Hospice Via Delle Stelle

Hospice Via Delle Stelle Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Hospice Via Delle Stelle, Ospedale, Delle Camelie, Reggio Di.

15/11/2025
SAN MARTINO IN HOSPICE: il calore che nasce dalle personeMartedì mattina, in hospice, l’aria aveva qualcosa di diverso.N...
15/11/2025

SAN MARTINO IN HOSPICE: il calore che nasce dalle persone

Martedì mattina, in hospice, l’aria aveva qualcosa di diverso.
Non era solo la festa di San Martino: era la sensazione che, per un momento, la fragilità si fosse fatta luogo di incontro, e non di paura. Una luce mite, come quella di novembre quando sorprende con un tepore inatteso, ha attraversato corridoi e stanze.
Al centro c’erano le persone: i nostri ospiti, i familiari accanto ai loro cari, gli operatori, i volontari, i giovani seminaristi, gli amici dello SpazioCultura…la cultura che cura, il Presidente della Fondazione, e quella presenza buona che ognuno porta con sé quando sceglie di esserci davvero.
Questa mattinata è nata nello SpazioCultura, il progetto ideato e guidato dalla dottoressa Francesca Arvino responsabile del servizio di psicologia in cure palliative dell’hospice, che da anni trasforma la cura anche in cultura, in bellezza condivisa, in piccoli ponti tra chi soffre e chi accompagna.
La Fondazione “Via delle Stelle”, con il Presidente Vincenzo Nociti, sostiene con convinzione questo cammino.
Anche martedì il Presidente ha portato i saluti di tutti, ringraziando chi ogni giorno custodisce questo spazio di umanità e incoraggiando a continuare nella stessa direzione.
Non come semplice approvazione, ma come riconoscimento profondo del valore di ciò che accade qui.
La mattina è stata affidata a voci di amiche e amici cari, che ormai dello SpazioCultura sono parte integrante.
Alessia Genua, con la delicatezza di chi sa ascoltare davvero, ci ha accompagnati dentro un viaggio di musica e respiro. Le sue note, Battiato, De André e altre melodie intrise di poesia, sembravano posarsi sulle spalle dei presenti come un mantello leggero, capace di scaldare senza invadere.
Accanto a lei, Antonio Rasconà, virtuoso della chitarra, ha intrecciato accordi e silenzi con una grazia che non ha bisogno di parole. La musica è diventata presenza, sollievo, mano tesa.
A cucire tutto, con la sua capacità unica di accogliere e presentare, Cristina Caridi, cuore pulsante dello SpazioCultura. Le sue parole hanno fatto da ponte tra un momento e l’altro, tra un’emozione e la successiva, con discrezione e profondità.
La figura di San Martino è stata il fil rouge che ha attraversato l’intera mattinata.
Un gesto semplice: dividere il mantello con chi ha freddo.
Eppure, nella sua semplicità, una rivelazione: l’altro non va lasciato solo.
In hospice questo accade ogni giorno.
Accade quando qualcuno prende una mano, quando una voce dolce si avvicina invece di tirarsi indietro.
Accade attraverso gli operatori, presenti con discrezione; attraverso i volontari, che portano calore nei modi più umili e più veri; attraverso amici e ospiti che donano bellezza senza nemmeno accorgersene.
