEGOLA DRITTA (afferrare)

Chi è dritto ha bisogno di ancorarsi, di prendere in mano la vita, di sentire di poter tenere tutto insieme. In una coppia questo si manifesta come il desiderio di controllare, di organizzare, di avere certezze. Ma a volte chi “afferra” rischia di stringere troppo, di non lasciare spazio all’altro.

2. TEGOLA ROVESCIATA (accogliere)

Chi è rovesciato è più aperto al fluire, all’accoglienza, al lasciarsi attraversare. È la polarità della fiducia, del cedere, del contenere. Ma a volte chi “accoglie” rischia di perdersi, di non porre confini, di aspettare troppo dall’altro.

3. INSIEME (completarsi)

Il tetto funziona perché queste due forze convivono. Insieme incanalano la pioggia e la lasciano defluire. Così nella coppia: quando il controllo e l’abbandono, il fare e l’essere, l’afferrare e l’accogliere si incontrano, nasce uno spazio nuovo. Un riparo per entrambi.

Quale delle due tegole senti di incarnare di più nella relazione: quella che afferra o quella che accoglie?

Riesci a vedere come il modo dell’altro, pur diverso, contribuisce a proteggere il “tetto” del vostro amore?

Quali “tegole” avete bisogno di riposizionare perché la vostra casa interiore non lasci filtrare pioggia?

Nel counseling gestaltico accompagno le coppie a scoprire che l’amore non è cancellare le differenze, ma imparare a camminare insieme… sotto lo stesso tetto.

DUE O TRE“Là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.” (Mt 18,20)C’è una stanza silenziosa. Un...
15/07/2025

DUE O TRE

“Là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.” (Mt 18,20)

C’è una stanza silenziosa. Una sedia vuota. E un’ombra sul muro che sembra un abbraccio.
È così che appaiono certi amori: presenti e assenti insieme, pieni di parole non dette, di mani che vorrebbero stringersi e invece esitano.

Questa immagine è la fotografia di tante coppie: due vite vicine, ma incapaci di sentirsi davvero.

Lui è lì, ma la sua mente è altrove.

Lei parla, ma la sua voce rimbalza contro un muro.

Il loro amore è diventato sfondo, mentre la routine, i rancori e le paure occupano il centro.

Quante volte la sedia resta vuota?
Non perché l’altro non ci sia, ma perché non riusciamo più a vederlo, a lasciarlo emergere come figura nitida nel nostro cuore.

In Gestalt con le coppie lavoro proprio su questo:
1) far dialogare le polarità – il desiderio di vicinanza e la paura di essere feriti, il bisogno di appartenenza e il bisogno di libertà.
2) portare alla luce ciò che è rimasto nello sfondo – antiche ferite, gesti d’amore dimenticati, parole che non hanno mai trovato spazio.

E se provaste un piccolo esperimento?
Prendete due sedie. Sedetevi uno di fronte all’altra in silenzio. Guardatevi negli occhi per due minuti, senza parlare, senza distrazioni.
Poi ognuno risponda a queste domande:

Cosa vedo davvero in te?

Cosa vedo di me, riflesso nei tuoi occhi?

Cosa mi manca del “noi” che eravamo?

Se sentite il bisogno, potete spostarvi di posto e usare la sedia vuota per “parlare” a quella parte dell’altro che oggi non riuscite a raggiungere. Non importa se le parole escono a fatica. Anche un silenzio condiviso può diventare un ponte.

Perché il vero amore non è un’assenza da colmare, ma una presenza da riscoprire ogni giorno, anche nelle ombre.

IL TOCCO CHE SALVA“Ma un Samaritano, che era in viaggio, gli passò accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vici...
13/07/2025

IL TOCCO CHE SALVA

“Ma un Samaritano, che era in viaggio, gli passò accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, fasciò le sue ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.” (Lc 10,33-34)

Cinque verbi, come cinque tappe di un viaggio, descrivono un tocco che non ferisce ma guarisce: vedere – avere compassione – farsi vicino – toccare – prendersi cura.

Ogni coppia, nel proprio cammino di intimità, attraversa queste stesse tappe, anche senza saperlo. Perché la sessualità, quando è autentica, non è solo un atto fisico ma una grammatica dell’amore che insegna a guardarsi, riconoscersi, toccarsi con delicatezza e custodirsi con cura.

1. VEDERE (desiderio)
Il desiderio nasce da uno sguardo che riconosce. Vedere l’altro davvero – con le sue fragilità, con la sua bellezza nascosta – è il primo gesto d’amore. Ma quante volte la paura di essere visti per ciò che siamo ci chiude? Paura di non piacere, di essere giudicati, di non meritare amore. Eppure… desiderare significa rischiare di essere guardati e di guardare.

