Hospice Via Delle Stelle

Hospice Via Delle Stelle Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Hospice Via Delle Stelle, Ospedale, Delle Camelie, Reggio Di.

Torna per l’ottavo anno consecutivo l’evento“Uniti per la solidarietà in memoria di Elita”,un’escursione solidale organi...
26/09/2025

Torna per l’ottavo anno consecutivo l’evento
“Uniti per la solidarietà in memoria di Elita”,
un’escursione solidale organizzata con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore della Fondazione Via delle Stelle.

L’appuntamento è fissato per domenica 5 ottobre alle ore 9:00, a Brancaleone – Frazione Paese Nuovo, da cui si partirà alla volta di Brancaleone Vetus, il borgo disabitato che conserva ancora oggi un fascino unico: un luogo magico, intriso di storia, tutto da scoprire e conoscere.

20/09/2025

BENTORNATO SPAZIOMUSICALE NELLE STANZE
Ci sono momenti in cui il tempo sembra fermarsi. Le stanze restano avvolte in un silenzio che non è vuoto, ma attesa. È in quell’attesa che si insinua la musica: leggera, discreta, capace di aprire varchi dove la parola non osa. Non ha bisogno di traduzioni, non chiede spiegazioni. La musica arriva e basta. Accarezza, consola, risveglia. È voce che non giudica, che non divide, che non impone. È semplicemente un linguaggio universale, che tutti comprendono perché appartiene al cuore prima ancora che alla mente.
Bentornato, dunque, spazio musicale nelle stanze. E dopo la pausa estiva, è ancora più bello ridare voce allo SpazioMusicale. Bentornata quella vibrazione che non è solo suono, ma presenza. Bello ritrovarla di nuovo a fluire tra i corridoi e i letti, a posarsi sui volti degli ospiti e dei loro familiari, a intrecciarsi ai gesti semplici dei volontari e degli operatori. È stato bello, perché la musica ha questo potere misterioso: riaccendere ciò che sembrava spento, riportare a galla episodi della vita che credevamo sopiti. Basta una nota, un motivo, ed ecco che dal silenzio emergono ricordi, immagini, stagioni lontane che tornano improvvisamente vicine.
La musica diventa così un ponte tra presente e passato. Non cancella la fatica, non elimina la sofferenza, ma la attraversa e le dà un altro colore. Porta con sé la possibilità di riscoprirsi vivi, anche solo per un istante, dentro un ricordo che illumina il volto e scioglie le rigidità del dolore.
È accaduto con Giuseppe, uno dei nostri ospiti. Le note di Massimo Ranieri lo hanno portato indietro nel tempo. Il suo sguardo si è acceso, e con una voce emozionata ha iniziato a raccontare delle sue sorelle e delle feste di ballo. La stanza si è trasformata in una sala piena di luci e risate, e per qualche minuto la malattia ha lasciato spazio alla giovinezza, al movimento, al ritmo di una vita che danzava leggera. È stato un dono ascoltarlo, perché non era solo un racconto, ma una vera e propria immersione nella sua memoria più intima.
E poi c’è stata Maria. Lei conosce a memoria le canzoni di Laura Pausini e non ha resistito: con il suo filo di voce fragile ma intonato, ha seguito Alessia, quasi a voler affermare: “sono ancora qui, con la mia voce, con la mia voglia di cantare”. Non c’era malattia in quel canto, ma la fierezza di una presenza viva che non si lascia spegnere. E la stanza, per un attimo, si è fatta palcoscenico. Non un palco per apparire, ma un luogo intimo dove condividere emozioni, dove la musica diventava alleata della vita.
E come dimenticare Maria Concetta? Le sue preferite restano le canzoni di un tempo, quelle che custodiscono la sua giovinezza e i suoi affetti. Le melodie moderne, dice con una punta di ironia, sono solo “rumore” che non riesce a sopportare. Eppure, quando ha potuto intonare insieme ad Alessia un vecchio motivo, la sua voce si è fatta decisa, il suo sorriso aperto. Quel duetto improvvisato ha portato leggerezza, complicità, perfino allegria in un luogo che troppo spesso si associa solo al dolore.
Ecco, la musica fa questo: spezza gli schemi, restituisce libertà, fa emergere la parte più autentica di ciascuno. Nel canto di Giuseppe, Maria e Maria Concetta non c’era solo un ricordo, ma un’affermazione di identità: “io sono ancora io, con i miei gusti, con la mia storia, con le mie passioni”. In hospice, dove la fragilità a volte sembra prevalere, questi momenti diventano un tesoro da custodire.
Tutto questo è stato reso possibile da Alessia Genua, che con la sua voce e la sua sensibilità ha riportato la musica nelle stanze. Non è venuta per esibirsi, ma per donarsi. Non per fare un concerto, ma per creare un incontro. Ha saputo mettersi in ascolto, modulando i suoi brani sul respiro e sul desiderio degli ospiti. Ha permesso che i ricordi emergessero, che le emozioni circolassero, che la musica diventasse davvero relazione.
Perché la musica in hospice non è un ornamento, ma parte di una cura che non si limita al corpo. È cura dell’anima, dei ricordi, delle emozioni. È la possibilità di ritrovare un senso, anche solo per un momento, in mezzo alla fatica del presente. È la conferma che ognuno resta persona fino alla fine, con i suoi gusti, le sue nostalgie, le sue canzoni preferite.
E allora sì, bentornato spazio musicale nelle stanze. Bentornata musica che consola e accompagna. Bentornata voce che fa compagnia e che restituisce colore ai giorni. Bentornata melodia che non guarisce, ma cura in modo diverso: accende la speranza, scioglie il dolore, trasforma un corridoio in un teatro e una stanza in un giardino.
Perché la musica è questo: non elimina il silenzio, ma lo riempie di senso. Non cancella le lacrime, ma le accompagna. Non ferma il tempo, ma lo rende più umano. Ed è per questo che, quando ritorna, sentiamo che porta con sé non solo suoni, ma presenza, calore, vita.