San Martino non è lontano.
È l’eco di ogni gesto di cura che continua a circolare, a rigenerarsi, a scaldare.
Accanto a tutto questo, la presenza di don Armando ha aggiunto una profondità particolare alla mattina.
Non discorsi lunghi, non parole solenni: solo il suo modo di stare, semplice e vicino, capace di portare pace anche quando non si è pronti a riconoscerla.
Con una breve riflessione, ha ricordato che il gesto di Martino non appartiene al passato, ma al presente più concreto: farsi accanto a chi ha freddo, qualunque sia il suo freddo.
La sua benedizione discreta come una mano posata sulla spalla, ha reso il clima ancora più raccolto, più umano, più vero.
Tra i momenti più preziosi, il feedback dei familiari.
Si sono avvicinati con parole semplici ma profonde:
«Grazie per quello che fate.»
«Grazie per la cura, per l’attenzione.»
«Oggi qui si respirava un calore che non ci aspettavamo.»
Questi ringraziamenti sono stati la conferma che ciò che nasce allo SpazioCultura, non è un evento in più, ma cura che si fa esperienza condivisa, un lembo di mantello diviso e donato con gratuità.
Il clima è stato intimo: ognuno si è sentito libero di ascoltare, di commuoversi, di riposare dentro un momento più grande di sé.
È stato gioioso: quella gioia sottile che nasce dalle cose vere, quando una nota musicale trova una memoria, quando uno sguardo ti dice “ci sono”.
È stato profondo: parole e musica non hanno coperto la fragilità, l’hanno abbracciata.
E questo, più di tutto, ha fatto la differenza.
E così, in una mattina di novembre, si è accesa una piccola estate di San Martino: breve, forse, ma capace di scaldare a lungo.
Perché quando cultura, arte e cura si intrecciano, allora sì: il mantello di Martino continua a essere diviso e ricucito.
E nessuno, proprio nessuno, resta al freddo.
Un ringraziamento speciale va a tutti gli operatori presenti, che con professionalità e delicatezza rendono possibile ogni evento e ogni gesto di attenzione. La loro presenza silenziosa e attenta è parte essenziale di quel mantello che, ogni giorno, copre e sostiene i nostri ospiti e le loro famiglie.
Un grazie di cuore a Paolo tirocinante psicologo, per la sua presenza fattiva, discreta e sempre disponibile.
Un ringraziamento sincero anche ai giovani seminaristi Antonio e Giovanni, per la loro presenza rispettosa e luminosa, che ha aggiunto una delicatezza spirituale al pomeriggio.
Un grazie profondo ai volontari presenti: Giovanna, Marisa, Angela, Francesco, Donatella, Francesco e Nicola. La loro “dolce” presenza riesce sempre a stupirci
Ognuno di loro ha aggiunto un frammento di luce, un sorriso, una vicinanza che ha reso più caldo ogni momento.
E un grazie altrettanto sincero ai volontari assenti ma presenti con il cuore: la loro vicinanza silenziosa si è sentita, come una presenza buona che accompagna anche da lontano. Perché una comunità è tale non solo quando è fisicamente insieme, ma quando condivide lo stesso respiro di cura.
n.s.