2. AVERE COMPASSIONE (eccitazione)
L’eccitazione è un lasciarsi muovere, un vibrare insieme. Compassione non è solo soffrire con, ma emozionarsi con. Qui emergono insicurezze profonde: “sarò all’altezza?”, “riuscirò a donarmi?”. Eppure è proprio nella vulnerabilità che nasce il coraggio di aprirsi, di osare, di lasciarsi andare al flusso della vita.

3. FARSI VICINO (incontro/coito)
La vera vicinanza non è fretta di consumare, ma capacità di restare. È un “dimorare” nel corpo e nel cuore dell’altro. Restare presenti, senza fuggire né per paura né per difesa. Il corpo diventa linguaggio, il respiro diventa preghiera silenziosa: “sono qui, con te, per te”.

4. TOCCARE (orgasmo)
Il tocco che fascia le ferite è un tocco pieno, consapevole, che libera e consola. Lasciarsi andare al piacere è anche affrontare paure antiche: il timore di perdere il controllo, di essere feriti, di non essere abbastanza. Ma è proprio lì, in quell’abbandono fiducioso, che l’amore diventa guarigione.

5. PRENDERSI CURA (risoluzione)
Dopo l’onda, c’è la riva. Prendersi cura significa integrare l’esperienza: accogliere la quiete, la complicità, il respiro condiviso. Qui il contatto diventa memoria viva, che rafforza il legame e nutre la relazione nel tempo.

Quando aiuto le coppie a riscrivere la loro grammatica dell'amore, la sessualità torna ad essere un sacramento dell’incontro: un tocco che salva, che fascia, che ricrea. Un percorso di crescita, di riconoscimento e di guarigione reciproca.

E tu? In quale di queste tappe senti di aver bisogno di più consapevolezza? Dove ti accorgi che il contatto si interrompe?

“Tu non sai quello che io faccio ora,ma lo capirai dopo.” (Gv 13,7)Ci sono matrimoni che cominciano in salita.Non per me...
28/06/2025

“Tu non sai quello che io faccio ora,
ma lo capirai dopo.” (Gv 13,7)

Ci sono matrimoni che cominciano in salita.
Non per metafora, non per gioco, ma davvero.
Matrimoni che non hanno tempo di essere festa,
che non hanno luna di miele, né routine da scoprire.
Matrimoni in cui — subito — arriva la malattia,
una diagnosi, un crollo, un imprevisto che sconvolge tutto.

E allora il viaggio di nozze diventa un reparto.
La progettazione, una lotta.
La vita di coppia, un campo di resistenza.

Non è raro. È solo taciuto.
Eppure succede, e succede più spesso di quanto si immagini.

E quando succede, le promesse dette all’altare suonano più vere.
Non più solo “finché morte non ci separi”,
ma “finché vita ci chiama a restare, anche quando non sappiamo per quanto”.

Perché l’amore vero — quello adulto, quello n**o, quello sacro —
non è quello che si nutre solo di giorni sereni.
È quello che sceglie ogni giorno di abitare l’incertezza con fiducia.
È quello che dice “noi” anche quando il corpo trema, il futuro manca, e il cuore si spaventa.
È quello che accoglie un figlio persino nel tempo della paura.
Perché sa che la vita non si ferma dove l’umano vacilla.

In Gestalt diciamo che l’amore è contatto nella realtà:
non nei sogni, ma nel qui e ora, qualunque esso sia.
Non nell’ideale, ma nel gesto piccolo che cura, che tiene, che resta.

Quando aiuto le coppie a stare in contatto con la loro storia,
anche quando è fragile, prematura o segnata dal dolore,
vedo che l’amore vero non chiede garanzie:
chiede presenza.
E in quella presenza, anche ferita,
fiorisce una bellezza che il mondo non capisce.

TI SENTO… MA NON TI TOCCO“Parlo loro in parabole perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono...
26/06/2025

TI SENTO… MA NON TI TOCCO

“Parlo loro in parabole perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.” (Mt 13,13)

La stanza del silenzio. Dormono nello stesso letto. Vivono nella stessa casa. Ma è come se ci fosse un vetro tra loro:.si vedono, si sentono… ma non si raggiungono più.

Non c’è stato un tradimento. Nessun urlo. Solo un lento svuotarsi delle parole..Un bacio che si è fatto distratto. Una carezza che non accende più. Una distanza che non ha nome….ma che si allarga ogni giorno un po’ di più.

In Gestalt Therapy, questo momento si chiama interruzione del contatto..Un processo invisibile, ma devastante.
Non è crisi. È ibernazione dell’anima.

Introiezione. Continuano a ripetersi:.“Così fanno tutte le coppie”,.“Bisogna resistere, per i figli”, “L’amore è sacrificio”. Ma quelle parole non sono più loro..Sono schemi assorbiti, credenze ereditate,.doveri masticati senza digerire. Vivono in una casa costruita con mattoni che non hanno scelto..Ogni gesto è un déjà vu. Ogni silenzio è un’obbedienza. Non c’è contatto perché non c’è autenticità..Non sono più due persone: sono due ruoli.