19/08/2025
LA CINQUECENTO BLU: IL CORAGGIO DI PARTIRE, LA BELLEZZA DI RESTARE.In certi pomeriggi d’agosto, l’aria di montagna ha un...
19/08/2025

LA CINQUECENTO BLU: IL CORAGGIO DI PARTIRE, LA BELLEZZA DI RESTARE.

In certi pomeriggi d’agosto, l’aria di montagna ha un sapore speciale: quello delle attese che si compiono e degli incontri che lasciano il segno.
A Gambarie, tra il verde dell’Aspromonte e il profumo resinoso dei pini, la letteratura si è fatta ponte di solidarietà, unendo storie di carta e storie di vita vera. È in questo scenario, sospeso tra frescura estiva e calore umano, che si è svolta la presentazione de "La Cinquecento Blu", un romanzo che racconta la Calabria con occhi innamorati e feriti, e che al tempo stesso ha voluto tendere una mano concreta a chi affronta il tratto più fragile e prezioso del cammino.
In una splendida cornice agostana, avvolta dalla brezza fresca dell’Aspromonte, l’Hotel Centrale di Gambarie ha ospitato la presentazione del libro "La Cinquecento Blu" del prefetto e scrittore Franco Musolino.
La sala, calda di presenze e di attesa, si è riempita di volti attenti, strette di mano e sguardi curiosi, uniti dal desiderio di ascoltare storie che sanno di vita vera. Dopo i saluti e le presentazioni del dott. Alfredo Vadalà, presidente dell’Accademia Aspromontana della Cultura, la conduzione è passata al dottor Eduardo Lamberti-Castronuovo, che ha guidato i diversi momenti della serata con la consueta passione e vivacità. Accanto a loro il prof. Stefano Iatì, che ha curato la recensione dell’opera, e il sig. Nicola Saggese, presidente dell’Associazione di Volontariato "Amici dell’Hospice di Reggio Calabria", in rappresentanza dell’Hospice “Via delle Stelle”.
È stato quindi lo stesso autore, Franco Musolino, ad aprire il cuore del suo romanzo, con la voce calma di chi sa di parlare di una storia che gli appartiene profondamente. Non si è limitato a raccontare la trama, ma ha invitato il pubblico a entrare con lui nei luoghi e nei ricordi che hanno dato forma al libro. Ha evocato le strade polverose dell’Aspromonte, il rumore lontano del mare, l’odore acre della legna bruciata nelle sere d’inverno, le feste di paese dove le musiche popolari si mescolavano ai sussurri della gente.
Con ironia e commozione, Musolino ha sottolineato come "La Cinquecento Blu" sia, per lui, un atto d’amore verso la Calabria: una terra aspra e luminosa, capace di bellezza struggente, ma segnata da ombre antiche. Ha spiegato che, nel romanzo, la ’ndrangheta non è un elemento spettacolare, ma una presenza silenziosa, quasi invisibile, che però plasma le vite e i destini, condizionando anche ciò che dovrebbe restare puro, come l’amore.
L’autore ha raccontato di aver scelto "la cinquecento blu” come simbolo di libertà e di sogno, “un piccolo guscio di latta” che negli anni Sessanta permetteva di varcare confini non solo geografici, ma soprattutto interiori. Ha sorriso ricordando che quell’auto, piccola e apparentemente fragile, era in realtà capace di grandi viaggi: un po’ come le persone che, pur con mezzi semplici, hanno il coraggio di inseguire ciò che amano.
Musolino ha insistito sul valore evocativo di quell’auto: non un dettaglio di colore, ma un filo conduttore della vicenda. Negli anni Sessanta la Cinquecento non era soltanto un mezzo di trasporto: rappresentava il desiderio di riscatto di un’intera generazione, la possibilità di spingersi oltre il perimetro del proprio paese, di sognare un futuro diverso. Nella tinta blu, che richiama il mare e il cielo dell’Aspromonte, si riflettono la profondità e l’inquietudine di un tempo di cambiamento, con le sue luci e le sue ombre.
Diventa così la custode silenziosa di attese e di speranze: accompagna i protagonisti nei loro incontri, li protegge nei silenzi, li conduce lontano dalle paure. Ogni curva della montagna, ogni strada polverosa percorsa con quel piccolo motore che ronza, diventa una metafora del viaggio interiore che ciascuno di noi è chiamato a compiere, tra sogni, ostacoli e imprevisti.
E forse è proprio questo il senso più profondo della Cinquecento blu: ricordarci che la libertà non ha bisogno di grandi mezzi o di scenari grandiosi, ma della capacità di partire, di mettersi in cammino, anche con poco, anche con quello che si ha. Perché ciò che conta davvero non è la cilindrata del motore, ma la forza del desiderio che ci abita.
Dopo l’intervento dell’autore, il presidente Nicola Saggese ha portato i saluti del dott. Vincenzo Nociti, presidente della Fondazione “Via delle Stelle” e di tutto lo staff della Fondazione e dell'Hospice. Un ringraziamento sentito é stato rivolto agli organizzatori ed al pubblico presente perché appuntamenti come questo, che ogni anno coniugano cultura e solidarietà, permettono di far conoscere da vicino la realtà delle Cure Palliative e di sostenere concretamente un servizio che restituisce dignità e umanità al tempo della fragilità.
Ha poi tracciato, con parole semplici ma profonde, la figura del volontario in cure palliative: una presenza silenziosa, capace di stare accanto senza invadere, di offrire ascolto e vicinanza nei momenti più delicati della vita. Non porta soluzioni, ma tempo e cuore, modulando il passo su quello di chi affronta l’ultimo tratto del cammino.
Quando abbiamo iniziato – ha ricordato – eravamo pochissimi volontari, ci potevamo contare sulle dita di una mano, a portare avanti il nostro progetto. Oggi possiamo contare su una squadra di circa venti persone, tutte animate dalla stessa passione e dallo stesso impegno verso i nostri ospiti e le loro famiglie. Negli ultimi mesi abbiamo formato quattordici nuovi volontari, che hanno completato il loro percorso teorico e pratico e sono già operativi all’interno della nostra associazione».
L’hospice, ha proseguito Saggese, non è solo una struttura di cura: è un crocevia di vite, di storie che si intrecciano nel tratto finale del cammino. Un luogo in cui l’umanità, fragile e potente, si rivela con disarmante sincerità.
In questo spazio così particolare, il volontario non porta soluzioni: porta presenza. Non offre risposte, ma ascolto. Non cura con farmaci, ma con sguardi, parole semplici, silenzi rispettosi. Il suo compito non è salvare, ma accompagnare. Stare accanto, restare, esserci. Senza pretendere nulla. Senza voler cambiare il corso degli eventi. Solo per condividere un tratto di strada, spesso il più faticoso, ma anche il più vero.
Essere volontario in cure palliative significa scegliere di abitare una soglia: quella tra la vita e la morte, tra la parola e il silenzio, tra la paura e il conforto. È una scelta controcorrente, in una società che rifugge la sofferenza, che rimuove la morte, che teme la fragilità. Ma proprio qui sta la sua forza: nell’andare là dove molti non vogliono andare, e nel farlo con umiltà, delicatezza, rispetto.
Non servono competenze straordinarie per diventare volontari in hospice. Servono attenzione, ascolto, disponibilità. Serve la capacità di accogliere l’altro per quello che è, nel punto esatto in cui si trova, senza giudicarlo, senza voler consolare a tutti i costi. Serve la volontà di esserci anche quando non si sa cosa dire. Di restare anche quando il dolore sembra troppo grande. Di custodire ciò che accade, con discrezione e rispetto.
Chi svolge servizio in cure palliative scopre quanto sia necessario restituire umanità ai momenti più duri della vita. Là dove tutto sembra ridursi a numeri, parametri, terapie, il volontario ricorda che c’è una persona, unica e irripetibile, che ha ancora bisogno di essere guardata negli occhi. Che ha ancora qualcosa da dire, da raccontare, da sentire. Che ha bisogno di qualcuno che non si tiri indietro.
In hospice si impara a custodire anche ciò che non si comprende subito, a lasciare spazi di sospensione, a non dire tutto, a non dire troppo,
A non ferire mai.
Essere volontari in cure palliative significa modulare il proprio passo su quello dell'altro. E soprattutto significa sapere che la parola, se non non è accompagnata dalla cura, può diventare pietra.
E qui non servono pietre.
Servono mani.
Servono silenzi buoni.
Serve la disponibilità a rallentare insieme, a sostare, a non voler avere l'ultima parola.
E allora sì, il volontariato in cure palliative è una forma altissima di servizio. Ma, prima ancora, è un modo di vivere la propria umanità fino in fondo — ricordando che, a volte, il dono più grande che possiamo fare è semplicemente esserci.
La serata si è chiusa in un clima di gratitudine e di condivisione. Non solo per le emozioni suscitate dal romanzo, ma anche per il gesto concreto di generosità: l’intero ricavato della vendita del libro è stato devoluto all’Hospice “Via delle Stelle”, luogo in cui ogni giorno si coltivano ascolto, cura e dignità. Così, tra le pagine di un romanzo e le strade di un borgo d’Aspromonte, la letteratura ha incontrato la solidarietà, trasformando una serata d’agosto in un viaggio condiviso: quello verso un’umanità più attenta, capace di riconoscere valore tanto nelle storie scritte, quanto in quelle vissute.