Vincenzo Nociti Francesca Arvino Ines Barbera Anna Tiziano Alessia Genua Antonio Rasconà Francesco Nocera Francesco Bagnato Giovanna Toscano mallamaci Donatella Scopelliti Nicola Saggese Angela Milella

Un evento formativo per le cure palliativee l’accompagnamento al fine vitaL’accompagnamento al fine vita richiede profes...
25/10/2025

Un evento formativo per le cure palliative
e l’accompagnamento al fine vita

L’accompagnamento al fine vita richiede professionalità e alta formazione. In questo ambito Samot Catania ETS (Società per l’Assistenza al Malato Oncologico Terminale) organizza un corso Ecm dal titolo “Sedazione palliativa quale atto di cura nell’end stage”, in programma sabato 25 ottobre 2025 a partire dalle ore 8 al Grand Hotel Villa Itria di Viagrande (Ct) in via Antonino Aniante 3.

Un evento importante promosso da Samot Catania ETS, ente accreditato con la Regione Sicilia per l’erogazione delle Cure Palliative domiciliari e convenzionato con le Asp di Enna e Catania, in collaborazione con la Fondazione “Via delle Stelle” Hospice di Reggio Calabria”, ente accreditato e convenzionato con l’Asp di Reggio Calabria per l’erogazione del servizio di cure palliative nei 3 setting assistenziali (ricovero, day hospice e assistenza domiciliare) che si avvale di un’equipe domiciliare. L’evento fornirà gli strumenti culturali necessari all’attuazione della sedazione palliativa, passando dalla definizione agli aspetti farmacologici a quelli psicologici, etici e deontologici. L’incontro rientra tra le azioni progettuali del progetto Spazio Amico: lo sportello delle fragilità, volte a sviluppare il modello delle Cure Simultanee. (Avviso n 1/2024 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per il finanziamento di attività di assistenza psicologica, psicosociologica o sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini oncologici e delle loro famiglie).
“Vogliamo sensibilizzare gli operatori di cura al controllo delle sofferenze refrattarie di fine vita -spiegano i responsabili scientifici Francesca Arvino, Carmela Savoca e Anna Tiziano -, promuovendo la pratica della sedazione palliativa tra gli operatori delle equipe di cure palliative con la conoscenza delle linee guida nazionali, i protocolli attuativi e le procedure. Inoltre, vogliamo condividere le raccomandazioni e le indicazioni di buona pratica di sedazione palliativa, basate sulle migliori evidenze disponibili.”
Numerosi gli interventi nel corso della giornata che prevede due sessioni. “Le cure palliative -afferma Giulio Mellini, fondatore di Samot Catania ETS - sono state introdotte in Italia dalla Legge 38/2010 e sono diventate LEA nel 2017. Esse rappresentano un modello di presa in carico dei bisogni del malato terminale e della sua famiglia, garantendo il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, assicurandole il controllo della sofferenza fisica e psichica fino all’ultimo giorno di vita. Quando è impossibile il controllo dei sintomi “refrattari”, nella fase avanzata di una malattia terminale può essere utile e necessario ricorrere alla Sedazione Palliativa, allo scopo di ridurre intenzionalmente la percezione della sofferenza psico-fisica tramite il graduale annullamento della vigilanza. Si tratta di un trattamento medico che non è finalizzato ad anticipare la morte, bensì a ridurre la sofferenza del paziente e dei familiari, nelle fasi finali della malattia.”