Proiezione. Ogni volta che qualcosa non va,.è colpa dell’altro..“Se mi chiudo è perché tu non mi ascolti.” “Se sono triste è perché tu non mi ami.”.“Se evito il dialogo, è perché sei pesante.” In Gestalt si chiama proiezione:.ciò che non riesco a sostenere dentro di me,.lo attacco sull’altro come un’etichetta. E così smetto di incontrarlo per ciò che è..Incontro solo il mio dolore, camuffato da colpa altrui.

Retrofessione..Vorrebbero dire qualcosa. Ma non lo fanno. Trattengono il pianto. Il desiderio. La rabbia..Ingoiano. Sorridono. Reggono. Poi scoppiano in gastrite o insonnia. Quando non possiamo ferire l’altro, feriamo noi stessi..È la retrofessione: mi faccio ciò che vorrei fare a te. Mi punisco per non disturbare. Mi annullo per sopravvivere. Ma intanto il corpo, quel testimone onesto, comincia a gridare.

Deflessione. Per non sentire il disagio, si scherza. Si cambia argomento. Si parla del cane, del frigo, del tempo. Si accarezzano le mani per non dire che non si desiderano più. La deflessione è una via di fuga sottile:
non scappo da te….ma dal brivido del vero incontro..Quel momento in cui potrei toccarti….e invece ti sfioro e vado via.

Confluenza. C’è un’altra interruzione: quella di chi non litiga mai. Chi dice sempre “noi”,
ma non sa più dire “io”..Hanno perso il confine, confondendo l’amore con la fusione..Vivono immersi l’uno nell’altro fino a non sapere più chi sono. Ma l’amore senza alterità… non è amore..È simbiotica sopravvivenza.

Ogni interruzione è un invito. La Gestalt non giudica le interruzioni. Le ascolta. Le nomina. Le onora. Perché ogni blocco è anche un segnale vitale. Un punto del ciclo dove qualcosa si è inceppato.e chiede presenza, consapevolezza, scelta. Riconoscere dove ci siamo persi,.è il primo gesto per ritrovarsi.

Quando aiuto le coppie a riconoscere le interruzioni del loro contatto,.mi accorgo che basta un solo gesto autentico, per iniziare a toccarsi di nuovo… con verità e tenerezza.

IL CAMINO SPENTO«Perché è così freddo il tuo amore,e la tua fedeltà come nube del mattino,come rugiada che all’alba svan...
16/06/2025

IL CAMINO SPENTO

«Perché è così freddo il tuo amore,
e la tua fedeltà come nube del mattino,
come rugiada che all’alba svanisce?»
(Osea 6,4)

Ci sono coppie che non si lasciano.
Non gridano, non litigano, non si feriscono a parole.
Ma si raffreddano.
Come un camino costruito bene, ma ormai senza fuoco.

La legna è tutta lì: ci sono stati gesti sinceri, passi importanti, momenti intensi.
C’è un progetto di vita sul tavolo.
C’è persino un matrimonio in vista.
Ma non c’è più calore.

Uno dei due — o entrambi — ha smesso di parlare.
Non per superficialità, ma per sfinimento.
Perché ogni tentativo sembra non arrivare.
Perché ogni parola rischia di aprire un conflitto… o un abisso.

Lui si trattiene. Ama in modo discreto, ma troppo silenzioso.
Vorrebbe capire, ma ha paura di invadere.
Non sa più se essere presenza o distanza, rispetto o desiderio.
E così si ritira, ma non smette di sperare.

Lei si spegne. Cerca segni che non trova.
Avverte che qualcosa si è incrinato, ma non riesce più a dire se è amore, stanchezza o confusione.
Avanza e si blocca.
A volte accarezza l’idea di mollare.
A volte, di sposarsi… solo per non far soffrire.

Intanto il camino resta lì, al centro della casa.
Ci si siede accanto. Si fa finta che tutto vada bene.
Ma il calore non c’è più.

In Gestalt, diciamo che la relazione è un organismo vivente:
se manca il contatto autentico, si ammalano entrambi i poli.
Non c’è colpa. C’è una danza che ha perso il ritmo.

Eppure — e questo è il nodo più bello e più tragico —
il camino non è rotto.
È solo pieno di cenere.
Cenere di parole non dette, di emozioni non accolte,
di attese rimaste sospese nel cuore dell’altro.

Servirebbe soffiare piano.
Tornare a guardarsi negli occhi senza dover decidere nulla.
Parlarsi non per risolvere, ma per riconoscersi di nuovo.

A volte una carezza riaccende più di mille parole.
A volte è un "come stai davvero?" detto senza difese.
A volte è solo il coraggio di confessare: “Ho freddo, e non so più come scaldarmi accanto a te.”

Le coppie non finiscono quando smettono di amarsi.
Finiscono quando smettono di provare a cercarsi.
Se in quella cenere c’è ancora brace,
allora — con mani sincere — vale la pena ricostruire il fuoco.

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