SN

Vincenzo Nociti Francesca Arvino Ines Barbera Anna Tiziano mercuri Barbera mercuri Maria Assunta Catanese Giovanna Toscano Rosanna Squillaci Nicola Saggese macri Costantino Francesca Amorini Francesco Nocera Francesco Bagnato Valentina Rognetta mallamace Irene Polimeni cutrupi Garofano Angela Milella @ Francesco Nocera Francesco Bagnato Valentina Rognetta Marzia Costantino mallamace Irene Polimeni Garofano Angela Milella cortese Donatella Scopelliti Bagala'

PRIMI GESTI DI CURAIeri sera, in una splendida cornice di estate pellarese, ci siamo ritrovati in pizzeria: volontari e ...
24/07/2025

PRIMI GESTI DI CURA

Ieri sera, in una splendida cornice di estate pellarese, ci siamo ritrovati in pizzeria: volontari e soci della nostra ODV, insieme ai non più aspiranti volontari.
Non c’erano aule, né stanze dell’hospice, solo un lungo tavolo alla Pizzeria Mamas di Pellaro, sorrisi sinceri e il desiderio di iniziare a conoscerci per davvero.
Un momento semplice, informale, ma ricco di senso: un primo gesto di cura reciproca, fatto di presenza, ascolto, sorrisi.
Seduti attorno a un tavolo, senza cartellino, senza ruoli, ci siamo presi il tempo per conoscerci meglio. C’erano chiacchiere leggere, battute, qualche timidezza iniziale, ma anche uno sguardo profondo che andava oltre: la consapevolezza di aver scelto di iniziare qualcosa insieme.
In mezzo a quella leggerezza, abbiamo sentito il bisogno, anche se non lo abbiamo detto ad alta voce , di fermarci un attimo e riconoscere il valore di ciò che stava accadendo.
Avremmo voluto dirvi tante cose.
Che è bello vedervi lì, finalmente non in aula… e neanche in hospice.
Che questa serata è più di una cena: è un modo per dirvi grazie e per darvi il benvenuto. Non solo in associazione. Non solo in un gruppo, ma in un cammino.
Che in questi mesi vi abbiamo osservati con discrezione e con gratitudine, riconoscendo in ciascuno di voi una ricchezza preziosa. Che avete scelto di mettervi in ascolto della fragilità con cuore, con attenzione, con quella presenza che non fa rumore ma lascia il segno.
Da oggi non siete più “aspiranti”: siete parte viva di una comunità che condivide valori, silenzi, sorrisi… e a volte anche lacrime.
E non sarete soli: in questo servizio ci si accompagna, ci si sostiene, ci si custodisce a vicenda.
Cammineremo insieme, modulando il nostro passo su quello più lento, prestando attenzione a chi perde il ritmo o cade.
Perché è lì che si fa la differenza: quando si rallenta per non lasciare indietro nessuno.
Forse non abbiamo trovato il momento per pronunciare tutto questo. Ma lo abbiamo pensato forte.
E, in un certo senso, lo abbiamo detto col cuore.