Un iter delicato e importante che ha bisogno di formazione destinata alle equipe curanti in tutti i setting di cura, per rispondere in modo efficace ai bisogni delle persone malate.
“La sedazione palliativa rappresenta l'esito di un percorso multidisciplinare reso possibile da un accurato e complesso lavoro intraprofessionale da parte di ciascuno degli operatori di cura facenti parte dell'equipe - afferma Vincenzo Nociti, Presidente della Fondazione Via delle Stelle di Reggio Calabria- il tutto sempre accompagnato da grande professionalità ed amore verso chi ha più bisogno di noi.”

UN CAMMINO CHE PROFUMA D'INIZIORita ha concluso oggi il suo periodo di tirocinio post laurea.Un periodo non solo di form...
20/10/2025

UN CAMMINO CHE PROFUMA D'INIZIO

Rita ha concluso oggi il suo periodo di tirocinio post laurea.
Un periodo non solo di formazione, ma esperienza viva, fatta di incontri, ascolti, silenzi condivisi e sguardi che parlano più delle parole.
Rita è stata una presenza sensibile, curiosa, sempre attenta a ciò che accadeva intorno: ha saputo osservare, comprendere, farsi parte della nostra quotidianità con discrezione e autenticità.
In hospice, dove ogni gesto pesa e ogni parola cura, la sua presenza è stata lieve ma profonda — come una carezza che arriva nel momento giusto.
Un ringraziamento speciale va al dottore Vincenzo Nociti, presidente della Fondazione "Via delle Stelle", per la sua costante disponibilità, per l'accoglienza generosa e per la visione umana e professionale con cui, da sempre, accompagna la crescita di chi si avvicina al mondo delle Cure Palliative.
La sua guida discreta ma presente, la capacità di trasmettere valori profondi e di tenere insieme competenza e umanità, hanno reso possibile anche per Rita vivere un'esperienza formativa piena di senso e di vita.
un sentito ringraziamento va anche alla dottoressa Francesca Arvino, che con la sua supervisione attenta e sensibile ha saputo accompagnare Rita passo dopo passo, aiutandola a leggere l'esperienza, a cogliere il valore simbolico e relazionale, a trasformare ogni incontro in apprendimento. La sua presenza, sempre delicata e illuminante, ha reso il tirocinio uno spazio di riflessione, di crescita personale e di scoperta professionale autentica.
Ci piace pensare che questo tempo le abbia lasciato dentro qualcosa: un modo nuovo di guardare alla fragilità, alla relazione, alla vita stessa.
E al tempo stesso, anche noi custodiremo qualcosa di lei: la sua dolcezza, la sua curiosità, il suo modo di esserci, con cuore e mente aperti.
Grazie, Rita, per il cammino condiviso.
Che ogni incontro futuro continui a parlarti di vita.
ns

