Dott. Angelo Scordo - Psicoterapeuta

Dott. Angelo Scordo - Psicoterapeuta Blog informativo su vari servizi di psicologia e psicoterapia.

📌 Quando si parla di minori, non dovremmo mai perdere di vista un punto essenziale: ogni segnalazione va presa sul serio...
25/11/2025

📌 Quando si parla di minori, non dovremmo mai perdere di vista un punto essenziale: ogni segnalazione va presa sul serio. Non perché ci siano “casi più gravi” e altri meno importanti, ma perché la Giustizia minorile ha il dovere di intervenire su ogni singola situazione che arriva al suo sguardo. È la legge, ed è anche buon senso: ogni bambino merita tutela, indipendentemente da quanti altri siano in difficoltà.

Il vero problema, semmai, è un altro:
👉 molte situazioni non emergono, non vengono segnalate, non vengono intercettate dai Servizi. Capita che minori in condizioni critiche non risultino nemmeno all’anagrafe, o che non vengano notati da chi dovrebbe monitorare il territorio. E allora non possiamo sorprenderci se alcuni casi emergono e altri no: il Tribunale può intervenire solo quando qualcuno fa una segnalazione.

In questi giorni si rischia di trasformare vicende delicate in scontri politici e slogan identitari. Ma ciò di cui abbiamo veramente bisogno non è gridare, bensì 👉 serve potenziare gli strumenti di mediazione, di ascolto e di tutela per tutti, famiglie comprese.

Perché è questo che spesso non si dice abbastanza:
🔹 gli interventi possono essere revocati
🔹 le decisioni possono cambiare
🔹 il percorso può essere ricucito
se i genitori collaborano, se si mettono in campo correttivi, se i Servizi accompagnano davvero la famiglia.

Il punto non è colpevolizzare né delegittimare le istituzioni, ma rafforzarle affinché possano svolgere il loro compito:
✔ tutelare i minori
✔ sostenere le famiglie in difficoltà
✔ prevenire, non solo intervenire
✔ evitare strumentalizzazioni che fanno male prima di tutto ai bambini.

In un Paese maturo, la protezione dei minori non dovrebbe mai diventare uno slogan. Dovrebbe essere un impegno condiviso, sostenuto da strumenti seri, da professionalità competenti e da un territorio che non chiude gli occhi.

25 Novembre – Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne 🌷🍃“Il giorno in cui sarete in grado di capire che u...
25/11/2025

25 Novembre – Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne 🌷🍃

“Il giorno in cui sarete in grado di capire che una donna non ha bisogno di sentirsi dire ‘tu sei mia’ per essere felice, sicura, protetta… che la forza che possiede già da sola basta per sollevare il mondo e rinascere infinite volte… quel giorno capirete cosa significa rispetto e libertà.” Andrew Faber

Oggi si vuole ricordare ogni donna a cui è stata tolta la voce, la libertà, il rispetto. Gli episodi di violenza non sono soltanto fisici: esistono modalità psicologiche, verbali, economiche. La violenza è silenzio imposto. È paura quotidiana. È quella ferita invisibile che fa più male di qualsiasi colpo.

Ancora oggi, troppe donne subiscono soprusi, stalking, relazioni malate. Chi osa denunciare a volte paga con la vita. Chi tace, spesso lo fa per paura. Eppure parlare è l’unica possibilità di sopravvivenza e di cambiamento.

La violenza cresce soprattutto tra le giovanissime e le studentesse, ma rimane un sommerso altissimo per tutte le età. Dietro ogni episodio c’è un retaggio culturale di controllo, possesso e potere, alimentato da linguaggi tossici, social e algoritmi che insegnano modelli di relazioni distorti.

Non basta condannare l’aggressione: dobbiamo capire come prevenirla, educando al rispetto, alla cura reciproca, alla solidarietà. Non girare lo sguardo dall’altra parte è già un gesto potente.