Grazie per essere qui.
Grazie per ciò che siete e per tutto quello che diventeremo insieme.

È solo l’inizio.
Ma è già cura.

Vincenzo Nociti Francesca Arvino Maria Assunta Catanese Giovanna Toscano Rosanna Squillaci Nicola Saggese Vanna Macrì Marzia Costantino Francesca Amorini Francesco Nocera Francesco Bagnato Rognetta
rognetta mlamace cortese Donatella Scopelliti Bagala'

QUANDO LA CURA SI FA STILE: 13 NUOVI VOLONTARI PRONTI AD ACCOMPAGNARE.Conclusione del corso base per volontari in cure p...
21/07/2025

QUANDO LA CURA SI FA STILE: 13 NUOVI VOLONTARI PRONTI AD ACCOMPAGNARE.
Conclusione del corso base per volontari in cure palliative

Ci sono percorsi che non si chiudono davvero, nemmeno quando finiscono. Lasciarsi alle spalle un’aula, un calendario di incontri, le ore condivise intorno a parole difficili come dolore, limite, fine, non significa lasciare indietro ciò che abbiamo vissuto. Al contrario: è proprio ora che il cammino comincia davvero.
Con queste sensazioni nel cuore si è concluso, qualche giorno fa, il corso di formazione di base per volontari in cure palliative, promosso dalla nostra ODV “Amici dell’Hospice di Reggio Calabria”, in collaborazione con la Fondazione “Via delle Stelle” di Reggio Calabria.
L’accesso al corso è stato preceduto da una selezione iniziale, effettuata secondo criteri adattati dalle linee guida della Federazione Italiana Cure Palliative, affinché ogni aspirante volontario potesse intraprendere questo cammino con la necessaria consapevolezza, motivazione e aderenza ai valori fondamentali del servizio in hospice.
Un corso che ha avuto fin dal principio un titolo e un sottotitolo eloquenti:
“Accanto alla fragilità - Le cose preziose e fragili hanno bisogno di essere custodite da mani speciali”.
E forse, più che un corso, è stata un’esperienza da abitare. Uno spazio in cui mettersi in ascolto, incontrare l’altro – e sé stessi – lungo quel filo sottile che separa la vita dalla sua soglia estrema.
Il corso si è articolato in due fasi: una prima parte teorica, con lezioni frontali e momenti di confronto; una seconda più esperienziale, all’interno dell’hospice, accanto alle persone malate e alle loro famiglie, per “imparare” davvero la presenza.
Durante gli incontri, i partecipanti hanno potuto avvicinarsi alla complessità del mondo delle cure palliative: dai fondamenti clinici alla dimensione psicologica, dalla comunicazione alla spiritualità, dal ruolo del volontario ai riferimenti legislativi. A guidarli, un’équipe di relatori appassionati e competenti – medici, psicologa, infermieri, oss, assistente spirituale, assistente sociale, coordinatrice infermieristica, fisioterapista – ma soprattutto uomini e donne capaci di testimoniare una prossimità che si fa stile di vita.
Non possiamo non esprimere un sincero grazie a chi ha messo a disposizione tempo, competenza e cuore per offrire contenuti solidi e, al contempo, autentici: la Fondazione “Via delle Stelle”, con il suo presidente dottore Vincenzo Nociti, la dott.ssa Francesca Arvino, responsabile del servizio di psicologia in cure palliative nonche supervisore dei volontari; la dottoressa Anna Tiziano, vice direttore sanitario nonché coordinatore della SICP Calabria; tutti i professionisti che si sono avvicendati con generosità e rigore.
Un ringraziamento particolare va anche ai tutor, che hanno accompagnato gli aspiranti volontari durante la fase pratica, facendosi ponte tra formazione e servizio, tra parola e gesto, tra sapere e relazione. Senza di loro, nulla sarebbe stato così pieno di senso.
E un grazie sincero va anche agli aspiranti volontari, per la loro partecipazione seria, costante, impegnata. Sono stati sempre presenti, con discrezione e attenzione, offrendo già durante il percorso una testimonianza autentica di cosa significhi mettersi a servizio della fragilità.
Ma se il corso ha potuto prendere forma e trovare compimento, lo si deve anche alla dedizione e alla sinergia del gruppo di lavoro che ne ha curato ogni dettaglio.
Un gruppo composto dalla dottoressa Francesca Arvino, supervisore del servizio di volontariato della struttura Hospice, dai volontari Rosanna Squillace, Maria Assunta Catanese e Nicola Saggese, che hanno saputo lavorare con passione e visione comune.
La forza di questo gruppo è stata la capacità di ascoltarsi reciprocamente, di valorizzare le competenze di ciascuno, di rispondere con flessibilità alle esigenze che man mano si presentavano. Un lavoro spesso invisibile, ma fondamentale. Un lavoro di tessitura, dove ogni filo – per quanto sottile – ha avuto un ruolo nell’intreccio complessivo.
Questo gruppo ha dimostrato quanto si possa “prendersi cura” anche nella progettazione: curare i tempi, i luoghi, le relazioni; curare le parole da dire e quelle da lasciare in sospeso; curare l’ambiente emotivo in cui tutto si è svolto. È stato un laboratorio di condivisione, un esempio concreto di come la cura non sia solo contenuto, ma anche forma.