Torna per l’ottavo anno consecutivo l’evento“Uniti per la solidarietà in memoria di Elita”,un’escursione solidale organi...
26/09/2025

Torna per l’ottavo anno consecutivo l’evento
“Uniti per la solidarietà in memoria di Elita”,
un’escursione solidale organizzata con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore della Fondazione Via delle Stelle.

L’appuntamento è fissato per domenica 5 ottobre alle ore 9:00, a Brancaleone – Frazione Paese Nuovo, da cui si partirà alla volta di Brancaleone Vetus, il borgo disabitato che conserva ancora oggi un fascino unico: un luogo magico, intriso di storia, tutto da scoprire e conoscere.

20/09/2025

BENTORNATO SPAZIOMUSICALE NELLE STANZE
Ci sono momenti in cui il tempo sembra fermarsi. Le stanze restano avvolte in un silenzio che non è vuoto, ma attesa. È in quell’attesa che si insinua la musica: leggera, discreta, capace di aprire varchi dove la parola non osa. Non ha bisogno di traduzioni, non chiede spiegazioni. La musica arriva e basta. Accarezza, consola, risveglia. È voce che non giudica, che non divide, che non impone. È semplicemente un linguaggio universale, che tutti comprendono perché appartiene al cuore prima ancora che alla mente.
Bentornato, dunque, spazio musicale nelle stanze. E dopo la pausa estiva, è ancora più bello ridare voce allo SpazioMusicale. Bentornata quella vibrazione che non è solo suono, ma presenza. Bello ritrovarla di nuovo a fluire tra i corridoi e i letti, a posarsi sui volti degli ospiti e dei loro familiari, a intrecciarsi ai gesti semplici dei volontari e degli operatori. È stato bello, perché la musica ha questo potere misterioso: riaccendere ciò che sembrava spento, riportare a galla episodi della vita che credevamo sopiti. Basta una nota, un motivo, ed ecco che dal silenzio emergono ricordi, immagini, stagioni lontane che tornano improvvisamente vicine.
La musica diventa così un ponte tra presente e passato. Non cancella la fatica, non elimina la sofferenza, ma la attraversa e le dà un altro colore. Porta con sé la possibilità di riscoprirsi vivi, anche solo per un istante, dentro un ricordo che illumina il volto e scioglie le rigidità del dolore.
È accaduto con Giuseppe, uno dei nostri ospiti. Le note di Massimo Ranieri lo hanno portato indietro nel tempo. Il suo sguardo si è acceso, e con una voce emozionata ha iniziato a raccontare delle sue sorelle e delle feste di ballo. La stanza si è trasformata in una sala piena di luci e risate, e per qualche minuto la malattia ha lasciato spazio alla giovinezza, al movimento, al ritmo di una vita che danzava leggera. È stato un dono ascoltarlo, perché non era solo un racconto, ma una vera e propria immersione nella sua memoria più intima.
E poi c’è stata Maria. Lei conosce a memoria le canzoni di Laura Pausini e non ha resistito: con il suo filo di voce fragile ma intonato, ha seguito Alessia, quasi a voler affermare: “sono ancora qui, con la mia voce, con la mia voglia di cantare”. Non c’era malattia in quel canto, ma la fierezza di una presenza viva che non si lascia spegnere. E la stanza, per un attimo, si è fatta palcoscenico. Non un palco per apparire, ma un luogo intimo dove condividere emozioni, dove la musica diventava alleata della vita.
E come dimenticare Maria Concetta? Le sue preferite restano le canzoni di un tempo, quelle che custodiscono la sua giovinezza e i suoi affetti. Le melodie moderne, dice con una punta di ironia, sono solo “rumore” che non riesce a sopportare. Eppure, quando ha potuto intonare insieme ad Alessia un vecchio motivo, la sua voce si è fatta decisa, il suo sorriso aperto. Quel duetto improvvisato ha portato leggerezza, complicità, perfino allegria in un luogo che troppo spesso si associa solo al dolore.
Ecco, la musica fa questo: spezza gli schemi, restituisce libertà, fa emergere la parte più autentica di ciascuno. Nel canto di Giuseppe, Maria e Maria Concetta non c’era solo un ricordo, ma un’affermazione di identità: “io sono ancora io, con i miei gusti, con la mia storia, con le mie passioni”. In hospice, dove la fragilità a volte sembra prevalere, questi momenti diventano un tesoro da custodire.
Tutto questo è stato reso possibile da Alessia Genua, che con la sua voce e la sua sensibilità ha riportato la musica nelle stanze. Non è venuta per esibirsi, ma per donarsi. Non per fare un concerto, ma per creare un incontro. Ha saputo mettersi in ascolto, modulando i suoi brani sul respiro e sul desiderio degli ospiti. Ha permesso che i ricordi emergessero, che le emozioni circolassero, che la musica diventasse davvero relazione.
Perché la musica in hospice non è un ornamento, ma parte di una cura che non si limita al corpo. È cura dell’anima, dei ricordi, delle emozioni. È la possibilità di ritrovare un senso, anche solo per un momento, in mezzo alla fatica del presente. È la conferma che ognuno resta persona fino alla fine, con i suoi gusti, le sue nostalgie, le sue canzoni preferite.
E allora sì, bentornato spazio musicale nelle stanze. Bentornata musica che consola e accompagna. Bentornata voce che fa compagnia e che restituisce colore ai giorni. Bentornata melodia che non guarisce, ma cura in modo diverso: accende la speranza, scioglie il dolore, trasforma un corridoio in un teatro e una stanza in un giardino.
Perché la musica è questo: non elimina il silenzio, ma lo riempie di senso. Non cancella le lacrime, ma le accompagna. Non ferma il tempo, ma lo rende più umano. Ed è per questo che, quando ritorna, sentiamo che porta con sé non solo suoni, ma presenza, calore, vita.

LA CINQUECENTO BLU: IL CORAGGIO DI PARTIRE, LA BELLEZZA DI RESTARE.In certi pomeriggi d’agosto, l’aria di montagna ha un...
19/08/2025

LA CINQUECENTO BLU: IL CORAGGIO DI PARTIRE, LA BELLEZZA DI RESTARE.