Eppure, in un contesto in cui ragazzi e bambini crescono tra chat, social e confusione emotiva, parlare di sessualità e affettività a scuola resta un tabù politico: le proposte più difensive vogliono rimandare l’educazione sessuo-affettiva dai 14 anni in su. Ma la ricerca e l’esperienza dimostrano il contrario: educare significa prevenire abusi, ridurre comportamenti a rischio, insegnare consenso, desiderio, limiti e relazioni sane.

Il silenzio è il vero pericolo. Rompere il silenzio è l’unica strada per proteggere, informare, crescere. Educare alla sessualità significa educare alla vita, alla salute, al rispetto, alla libertà, all’amore.

Oggi e ogni giorno, stiamo dalla parte di chi ha coraggio.

“Ritrovare il proprio passo significa tornare ad abitare la propria esperienza.”🍃Nella vita, come in terapia, arriva un ...
13/11/2025

“Ritrovare il proprio passo significa tornare ad abitare la propria esperienza.”

🍃Nella vita, come in terapia, arriva un momento in cui il ritmo che abbiamo seguito smette di appartenerci. La Psicoterapia non invita a fermarsi o accelerare, ma a comprendere come costruiamo la nostra esperienza nel tempo.

Spesso il disagio nasce quando ciò che viviamo non è più coerente con la storia che raccontiamo di noi: quando le scelte, le emozioni e i gesti non si tengono più insieme.

“Ritrovare il proprio passo” allora non è cambiare direzione, ma riconnettere il sentire, il pensare e l’agire, restituendo continuità alla propria traiettoria di vita.

È da lì che comincia un nuovo equilibrio: quando la persona torna a essere presente nel proprio modo di esserci, nel mondo e con gli altri.

“Ogni passo ritrovato è una forma di conoscenza di sé.”

La ricerca dell’Università di Edimburgo evidenzia come, per molto tempo, l’autismo sia stato letto attraverso un modello...
08/11/2025

La ricerca dell’Università di Edimburgo evidenzia come, per molto tempo, l’autismo sia stato letto attraverso un modello “deficitario”: le differenze nella comunicazione e nella socievolezza sono state interpretate come deviazioni da correggere. Questa prospettiva trascura però un punto essenziale: l’interazione sociale è un processo relazionale. Le difficoltà non possono essere attribuite solo alla persona autistica, perché nascono anche dal modo in cui l’ambiente interpreta e risponde alle sue modalità comunicative.

Alcuni comportamenti tipici dell’autismo come una comunicazione più diretta, una mimica ridotta, la difficoltà nel cogliere o modulare il tono, o nel seguire i turni della conversazione, vengono spesso giudicati come “non normativi”. Quando questi aspetti vengono letti in chiave negativa, si alimenta lo stigma. Questo isolamento relazionale riduce le opportunità sociali e incide sulla qualità di vita.

Cambiare prospettiva significa riconoscere che la relazione è sempre un incontro tra modalità diverse e che la differenza, se compresa e accolta, non è un limite ma una possibilità di connessione più autentica.

Le persone autistiche comunicano in modo diverso, non meno efficace. Uno studio lo conferma: le difficoltà nei dialoghi tra autistici e neurotipici derivano da differenze nei codici espressivi, non da un “deficit” di chi è nello spettro. Cambiare sguardo è il primo passo per una comunicazione più inclusiva.
Scopri perché 👉 https://shorturl.at/AmDZe

Oggi il nostro centro ha ricevuto la visita di monitoraggio del Servizio Centrale SAI.Un momento importante di confronto...
29/10/2025

Oggi il nostro centro ha ricevuto la visita di monitoraggio del Servizio Centrale SAI.
Un momento importante di confronto, utile per riflettere su ciò che stiamo costruendo ogni giorno: accoglienza, integrazione, percorsi di autonomia.

Da parte mia, è stato bello poter dare un contributo, condividendo impressioni e vissuti dal punto di vista del lavoro quotidiano con le persone accolte. Un’occasione preziosa per migliorare, ma anche per riconfermare il senso profondo di questo lavoro: accompagnare storie, costruire legami, credere che l’integrazione non sia solo un obiettivo da raggiungere, ma una possibilità concreta di umanità condivisa.