A loro va il nostro grazie più profondo: per il tempo, l’ascolto, la pazienza, l’entusiasmo, la presenza silenziosa e costante. Il corso è stato, anche, il frutto della loro sapienza collettiva.
Alla fine del percorso, 13 nuove persone hanno scelto di mettersi a disposizione. 13 storie, 13 sensibilità diverse, accomunate da un desiderio comune: esserci, con discrezione, accoglienza, umanità.
Chi lavora o fa volontariato in hospice sa che non si è mai davvero “pronti” a ciò che si incontra. Non esiste un protocollo per accompagnare la sofferenza, non ci sono ricette valide per tutte le stanze. Ma ciò che fa la differenza, sempre, è la qualità della presenza: un sorriso, un gesto, una tazza di tè o di caffè preparata con cura, il silenzio condiviso, lo stare accanto senza fretta.
Essere volontari in cure palliative non è un ruolo da esercitare, ma un atteggiamento da coltivare. E il corso non ha fatto altro che ricordarcelo, invitando ciascuno a trovare dentro di sé le risorse per trasformare l’incontro con la fragilità in un’opportunità di crescita reciproca.
Se c’è una parola che attraversa e dà senso a tutto il percorso, è “cura”. Una parola antica, profonda, che non coincide con il “fare qualcosa per qualcuno”, ma che richiama piuttosto l’abitare la relazione con delicatezza, con attenzione, con rispetto.
Cura è rallentare per ascoltare, è farsi prossimi senza invadere, è accorgersi che ogni persona – anche nella malattia, anche nel limite – ha una dignità che chiede solo di essere riconosciuta. Cura è anche portare fuori dalle stanze una storia, una parola ricevuta, un’immagine che resta dentro.
Molti volontari ci hanno detto che, durante la formazione, si sono sentiti accolti prima ancora di essere formati. Che c’è stato spazio per le emozioni, per i dubbi, per le fragilità personali. Questo è forse il segno più autentico di un corso che non si è limitato a trasmettere nozioni, ma ha saputo educare alla presenza.
Chiudere un corso è sempre un momento di bilancio, ma anche di rilancio. Non siamo arrivati: abbiamo solo fatto un primo passo, che ci impegna a continuare con responsabilità, fedeltà, coerenza.
Ai nuovi volontari chiediamo di custodire quanto ricevuto e di portarlo con sé nel servizio, sapendo che ogni incontro in hospice è unico e irripetibile, e che proprio per questo va vissuto con cuore aperto e spirito di gratitudine.
Come associazione, continueremo a camminare accanto a ciascuno, offrendo momenti di aggiornamento, supervisione, condivisione. Perché nessuno sia lasciato solo nel suo cammino, e perché la rete del volontariato possa restare viva, solida, ispirata.
Al termine di questo percorso, possiamo dire con sincerità che la nostra comunità si è arricchita. Non solo numericamente, ma soprattutto in profondità.
Ogni nuova presenza è un seme di umanità che potrà fiorire là dove più c’è bisogno di calore e di senso. E questo ci riempie di fiducia.
Grazie a chi ha creduto in questo cammino. A chi ha insegnato, a chi ha accolto, a chi si è lasciato toccare. A chi ora porterà questa esperienza nelle stanze dell’hospice, trasformandola in gesto, parola, ascolto.
Che il nostro essere accanto alla fragilità non sia mai un atto eroico, ma semplicemente un atto umano. Radicato nella consapevolezza che ogni vita, fino all’ultimo istante, merita rispetto, presenza, amore.

Vincenzo Nociti Francesca Arvino Ines Barbera Anna Tiziano Iolanda Mercuri Maria Assunta Catanese Giovanna Toscano Rosanna Squillaci Nicola Saggese Vanna Macrì Marzia Costantino Francesca Amorini Francesco Nocera Francesco Bagnato Valentina Rognetta mallamace Irene Polimeni cutrupi Garofano Angela Milella @ Francesco Nocera Francesco Bagnato Valentina Rognetta Marzia Costantino mallamace Irene Polimeni Garofano Angela Milella cortese Donatella Scopelliti Bagala'

https://www.sulsentierodicicely.it/cicely-saunders/
22/06/2025

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Cicely Saunders nacque a Londra il 22 giugno 1918, primogenita di tre figli: all’età di dieci anni la sua istruzione venne affidata al collegio di Seaford, dove la zia ricopriva il ruolo di matrona; ma solo dopo quattro anni, i genitori decisero di far frequentare alla figlia il prestigioso colle...

https://www.facebook.com/share/p/16T3fQbPGZ/
12/06/2025

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Marta si risveglia dopo l’intervento chirurgico, apre gli occhi e si trova in uno stanzone della Rianimazione, si accorge che è nuda, un lenzuolo bianco la copre, accanto a lei a destra e sinistra altri letti occupati da altri degenti, quello a destra è un uomo. In pochi minuti arrivano gli infe...

L’11 maggio del 2018 ci lasciava padre Camillo.Figura discreta, presenza silenziosa.Non amava mettersi al centro, e fors...
11/06/2025

L’11 maggio del 2018 ci lasciava padre Camillo.
Figura discreta, presenza silenziosa.
Non amava mettersi al centro, e forse proprio per questo riusciva a starci dentro: nelle pieghe delle vite che incontrava, nei dolori taciuti, nei sorrisi appena accennati, nei passi più faticosi di chi cercava luce nel buio.