In certi pomeriggi d’agosto, l’aria di montagna ha un sapore speciale: quello delle attese che si compiono e degli incontri che lasciano il segno.
A Gambarie, tra il verde dell’Aspromonte e il profumo resinoso dei pini, la letteratura si è fatta ponte di solidarietà, unendo storie di carta e storie di vita vera. È in questo scenario, sospeso tra frescura estiva e calore umano, che si è svolta la presentazione de "La Cinquecento Blu", un romanzo che racconta la Calabria con occhi innamorati e feriti, e che al tempo stesso ha voluto tendere una mano concreta a chi affronta il tratto più fragile e prezioso del cammino.
In una splendida cornice agostana, avvolta dalla brezza fresca dell’Aspromonte, l’Hotel Centrale di Gambarie ha ospitato la presentazione del libro "La Cinquecento Blu" del prefetto e scrittore Franco Musolino.
La sala, calda di presenze e di attesa, si è riempita di volti attenti, strette di mano e sguardi curiosi, uniti dal desiderio di ascoltare storie che sanno di vita vera. Dopo i saluti e le presentazioni del dott. Alfredo Vadalà, presidente dell’Accademia Aspromontana della Cultura, la conduzione è passata al dottor Eduardo Lamberti-Castronuovo, che ha guidato i diversi momenti della serata con la consueta passione e vivacità. Accanto a loro il prof. Stefano Iatì, che ha curato la recensione dell’opera, e il sig. Nicola Saggese, presidente dell’Associazione di Volontariato "Amici dell’Hospice di Reggio Calabria", in rappresentanza dell’Hospice “Via delle Stelle”.
È stato quindi lo stesso autore, Franco Musolino, ad aprire il cuore del suo romanzo, con la voce calma di chi sa di parlare di una storia che gli appartiene profondamente. Non si è limitato a raccontare la trama, ma ha invitato il pubblico a entrare con lui nei luoghi e nei ricordi che hanno dato forma al libro. Ha evocato le strade polverose dell’Aspromonte, il rumore lontano del mare, l’odore acre della legna bruciata nelle sere d’inverno, le feste di paese dove le musiche popolari si mescolavano ai sussurri della gente.
Con ironia e commozione, Musolino ha sottolineato come "La Cinquecento Blu" sia, per lui, un atto d’amore verso la Calabria: una terra aspra e luminosa, capace di bellezza struggente, ma segnata da ombre antiche. Ha spiegato che, nel romanzo, la ’ndrangheta non è un elemento spettacolare, ma una presenza silenziosa, quasi invisibile, che però plasma le vite e i destini, condizionando anche ciò che dovrebbe restare puro, come l’amore.
L’autore ha raccontato di aver scelto "la cinquecento blu” come simbolo di libertà e di sogno, “un piccolo guscio di latta” che negli anni Sessanta permetteva di varcare confini non solo geografici, ma soprattutto interiori. Ha sorriso ricordando che quell’auto, piccola e apparentemente fragile, era in realtà capace di grandi viaggi: un po’ come le persone che, pur con mezzi semplici, hanno il coraggio di inseguire ciò che amano.
Musolino ha insistito sul valore evocativo di quell’auto: non un dettaglio di colore, ma un filo conduttore della vicenda. Negli anni Sessanta la Cinquecento non era soltanto un mezzo di trasporto: rappresentava il desiderio di riscatto di un’intera generazione, la possibilità di spingersi oltre il perimetro del proprio paese, di sognare un futuro diverso. Nella tinta blu, che richiama il mare e il cielo dell’Aspromonte, si riflettono la profondità e l’inquietudine di un tempo di cambiamento, con le sue luci e le sue ombre.
Diventa così la custode silenziosa di attese e di speranze: accompagna i protagonisti nei loro incontri, li protegge nei silenzi, li conduce lontano dalle paure. Ogni curva della montagna, ogni strada polverosa percorsa con quel piccolo motore che ronza, diventa una metafora del viaggio interiore che ciascuno di noi è chiamato a compiere, tra sogni, ostacoli e imprevisti.
E forse è proprio questo il senso più profondo della Cinquecento blu: ricordarci che la libertà non ha bisogno di grandi mezzi o di scenari grandiosi, ma della capacità di partire, di mettersi in cammino, anche con poco, anche con quello che si ha. Perché ciò che conta davvero non è la cilindrata del motore, ma la forza del desiderio che ci abita.