In   non si torna semplicemente al passato. Lo si rivive e nel farlo, lo si trasforma.Quando ricordiamo un’esperienza, i...
23/10/2025

In non si torna semplicemente al passato. Lo si rivive e nel farlo, lo si trasforma.

Quando ricordiamo un’esperienza, il non apre un archivio. Riaccende le stesse reti che contenevano quella : emozioni, sensazioni, immagini, pensieri. Per questo, ogni ricordo è vivo. E ogni volta che lo evochiamo, qualcosa cambia.

Le di oggi, la consapevolezza di oggi, influenzano il modo in cui quel ricordo viene ricostruito. Il cervello lo aggiorna, lo riscrive, lo collega al presente.

Ecco perché la terapia non è solo “parlare del passato”, ma viverlo di nuovo, con uno sguardo nuovo, con un più consapevole, con parole che prima non c’erano.

In questo processo, ciò che faceva male può trovare un posto diverso nella propria storia. Può essere compreso, integrato, trasformato.

Guarire non significa , ma cambiare il modo in cui ricordiamo. Non si modifica ciò che è accaduto, si modifica come lo si vive dentro di sé.

👉 La memoria non è un archivio del passato. È un modo per riscrivere chi siamo, ogni volta, nel presente.

La   non è solo un lavoro sulla mente. È un cammino dentro il modo in cui viviamo il mondo.Ogni persona abita la realtà ...
20/10/2025

La non è solo un lavoro sulla mente. È un cammino dentro il modo in cui viviamo il mondo.

Ogni persona abita la realtà a modo suo, attraverso il corpo, le emozioni, la storia che porta con sé. Per questo, non esiste “il” mondo, ma tanti mondi vissuti, ciascuno intrecciato con la prospettiva di chi lo attraversa.

Merleau-Ponty lo chiamava "mondo vissuto": non un insieme di oggetti da osservare, ma una trama di esperienze che prendono forma nel contatto con il nostro corpo, nel gesto, nello sguardo, nella relazione.

Una scala, un'alba, una stanza o un silenzio non significano la stessa cosa per tutti.
Il mondo è sempre "mondo-per-me", cioè per il mio modo di percepire, di muovermi, di sentire.

La psicoterapia diventa allora un luogo in cui imparare a riconoscere quel mondo personale, a comprenderlo, a riabitarlo con più consapevolezza e libertà.

👉 Non è cambiare se stessi dall’esterno, ma ritrovare un modo più autentico di stare nel proprio mondo.

Educare alla sessualità non significa insegnare a fare sesso, partiamo da qui e chiariamolo subito. Educare alla sessual...
17/10/2025

Educare alla sessualità non significa insegnare a fare sesso, partiamo da qui e chiariamolo subito. Educare alla sessualità significa insegnare a riconoscere i confini delle relazioni, le emozioni, la reciprocità. Significa dare ai ragazzi strumenti per non farsi male e per non fare male.

Vietare l’educazione sessuale a scuola, nel 2025, è un segno preoccupante. In un Paese in cui ogni settimana si piange una donna uccisa, si sceglie di togliere ai ragazzi la possibilità di capire cosa siano il rispetto, il consenso, la responsabilità.

Si parla di “protezione dei minori”, ma è l’ennesima logica del dopo: si interviene solo quando il danno è fatto, dopo che qualche vita sarà stata distrutta. Invece di educare alla prevenzione, si preferisce reprimere, punire, moralizzare. È una cultura che arriva sempre tardi e che scambia il silenzio per tutela.

Da psicoterapeuta vedo ogni giorno quanto i vuoti educativi diventino ferite relazionali, violenza, paura del corpo e dell’intimità. Togliere la parola alla scuola significa lasciare spazio all’ignoranza e alla cultura della vergogna, ai social pieni di una comunicazione estrema e irrealistica.