Con lui si aveva la sensazione che non servissero tante parole: bastava esserci.
E padre Camillo c’era.
C’era con lo sguardo, con l’ascolto, con una preghiera sussurrata, con una benedizione che pareva carezza.

Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo sa quanto fosse capace di abitare la soglia: senza invadere, senza trattenere, ma sempre pronto ad accompagnare.
Era come una presenza d’altri tempi, che sapeva custodire senza stringere, orientare senza forzare.

Oggi, nel ricordarlo, ci scopriamo ancora accompagnati.
Perché certe presenze non ci lasciano davvero: continuano a vegliare da quel luogo che non si vede, ma si sente nel cuore.
Grazie, padre Camillo. Per la tua vita donata, in punta di piedi, ma piena di luce.

15/05/2025

HANNO DETTO DI NOI...
“Semi di speranza” (Avvenire di Calabria, 12 maggio 2025)
L’articolo “Nel silenzio dell’attesa, semi di speranza in Hospice” racconta l’incontro interreligioso svoltosi presso l’Hospice “Via delle Stelle” di Reggio Calabria durante il tempo di Pasqua. Promosso dalla Federazione Cure Palliative, l’evento ha unito spiritualità, poesia e umanità, offrendo un momento di riflessione e condivisione tra persone di diverse fedi e culture. Questo riconoscimento sottolinea l’impegno della FCP nel promuovere un approccio olistico alla cura, che considera non solo gli aspetti fisici, ma anche quelli spirituali e relazionali del fine vita. Hanno detto di noi – “Semi di speranza” (Avvenire di Calabria, 12 maggio 2025 e Rassegna Stampa di Federazione Cure Palliative Onlus )
L’articolo “Nel silenzio dell’attesa, semi di speranza in Hospice” racconta l’incontro interreligioso svoltosi presso l’Hospice “Via delle Stelle” di Reggio Calabria durante il tempo di Pasqua. Promosso dalla Federazione Cure Palliative, l’evento ha unito spiritualità, poesia e umanità, offrendo un momento di riflessione e condivisione tra persone di diverse fedi e culture. Questo riconoscimento sottolinea l’impegno della FCP nel promuovere un approccio olistico alla cura, che conside

NEL SILENZIO DELL'ATTESA, SEMI DI SPERANZA IN HOSPICE

L’Hospice come casa, luogo di cura e di relazioni che restano
Ci sono luoghi in cui il tempo rallenta. Dove le parole si fanno più leggere, i gesti più attenti, i silenzi più densi. L’Hospice è uno di questi luoghi. Nella settimana Santa, dentro questo tempo sospeso, in attesa della Santa Pasqua, è accaduto qualcosa di prezioso: un incontro inter-religioso, proposto dal GdL della Fondazione “Via delle Stelle”, amministrata dal Presidente dottor Vincenzo Nociti, di concerto con l’Associazione culturale “Rhegium Julii”, diretta dal dottor Giuseppe Bova.
È stato un incontro semplice, eppure straordinario. Un momento in cui la speranza ha preso forma nelle voci, nei gesti, negli sguardi di chi ha scelto di esserci. Sono intervenuti rappresentanti delle comunità religiose presenti sul territorio reggino: musulmana, evangelica, ortodossa, cattolica.
Accogliere nella complessità: spiritualità come dimensione del prendersi cura
Anche questa iniziativa rientra tra le proposte di “SpazioCultura....la Cultura che Cura”, contenitore dell’Hospice ideato, progettato e diretto dalla dottoressa Francesca Arvino, psicologa e psicoterapeuta dell'Hospice, che ha dato l’avvio alla mattinata intensa e ricca di stimoli, portando i saluti del Presidente Nociti, assente per motivi istituzionali. La dottoressa Arvino, dando il benvenuto ai presenti, sottolinea che l’idea di questo incontro è nata dal convincimento profondo che l’obiettivo di un’equipe di cura è sempre imparare ad accogliere la persona nella sua interezza e nella sua complessità, passando da una profonda accettazione, o ascolto sincero e profondo, di sé stessi, compresa la propria dimensione spirituale/interiore. La ricerca di un senso, la necessità di confrontarsi, che diventa percorso comune ed “essere con l’altro”, e il bisogno di conforto e supporto, che possono tradursi in pratica religiosa o in consolazione laica, sono i cardini dell’accompagnamento spirituale.

PER APPROFONDIRE: Giornata internazionale dell’infermiere, tra scelta di vita e umanità che cura