Dopo l’intervento dell’autore, il presidente Nicola Saggese ha portato i saluti del dott. Vincenzo Nociti, presidente della Fondazione “Via delle Stelle” e di tutto lo staff della Fondazione e dell'Hospice. Un ringraziamento sentito é stato rivolto agli organizzatori ed al pubblico presente perché appuntamenti come questo, che ogni anno coniugano cultura e solidarietà, permettono di far conoscere da vicino la realtà delle Cure Palliative e di sostenere concretamente un servizio che restituisce dignità e umanità al tempo della fragilità.
Ha poi tracciato, con parole semplici ma profonde, la figura del volontario in cure palliative: una presenza silenziosa, capace di stare accanto senza invadere, di offrire ascolto e vicinanza nei momenti più delicati della vita. Non porta soluzioni, ma tempo e cuore, modulando il passo su quello di chi affronta l’ultimo tratto del cammino.
Quando abbiamo iniziato – ha ricordato – eravamo pochissimi volontari, ci potevamo contare sulle dita di una mano, a portare avanti il nostro progetto. Oggi possiamo contare su una squadra di circa venti persone, tutte animate dalla stessa passione e dallo stesso impegno verso i nostri ospiti e le loro famiglie. Negli ultimi mesi abbiamo formato quattordici nuovi volontari, che hanno completato il loro percorso teorico e pratico e sono già operativi all’interno della nostra associazione».
L’hospice, ha proseguito Saggese, non è solo una struttura di cura: è un crocevia di vite, di storie che si intrecciano nel tratto finale del cammino. Un luogo in cui l’umanità, fragile e potente, si rivela con disarmante sincerità.
In questo spazio così particolare, il volontario non porta soluzioni: porta presenza. Non offre risposte, ma ascolto. Non cura con farmaci, ma con sguardi, parole semplici, silenzi rispettosi. Il suo compito non è salvare, ma accompagnare. Stare accanto, restare, esserci. Senza pretendere nulla. Senza voler cambiare il corso degli eventi. Solo per condividere un tratto di strada, spesso il più faticoso, ma anche il più vero.
Essere volontario in cure palliative significa scegliere di abitare una soglia: quella tra la vita e la morte, tra la parola e il silenzio, tra la paura e il conforto. È una scelta controcorrente, in una società che rifugge la sofferenza, che rimuove la morte, che teme la fragilità. Ma proprio qui sta la sua forza: nell’andare là dove molti non vogliono andare, e nel farlo con umiltà, delicatezza, rispetto.
Non servono competenze straordinarie per diventare volontari in hospice. Servono attenzione, ascolto, disponibilità. Serve la capacità di accogliere l’altro per quello che è, nel punto esatto in cui si trova, senza giudicarlo, senza voler consolare a tutti i costi. Serve la volontà di esserci anche quando non si sa cosa dire. Di restare anche quando il dolore sembra troppo grande. Di custodire ciò che accade, con discrezione e rispetto.
Chi svolge servizio in cure palliative scopre quanto sia necessario restituire umanità ai momenti più duri della vita. Là dove tutto sembra ridursi a numeri, parametri, terapie, il volontario ricorda che c’è una persona, unica e irripetibile, che ha ancora bisogno di essere guardata negli occhi. Che ha ancora qualcosa da dire, da raccontare, da sentire. Che ha bisogno di qualcuno che non si tiri indietro.
In hospice si impara a custodire anche ciò che non si comprende subito, a lasciare spazi di sospensione, a non dire tutto, a non dire troppo,
A non ferire mai.
Essere volontari in cure palliative significa modulare il proprio passo su quello dell'altro. E soprattutto significa sapere che la parola, se non non è accompagnata dalla cura, può diventare pietra.
E qui non servono pietre.
Servono mani.
Servono silenzi buoni.
Serve la disponibilità a rallentare insieme, a sostare, a non voler avere l'ultima parola.
E allora sì, il volontariato in cure palliative è una forma altissima di servizio. Ma, prima ancora, è un modo di vivere la propria umanità fino in fondo — ricordando che, a volte, il dono più grande che possiamo fare è semplicemente esserci.
La serata si è chiusa in un clima di gratitudine e di condivisione. Non solo per le emozioni suscitate dal romanzo, ma anche per il gesto concreto di generosità: l’intero ricavato della vendita del libro è stato devoluto all’Hospice “Via delle Stelle”, luogo in cui ogni giorno si coltivano ascolto, cura e dignità. Così, tra le pagine di un romanzo e le strade di un borgo d’Aspromonte, la letteratura ha incontrato la solidarietà, trasformando una serata d’agosto in un viaggio condiviso: quello verso un’umanità più attenta, capace di riconoscere valore tanto nelle storie scritte, quanto in quelle vissute.