Questo governo sembra aver scelto la strada più antica e più autoritaria: reprimere ciò che non comprende. Un modo di pensare che sa di controllo, di paura, di deriva culturale. Una politica che non educa, ma addestra.

L’educazione sessuale e affettiva è invece una forma di libertà, di cura e di civiltà. Toglierla non significa proteggere i giovani, ma lasciarli soli e un Paese che ha paura dell’educazione, della conoscenza e del confronto, non è un Paese forte: è un Paese che regredisce.

10/10/2025

🟢 10/10: Giornata Mondiale della Salute Mentale

Oggi si parla di salute mentale, ma troppo spesso lo si fa solo una volta all’anno.
Eppure la salute mentale non è l’assenza di malattia, ma una condizione di benessere profondo, in cui ciascuno può riconoscere le proprie capacità, affrontare le difficoltà quotidiane, contribuire alla vita della comunità. Lo dice l’OMS, ma lo sanno soprattutto le persone che ogni giorno vivono da pazienti, da familiari o da operatori, dentro questa realtà.

Io, personalmente, ci sto dentro ogni giorno. La vedo negli occhi di chi chiede aiuto e trova liste d’attesa infinite. La sento nelle parole dei genitori stanchi, dei figli che non capiscono, degli operatori che resistono, spesso soli, schiacciati da un sistema che non regge più.
Un sistema dove mancano risorse, personale, tempo, ma soprattutto ascolto vero.

Troppi farmaci, pochi sguardi.
Troppe pratiche, poca relazione.
Troppa paura del disagio, troppo poco coraggio di starci accanto.

In Calabria, come altrove, la salute mentale rischia di essere la grande dimenticata: famiglie abbandonate, ricoveri lontani centinaia di chilometri, operatori esausti, comunità spesso indifferenti. E mentre celebriamo questa giornata, sento le parole di chi non ha voce e il silenzio di chi non viene ascoltato.

Non voglio che questa sia una giornata di frasi fatte o di celebrazioni vuote.
Voglio che sia un’occasione per dire la verità: che la cura non può essere solo farmacologica, che l’inclusione non è uno slogan, che la salute mentale è una questione di giustizia, non di ca**tà.

Ogni giorno incontro persone che resistono, nonostante tutto. Persone che lottano per un diritto umano fondamentale: quello alla cura, alla dignità, alla possibilità di essere ancora viste come persone, non come diagnosi.

E ogni giorno, anche noi operatori, proviamo a resistere insieme a loro.
Perché la salute mentale non si celebra.
Si costruisce, ogni giorno, con presenza, rispetto e coraggio.

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22/09/2025

Le persone autistiche comunicano in modo diverso, non meno efficace. Uno studio lo conferma: le difficoltà nei dialoghi tra autistici e neurotipici derivano da differenze nei codici espressivi, non da un “deficit” di chi è nello spettro. Cambiare sguardo è il primo passo per una comunicazione più inclusiva.
Scopri perché 👉 https://shorturl.at/AmDZe

30/07/2025

Oggi ricorre la Giornata Internazionale contro la Tratta di Esseri Umani, un’occasione importante per riflettere su un fenomeno drammatico che continua a minacciare la dignità e la libertà di milioni di persone nel mondo.

Sfruttamento sessuale, lavoro forzato, accattonaggio coatto e altre forme di schiavitù moderna rappresentano solo alcune delle terribili conseguenze di questa pratica disumana.

In particolare, nel nostro Paese, tante giovani donne, spesso provenienti dalla Nigeria, cadono vittime di reti criminali che le costringono alla prostituzione, approfittando della loro vulnerabilità, della mancanza di alternative e, in alcuni casi, della paura alimentata da pratiche di controllo psicologico e rituali di tipo magico-religioso a cui vengono sottoposte prima della partenza.

Rompere il silenzio su queste storie significa anche restituire voce e umanità a chi, ogni giorno, lotta per liberarsi da una condizione di invisibilità e violenza.

Indirizzo

Via Degli Arconti 25
Reggio Di
89127

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