Si sono susseguiti numerosi interventi, abilmente presentati dalla referente dello SpazioMusicale, professoressa Cristina Caridi, che ha dato la parola alla dottoressa Anna Tiziano, vice direttore sanitario, nonché coordinatore della SICP Calabria, che ha sottolineato con forza l'importanza della spiritualità nelle cure palliative, come dimensione fondamentale e integrata nella presa in carico della persona. Un aspetto che non riguarda solo la religione, ma il bisogno profondo di senso, di pace, di riconciliazione, che viene accolto e valorizzato dall’equipe dell’Hospice reggino grazie al coinvolgimento dei Referenti delle diverse comunità religiose presenti sul territorio.
Nel corso della mattinata, ogni rappresentante ha portato la propria visione, la propria fede, la propria lingua interiore. Ma tutti, in fondo, hanno parlato lo stesso messaggio: quello della presenza.
Voci di fede, gesti di presenza: il messaggio delle comunità religiose
Con la sua voce pacata e il cuore radicato nell’esperienza, Don Armando Turoni, assistente spirituale in hospice, ha aggiunto un’immagine che resterà con noi a lungo: l’Hospice è una casa. Non un luogo di passaggio, né un reparto, né un confine. Una casa. Un luogo dove si continua a vivere. E dove la vita, pur nella fragilità, può ancora essere piena. Piena di relazioni, di attesa, di parole sussurrate, di carezze che sanno raccontare amore anche quando le forze vengono meno. Parlare dell’Hospice come casa è un atto di verità. Perché riconosce che qui non si smette di vivere. Si vive in altro modo. Si vive nella profondità del presente, nel valore delle piccole cose, nella cura che non chiede nulla in cambio. In un momento carico di senso.
Viene data la parola al diacono Mario Casile, direttore dell'ufficio per l’ecunemismo e il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi Reggio Calabria-Bova, che ha posto l’accento sul bisogno profondo di curare il corpo e non solo la malattia, di prendersi cura della persona nella sua interezza, nel suo bisogno di contatto, attenzione, relazione. Ha anche sottolineato che questo evento è stato possibile grazie al costante lavoro di raccordo tra la Fondazione e l’Arcidiocesi, un dialogo silenzioso ma prezioso che ha reso possibile l’incontro.
Segue l’intervento del Pastore Demetrio Amadeo, della chiesa cristiana Gesù Cristo è il Signore di Gallico: “In un luogo come questo, l’importante è esserci.” Non c’è stato bisogno di spiegare altro. Perché chi vive l’hospice ogni giorno sa che “esserci” non è qualcosa di scontato. È una scelta. Un modo di stare. È decidere di restare accanto anche quando non si può più cambiare nulla. Anzi, proprio allora.
A dare ancora più forza a queste parole è stata la testimonianza personale del Pastore Pasquale Focà, della chiesa evangelica della riconciliazione, che ha condiviso un momento intimo della sua vita. Ha raccontato di quando, durante un ricovero al nord per un intervento delicato, si è trovato a cercare una presenza. Aveva bisogno di qualcuno con cui condividere i suoi pensieri, le sue ansie, le sue paure. Ma non ha trovato nessuno. Nessuno a cui affidare il proprio smarrimento, nessuno che restasse accanto in quel momento fragile. Le sue parole, semplici e profonde, hanno fatto calare un silenzio denso nel salone dell'Hospice. Perché si parlava di qualcosa che tutti, prima o poi, conosciamo: il bisogno umano di essere ascoltati, di non sentirsi soli. E proprio per questo l’Hospice è un luogo prezioso: perché qui qualcuno c’è. Sempre. Anche solo per ascoltare. Anche solo per accogliere. Anche solo per stare.
Le Cure Palliative non sono un “non fare più”, ma un fare diversamente, un approccio assistenziale che non corre più contro il tempo, ma lo accoglie. Che non cerca la guarigione, ma la qualità. Che non elimina la sofferenza, ma la attraversa, la ascolta, la accompagna – sottolinea la dssa F. Arvino. Le sue parole hanno restituito profondità al senso del prendersi cura olistico. Perché qui non si tratta solo di trattamenti, ma di umanità condivisa. Di meticolosa attenzione ai bisogni, anche quelli invisibili. Di rispetto per ogni persona e per i suoi familiari, in ogni fase del suo cammino.
Nello stesso spirito si è inserito l’intervento del Pastore Francesco Zappia della chiesa cristiana Gesù è risorto di Catona, accompagnato dal suo predecessore M. Ripepi, scegliendo di parlare dell’amore verso l’altro. Non un amore astratto, ma quotidiano, concreto, fatto di attenzione, di ascolto, di piccoli gesti che fanno sentire una persona vista, riconosciuta, importante. Hanno sottolineato l’essenza profonda della cura: non prendersi cura della malattia, ma della persona. Con le sue paure, i suoi desideri, la sua dignità, la sua unicità. Una cura che non guarda solo al corpo, ma accoglie anche lo spirito, la storia, i legami.
Anche Padre Sergej Tikhonov, vice parroco di San Paolo dei Greci, ha scelto parole essenziali, capaci di andare dritte al cuore. Ha detto che la parola chiave è l’amore. Non solo per chi ha un credo religioso, ma per chiunque abbia il cuore aperto. L’amore è la condizione necessaria per entrare davvero in relazione con chi soffre. L’Hospice - ha aggiunto - è un luogo di speranza, un luogo che ci fa percepire in profondità cosa significa stare accanto a una persona che soffre in maniera umana.
È intervenuto poi Hassan Elmazi, presidente del Centro Culturale Islamico, che con emozione sincera ha condiviso un frammento personale, esprimendo la profonda gratitudine per il rispetto constatato nei confronti del credo religioso. Ha raccontato di quando, in occasione della morte di un paziente musulmano nell’Hospice reggino, si è ritrovato — quasi con stupore — a trovare tutto ciò che serviva per lavare la salma, secondo la tradizione islamica. Non solo gli oggetti necessari, ma anche uno spazio curato, con divani, sedie, un clima di accoglienza profonda per i familiari. Un rispetto concreto, che non aveva bisogno di parole per essere compreso. E a un certo punto, guardandosi intorno, quasi incredulo, ha esclamato: “Mio Dio, ma che bella cosa!”. Il suo sguardo grato ha parlato a nome di molti. Perché il rispetto non è solo una parola, è un gesto. È trovare pronto ciò che serve, senza doverlo chiedere. È far sentire ciascuno accolto nella propria differenza, senza sentirsi fuori posto. Le sue parole hanno toccato una dimensione fondamentale dell’Hospice: quella dell’ospitalità radicale, che si prende cura anche del bisogno spirituale, anche della tradizione, anche del lutto.