SN

Vincenzo Nociti Francesca Arvino Ines Barbera Anna Tiziano mercuri Barbera mercuri Maria Assunta Catanese Giovanna Toscano Rosanna Squillaci Nicola Saggese macri Costantino Francesca Amorini Francesco Nocera Francesco Bagnato Valentina Rognetta mallamace Irene Polimeni cutrupi Garofano Angela Milella @ Francesco Nocera Francesco Bagnato Valentina Rognetta Marzia Costantino mallamace Irene Polimeni Garofano Angela Milella cortese Donatella Scopelliti Bagala'

PRIMI GESTI DI CURAIeri sera, in una splendida cornice di estate pellarese, ci siamo ritrovati in pizzeria: volontari e ...
24/07/2025

PRIMI GESTI DI CURA

Ieri sera, in una splendida cornice di estate pellarese, ci siamo ritrovati in pizzeria: volontari e soci della nostra ODV, insieme ai non più aspiranti volontari.
Non c’erano aule, né stanze dell’hospice, solo un lungo tavolo alla Pizzeria Mamas di Pellaro, sorrisi sinceri e il desiderio di iniziare a conoscerci per davvero.
Un momento semplice, informale, ma ricco di senso: un primo gesto di cura reciproca, fatto di presenza, ascolto, sorrisi.
Seduti attorno a un tavolo, senza cartellino, senza ruoli, ci siamo presi il tempo per conoscerci meglio. C’erano chiacchiere leggere, battute, qualche timidezza iniziale, ma anche uno sguardo profondo che andava oltre: la consapevolezza di aver scelto di iniziare qualcosa insieme.
In mezzo a quella leggerezza, abbiamo sentito il bisogno, anche se non lo abbiamo detto ad alta voce , di fermarci un attimo e riconoscere il valore di ciò che stava accadendo.
Avremmo voluto dirvi tante cose.
Che è bello vedervi lì, finalmente non in aula… e neanche in hospice.
Che questa serata è più di una cena: è un modo per dirvi grazie e per darvi il benvenuto. Non solo in associazione. Non solo in un gruppo, ma in un cammino.
Che in questi mesi vi abbiamo osservati con discrezione e con gratitudine, riconoscendo in ciascuno di voi una ricchezza preziosa. Che avete scelto di mettervi in ascolto della fragilità con cuore, con attenzione, con quella presenza che non fa rumore ma lascia il segno.
Da oggi non siete più “aspiranti”: siete parte viva di una comunità che condivide valori, silenzi, sorrisi… e a volte anche lacrime.
E non sarete soli: in questo servizio ci si accompagna, ci si sostiene, ci si custodisce a vicenda.
Cammineremo insieme, modulando il nostro passo su quello più lento, prestando attenzione a chi perde il ritmo o cade.
Perché è lì che si fa la differenza: quando si rallenta per non lasciare indietro nessuno.
Forse non abbiamo trovato il momento per pronunciare tutto questo. Ma lo abbiamo pensato forte.
E, in un certo senso, lo abbiamo detto col cuore.

Grazie per essere qui.
Grazie per ciò che siete e per tutto quello che diventeremo insieme.

È solo l’inizio.
Ma è già cura.

Vincenzo Nociti Francesca Arvino Maria Assunta Catanese Giovanna Toscano Rosanna Squillaci Nicola Saggese Vanna Macrì Marzia Costantino Francesca Amorini Francesco Nocera Francesco Bagnato Rognetta
rognetta mlamace cortese Donatella Scopelliti Bagala'

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