La voce dei familiari e il dono dei volontari
Durante l’incontro, il clima era raccolto. C’erano pazienti, familiari, operatori, volontari. Tutti seduti insieme, senza barriere. Una comunità silenziosa, in ascolto. Ognuno con il proprio vissuto, ma tutti accomunati da qualcosa che non ha nome, ma che si riconosce: la fragilità. E insieme, il desiderio di senso.
E poi c’erano loro, i Volontari: figure silenziose, ma presenti. Figure che non hanno compiti scritti, ma che riempiono spazi invisibili. Sono quelli che siedono accanto quando il dolore è troppo grande. Che restano quando gli altri devono correre. Che sorridono anche quando il cuore è stretto. Che ascoltano davvero, senza bisogno di risposte.
In Hospice, i volontari sono i custodi dell’umanità quotidiana. Sono quelli che accolgono, accompagnano, tengono la mano. Quelli che portano dentro le stanze un po’ di calore, un po’ di silenzio buono, un po’ di normalità. E sono loro, spesso, a vedere germogliare quei semi di speranza. Semi che si piantano senza clamore, con gesti minuscoli. E che fioriscono — a volte subito, a volte molto dopo — nei ricordi di chi resta.
Gli interventi che hanno animato la mattinata sono stati arricchiti dalle poesie declamate dai Poeti del Rhegium Julii, introdotti dal Presidente dr P. Bova che ha ribadito l’importanza e la bellezza del fare rete facendo leva sulla cultura, anche grazie la forte motivazione da parte degli artisti che afferiscono all’associazione culturale a mettere il proprio talento a servizio della struttura reggina. I versi dei poeti Caterina Silipo, Pasquale Porpiglia e Antonino Cotroneo, con sensibilità ed una straordinaria delicatezza, hanno attraversato il salone come un soffio, aggiungendo bellezza e profondità al tempo condiviso. Le loro parole hanno saputo cogliere l’invisibile: la nostalgia che si annida nei gesti, il bisogno di senso, il mistero della fine e la luce che, anche nel dolore, può ancora emergere. Hanno toccato il cuore senza invaderlo, accarezzandolo. Le poesie non hanno solo accompagnato gli interventi: li hanno amplificati, illuminati, trasformati in eco interiore. In alcuni momenti, il silenzio che seguiva i versi sembrava una preghiera. Un ascolto sacro. Come se la poesia fosse riuscita a dire ciò che a volte il linguaggio quotidiano non riesce a esprimere. Con passione e delicatezza, i loro versi hanno accompagnato le parole e i silenzi, mettendo l’accento su alcuni aspetti profondi dell’animo umano: la fragilità, il ricordo, l’amore, e la forza della speranza. Le poesie non hanno solo ornato l’evento, ma lo hanno attraversato, come un respiro leggero e necessario, toccando corde interiori che solo l’arte sa raggiungere.
Da cornice musicale le melodie e la voce del Maestro Mario Taverriti - noto musicista e compositore reggino - magistralmente intrecciate con i versi declamati, amplificandone l’intensità e avvolgendo l’intero salone in un’atmosfera sospesa e profondamente emotiva, divulgando un messaggio di pace e di speranza.
Alla fine dell’incontro, è intervenuta una familiare, la sorella di un’Ospite del nostro Hospice. Con passo deciso, ma occhi pieni di emozione, ha preso la parola. E in quel momento, tutto si è fatto più intimo. “Mi sono sentita accolta. Coccolata. Da tutti.” Ha parlato con sincerità, senza filtri. Ha raccontato la fatica, la paura, la solitudine che a volte sembrano invincibili. Ma soprattutto ha parlato della cura ricevuta. Di quella cura che va oltre le terapie, oltre i protocolli. Quella che scalda, che protegge, che consola. “Tutte le figure sono state preziose”, ha detto. “Ma soprattutto i volontari. Figure insostituibili. Ci sono sempre stati. Sempre. Per raccogliere il nostro dolore, le nostre ansie, le nostre paure, i nostri bisogni.” Poi ha aggiunto qualcosa che ha commosso tutti: “In Hospice sto assaporando la gratuità, la serenità. Può sembrare strano, ma… ho assaporato anche la gioia.”
Ha lasciato un attimo di silenzio dopo quella frase, come se fosse lei stessa a volerle dare spazio. E in quel silenzio, ognuno ha sentito risuonare qualcosa. Perché la gioia, detta in quel contesto, ha un peso diverso. È una gioia che non nega la sofferenza, ma che lo attraversa. Che nasce dalla presenza autentica, dalla cura ricevuta senza condizioni, dall’amore che si dona senza aspettarsi nulla in cambio.
In quel momento, l’incontro non era più un evento. Era diventato una testimonianza di amore ricevuto. Una dichiarazione silenziosa di quanto conti esserci. Di quanto conti esserci bene, autenticamente.
Le sue parole sono state il sigillo di un giorno speciale. Un giorno in cui la speranza non è stata raccontata, ma vissuta. Attraverso le voci delle religioni. Attraverso le parole di chi cura. Attraverso la presenza di chi non abbandona.
Quei...Semi di speranza
Oggi ne sono stati piantati tanti. Con rispetto. Con tenerezza. Con verità. E anche se non sappiamo quando e come fioriranno, qualcosa ci dice che lo faranno.
Perché dove c’è qualcuno che ascolta, che resta, che accoglie… lì, inevitabilmente, qualcosa cresce.
Grazie a tutti gli operatori in servizio e che hanno reso possibile questo momento.
Grazie alla nostra estroversa volontaria Flora per aver confezionato i ricordini per i nostri ospiti.
Grazie ai volontari Maria Assunta, Nicola, Giovanna e alle aspiranti volontarie Valentina e Donatella che sanno sempre stupirci con la loro fattiva presenza e con la loro generosità, coccolando i presenti con un accurato momento di convivialità.

*Nicola Saggese
Presidente Associazione “Amici dell’Hospice di Reggio Calabria”

Indirizzo

Delle Camelie
Reggio Di
89133

Telefono

+390965683611

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